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Autore: DARKOS    02/07/2016    1 recensioni
Roxas era ormai al terzo anno della Twilight Town University, l’accademia di prestigio della regione. Ormai un “veterano”, era anche la celebrità del campus: la storia di come avesse trionfato sul Consiglio Studentesco e sull’utopia di Xemnas neanche due anni addietro era ormai leggenda e tramandata a tutte le matricole. E come ogni leggenda, anche paurosamente gonfiata: lo stesso Roxas aveva addirittura sentito una versione secondo la quale lui aveva affrontato da solo tutti i tirapiedi di Xemnas in dieci diverse prove di abilità, per poi battere il capo stesso con eleganti mosse di judo. Non poté trattenersi dal ridere, primo perché lui non conosceva nemmeno il judo, secondo perché di sicuro non aveva fatto tutto da solo: era solo grazie ai suoi amici che se l’erano cavata.
Genere: Comico, Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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Quindicesimo Capitolo

Le sue labbra erano umide e morbide, il suo profumo pungente ricordava l’acqua dolce nei pressi di un boschetto. L’unico problema di Roxas era che non sapeva dove mettere le mani: era abituato a Xion, più piccola di lui, che poteva cingere per le spalle. Ma Aqua lo sovrastava completamente, le spalle di lei erano sopra la sua testa e LEI lo circondava con le braccia. Il suo istinto maschile lo faceva sentire un poco a disagio, ma in quel groviglio di membra i pro superavano definitivamente i contro. E in modo un po’ infantile, il ragazzo si ritrovò a osservare un’altra cosa che con Xion non si faceva caso: arrivare al petto di una ragazza può essere anche una bella cosa.
Un rumore di passi li fece voltare e separare quasi istantaneamente, mentre Vanitas faceva scorrere la porta del corridoio.
“Ah, eccovi qui entrambi, bene. È arrivato il momento del briefing, quindi spicciatevi a tornare.” Detto questo tornò sui suoi passi, per poi voltarsi di nuovo: “Comunque ci sono bagni anche in altre parti del treno.”
E se ne andò. Ragazzo e ragazza rimasero immobili finché l’eco dei tonfi non divenne appena udibile sopra i rumori del treno che sfrecciava.
“Meno male che il suo stile gli impone di portare degli stivali.” Disse Roxas.
“Meno male che ha l’esperienza sentimentale dell’iguana di mia madre.” Ribatté Aqua. “Non mi andava proprio di sentire le sue rimostranze.”
“Ti infastidisce far sapere che ci frequentiamo?”
“A me, no. Ma so che tu e lui avete ancora dei problemi, e di certo non gioverebbe.” La ragazza lo guardò e sbatté le palpebre. “Quindi ora ci frequentiamo?”
“Eh?”
“L’hai detto tu.”
“No, era per dire…”
“Per dire che ci stai? Perfetto! Ora andiamo però, che non sono tutti propriamente ciechi.”
Roxas seguì Aqua, sovrappensiero. Ancora non sapeva bene come si sentiva al riguardo. Appena aveva pensato che la sua precedente vita era un capitolo chiuso, appena aveva visto Aqua come più di una coinquilina, subito il suo corpo si era mosso da solo e aveva ricambiato il bacio senza pensare. Ma era davvero pronto? Sentendo le voci provenire dallo scompartimento, decise che al momento aveva affari più urgenti da sbrigare.

Tutti si sedettero, mentre sul tavolino per il pranzo poggiava un piccolo computer sul quale si vedeva la faccia di Xemnas. Gliel’avevano preso per via di un progetto a lunga distanza, ma ignoravano che lui avesse aggirato i livelli di sicurezza e lo usasse a piacimento: aveva seguito i Campionati da lì.
Terra, Chirithy e Vanitas, non troppo interessati a vederlo in faccia (Chirithy ne era imbarazzata) sedevano sul sedile opposto al monitor; Ventus, Aqua e Roxas, i più empatici e capaci di cogliere molto anche solo con lo sguardo, davanti a esso.
“Eccovi. Come procede il viaggio?” La voce del leader era vagamente crepitante e un po’ alta: la connessione non era perfetta dal treno.
“Niente da riferire.”
“Meglio. Vi state avvicinando alla vostra meta, è ora che io vi dica tutto ciò che so. Ulteriori simulazioni e piani non avrebbero senso senza queste informazioni. La persona che cerchiamo si chiama Skuld. Ragazza prodigio sarebbe quasi un insulto per lei. Ci metterebbe tutti in imbarazzo, e potrebbe fare grandi scoperte in ogni campo conosciuto.”
“Perché parli al condizionale? Se è così brillante, dovrebbe esserci una prova.”
“Dovrebbe, ma… è un po’ delicato e mi auguro siate tutti abbastanza aperti di vedute per non farvi cogliere da pregiudizi al riguardo. Skuld… fa parte di un progetto speciale. Una ricerca sulle cellule. È nata in provetta.”
Un silenzio scioccato riempì il vagone. Naturalmente tutti sapevano cosa significava: i bambini in provetta, nati fecondando cellule artificialmente e mischiando geni tra loro… una ricerca assai controversa, che suscitava polemiche verso chi la riteneva una procedura innaturale. Era troppo recente per avere ancora un gran numero di individui adulti, ma chi si sapeva era nato da esperimenti simili veniva spesso trattato come un alieno, un emarginato. In alcuni, tremendi casi nemmeno un vero e proprio essere vivente. Roxas capiva perché Xemnas era stato così reticente: era una delle informazioni più private e personali che esistevano.
“Ora capisci Ventus, perché uso il condizionale. Skuld è un fenomeno, creata a tavolino per essere la migliore: ma non ne può dare prova. È tenuta in uno stato di isolamento quasi totale anche per il suo bene. Non vi nascondo che è il fiore all’occhiello dei Dandelions, portarla via non sarà facile.”
Terra rimuginava. “Portarla via a chi? Ha un… un proprietario? Insomma, chi le fa da tutore?”
“Per ora è di proprietà dell’istituto finché non diventerà maggiorenne. Allora potrà decidere lei, ma ricordate che è da quando è nata che la educano perché accetti di entrare in una prestigiosa compagnia. Un indottrinamento ai livelli di un lavaggio del cervello.”
Roxas fece un paio di calcoli, e iniziò pian piano ad afferrare il quadro della situazione. “Xemnas, ho ragione di credere che Skuld diventerà maggiorenne verso i primi di Luglio?”
“Fra poco più di una settimana!” Aqua stava iniziando a capire.
“Esatto. Una volta che Skuld sarà maggiorenne il nostro non sarà sequestro, se vi seguirà di sua spontanea volontà. Quello che faremo prima sarà… moralmente questionabile ma entro i limiti della legge, grossomodo.”
“Questo vuol dire che dobbiamo avvicinarla nel giorno del suo compleanno, e non prima.” Grugnì Vanitas.
“Proprio così. Idealmente la fiducia non si guadagna in poco tempo, ma se la incontraste prima e lei riferisse dell’incontro alle matrone… beh, lascerò a voi i dettagli. C’è altro di cui dobbiamo discutere?”
Il treno perdeva velocità. Stavano per raggiungere la stazione della contea di Traverse, e avrebbero dovuto smontare presto. Roxas si avvicinò allo schermo e approfittò degli ultimi secondi rimasti.
“Xemnas, a cosa serve Skuld? Che ruolo ha contro Ephemera?”
“Lei è… Ephemer… la sola… mani.”
La conversazione crepitò ancora un po’, poi la connessione si perse del tutto. I ragazzi si rassegnarono e iniziarono a preparare i bagagli appena la voce all’altoparlante disse che la fermata era in arrivo.

Furono i soli a smontare dal treno, e con buona ragione. Traverse non era una regione densamente popolata, non aveva metropoli né vere e proprie città. Gran parte della contea era usata per impianti e fabbriche, per coltivare la terra, e in rari casi per celare piccoli angoli di paradiso come l’istituto Dandelions.
I sei salivano un sentiero ben tracciato in mezzo a un boschetto di gelsomini. Le foglie rosse per terra e sopra le loro teste creavano l’illusione che fosse già autunno.
“Sarà così tutto l’anno?” Chiese Chirithy.
Ventus era altrettanto impressionato. “Qui non fa mai troppo freddo, né troppo caldo. Il paesaggio autunnale è tra i migliori per stimolare cervello e creatività. È decisamente un giardino all’avanguardia.”
“Peccato in questo giardino coltivino esseri umani.”
“Van…”
“Ehi, non dico siano mostri! Non lo penso. So cosa vuol dire quando gli altri ti giudicano per ciò che credono tu sia, tranquilla.”
Arrivarono dopo mezz’ora davanti a una rampa di gradini di marmo e si fermarono. Era arrivata la parte più facile del piano, e anche quella che Roxas odiava di più. Ma sapeva di dover essere lui a dare l’ordine.
“Qui è un buon punto. Andiamo a cambiarci.”
“Che due- dobbiamo proprio?”
“Effettivamente, nemmeno io sono entusiasta.”
“Ehi, a me non va quanto a voi, va bene? Ma se l’avete dimenticato, l’intera istituzione è riservata a un pubblico femminile. Non abbiamo scelta, purtroppo.”
Ventus, Vanitas e Roxas si inoltrarono nella foresta con le loro valigie e tornarono poco con un look decisamente differente.
Ventus era ammutolito e si fissava, incapace di spiccicare parola. Ora indossava un vestito lungo bianco e una parrucca bionda. I polsini avevano lasciato spazio a braccialetti sottili. Calzava scarpe da trekking bianche anch’esse.
Terra sogghignava. “State proprio bene, signore.”
“Taci tu! Sei esentato solo perché è troppo difficile camuffarti e non sei nemmeno in grado di modificare la tua voce!”
“E non sai quanto ciò mi addolori, Van.”
Roxas pensò che Vanitas era quello che di meno si poteva lamentare. Dato che il suo stile personale si adattava anche alle ragazze che volevano apparire mascoline (giacché si era rifiutato categoricamente di indossare vestiti o parrucche), la sua t-shirt nera col teschio e i suoi capelli avevano solo dovuto essere modificati lievemente, e aveva cambiato anche gli orecchini. Anzi, il ragazzo dovette ricordarsi che quello era un suo compagno maschio per evitare strani pensieri.
Lui invece aveva evitato il vestito elegante, ma indossava una sorta di divisa femminile grigio chiaro e la stessa parrucca lunga. La sensazione di straniamento e imbarazzo non diminuirono quando Aqua gli sfiorò la spalla e sussurrò: “Secondo me stai benissimo, caro.”
Roxas deglutì e si chiese quante probabilità c’erano di incontrare fino a tre dominatrici. Poi si ricordò di levare Vanitas dal calcolo.

Arrivarono all’istituto. Il posto era tutto sommato di dimensioni modeste, e pareva in tutto e per tutto un collegio inglese, come mostrato dal dépliant: qui i ragazzi del Departure, un’accademia in stile inglese anch’essa, avevano potuto dare una mano con la piantina e altri dettagli.
Il gruppo si avvicinò al bancone, dove li attendeva una giovane receptionist, che era chiaramente a suo agio nel vederli arrivare solo perché aveva ricevuto una loro telefonata giorni prima.
“Salve! Benvenuti al Centro Sociale Dandelions per Giovani Menti! Voi dovete essere le signore… chiedo venia, ma mi sfugge il nome.”
“Le signorine Ava e Anguis, certo.” Disse Terra, indicando prima Ventus e poi Roxas. Come da copione, si fingeva il loro impresario e maggiordomo e parlava per loro. “Il loro padre, il mio superiore, ha parlato con lei e la sua… matrona, qualche giorno fa.” Alludeva alla finta telefonata che aveva fatto Xemnas.
Il loro piano prevedeva che Roxas e Ventus si spacciassero per figlie di un ricco impresario che voleva rimanere parzialmente nell’anonimato, venute ad apprendere qualcosa e ad osservare alcune giovani dell’istituto, nel caso il padre volesse fare un’offerta per alcune di loro. Fin lì stava andando tuto secondo i piani, ora sarebbero potuti sorgere dei problemi.
“Ah, certo, certo, ricordo perfettamente. Mi deve scusare, ma capita spesso di ricevere telefonate di questa natura, specialmente d’estate. E, le ragazze che vi accompagnano sono…?”
“Forse il mio superiore si è dimenticato di menzionarle. Abbiamo saputo che voi accettate ragazze pregiudicate che svolgano i lavori più umili. In segno di buona fede ve ne abbiamo portate due, nella speranza riusciate anche a raddrizzarcele. Vi assicuro non vi creeranno problemi.”
Alle parole di Terra, Aqua tentò di assumere un’espressione ribelle e Chirithy (con le lenti a contatto e i capelli sciolti) una contrita. Vanitas rimase lo stesso, e andò benissimo.
La ragazza al bancone sembrò sollevata. “Meno male! Sapete, così presto nel periodo estivo la manovalanza scarseggia. E, senza offesa ma è la prassi, altrimenti vi avremmo chiesto di lasciare un pegno durante la vostra permanenza, per questioni di sicurezza. Bene, in tal caso prego le ragazze di seguirmi: faremo un breve esame generale e poi le indirizzerò alla loro cabina.”
E si mosse verso il trio. Ventus mandò un impercettibile segnale a Roxas: ovviamente non potevano lasciare che esaminassero Vanitas. Il ragazzo si sforzò di pensare in fretta.
“No! Si fermi!” Disse, ricordandosi di modulare la voce. “Lei è nostra sorella. È un po’ ribelle, e nostro padre si è arreso, ma io ho insistito che venisse e ci accompagnasse. Il nostro accompagnatore non l’ha menzionata perché dev’essere ancora irritato da questo mio capriccio.” Terra capì al volo e assunse un cipiglio severo. Roxas cercò di assumere un’espressione che immaginava avesse una ragazza quando supplica.
La receptionist rimase immobile per un lungo, interminabile momento. Poi decise che il pericolo di offendere clienti facoltosi valeva più dei suoi sospetti.
“Capisco! Mille scuse, non pensavo! Bene, allora voi due potete aspettare in quella saletta, mentre io accompagnerò le signorine per il Centro.”
Tutti sospirarono impercettibilmente. La prima parte era andata.
Ora veniva il difficile. 
   
 
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