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Autore: Walpurgisnacht    01/07/2016    1 recensioni
Allora ragazzi, vi capita mai di avere idee folli su cui vi sale un hype incontrollabile e che DOVETE mettere per iscritto? Ecco, se vi è successo sapete cosa è passato per la testa mia e della mia socia. Spiegazioni sul crossover e altri tecnicismi nel primo capitolo.
Aggiornamenti settimanali, due a botta. Numero finale di capitoli: ventuno.
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Un aereo cade. Nove ragazzi ammaccati si leccano le (piccole) ferite e cercano di capire come andarsene da quel posto dimenticato da chiunque.
Sul serio, non c'è nessun tizio psicopatico che vuole farli giocare alla sua personalissima versione de La Ruota della Fortuna.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“Oh…”

“Io… io non…”

Mondo si limitò a fare un mezzo sorriso, senza sapere bene cosa dire.

Non c’era molto da aggiungere alla sua storia, in realtà… la storia di come suo fratello era morto per causa sua.

Chiuse gli occhi nella speranza di cacciare via quelle immagini, pur sapendo che non se ne sarebbero mai andate: se non era successo in quegli ultimi due anni di certo non sarebbe successo lì, in quell’istante.

Il ricordo di Daiya steso sull’asfalto era scolpito nella sua memoria, così come quell’ultimo sorriso e la raccomandazione di “essere un bravo capo”; Mondo non voleva essere il capo dei Crazy Diamonds, non più, non dopo che aveva causato la morte del fratello solo perché voleva fare colpo con una delle sue spacconate.

Sono un idiota si disse, ripensando al momento in cui gli aveva proposto di gareggiare in moto, per “impressionarlo” aveva detto. Non importava che Daiya avesse fiducia in lui e avesse già deciso di cedergli il comando della gang: la perplessità che aveva letto sui volti degli altri membri riguardo a quella decisione era bastata a mandarlo nel panico e fargli dubitare delle sue capacità.

“Oowada-kun?”

Si riscosse dai suoi pensieri e si voltò verso Aoi, che lo guardava preoccupata: “Tutto ok Oowada-kun? Sembri così… giù.”
“Sta’ tranquilla, è tutto apposto” si affrettò a dire, “sul serio. È solo che non è mai facile parlarne.”

“Mi dispiace tanto!” squittì lei, ma lui sorrise: “Ehi è tutto a posto, sono stato io a volervelo dire, no?”
“Sì, ma se noi… se Ishimaru-kun” si corresse “non avesse insistito…”
“Mi avrebbe comunque costretto Zero” disse, “e come ha detto lui prima, a questo punto è meglio rivelarceli tra di noi piuttosto che stare alle sue condizioni.”

Il Prefetto si limitò ad annuire, ma Aoi non sembrava del tutto convinta. Tuttavia non disse nulla e si limitò a sospirare, probabilmente convincendosi che quello fosse il male minore. Mondo trovava ironico definire così il dover raccontare di nuovo di come aveva proposto una maledetta gara in moto a suo fratello per provargli (inutilmente) il suo valore, e di come quest’ultimo era morto perché lui era stato troppo stupido e avventato e non si era accorto del camion che arrivava dalla parte opposta.

Avrebbe convissuto con quel dolore per tutta la sua vita. In confronto le manipolazioni di Zero gli sembravano stupidaggini.

“Bene… ora che si fa?” disse, preferendo dedicarsi a qualcosa di pratico prima di buttarsi in un angolo e piangere (in maniera poco virile, aggiunse mentalmente).

“Penso sia il caso di rimetterci a cercare… qualunque cosa Zero voglia farci trovare” disse Aoi, “parlare tra di noi è stato bello e terapeutico ma temo ci abbia fatto perdere un sacco di tempo.”

“Concordo, meglio tornare al lavoro” replicò Ishimaru, e tutti e tre ripresero a ispezionare la stanza, che almeno all’apparenza non sembrava avesse molto da offrire: era un normale spogliatoio che non conteneva nulla di strano a parte un paio di calzini dimenticato da chissà chi chissà quando.

Stava svogliatamente rovistando tra i manga hentai dentro l’armadietto di tale H. Kojima quando dalle pagine di Halflita (numero 17, 1994. Ottima annata) cadde un foglietto.

“Ehi, ragazzi.”

Aoi e Ishimaru si voltarono verso di lui, che in mano teneva qualcosa: “Ho trovato un altro ritaglio di giornale.”

Quando gli altri si avvicinarono Mondo iniziò a leggere ad alta voce.

 

YOMIURI SHINBUN

NUOVI RISVOLTI NEL CASO DEL PRESUNTO DIFFAMATORE DELL’ACCADEMIA KIBOUGAMINE

 

11 gennaio 2004

 

Le ultime indagini della polizia distrettuale di Chiba hanno forse fatto emergere nuovi elementi nel caso di E. Harada, l’uomo che poco meno di tre mesi fa è stato trovato impiccato in una cella della prigione locale.

Le prime ricostruzioni privilegiavano lo scenario del suicidio. Solo negli ultimi giorni sarebbero trapelati alcuni particolari che invece porterebbero gli inquirenti verso una differente soluzione. Nello specifico si tratta di presunti contatti intercorsi fra la direzione del carcere e qualche personaggio di spicco dell’accademia Kibougamine che, stando alle accuse della vittima, avrebbe condotto in passato alcuni esperimenti psicologici non etici sul suo corpo studentesco più giovane. Il tutto senza alcuna garanzia di sicurezza e senza l’approvazione dei genitori.

La nostra testata tiene a specificare che non vi è nulla di ufficiale. Si tratta di voci di corridoio provenienti da fonti vicine alla procura, che però si sono sempre dimostrate affidabili.

Vi terremo aggiornati sui prossimi sviluppi di questa vicenda.

 

Che… che cazzo era quell’articolo?

E soprattutto, cosa stava cercando di dire Zero? A che scopo far trovare loro la storia del signor Harada? Che c’entrava con l’odissea cui li stava sottoponendo?

“Quanto hai letto è inquietante, Oowada-kun” commentò Ishimaru, non riuscendo più di tanto a mascherare l’agitazione per le novità da poco apprese.

“Chiamatemi scema, ma io davvero non capisco il motivo di ‘sta cosa. Perché?”.

“A saperlo, Asahina-san. Sarà opportuno parlarne con Kirigiri-san appena possibile. Se qualcuno fra di noi può trovare la risposta alla tua legittima domanda, quella persona è sicuramente lei”.

“Ok, ma finché non saremo in grado di farlo potremmo cominciare a tracciare qualche ipotesi noi tre. Non credete?” propose Mondo, deciso a cercare di capirci almeno qualcosina.

“Proviamo, ma non sono troppo fiduciosa”.

“Avanti Asahina, tentar non nuoce”.

“Se lo dici tu…”.

“Pessimista. Correggetemi se credete che stia dicendo stronzate, ma io penso che ci debba per forza essere un collegamento fra la storia del vecchio suicida e la nostra in questo posto. Altrimenti Zero ha l’hobby del tagliare pagine a caso del giornale”.

“A parte che non era poi così vecchio, Oowada-kun. In effetti non vedo altra possibile spiegazione” disse il Prefetto, salvo fermarsi a metà frase per lanciarsi in una malriuscita imitazione dell’unica, inconfondibile Kyouko Kirigiri. La posa con la mano sul mento e lo sguardo immerso in pensieri troppo complicati per chiunque altro non gli erano neanche venuti poi tanto male, ciò che stonava…

Mondo rise. Le sopracciglia di Ishimaru rovinavano il quadretto.

“Mpf. Simpatico. Uno cerca di impegnarsi e questo è il suo premio”.

“Scusa. È che come Super Detective senza Super Minigonna non sei granché”.

“...lasciamo stare. Piuttosto, avete notato una cosa? Gli articoli non sono recenti. Questo fatto è successo quasi dieci anni fa”.

“E con ciò?” chiese Asahina, spiazzata dalla linea di ragionamento.

“Mi sta sorgendo un dubbio”.

“Sarebbe?”.

“Pensate che noi, verso il periodo fine 2003/inizio 2004, rientrassimo nella definizione… come diceva? «Corpo studentesco più giovane»?”.

Mondo consultò di nuovo il pezzo di carta e confermò. E in effetti l’intuizione pareva aver senso, loro avevano fra i nove e i dieci anni all’epoca.

“Ma non siamo mai stati sottoposti a qualche esperimento strano!”.

“Certo che no, Asahina-san. Ma dimmi, trovi forse un altro possibile punto di contatto fra noi e questi articoli?”.

“No, ammetto di no” confessò lei, la testa un po’ abbassata.

“Quanto dici non sta in piedi, Ishimaru!” proruppe Oowada “Ci ricorderemmo di un’esperienza così brutta se davvero l’avessimo vissuta!”.

“Non posso darti torto. Però pensateci un attimo, la nostra accademia ha una fama molto meno cristallina di quanto cerca di far vedere. Sbaglio o l’anno scorso era venuto fuori un mezzo scandalo con la storia di… maledizione, non mi ricordo il nome dello studente…”.

“Di cosa stai parlando? Non so nulla del genere”.

“Cavolo, proprio non mi viene in mente. Tu ricordi qualcosa, Oowada-kun?”.

“No, dovrei? Probabilmente erano tutte balle, si sarà trattato solo di voci senza consistenza come è successo mille altre volte. Là fuori è pieno di squilibrati che cercano di sputtanare la Kibougamine per spillarle un po’ di soldi. E poi, quale psicopatico farebbe cose del genere senza venire gettato in galera per i successivi venti secoli?”.

“Qualcuno ricco e influente come la nostra scuola”.

“Da quando ti è venuta la mania del complottismo, Ishimaru? I raeliani ti hanno lasciato una testa di cavallo nel letto?”.

“Mi è venuta da quando siamo chiusi in questo posto, Oowada-kun. Capiamoci, comprendo bene perché sei incredulo. Sarebbe una storia senza né capo né coda. La stimata, famosa accademia Kibougamine che usa i propri studenti come cavie per chissà quali turpi propositi. Suona ridicolo a me dirlo, immagino faccia lo stesso effetto a voi sentendolo. Ma se non fosse così… questi articoli davvero non hanno il minimo senso, come hai fatto presente tu stesso prima”.

“Troppe cose non tornano nel tuo modo di pensare. Stai costruendo un castello di carte basandoti su dicerie mai confermate e probabilmente false”.

“E se il castello si rivelasse invece fatto di cemento, Asahina-san?”.

“In quel caso farà un gran male quando ti crollerà addosso”.

“Può darsi. La risposta che ricavo da questo pezzo di giornale” disse indicandolo “e dal suo fratello più vecchio è questa. Sempre che, lo ripeto, Zero non si diverta a prenderci in giro solo per ridere di noi”.

“Possibilità da non escludere, in realtà, visto che è sicuramente fuori di testa per aver architettato tutto questo…”.

Il discorso sembrava concluso. Poi a Ishimaru si accese una lampadina sopra la testa, quasi letteralmente: “Un momento! Zero ha parlato di peccati che avremmo commesso… ma noi non sappiamo a cosa si riferisce, giusto?”.

“Giusto”.

“E, dando per buona la mia teoria sugli articoli, cos’altro non sappiamo per certo?”.

“Se la scuola ha davvero fatto o no qualche roba orribile”.

“Esatto. Ebbene, provate a sovrapporre le due cose” disse facendo il gesto con le mani aperte a palmo di fronte a sé “Se non ricordiamo una cosa e siamo all’oscuro dell’altra… non può essere che siano la stessa?”.

Asahina alzò un dito come a imporgli l’alt: “Aspetta, fammi capire bene. Stai lasciando intendere che la nostra classe sarebbe passata sotto le grinfie di un branco di pazzi da far invidia agli scienziati nazisti, che per qualche strambo motivo non ce lo ricorderemmo… e che per qualche altro strambo motivo saremmo colpevoli di qualcosa in tutto ciò?”.

“Evidentemente è ciò che pensa Zero. È stato lui a parlare di peccati ed espiazione, non di certo io. Lo so, è un’idea abbastanza campata per aria ma farebbe coincidere un sacco di zone d’ombra. Gli articoli, le accuse lanciateci addosso dal nostro carceriere, il motivo scatenante che l’ha spinto a rinchiuderci qui…”.

“Ok kyoudai, tira fuori i brownies”.

“Eh? Che stai dicendo, Oowada-kun?”.

“Prima di partire ti sei fatto dare qualcuno dei brownies speciali da Hagakure, vero?”.

“No! E poi cos’hanno che non va, quei brownies? Sono squisiti. Certo, dopo averli mangiati ho sempre un momento di blackout…”.

“È perché sono fatti di marijuana, genio. Ti rimbambiscono. E non vedo altra spiegazione per la fuffa che hai appena detto”.

“Io sono d’accordo con Oowada-kun. Mi rifiuto di credere a tutte queste stronzate”.

“A quanto pare ti ho attaccato la parlata volgare, Asahina. Ti dirò, la cosa non mi dispiace poi troppo”.

“Qualche parolaccia ogni tanto non è il dramma che pensavo”.

Dopo una breve risatina fu di nuovo Mondo a prendere parola: “In ogni caso, continuare a teorizzare su questi articoli di giornale non ci aiuta ad aprire la porta. Direi di continuare a cercare e lasciare le congetture per quando saremo insieme agli altri.”

Aoi e Ishimaru annuirono, e tutti e tre tornarono alle loro ispezioni.

 

*

 

L’attesa era logorante.

Riuscire ad uscire da quella stanza in tempi brevi aveva comportato il ritrovarsi ad aspettare l’arrivo degli altri, che evidentemente avevano incontrato ostacoli ben più grossi dei loro.

Mentre Ikusaba aveva deciso di dare un’occhiata ai piani superiori per stare lontana da Togami (quest’ultimo non si era nemmeno sprecato a risponderle), Sakura si era invece accucciata sulle stesse vecchie scatole dove Touko aveva preso posto solo un’ora prima.

Si ritrovò inevitabilmente a guardare verso la porta numero 3, chiedendosi se i ragazzi stavano bene… se Aoi stava bene.

La bomba che Zero aveva lanciato sul loro rapporto rischiava di minarlo fin nelle fondamenta e renderne impossibile un’eventuale ricostruzione. Il non poter sostenere Aoi la rendeva ancora più insofferente e agitata: fin da quando avevano fatto amicizia era sempre stata lei a confortarla e tirarla su per qualunque cosa, da una gara di nuoto andata male a un rifiuto da parte di un ragazzo.

Ora che ci penso…

In effetti Aoi non le aveva mai parlato di quasi nessuna delle sue “cotte”, rimanendo sempre vaga e imputando il tutto all’imbarazzo. A posteriori non riuscì a non chiedersi se non avesse dovuto considerarlo un indizio, ma in fin dei conti era più che logico per lei pensare solo che l’amica fosse troppo timida per dirle chi era l’interesse delle sue attenzioni in quel momento — e in ogni caso non era neanche detto che avesse capito le sue inclinazioni già allora. Per quel che Sakura ne sapeva, poteva essere una scoperta più recente.

Sospirò, maledicendosi per non poter fare nulla per lei ed essere al contempo la causa della sua sofferenza. Pensò brevemente a cosa sarebbe successo dopo, se… quando sarebbero usciti di lì. Il se non è un’opzione accettabile si disse, noi usciremo di qui. Abbiamo tanto di cui parlare, io e lei.

E tuttavia un pensiero cupo si fece largo nella sua mente, agitandola ancora di più: e se davvero non fossero mai riusciti ad uscirne vivi? Se rischiavano di morire lì era il caso di parlare con Aoi, nonostante quest’ultima avesse lasciato intendere di non averne intenzione al momento? E anche avesse accettato, cosa avrebbe dovuto dirle?

La verità era che non lo sapeva.

Più ci pensava, meno capiva cosa provava: era confusa, prima di allora aveva amato un solo ragazzo e non si era mai concessa a nessun altro dopo Kenichiro. Era sicura di averlo amato, ma… anche Aoi aveva avuto almeno un ragazzo, anche se per poco.

E quindi? Non era una sorta di regola standard, per quel che ne sapeva. In realtà al momento era troppo spaesata per essere sicura di qualcosa, non era nemmeno sicura che fuori da lì ci fosse ancora il mondo per come lo conosceva.

Si chiese se lei e Aoi sarebbero mai venute fuori da quel problema, e in che condizioni.

Forse non era sicura di volerlo sapere.

 

*

 

“Allora, ci sei riuscita?”

“Hm. No, niente.”

Makoto sbuffò.

Avevano deciso, per logica, di dedicarsi agli schedari nella speranza che contenessero qualcosa per smontare (o rompere) il finto specchio, ma avevano finito per litigare con i lucchetti che li chiudevano: quattro archivi, quattro lucchetti con anelli pieni di lettere. Per aprirli serviva conoscere le parole giuste… che ovviamente non avevano.

E poi dentro potrebbero non esserci degli attrezzi adatti allo scopo si disse. Potevano esserci altri indizi. O documenti inutili. O tutte e tre le cose, ma fuori dalla nostra portata al momento.

“Fermiamoci un secondo a riflettere” esclamò Kyouko. La voce era leggermente frustrata ma, come suo solito, cercava di non darlo a vedere.

I tre si portarono verso il tavolo.

“C-Cosa suggerisci, Kirigiri?”.

“La soluzione all’arcano dev’essere qui, finora Zero ci ha sempre dato la possibilità di risolvere i suoi indovinelli. Proviamo a guardarci attorno per cercare qualcosa di utile”.

“E se fossero… queste?” chiese Makoto prendendo il mazzo di carte in mano.

“Cosa intendi?”.

“Rappresentano delle figure, no? Perché non tentiamo come combinazione dei lucchetti ciò che è disegnato qua sopra?”.

“Sì, ma hai visto che sono caratteri occidentali. Non ci sono kanji o hiragana”.

“Allora f-forse la parola… è in una lingua straniera?”.

“Io non posso aiutare allora” alzò le mani Makoto “So a malapena dire hello in inglese”.

“E c-con una pronuncia p-pessima” rimarcò Touko. Ma lo disse ridacchiando, segno evidente di come fosse una battuta e nulla più.

Da quanto tempo non sentivo Fukawa-san fare una battuta? Forse addirittura mai prima d’ora. Mi fa piacere.

“Sono altrettanto a digiuno, purtroppo. Tu come te la cavi con l’inglese, Fukawa?”.

“Lo so. Direi abbastanza b-bene da potercela fare”.

E qui avvenne qualcosa che nessun membro della classe 78 poteva dire di aver già visto accadere: Touko Fukawa dichiarò con orgoglio una propria dote.

Sia lui, sia Kirigiri la guardarono piuttosto meravigliati.

“Allora, vediamo di capirci qualcosa. Questo… uhm, potrebbe essere… fatemi un f-favore, mentre io cerco di tradurre… mi p-potreste dire quante lettere ci sono in ogni lucchetto? Non lo ricordo b-bene”.

“Faccio io” si assunse l’onere Makoto.

Dopo aver controllato tornò da lei: “Sono due parole di quattro lettere e due di sei”.

La Super Scrittrice si fece ancora più concentrata: “O-Ok. Qua abbiamo un’onda, che si dovrebbe dire… un attimo che cerco di r-ricordare… credo sia wave. Il quadrato è square, il cerchio… circle. L’ultima… uhm, è un po’ più d-difficile. è un segno più… f-forse… plus?”.

Un breve conteggio delle lettere fece capir loro che forse ce l’avevano fatta. O meglio, forse Fukawa ce l’aveva fatta.

Non mancherò di farlo presente a chi di dovere che il merito è tutto suo.

Provvidero a inserire le combinazioni nei lucchetti e, dopo un paio di tentativi sbagliati, finalmente riuscirono a rimuoverli.

“Ottimo lavoro, Fukawa-san!”.

“G-Grazie N-Naegi, s-sei… sei troppo buono c-con me…”.

“Non è vero. Sei stata grande e ti meriti i giusti complimenti”.

“...”.

Forse non era ancora pronta per delle lodi sperticate, ma il timido sorriso sul suo volto era già molto.

Il primo schedario regalò loro dei fascicoli: una rapida occhiata all’intestazione li identificò come risalenti al 2003.

“Cavolo, sono vecchi”.

“Decisamente. Eravamo ancora dei bambini quando sono stati stilati. Sembrano delle schede personali. Guardate: data di nascita, altezza, peso, un sacco di dati anagrafici vari e una breve descrizione fisica”.

“Purtroppo non ci sono nomi”.

“Già. Pare siano stati cancellati”.

“Ci farebbe comodo scoprire a chi si riferivano”.

“E chi lo sa. Sono inutilizzabili in quel senso. Ma potrebbero darci altre informazioni”.

“C-Che tipo di informazioni?”.

“Parlano di risultati… di esperimenti fatti con le carte di Zener…”.

I tre ragazzi cessarono ogni funzione vitale per qualche secondo.

Era una coincidenza assurda. Talmente assurda da non poter essere una coincidenza.

Avevano un mazzo delle suddette carte sul tavolo alle loro spalle, e casualmente i simboli lì rappresentati erano le chiavi di apertura dei lucchetti.

Oltre all’articolo di giornale, che sempre casualmente parlava di esperimenti.

“O Zero è un fan assatanato di Uri Geller o ci sta mandando un messaggio molto esplicito”.

“Pensi che anche gli altri abbiano trovato qualcosa di simile, Kirigiri-san?”.

“Possibile. Anzi, probabile. A questo punto è lecito pensare che dovremmo cominciare ad avere un quadro più chiaro della situazione nella sua interezza, e magari così facendo capire cosa ha portato Zero a rinchiuderci qua dentro”.

I due archivi centrali portarono altri fascicoli simili, sempre privati dei nomi.

Nell’ultimo, che fu Touko ad aprire, invece ci fu una variazione sul tema.

“Uh? E questo cos’è?”.

Lo tirò fuori e lo mostrò agli altri.

“Parrebbe la candela d’accensione di un’auto” constatò Kyouko.

“Sì, ma che ce ne facciamo? E perché era dentro uno schedario chiuso?”.

“Uhm”.

Oh oh. Eccolo, è il momento in cui Kirigiri-san si mette a elucubrare. Mano sul mento? C’è. Sguardo corrucciato? C’è. Isolamento totale dal mondo esterno? C’è.

Per un paio di minuti lui e Fukawa rimasero fissi come due baccalà a osservarla mentre pensava.

Poi, all’improvviso, l’illuminazione.

“Ci sono!”.

“Eh? Aiuto, mi hai spaventato!”.

“Scusa Naegi Cuor di Leone, non volevo. Comunque questo” disse prendendolo in mano “è il nostro passaporto per il paradiso”.

“...stai scherzando?”.

“No. E ora te lo dimostro”.

Si avvicinò al tavolo e, dopo qualche tentativo, riuscì a rompere la candela e raccolse un frammento della parte bianca, poi lo fece saltare un paio di volte sul palmo della propria mano.

Si fermò.

Lo lanciò contro il vetro.

E il vetro si infranse.

Makoto osservò incredulo Kyouko, che con la giacca avvolta attorno alla mano destra rimuoveva alcuni residui di vetro rimasti nell’infisso.

“Kirigiri-san, come hai…” balbettò, e lei si limitò a fare spallucce: “Semplice fisica, Naegi-kun. La ceramica all’interno delle candele delle auto è composta da elementi che la rendono particolarmente dura, e se lanciata velocemente contro il vetro l’impatto con un’area ridotta causerà abbastanza energia da romperlo interamente.”

Makoto rimase a bocca aperta.

“Sei così stupito?”

“No, è che dopo la tua esibizione mi chiedo se tu vada davvero in giro a investigare o se invece passi il tempo a scassinare auto.”
Kyouko rimase un attimo interdetta, forse non del tutto sicura che il ragazzo stesse scherzando, ma poi ricambiò il sorriso: “Sapessi quante cose non sai di me, Naegi-kun…”

E se non si fosse trattato della gelida Super Detective Kyouko Kirigiri, Makoto sarebbe stato abbastanza sicuro che stesse flirtando.

Con me? Ma quando mai!

Poco dopo la vide saltare oltre l’apertura e atterrare agilmente dall’altro lato: “Restate lì, lo spazio è piccolo” disse, e si guardò attorno: non sembrava esserci molto nell’altra stanza, solo un altro schedario.

“A quanto pare abbiamo bisogno di un’altra password” disse, tenendo in mano il lucchetto che teneva chiuso l’archivio. “Quattro lettere. Le carte di Zener hanno cinque simboli e noi ne abbiamo usati quattro. Se tanto mi dà tanto…”

“Quale manca?” chiese Makoto.

“La stella.”

“Q-Quindi star” li anticipò Fukawa, “t-ti serve una mano per inserire le lettere?”
“Sarebbe utile, sì” rispose l’altra, e si spostò abbastanza da permettere a Touko di osservare il lucchetto. “D-Dunque… fai girare il cerchietto a sinistra” disse, sistemandosi gli occhiali per vedere meglio “ok, fermati. Ecco la s. Ora quello accanto…”

Continuarono così per qualche secondo, finché la parola star apparve e il lucchetto si aprì, dando modo a Kirigiri di frugare all’interno.

“Ma guarda.”

“Cos’hai trovato?” chiese Makoto, e lei gli porse un plico di carte; saltò di nuovo oltre l’infisso e si avvicinò a loro: “Guardate qua” disse, riprendendo i documenti in mano e sfogliandolo “è l’ennesimo fascicolo personale, identico a quelli che già abbiamo trovato. Solo che stavolta abbiamo un nome” disse, e lo voltò per farlo vedere a lui e Touko.

Junko Enoshima.

   
 
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