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Autore: KH4    04/07/2016    1 recensioni
L’aria puzzava d’umidità chiusa. L’odore tipico di un luogo non esposto alla luce, riluttante alla freschezza dell’ossigeno, dove le ombre covavano putridume maleodorante. A un certo punto l'olfatto vi si abituava, più per rassegnazione che per accettazione. Il buio diveniva parte integrante del proprio essere e si scordava quanto piacevole fosse il calore della pelle a contatto con il sole, per non parlare della brezza primaverile in mezzo ai capelli o il corpo libero di muoversi con solo i suoi limiti a fargli da freno. Lo smarrimento diveniva lucidità priva di increspature e il tempo si elasticizzava per abbracciare tutte le consapevolezze annidatesi nell’animo con la cattura forzata. Se il suo attaccamento all’esterno fosse stato intimo a tal punto, forse avrebbe pianto con più rammarico tutte le piccole forme di libertà di cui aveva inconsapevolmente goduto, ma accovacciato su un giaciglio di paglia dai fili asciutti, accatastati sopra quelli umidi e con le punte degli arti molli a sfiorare il metallo delle sbarre, Rasiel pensò soltanto che sarebbe dovuto succedere prima o poi.
Spin Off di Hell's Road.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'I Santi Oscuri.'
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anime nere

ChImErA.

03 / AnImE nErE.

 

Sua Signoria il Vescovo Herman Erkenwald non era il genere di persona a cui piacessero gli imprevisti. 
La tolleranza al riguardo non concedeva molte possibilità di recupero e, ammesso e concesso che queste venissero elargite con mano gentile, nulla poteva cancellare la disapprovazione che ne accartocciava il viso rugoso.
La postazione riservatagli era un classico esempio di quanto poco sopportasse la vicinanza con i ceti inferiori: il profumo di essenze floreali spiccava nauseabondo nel piccolo riquadro di stoffa dentro cui sedeva comodamente e nonostante fossero stati fatti dei precisi accorgimenti sull’aspetto estetico in generale, la fatiscenza di quel posto faceva capolino dagli angoli più insignificanti. Gli occhi chiari – un curioso oro pezzato da pallide macchie lattiginose - avevano osservato cose e persone troppo a lungo per tralasciare volontariamente particolarità divenute dettagli fondamentali per i suoi giudizi; alla fine tutto il meccanismo si era fuso in un unico gesto inconscio che dava voce alle sue decisioni attraverso la mano. I grandi imperatori non avevano mai scomodato la propria voce nel decidere il fato di un guerriero; il gesto in sé, fluido e silente, era la migliore dimostrazione di potere che potesse esistere, perché da norma nessuno poteva metterla in discussione.
Vedere la propria autorità sfidata senza alcun tipo di rimorso ne fece alzare le palpebre pesanti come non capitava da tempo. Intorpidito dall’avere ciò che gli aggradava senza contrarre stupide incombenze, grattò la fodera della poltrona mentre un profondo sospiro accompagnava il pensiero che non doveva scomporsi per una tale quisquiglia – seppur indesiderata. –

- Alec -, chiamò successivamente. Il valletto, suo fido accompagnatore, si accostò alla tenda senza scostarla, rigido e con le nocche sbiancate per il troppo affondare le unghie nei palmi.
Non dovette far altro che attingere ai suoi precedenti per immaginare il disappunto nascosto dietro il suo nome, velato di calma strategica. Anticipare il volere di una persona con il potere e i mezzi per rendere la sua vita un Inferno in terra chiedeva di camminare costantemente su un tappeto di chiodi e sebbene Alec vantasse una certa esperienza, non avrebbe mai lasciato che il rapporto di lavoro creato gli lasciasse intendere che poteva allentare la presa. Era stata messa in discussione l’autorità del suo superiore, questo contava. Rapide, le dita afferrarono la lista dei presenti – un piccolo omaggio degli organizzatori -, lasciando che gli occhi scorressero i nomi inseriti e i numeri assegnati.

- Si chiama Charlotte Forcalquier, Contessa di Abbeville, Francia. - Le informazioni costruirono un quadro semplice, senza note interessanti, salvo per il fatto che la donna in questione era un’amante delle aste e vi partecipava quando aveva il sentore di trovare qualcosa di allettante. L’anziano clericale volse la testa sulla sinistra, dove un piccolo riquadro di seta fungeva da finestra sulla platea circostante. La sola nota positiva di quella disposizione sciatta era la sua collocazione: in centro e con tutti i presenti abilmente fatti sedere davanti a lui o sulla medesima fila, affinché potesse osservarli senza che questi riuscissero a intuire chi si nascondesse dietro l’insolito copricapo veneziano adornato di piume.  L’anonimato non conosceva misure e, nel suo caso, la stravaganza poteva benissimo condurre eventuali sospetti su strade sbagliate.
La sua avversaria – se, buon Dio, tale poteva definirsi – sedeva esattamente sulla sua stessa fila, a una decina di metri sulla sinistra. Per tutti i secondi che gli occorsero a voltarsi, si era quasi aspettato di doversi confrontare con una mente altezzosa, chiusa in un corpo ingrassato da feste e pettegolezzi. Quell’innaturale flessuosità conquistò immediatamente il suo interesse. L’abbigliamento ricercato – uno stupendo abito di candido pizzo finemente intarsiato di ricami dorati, dal collo alto e la gonna a sirena - e i gioielli che ne illuminavano i lobi e i polsi, indicavano un’agiatezza che solo gli aristocratici altolocati si potevano permettere – e forse ciò spiegava la presenza della mascherina a coprirne il volto, dai colori identici al vestito -. I vaporosi boccoli ramati ricadevano morbidi sulla spalla sinistra, acconciati in elegante treccia alla cui sommità faceva capolino un minuscolo cilindro bianco, un pizzico di mondanità che le giovani non perdevano occasione di ricercare.

- Signore, come desidera procedere? - Alec si fece avanti, attento a non utilizzare aggettivi che ne svelassero la posizione sociale. La schiena dell’anziano tornò a sprofondare nel cuscino della poltrona. L’anello con l’effige della Santa Chiesa che mirò incosciamente vestiva il suo indice rugoso da così tanto tempo da aver maturato – con una forma artificiale di coscienza -, l’assoluta certezza che la vocazione di Sua Signoria il Vescovo Herman Erkenwald ruotasse attorno a un’eredità di cospicua sostanza, tramandata da padre in figlio. Considerati i benefici e il prestigio di cui le vesti talari lo investivano, avrebbe anche potuto evitare di lasciarsi coinvolgere dai risvolti della Guerra Santa, ma neppure tutta l’influenza di cui godeva poteva fornirgli un qualche tipo di assicurazione per ciò che sarebbe venuto dopo. Fare parte dell’alta casta sacerdotale chiedeva compassione per l’imperfezione umana e i peccati di cui si bagnava, ma gestire un commercio umano imponeva qualità come la flessibilità, l’arguzia, assenza di scrupoli e decisioni rapide, condite dal sangue freddo e dalla sapienza di tenerlo ben arginato dietro poche attività diversificate.
Il Conte del Millennio vantava il potere di giostrare le carte in gioco a suo libero piacimento e la sua vita non valeva il prezzo dell’ipotetico successo che tutta l’umanità – o un minuscolo manipolo di essa – rincorreva disperatamente – soprattutto se si teneva in conto l’estrema improbabilità che la parte da lui rappresentata riuscisse a scrollarsi dal muro contro cui era attaccata da anni -. Contavano solo i fatti, a quel mondo, pratici e concreti.

- Lasciamo che madmoiselle partecipi pure. Sono sicuro che un piccolo extra aggiuntivo ai gentili signori organizzatori saprà indirizzarli sulla giusta scelta da prendere. -

Charlotte Forcalquier si era appena guadagnata l’attenzione dei presenti e il brusio formicolante delle bocche nascoste dietro le quinte con la peggior decisione che potesse passare per la mente di un acquirente: compromettere l’acquisto sicuro di un lotto già aggiudicato. La cifra di partenza del numero 13 si aggirava attorno a un’esorbità studiata per far desistere sin dalle prime offerte almeno tre quarti dei partecipanti. Raramente le aste imbandite dalla plebaglia riuscivano a presentare articoli di degna attenzione, ma quando le occasioni capitavano, subentravano regole che davano la priorità alle influenze pubbliche; l’imbastire quello scenario occorreva soltanto per salvaguardare le apparenze e donare allo spettacolo il giusto tocco di falsa sincerità. Quando la mascella del valletto si irrigidì per il panico dipintosi sulle guance, la donna immaginò il volto del Vescovo sfigurarsi per lo sgomento e le dita infossare nei braccioli della poltrona. Per un uomo abituato a non avere ostacoli sul proprio cammino e, soprattutto, votato a una scrupolosità maniacale, una così minuscola incrinatura non poteva nè doveva rappresentare una minaccia ai suoi progetti, tuttalpiù per ottenere la sua ultima gioia prima del permanente ritiro. Non dovette attendere molto prima che la paletta di Sua Grazia venisse nuovamente alzata, circuendo la sfida a pochi eletti. Ben nascosto nello spalto assegnatogli, la sua ombra si rifletteva appena sul tessuto della tenda decorata per rispettarne la privacy, ma la fretta di aggiudicarsi quel lotto in particolare stava già lavorando sulla sua proverbiale fermezza. La donna sorseggiò giusto qualche goccia del pregiato Borgogna versatosi, prima di avanzare nuovamente un’offerta senza che la sua follia passasse inosservata agli occhi degli allestitori.
Quanto avrebbe resistito prima di cedere definitivamente? Non molto, poteva contare i minuti sulle dita. Chi si ammalava di potere era solito marcare il territorio segnando una linea spessa quanto la propria presunzione e non era nei costumi di Herman Erkenwald gettare la spugna per qualcosa che reclamava suo semplicemente puntandogli il dito contro. Charlotte Forcalquier lo aveva imparato frequentando assiduamente l’alta società e le bizzarrie che si inventavano per smussare la noia, ecco perché si era presa la briga di indagare su che tipo di articoli l’ecclesiastico amasse mettere le mani. Ciò che invece l’anziano ignorava, era che Amèlie Chevalier gli fosse arrivata tanto vicino da aver raccolto prove a sufficienza sui suoi loschi traffici, in attesa del suo tocco mortale per essere definitivamente smantellati, e che adesso fosse lì, intenta a godere del suo riflesso nel minuscolo specchietto, sebbene quel volto creato con l'Alchimia non la aggradasse quanto la bellezza originaria. L’unica ragione che l’aveva indotta ad assumere un aspetto così visibilmente contrastante alla sua natura era perché non aveva mai avuto modo di appurare l’efficacia della nivea innocenza che certe giovani esibivano a dosi squilibrate, ma una cosa era certa: nessun incantesimo poteva occultare l’affilata sfrontatezza del suo sguardo, nemmeno con due chiarissimi pezzi di cielo al posto delle sue ammalianti onici. Il nero era il colore della sua essenza, sia dentro che fuori.
Deliziò il proprio palato con un altro po’ di vino prima di inclinare la testa verso la spalla destra e ammirare il lotto con apparente inespressività. Due settimane non potevano comportare il crollo del suo piccolo impero, ma da brava fatalista aveva ritenuto quel corto lasso di tempo più che sufficiente perché qualsiasi disgrazia potesse accadere e Dio non voleva certo che la Maitresse della Rosa Nera sfondasse le porte del Paradiso – o anche soltanto quelle dell’Ufficio Centrale – per mettere in chiaro quanto l’Universo intero avrebbe rimpianto la sua dipartita. Amèlie Chevalier non faceva mai minacce a vuoto, mai, e l’unica motivazione che l’aveva spinta ad investigare era ricollegabile a vicissitudini implicanti traffici di minima grandezza e morti apparentemente casuali di Finder periti nella loro ricerca di Innocence; materiali insignificanti, nella loro singolarità, ma sospetti se intersecate in una rete che poteva nascondere qualcosa di profondamente redditizio. Una casualità, quella, che non intendeva vedere trasformarsi in un rischio per la sua organizzazione. Fortunatamente, Sua Signoria non era nella posizione per conoscere il suo nome e mai si era interessato agli appoggi che la Chiesa riceveva: la verità, era che l’unica priorità premente alla sua avidità consisteva nell’adornare l’ingente ricchezza in suo possesso con un ultimo capriccio, giuntogli dal cielo per coronarne la pensione con un inizio idilliaco.
Il bambino che la donna ammirò con le lenti del binocolo meritò un suo sospiro, addolcito dalla minuta tenerezza scartata impazientemente sotto gli occhi dei presenti. Dondolava sui talloni, incapace di reggersi in piedi senza l’aiuto delle mani che ne artigliavano le spalle. Le guance rosee apparivano vellutate e morbide, appena accaldate. Un peccato che i suoi occhi fossero annacquati dalla droga; quello smeraldo solcato di screziature marine doveva essere sicuramente un meraviglioso mare di stelle, alla luce del sole.
Che quella mummia imbalsamata fosse un pedofilo particolarmente esigente lo aveva scoperto da mesi, ma improvvisamente quel suo divertirsi sembrò trovare una ragione più che fondata all’insensato esistere: quello scricciolo, piccolo e vulnerabile, rasentava una nivea fragilità che faceva venire il fiato corto semplicemente guardandolo. Non poteva esserci giocattolo migliore da sfruttare per i propri scopi. Accavallate le gambe, Amèlie ne sondò gelidamente la delicata bellezza, irreale quanto la perfezione dei boccoli castani che ne incorniciavano i lineamenti efebici, sinuosi come i contorni delle labbra pallide appena socchiuse. Una bambola, sì. Una bambola dolce, perfetta; da carezzare, toccare, baciare. Rompere.

“Una potenziale Chimera…”  
Nel mentre lo speaker sollecitava il rilancio di nuove offerte, la Maitresse umettò le sue labbra con un pennellino lucido e trasparente. C’era quella possibilità, remota più della voce a cui l’aveva strappata: le Chimere rasentavano una leggenda immersa nell’eresia di corpi imbevuti di un potere che la comune mente umana non poteva concepire neppure con la forza della creatività e pensare sul serio che quella sfortunata stellina appartenesse a un clan antico e impronunciabile come quello dei Gremory chiedeva di credere nell’impossibile –anche se ciò non cambiava nulla -: il bimbetto le serviva esclusivamente per sondare l’impazienza del Vescovo, il suo destino non era affare che la riguardasse.

- Settecento! -
La paletta contrassegnata con il numero 5 si levò imperiosa, conquistandosi qualche occhiata della platea, ridotta a semplice spettatrice. Il valletto, messosi di fianco alla tenda di velluto, inspirò con la schiena dritta e le nocche bianche per il troppo stringere; aveva quasi ceduto alla tentazione di appurare la sua reazione, ma era corso nella sua tana per evitare spiacevoli conseguenze. Quando lei gli sorrise, lo vide irrigidirsi, nonostante stesse impiegando tutto se stesso per ostentare la massima indifferenza.

Note di fine capitolo.
E anche questo capitolo è stato postato. Corto, lo so bene, ma necessario per introdurre le due figure che ruotano attorno al piccolo Pierre. La parte più movimentata sarà nel prossimo capitolo, scritto a bozze, e oltre a questo, penso di introdurre il finale, perciò rimangono soltanto due capitoli. Auguro una buona settimana a tutti quanti voi!

  
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