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Autore: Mary P_Stark    30/06/2016    1 recensioni
Per chi ha letto "Honey" e desidera rimanere immerso nel mondo di Hannah, Nick e famiglia, ecco una serie di OS dedicate ai vari personaggi della storia. Tra nuovi amori, vecchi amici e piacevoli incontri, ecco cos'è avvenuto prima e dopo la storia narrata in "Honey".FA PARTE DELLA SERIE "HONEY'S WORLD".
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Honey's World'
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Una piacevole trasferta – 2 –

Novembre 1975

 

 

Correre sotto il nevischio non era mai piacevole ma chiunque, a Boston, aveva vissuto quell’esperienza, prima o poi.

Peccato che Grace non si trovasse a Boston, in quel momento, e che non stesse correndo per le vie dell’affollata città americana, ma tra i sentieri ghiaiosi del campus di Cambridge, in Inghilterra.

Quando infine raggiunse il museo archeologico – con netto anticipo rispetto all’orario prestabilito con Bart –, si scrollò di dosso un po’ del nevischio e infine entrò.

Salutò con un cenno la receptionist all’entrata, consegnando la sua tessera studentesca poi, di filato, corse verso la sala dei marmi per accaparrarsi un posto sulle panchine per i visitatori.

Quel che però la sorprese, fu trovare già lì Bart, e intento in un’attività che mai si sarebbe aspettata, in tutta onestà.

Si avvicinò silenziosa per non farsi scoprire e, con occhi strabiliati, fissò i tratti a carboncino sulla carta ruvida A4 su cui stava lavorando.

Erano precisi, quasi scolpiti, e ritraevano alla perfezione luci e ombre del volto che Bart stava ritraendo con perfezione maniacale.

La sua mano sinistra correva rapida sul foglio, tenendo il carboncino quasi come se fosse un’estensione del suo stesso arto.

Le poche persone presenti a quell’ora lo ignorarono, per lo più, forse abituati a vederlo lì, forse disinteressati a un giovane alle prese con una riproduzione su carta.

Dopotutto, anche Grace ne aveva visti diversi, in quei due mesi, adoprarsi nel replicare le bellezze presenti nel museo.

Bart, però, sembrava avere quel qualcosa in più che differenzia un’opera mirabile dal capolavoro autentico.

Aveva il tocco. La mano dell’artista.

Quando si interruppe per starnutire, Grace sorrise e, rendendo finalmente nota la sua presenza, lo salutò.

Lui si volse a mezzo, sorridendole dopo essersi spazzolato il naso col fazzoletto e, nel levare a mezzo una mano, esalò: “Stai indietro. Sono raffreddato all’inverosimile, e non voglio attaccarti il più brutto caso di raffreddore che la storia ricordi.”

Grace rise del suo tono infagottato e, accomodandosi accanto a lui sulla panchetta imbottita su cui si era seduto, replicò: “Un brutto raffreddore potrebbe darmi la scusa per evitare la visita dei miei genitori, prevista per domani.”

Vagamente sorpreso, Bart poggiò il suo blocco sulle gambe e domandò: “Non ti fa piacere vederli?”

Levando un sopracciglio con espressione scettica, Grace borbottò: “Se fossi sicura che mio padre non sta venendo qui per controllare se mento o meno, riguardo ai miei risultati scolastici, allora sarei felice. Ma lo conosco troppo bene, e vuole solo assicurarsi che sua figlia non gli stia raccontando un mare di panzane, perciò interrogherà i miei professori finché non estorcerà loro la verità… cioè, ciò che gli ho detto io.”

Sospirando, Grace lanciò un’occhiata al disegno di Bart e tornò a sorridere.

“Ora, so perché vieni qui così spesso. Con il cambio delle ombre, dovuto alla variazione della luce proveniente dai lucernai, le opere assumono uno spessore diverso ogni volta, vero?”

“Esatto” assentì Bart, ponendole in mano il blocco da disegno. “Che ne pensi?”

“Che è molto bello e che, secondo me, potresti mollare tutto e darti all’arte. Ci guadagneresti un sacco” lo lodò Grace, restituendoglielo dopo aver ammirato orgogliosa i suoi schizzi.

Lui sorrise sornione e, nel rimettere il blocco nella sua borsa di pelle – poggiata a terra accanto a un ombrello – disse a mezza voce: “In effetti, sto già facendo qualcosa del genere.”

Sorpresa, Grace sgranò gli occhi per fissarlo al colmo della sorpresa e Bart, con un sorrisino furbo, la prese per mano e le disse: “Vieni con me.”

Subito, lei accettò l’offerta, senza chiedersi minimamente dove intendesse portarla, o perché.

Insieme, uscirono dal museo e, sotto l’ombrello di Bart, raggiunsero l’uscita del campus e l’auto del giovane, dove salirono in tutta fretta.

Dopo aver messo in moto la sua MGB gt convertibile nera, Bart la immise nel traffico congestionato di quel pomeriggio novembrino e, guidando con attenzione, le spiegò: “Ho scoperto di avere un discreto talento quando un’amica di mia madre, vedendo una delle mie opere, dichiarò di volerne acquistare un paio.”

“Ma dai?” esalò Grace, ammirando l’abilità con cui Bart svicolava tra un’auto e l’altra, neanche prevedesse le mosse degli automobilisti dinanzi a lui.

Fosse stata lei al volante, sarebbe andata decisamente più piano, ma le piaceva il modo in cui lui affrontava il traffico, senza alcuna paura di sbagliare.

Aveva scoperto insospettabilmente che, nonostante l’aria apparentemente tranquilla, Bart era tutto tranne che un giovane noioso o pantofolaio.

Dopo le prime volte in cui erano usciti, visitando i più bei ristoranti della zona, Bart si era arrischiato a chiederle se le piacesse la campagna.

Al suo assenso, erano partiti una domenica mattina di ottobre inoltrato e, complice una rara giornata di bel tempo, si erano recati nella zona di Little Offley.

Muovendosi per quei sentieri immersi nei boschi come se lo avesse fatto da sempre, le aveva mostrato scorci segreti, panorami stupendi e angoli di paradiso inaspettati.

Pur se erano tornati con le scarpe zuppe di fango, Grace ne era stata felicissima.

Erano anni che non si concedeva di essere semplicemente Grace, e non solo la figlia dei Brown, sempre perfetta, sempre sulla cresta dell’onda.

Aveva immaginato che, anche per Bart, quelle passeggiate nel verde equivalessero a una sorta di evasione dal suo status di nobile titolato.

E ora questo, la scoperta della sua vena artistica… e un segreto.

Quando, però, Bart fermò l’auto di fronte a un’agenzia di cambio, il suo stupore si mescolò alla confusione.

Senza dire nulla, la accompagnò all’interno e, dopo aver salutato un paio di uomini con cui aveva una certa familiarità, le domandò con un mezzo sorriso: “Vedi quei dati, che scorrono sul monitor?”

“Sono i dati della borsa di Pechino, giusto?” gli rispose lei, non del tutto digiuna da cose come queste.

Non era il suo campo, ma aveva visto troppo spesso suo padre con diagrammi di flusso e statistiche alla mano, per non riconoscere un mercato flottante quando lo vedeva.

“Vedi quel titolo… il terzo dal basso, che ha la freccia verde e un più zero virgola nove?”

“Sì… ebbene?”

“Sono il possessore di circa cinquemila azioni di quel titolo, e tutto grazie ai miei lavori artistici” le sorrise lui, poggiando le mani sui fianchi con aria soddisfatta.

Tornando a fissare il monitor – ora, il titolo aveva guadagnato un quarto di punto – Grace esalò: “Spiegati meglio, scusa. Vendi i tuoi quadri… per giocare in borsa?”

“Non proprio” le spiegò lui, portandola fuori per infilarsi in un vicino bar, per lo più visitato da personaggi in giacca e cravatta.

Dopo aver ordinato un paio di caffè caldi e due croissant, Bart intrecciò le mani sul tavolo e, del tutto serio, disse: “La mia idea è raggiungere una quota abbastanza ragguardevole per poter parlare in consiglio, durante le assemblee ordinarie. Non ho nessunissima intenzione di limitarmi a gestire il patrimonio di famiglia, e so già che i miei genitori mi impedirebbero di usare la mia rendita personale per acquistare azioni di una acciaieria americana… ma io voglio farlo.”

“E perché?”

“Ho studiato approfonditamente il lavoro svolto dalle Acciaierie Mason, e trovo che non solo stiano lavorando bene sul territorio, ma anche all’estero, e con progetti innovativi, che daranno i loro frutti col tempo.”

“Non l’hai scelta a caso, vero?” si informò a quel punto Grace, intrecciando le mani per poggiarvi il mento.

Il viso di Bart era acceso di aspettativa e interesse, e Grace lo trovò affascinante.

Quando qualcosa lo interessava davvero, era difficile resistere all’istinto di accarezzarlo… o peggio.

Veniva voglia di lasciarsi avvinghiare dalla sua passione, per non sfuggirne mai più, il che la poneva maggiormente nei guai di quanto non avesse pensato fino a qualche tempo addietro.

Aveva trovato Bart un giovane interessante quanto intelligente e, forte del suo spirito di ribellione, si era lanciata in questa nuova amicizia con leggerezza.

Con il passare del tempo, però, si era resa conto che Barthemius Ingleton era molto di più di un nobile titolato dalla mente brillante.

Era un giovane affascinante, dai molteplici interessi, dai modi di fare impeccabili, e sapeva sempre come stupirla, o divertirla.

Insomma, era il tipico uomo che avrebbe potuto farla scivolare lungo la china dell’amore, finendo con l’irretirla.

Il punto era un altro; lei voleva questo? Voleva mollare la sua libertà e invischiarsi con la sua famiglia, i suoi problemi legati al titolo, il suo mondo così diverso da tutto ciò che conosceva?

Bart valeva quel rischio?

Nel sentirlo parlare delle sue analisi di mercato, di come si fosse sobbarcato diversi viaggi in giro per gli Stati Uniti – all’insaputa dei genitori – e tutto per controllare come lavorasse la Mason, capì.

Capì che quella mente le piaceva, che quell’uomo le piaceva e che, forse, valeva la pena di rischiare, per una volta, di farsi veramente male.

La libertà? Certo, era piacevole, soprattutto vista la sua indipendenza economica.

Sapere di non avere vincoli? Chi non l’avrebbe sognato?

Ma era felice, alla fine dell’opera? Non le sembrava… per lo meno, finché non metteva nell’equazione Bart.

Sorridendo sorniona, si allungò sul tavolo – mentre ancora lui stava parlando – e lo baciò.

Fu una cosa veloce, visto che erano in un bar, ma mise in quel tocco tutta la sua convinzione, la sua sicurezza.

Quando si scostò, un attimo dopo, Bart la fissò stranito per un istante, prima di domandarle: “Era per farmi capire che dovevo stare zitto?”

Grace scoppiò a ridere e, quando arrivarono le loro ordinazioni, non poté non chiedersi che sapore avrebbero avuto, le sue labbra, dopo aver mangiato il croissant.

Non occorse molto per scoprirlo.

Con un’insolita fretta, Bart divorò il suo croissant, terminò il caffè e, dopo aver pagato il conto, condusse fuori Grace, accompagnandola fino all’auto.

Ora, stava diluviando.

Quando, finalmente, riuscirono a sedersi sui comodi sedili di pelle della MGB, Bart la afferrò alla nuca e la attirò a sé per un bacio divorante, senza freni.

Grace rispose subito, avvolgendo il suo viso con le mani, mentre la tempesta sopra di loro infuriava, isolandoli dal resto del mondo.

Nessuno avrebbe potuto scorgere nulla, oltre quei finestrini ricoperti da strati e strati d’acqua scrosciante e, forse, nessuno ne avrebbe avuto il tempo.

Con un temporale del genere, meglio non farsi trovare all’aperto.

Spezzando il bacio ogni tanto per prendere aria, Bart le affondò la mano nei capelli bruni, ora bagnati e profumati di pioggia.

Quel bacio nel bar aveva azzerato la sua capacità di controllarsi in sua presenza, e fuggire da quel luogo pubblico era divenuto un imperativo vitale.

Fin da quando l’aveva conosciuta, aveva provato il desiderio di scoprirla, di scoprirsi assieme a lei, per lei, di provare sulla pelle cosa volesse dire essere solo Bart.

Tutti lo conoscevano come il visconte Barthemius Amedeus Ingleton, figlio di una ricca e distinta famiglia di York, con una parentela risalente fino alla regina Elisabetta I.

Se il padre aveva tentato di renderlo migliore, mandandolo alla scuola pubblica, aveva però messo tragicamente in evidenza la sua diversità.

Non era mai stato veramente come gli altri, nessuno lo aveva mai veramente visto come uno di loro.

Per quanto si fosse fatto degli amici sinceri – e provato sulla pelle cosa volesse dire impegnarsi davvero per raggiungere uno scopo, non solo ottenerlo a causa del proprio nome – non aveva però mai scoperto la vera libertà.

Questa, gli era sempre stata negata, in un modo o nell’altro.

Finché quel maledetto visconte si fosse frapposto fra sé e il mondo vero, nessuno lo avrebbe veramente visto per quello che era.

Eppure, Grace lo aveva visto. Lo aveva toccato e, in barba a tutto, lo aveva conquistato.

Sarebbe stato un inferno farlo capire a sua madre, ma Grace era la donna giusta per lui e, in un modo o nell’altro, l’avrebbe avuta.

Ammesso e non concesso che lei la pensasse allo stesso modo.

Quando, infine, il bisogno d’aria ebbe il sopravvento sulle rispettive pulsioni, Bart si scostò dalle sue labbra tumide e, sorridendole, mormorò: “Non dovevi farlo, prima… ecco cosa succede a scoperchiare il vaso di Pandora.”

Lei rise, rise di puro piacere, il viso rosso di eccitazione e gli occhi che brillavano come stelle.

“Dovrò farlo più spesso, invece, perché mi piace quando succede” replicò la giovane, carezzandogli il viso.

“A tuo rischio e pericolo” asserì Bart, sfiorandole il labbro inferiore con il pollice.

Lei sospirò, socchiudendo gli occhi, e mormorò: “Non voglio perdere la mia libertà, ma… ma credo che, stando con te, potrebbe essere bello lasciarsi incatenare almeno un po’.”

Bart rise, trovando ironico che Grace pensasse questo, visto soprattutto che lui considerava lei la sua porta verso la libertà.

Glielo disse, perché non voleva che vi fossero segreti simili tra loro e Grace, ora colma di dolce stupore, gli carezzò le guance e sussurrò commossa: “E’ bellissimo ciò che hai detto.”

“Come quello che hai detto tu. Che saresti disposta ad affrontare il mio personale inferno, per stare con me. Non credere che sia poco…” replicò il giovane, sfiorandole con un dito il contorno del viso.

“I rischi vanno corsi solo per qualcosa di importante” motteggiò lei, tornando a baciarlo.

Lui la lasciò fare, e stavolta il bacio fu più dolce, stemperato dalla consapevolezza di pensarla allo stesso modo, pur se osservando la cosa da due punti di vista diversi.

Fu solo a tarda sera che rientrarono, dopo aver brevemente cenato in un localino di campagna, poco fuori Cambridge.

Il temporale era ormai lontano, disperso all’orizzonte, e l’aria in quel momento era fredda e umida.

Nel lasciare Grace di fronte al suo collegio, Bart si incamminò per tornare al King’s College con un sorriso stampato in viso.

L’indomani avrebbe telefonato al padre per dirgli di aver conosciuto Grace, così da sondare un poco le acque.

Per la Vigilia di Natale, sperò davvero di poterla portare a York per farla conoscere ai genitori.

Non sarebbe stato male, vedere come Grace avrebbe affrontato sua madre. Era certo che sarebbe stato un incontro… col botto.

***

Col botto, di sicuro, vi fu la caduta da letto di Grace, febbricitante e col peggior caso di raffreddore che si fosse mai visto.

Bart non scherzava, il giorno prima, quando diceva di aver preso un virus piuttosto potente.

Non si era mai sentita così male. E quel giorno, arrivava la sua famiglia!

Forse, questo li avrebbe spinti a non rimanere troppo a lungo a Cambridge, convincendoli che non fosse il caso di disturbarla, visto che stava così male.

Quando, però, Miss Siebert la chiamò dal centralino della portineria del collegio, seppe di non avere scampo alcuno.

Non solo c’erano suo padre e sua madre, ma anche Edward.

Ed Edward non avrebbe perso l’occasione di massacrarla, vedendo che era in condizione di svantaggio.

Le voleva bene, e lei a lui ma, quando si trattava di competere, nessuno dei due si tirava indietro. Erano dei Brown fin nel midollo.

Facendosi forza, perciò, si risollevò dal pavimento, fissò torva la sua compagna di stanza – che stava tentando di non ridere – e borbottò: “Un aiutino sarebbe gradito.”

“Scusa, Grace, scusa” rise Charlotte, sgusciando fuori dal letto per raggiungerla e tirarla praticamente in piedi di peso. “Ma che hai fatto per ridurti così?”

“Bart mi ha attaccato il raffreddore più brutto che la storia ricordi” brontolò Grace, caracollando verso il bagno come uno zombie.

Charlotte la seguì per ogni evenienza e, stando ritta sulla porta, le domandò: “Non devo chiedere come, vero?”

“Immaginalo” bofonchiò Grace, sciacquandosi il viso. Sì, era pesto da far schifo, ma non poteva farci nulla.

La sua compagna di camera ridacchiò divertita, esalando: “Hai un bel coraggio, a frequentarlo. Da quel che mi hanno detto alcune ragazze, sua madre è un vero mastino!”

“Conosco ottimi addestratori… e so come mettere una museruola, se necessario” chiosò Grace, spazzolandosi energicamente i capelli.

Dopo essere rientrata e aver infilato la porta della stanza, la notte precedente, Charlotte l’aveva fissata curiosa, e Grace le aveva parlato della sua uscita con Bart.

Non aveva comunque fatto alcun accenno ai loro precedenti appuntamenti, sperando di chetare con poche parole la curiosità della sua compagna.

Charlotte, però, non era affatto stupida, e aveva subodorato qualcosa ma, con un sorriso, si era limitata ad augurarle la buona notte.

La situazione attuale, invece, richiedeva un po’ di aiuto esterno, perciò Grace decise di darle un po’ di fiducia e, nel volgersi a mezzo, disse: “Mi piace. Davvero tanto. Ma non voglio assolutamente che i miei lo sappiano, perché romperebbero così tanto le scatole da far impallidire la ‘mastinaggine’ di Mrs Ingleton.”

Charlotte gorgogliò sgomenta e assentì in fretta, dichiarando lesta: “Farò un giro di voci con le altre ragazze, allora. Non si sa mai che qualcuna usi più lingua del necessario, e nel momento sbagliato.”

“Grazie… visto che mio fratello è qui, qualcuna potrebbe sentirsi in obbligo di essere più gentile del dovuto” grugnì Grace, facendola scoppiare a ridere.

“E’ così carino?” esalò la compagna di stanza, asciugandosi lacrime di ilarità.

“E’ un Brown” sentenziò l’amica, ammiccando.

Charlotte, allora, afferrò in fretta la sua vestaglia di ciniglia, se la legò in vita e disse: “Vado in missione. Tu, cerca di non morirmi qui, se possibile.”

“Farò del mio meglio… e grazie ancora” replicò a quel punto Grace, fissandola con estrema gratitudine.

Tornando seria, Charlotte mormorò: “Conosco Bart da quando era poco più che un ragazzino con i calzoncini corti. Merita di essere felice, credimi, così come suo fratello che, viva Dio, è sfuggito dal carcere in cui viveva già da un paio d’anni. Se una ragazza gli fa battere il cuore, io starò dalla sua parte, sempre e comunque.”

“Buono a sapersi” ammiccò Grace, scrutandola mentre usciva di corsa dalla stanza.

E chi l’avrebbe mai detto che Charlotte avrebbe potuto essere una sua alleata?

Era proprio vero che doveva dare un po’ più di fiducia alle persone. Non erano tutte calcolatrici e arriviste come suo fratello Edward.

Ghignando allo specchio, Grace si disse: “Il tuo fascino funzionerà poco, oggi, fratellone. Mi spiace.”

L’attimo dopo, starnutì così forte che, per un attimo, temette di essersi spezzata il collo.

Anche Bart, però, poteva evitare di attaccarle un raffreddore simile!

***

Alla fine dell’opera, la visita dei Brown non fu così tremenda come Grace aveva temuto ed Edward, nel vederla così costipata, si era anche trattenuto nelle battute.

Anzi, alla sorella era addirittura parso che fosse preoccupato seriamente per lei.

Sua madre Anne aveva per forza di cose voluto vedere la camera che divideva con Charlotte e, quando aveva saputo che la ragazza era di discendenza nobile, ne era rimasta colpita.

La nobiltà, in America, era vista come un’autentica – quanto affascinante – bizzarria.

Impegnati in quel momento a visitare il museo nei pressi del collegio dove soggiornava, Grace colse quegli istanti di pace per un pisolino.

Si era scusata, preferendo riposare un poco in vista della loro cena, e la famiglia aveva accettato di lasciarla tranquilla in camera sua.

Un crepitio alla finestra, però, la spinse a sollevarsi di scatto dal letto e, accorrendo a vedere, sorrise nello scorgere Bart, dabbasso, armato di sassolini.

Non era la prima volta che usava quella tecnica e, stavolta in particolare, le parve divertente.

Aperta la finestra, si affacciò dal primo piano e disse a mezza voce: “Untore! Sto malissimo!”

“Lo temevo… hai anche la febbre?” le domandò, sorridendole contrito.

“Qualche linea.”

“Com’è andata la giornata? Tremenda, o fattibile?”

“Neanche male, in tutta onestà, ed Edward è stato gentile, visto che stavo malissimo” ammise Grace, appoggiandosi al davanzale. “Tu come ti senti?”

“Chiedimelo tra una settimana. E’ meglio” ironizzò lui, facendola scoppiare a ridere.

“Sei stato carino a passare, ma ora è meglio se defili… i miei sono ancora in zona. Cenerò con loro, stasera” mormorò spiacente Grace, restia a lasciarlo andare.

“Non avrei problemi, anche se li incontrassi… o non vuoi?” le domandò dubbioso.

“Più che altro, non mi va di rispondere a domande di cui ancora non conosco la risposta” dichiarò lei, passandosi una mano tra la folta chioma bruna.

“Ottima risposta, miss Brown. Neppure io saprei cosa dire loro, al momento, a parte che sei una ragazza splendida” le sorrise lui, sapendo di dire solo in parte la verità.

Non voleva però metterla a disagio, specialmente ora che stava male.

Grace gli sorrise, gli mandò un bacio con lo schiocco e, l’attimo seguente, starnutì.

Bart allora rise, le intimò di tornare a letto e, quando la vide chiudere la finestra, si avviò per allontanarsi.

Un giovane alto e bruno, dai lineamenti eleganti e belli, però, gli bloccò la strada e, con un mezzo sorriso, esordì dicendo: “Quindi, te la fai con mia sorella?”

Addio alla segretezza e all’impegno di starmene in disparte, pensò tra sé Bart, sospirando leggermente.

“Sei Edward Brown?” domandò Bart, pur non avendo bisogno di molte conferme.

A ben guardare, assomigliava molto a Grace.

Le mani infilate nelle tasche dei pantaloni dalla piega perfetta, Edward assentì con un mezzo sorriso e, ironico, replicò: “E tu saresti…?”

“Bart Ingleton” dichiarò lui, allungando una mano verso il giovane americano.

Dopo un istante, Edward accettò quella mano, stringendola con forza, e trovando all’altro capo una stretta altrettanto decisa.

“Mmh, bene. Non è una stretta da damerino. E’ già qualcosa” assentì Edward. “Ergo, cosa ho involontariamente ascoltato, prima?”

“Il raffreddore gliel’ho attaccato io” si limitò a dire Bart, con tutto quello che poteva voler dire un’affermazione simile.

Il giovane Brown levò curioso un sopracciglio ma, a sorpresa, non fece altre domande e, nel lanciare un’occhiata alla finestra della stanza della sorella, mormorò: “Sai che nessuna delle ragazze del dormitorio mi ha detto nulla di te? Neppure la sua compagna di stanza.”

“Charlotte? Le dovrò una birra, allora” ironizzò Bart. “Se anche ti avessero detto che la frequento, sarebbe cambiato qualcosa?”

Edward si passò un dito sullo zigomo, grattando leggermente, forse indeciso su cosa dire e come dirlo.

Alla fine, comunque, borbottò: “Vedi, Bart, tra me e mia sorella c’è uno strano rapporto. Litighiamo spesso, perché siamo assai competitivi, e io non manco di essere piuttosto pungente, con lei, lo ammetto. Ma su una cosa non transigo; nessuno deve farle del male, in nessun modo possibile. E’ mia sorella, e il primo che le torce un capello, è un uomo morto. Defunto.”

Il tono lapidario di Edward sorprese un poco Bart che, istintivamente, corse alla cinta dei pantaloni del giovane, come a volersi assicurare che non portasse una pistola.

Brown lo comprese al volo e sorrise, replicando: “Qui non si può girare armati.”

“Non si sa mai” sottolineò per contro il visconte. “Comunque, non è mia intenzione farle alcun male. Tutt’altro.”

“La fai ridere, e sembrava onestamente felice di vederti, perciò ti crederò… per ora. Ma non pensare che la cosa possa tranquillizzarmi per molto. Ti terrò d’occhio, in un modo o nell’altro e, se capirò che sei un pericolo per Grace, ti affetterò come bacon e ti mangerò a colazione” lo minacciò Edward.

Bart sorrise divertito, onestamente sorpreso da tanto livore e, preferendo calmare i suoi bollori, disse soltanto: “Mi reputo avvisato. Lo dirai ai tuoi, ora?”

“Non ci penso neanche. Ricatterò Grace per il mio silenzio. Sarà più divertente, e più in linea con il mio carattere” ironizzò Edward, ammiccando al suo indirizzo.

Sarebbe stato ugualmente in silenzio, anche senza il ricatto alla sorella ma, a quanto pareva, il loro strano rapporto funzionava meglio così.

E chi era Bart per lagnarsi?

“E’ bella, mia sorella, quando sorride, vero?” mormorò alla fine Edward, con aria orgogliosa.

“Sì, molto” assentì Bart, restando in silenzio a osservare il college ancora per qualche istante, prima di separarsi con un muto saluto.

Come primo approccio alla famiglia Brown, dopotutto, non era andato neanche male, pensò tra sé Bart, prima di starnutire per l’ennesima volta.

Ma che razza di raffreddore aveva preso?!

 

  
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