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Autore: MissyHarry    04/07/2016    2 recensioni
Una vecchia conoscenza di Revy, una nuova associazione che tenta di prendere il sopravvento sull'Hotel Moscow e i soliti fattorini che ogni tanto si scontrano con la legge.
Perché in fondo un traditore, anche se passa dalla tua parte, rimane pur sempre un traditore.
RevyxRock, accenni... O forse qualcosa di più di semplici accenni, hmmm...
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dutch, Nuovo personaggio, Revy, Rock, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 17.
Mexican Standoff


"Boris, perché non siamo rimasti a combattere in eterno in Afghanistan?"
"Perché guerra finita, Capitano" rispose l'energumeno a Balalaika.
La donna mugugnò, affondando il viso fra le mani. "Giusto". Quanto avrebbe dato per essere nuovamente al fronte! Quanto le mancavano i sibili dei proiettili sopra la testa, il cameratismo, il vivere alla giornata... Quello era un buon modo di vivere, si disse.
Ed ora, esa costretta a rimanere lì, impantanata in quella fogna Thailandese, a gestire il traffico di droga, di porno, di organi, di minorenni... E a dover sottostare ai piani di quel maledetto Rock.
"Quel Japonski non mi piace" sentenziò, frugando in un cassetto alla ricerca di un sigaro. "Sta rovinando tutto. Two-Hands, per prima cosa. Rende cose semplici molto difficili". Trovò un cubano vecchio di chissà quanto, e ne tagliò la punta stringendolo fra i denti. "E ora dobbiamo seguire suoi piani, fare come lui dice..."
Boris si mosse nervosamente, a disagio. "Se Capitano vuole Japonski morto, io..."
"Nah". Balalaika sbuffò una nuvola di fumo. "Two-Hands non me lo perdonerebbe mai. Tanto, questione di tempo... Se andrà avanti così a lungo, si ucciderà da solo".


"Quindi questo è l'Hotel Moscow, eh...?" chiese in un sussurro Mark.
"Sì, esto es!" esclamò di risposta don Fernando. Tamburellò le dita abbronzate sul volante. "Y te debe andare in fretta, hermano, entende?" lo spronò. "Balalaika es una mujer muy impaciente". Gli fece cenno di scendere, indicandogli l'entrata del garage.
"Beh, gra..." provò a rispondere l'inglese, interrotto dalla brusca sterzata e dall'altrettanto rapida ripartenza del prete. Si grattò la nuca, perplesso, entrando dalla saracinesca mezza aperta.

"Hey" chiamò, con voce incerta. Il garage era completamente buio, e l'unica luce era quella della luna che filtrava dalla serranda. Mosse incerto qualche passo.
Improvvisamente gli sembrò di sentire un rumore alle sue spalle. Si voltò di scatto, sfilando dalla cintura una Glock.
"Ma che bella pistola".
Le luci si accesero, e la saracinesca scattò verso il basso, chiudendosi. Vicino all'interruttore c'era Revy, appoggiata al muro, una Beretta stretta nella mano libera. Era puntata su di lui.
"Revy...?" il suo sguardo si perse nel vuoto. Abbassò la pistola. "Che... Che diavolo ci fai qui? Mi avevano detto che..."
"Ti avevano detto male" rispose lei, secca, senza abbassare la Cutlass. "Vieni qui".
Mark non si mosse. Diede una rapida occhiata in giro: era in trappola. L'avevano fregato, ma non capiva ancora dove diavolo voleva arrivare la rossa.
"Senti" deglutì. "Immagino che sia stata tu a chiamare Balalaika, giusto?" sospirò, abbassando la Glock. "La figlia del capo è ancora viva. Possiamo ancora farcela". Sorrise timidamente verso di lei.
Revy non si scompose. "Possiamo farcela a fare cosa, scusa?"
"A scoprire la loro base". Mark appoggiò lentamente la pistola a terra. "Ok, lo ammetto: sono l'uomo che stavate cercando". Fece spallucce, sospirando. "Penso che ve ne siate accorti. Sono venuto qui tranquillamente per un lavoro, che dovevo fare? Come facevo a sapere che mi sarei scontrato con te?" la guardò sconsolato. "Non pensavo che lavorassi per l'Hotel Moscow. Ma meglio così, in fondo. Sono troppo forti, per la Trading Company".
Revy strinse i denti. Certo, ormai era sicura del suo tradimento, ma sentirselo dire in faccia la destabilizzava comunque. Era vero, però: come faceva lui a sapere che si sarebbe messo contro di loro?
"Dammi un buono motivo per cui non dovrei spararti ora" mugugnò.
Mark la fissò, sbigottito. "Scusami?!" gli scappò una risatina isterica. "Stai scherzando, vero?! Dovresti averlo capito, ormai, che sono dalla vostra parte!" spalancò le braccia. "Ti ho salvato il culo in quel night, perché sapevo benissimo che se il capo mi avesse visto avrebbe cessato il fuoco!"
"E perché avresti dovuto sputtanarti così?" rispose lei. Ormai non lo stava più nemmeno ascoltando; giocherellava col tamburo della pistola, senza abbassarla troppo. Era stanca, davvero stanca.
"Perché, mi credi scemo?" le rispose lui, avvicinandosi di un passo. "Avevo capito fin da subito che la Trading Company non avrebbe mai retto il confronto con voi. Non aveva il minimo senso, continuare questa battaglia. E così ho pensato di aiutarvi a farli fuori tutti, per arrivare alla base".
La cinese alzò un sopracciglio. "la base?"
"Certo, la base. La tesoreria. E' lì che tengono l'arsenale, i documenti, la grana. E sai chi è l'unica che sa dove si trova...?" Sorrise, sperando che Revy capisse il suo piano.
"La fighetta francese" rispose lei, annoiata. "Vuoi farmi credere che ci hai usati per distruggere la tua organizzazione? Che animo nobile. E immagino che poi avresti ammazzato la figlia del capo, avresti donato tutto in beneficienza e te ne saresti tornato in Inghilterra, giusto?"
L'inglese fece spallucce. "Usarvi è un termine grosso. Diciamo che da solo non ce l'avrei mai fatta". Abbassò lo sguardo, colpevole. "Senti, so che ce l'hai con me per non avertelo detto. E hai ragione". Strinse i pugni, ripensando a quanto avevano passato insieme. "Ti avevo giurato che non ti avrei mai mentito".
Revy irrigidì la mandibola, alzando nuovamente lo sguardo verso di lui. "Già. E invece l'hai fatto".
Mark si morse un labbro. "L'ho fatto perché... Perché non si trattava solo di te". Fece un gesto vago con la mano. "C'è il tuo capo, c'è Balalaika, c'è quel cretino di giapponese che ha intralciato tutto, c'è..."
"C'è Eda".
"Oh, senti!" esclamò, spazientito. "Dovevo farlo! Non ce l'avrei fatta a proteggervi entrambe se foste entrate insieme! L'ho fatto per il suo bene. Hanno pensato che fosse morta, e se ne sono andati lasciandola stare. Come on, Revy" alzò nuovamente lo sguardo da cane bastonato su di lei. "Sai che non ti avrei mai torto un capello, né a te, né alla Black Lagoon". Sorrise. "Se non mi credi" indicò la Glock a terra "sparami".
"Taci, deficiente!" sbraitò Revy. "Hai rovinato tutto il rovinabile!"
Perché diavolo non riusciva a premere quel dannato grilletto? Perché lui continuava a fissarla divertita, nonostante la situazione?
Questo stallo le ricordava terribilmente...

"Oklahoma" mugugnò lei.
"Norman" precisò lui, sorridendo.

Circa dieci anni prima, Revy, la famigerata Two Hands, non esisteva ancora. C'era solo Becca, un'adolescente con dei genitori poco responsabili, la cui vera famiglia era quella della strada. Era sempre incazzosa, sgraziata, con i capelli tagliati un po' a caso e con quell'aria da scappata di casa che la accompagnava ovunque. Indossava sempre una felpona larga, perché non era ancora giunto il momento della sua vita in cui ostentava le Beretta senza problemi, e l'unico modo per nascondere la pistola era infilandola nei jeans.
Passava le giornate nei vari parchetti del quartiere di China Town, occupandosi per lo più di spaccio. Non era ancora una famosa fattorina, ma probabilmente se glielo aveste detto non vi avrebbe creduto: Becca era convinta di morire giovane, al massimo a vent'anni. Viveva alla giornata, giocando ogni momento il tutto per tutto e facendo affidamento solo su poche persone, che si sarebbero potute tranquillamente contare sulle dita di una mano.
Circa dieci anni prima, Mark esisteva già. Più arrabbiato, più punk, più in crisi ormonale, ma sempre Mark. Era sempre lo stesso biondino strafottente che sarebbe stato da grande, ed era semplicemente il migliore amico di Becca. Non viveva a China Town, la sua famiglia emigrata dall'Inghilterra per affari era tutto sommato perbene, ma a lui piaceva giocare il ruolo dell'adolescente problematico e non ci aveva messo tanto a farsi strada nel giro.
Lui adorava Becca perché era impulsiva, una belva, perché nessuno riusciva a fermarla; lei adorava Mark perché aveva la strana abilità di trovarsi sempre nel posto giusto al momento giusto. C'era stato un casino e la roba non si trovava? Lui beccava per caso al centro commerciale lo stronzo che stava tentando di farla franca. Qualcuno aveva pestato il capo? Lui era testimone, e lo coglieva in fallo. Becca era nei guai?
Lui, il suo deus ex machina, appariva magicamente per trarla in salvo.

Erano sempre stati legati, ma Norman, Norman era stato il momento in cui avevano semplicemente capito che non avrebbero mai più potuto separarsi.
Poi però c'era stata la prigione, la morte dei genitori di Mark, le retate, e tutto era cambiato. Ma Norman era rimasta.

Becca non voleva andarci, a Norman. Aveva più volte ripetuto al loro capo che lei il giro di droga non voleva gestirlo fuori dal loro stato - c'erano diverse regole, diversa gente. Lei, a New York, era una star. In Oklahoma non era nessuno.
Era stato fondamentalmente Mark a convincerla. In un certo senso, si sentiva tranquilla con lui: sapeva che niente sarebbe potuto finire in tragedia, o almeno sarebbe stato recuperabile, con Mark nei paraggi.
Avevano scelto di mandarli insieme anche perché Mark aveva la patente, mentre lei si era categoricamente rifiutata di guidare. E in qualche modo dovevano arrivarci.

Era stato un vero e proprio viaggio della speranza: ventitrè ore di macchina, senza contare le pause. Da New York avevano fatto tappa in Ohio, passando per quella merda di Pittsburgh perché Mark voleva a tutti i costi vedere la città. Avevano attraversato l'Illinois, il Missouri, avevano accuratamente evitato di passare per il Kansas, e finalmente erano entrati in Oklahoma.
"Che merda" era stato il primo commento della ragazza.
Cavalli, cavalli ovunque. Polvere, campi giallognoli cotti dal sole, cascine solitarie all'orizzonte, non un filo d'ombra e loro erano letteralmente distrutti dal viaggio.
"Muoio dalla voglia di farmi una doccia, e qui c'è solo polvere e fa un caldo boia" si era lamentata, levandosi con un calcio gli anfibi.
Mark, invece, era contentissimo. Il suo paese d'origine, l'Inghilterra, era la patria dell'umido e della nebbia, e quel clima secco lo affascinava. Si era fermato nel primo bar sulla strada, riarredato a saloon. Nonostante l'afa, Becca ne era rimasta colpita, ed il suo umore era cambiato radicalmente. Avevano dormito lì, bevendo birra tutta notte e ridendo come dei pazzi alle canzoni western che continuavano a passare alla radio.
Avevano raggiunto Norman il giorno successivo, e dio, Becca ne era rimasta totalmente affascinata.
C'erano parchi ovunque, edifici vecchissimi e imponenti; i parchi erano davvero meravigliosi, senza quella calca disumana del Central Park. Faceva sempre un gran caldo, ma sotto qualche pianta si riusciva a respirare comunque e a godersi la giornata. Quasi quasi le dispiaceva, di essere lì per lavoro.
Mark aveva chiamato il capo da una cabina telefonica, giusto per assicurarsi che il luogo fosse quello giusto. Si erano dati appuntamento verso le sette di sera in un campetto da basket in periferia con alcuni ragazzi che gestivano il giro in quello stato.

L'idea del boss era molto semplice: andate là, controllate che continuino a comprarla solo da noi, mangiate due o tre burriti e tornate a casa. Peccato, però, che erano stati battuti sul tempo: qualche giorno prima, subito dopo gli accordi che dovevano in teoria essere ormai consolidati, da Kingston erano arrivati tre stonzi che avevano pensato bene di fare fuori i loro contatti e prendere bellamente il loro posto.
Kingston era una cittadina del sud, sul confine fra Oklahoma e Texas, così sfigata che nessuno se la ricordava: veniva sempre associata alla capitale della Jamaica. Forse era per questo che quei due bulletti si erano sentiti in dovere di prendere il posto del giro di China Town nel commercio dell'erba nella zona.
E così, il ridente parchetto di basket si era trasformato in un batter d'occhio nello scenario di una vera e propria guerra tra bande. I due ragazzi stavano aspettando i loro contatti, seduti su una panchina. Improvvisamente, Mark aveva alzato lo sguardo, catturato da qualcosa, ed era andato a prendere con una scusa le sigarette in macchina; mentre si allontanava, due degli stronzi di Kingstown avevano preso Becca alle spalle, buttandola a terra e puntandole contro una pistola. Lei era stata veloce, e aveva estratto la sua; aveva sparato due colpi, mirando con cura e a sangue freddo, e era riuscita a farne fuori uno, ferendosi al braccio. Ma era comunque in netto svantaggio.
Era in uno di stallo alla messicana: non aveva più colpi, ed erano uno contro uno. Cercava di mirare alla testa, ma la consapevolezza di avere il caricatore vuoto la faceva rabbrividire: era in netto svantaggio.
"Mark, figlio di puttana!" aveva sussurrato lei, a denti stretti "Mi hai lasciata qui da sola!"
"Chi, il tuo amico...?" aveva risposto l'altro, sogghignando. "Ci ha visti e se ne è andato. Evidentemente non voleva grane".
A quelle parole, la vita le era improvvisamente passata davanti agli occhi. Come era possibile? L'aveva tradita? No... Mark non avrebbe mai fatto una cosa del genere! Non a lei!
Ma allora, perché non tornava più? Perché non la stava salvando?
La fine sembrava ormai vicina. Dopotutto, era solo una ragazza, che si curava di un giro di droga abbastanza insignificante, che sapeva usare una pistola come ogni essere umano del suo quartiere. Si era rassegnata ad andarsene.
E così, proprio mentre stava per chiudere gli occhi ed accogliere a braccia aperte l'inferno, aveva sentito un colpo, e il suo avversario si era improvvisamente accasciato a terra. Becca aveva sgranato gli occhi, trovandosi di fronte Mark con una pistola in mano, tutto sorridente.
"Just in time, come sempre!" aveva ridacchiato.
"Brutto figlio di troia!" Becca era furente. Se ne era andato lasciandola sola, lei era ferita e lui aveva colto l'occasione per usarla da esca, prendendoli alle spalle e uscendone pulito. "Il capo lo verrà a sapere! Mi hai abbandonata qui!"
"Non dire cazzate" aveva risposto lui. "Sai che non ti abbandonerei mai. E se non mi credi" aveva detto, serissimo, lanciandole la pistola "sparami".
C'era stato qualche attimo di silenzio. La ragazza lo aveva fissato, incerta.
"Ho una voglia matta di farlo" gli aveva detto.
Ancora silenzio.
Becca aveva raccolto la pistola, avvicinandosi a lui e puntandogliela in fronte. Mark era rimasto impassibile, guardandola con quei suoi occhi azzurro cielo.
Appena erano stati abbastanza vicini, lei gli aveva sferrato un cazzotto sulla mandibola, spaccandogli il labbro.
"Bastardo".
Lui aveva incassato, senza dire niente. L'aveva accompagnata alla macchina, le aveva fatto bere qualcosa e le aveva medicato il braccio.

Era stato solo qualche ora dopo, mentre ormai ritornavano verso casa, che lei si era ricordata che i tizi di Kingston erano in tre.
"E il terzo?!" aveva esclamato all'improvviso.
"Ah, l'ho ucciso subito. Avevo visto che stava venendo verso di noi, pensavo che fosse da solo e volevo allontanarlo da te. Mi sono accorto dopo che c'erano gli altri due".
La rossa si era voltata di scatto verso di lui, sgranando gli occhi.
"Ma... Non potevi dirmelo subito?!"
"Becca..." aveva sbuffato lui, sorridendo e scompigliandole i capelli. "Ma quando imparerai che io ti proteggerò sempre, e che non ti mentirò mai?"
Lei si era sentita una vera merda. Aveva dubitato di lui, si era sentita abbandonata e l'aveva pure picchiato...
"Mark" gli aveva sussurrato, guardando fuori dal finestrino. Si vergognava da morire, a guardarlo negli occhi. "Giurami... Giurami che non mi mentirai mai. E io giuro che mi fiderò per sempre di te".
Mark aveva sorriso, accarezzandole il collo. "I swear, my dear".
Aveva accostato, e l'aveva fatta voltare verso di sé.
Becca non piangeva, non piangeva mai. Continuava a fissarlo a denti stretti, cacciando giù il magone che cercava prepotentemente di risalire. Fissava il suo labbro tagliato, sentendosi terribilmente in colpa.
E d'un tratto, semplicemente, Mark aveva preso il suo mento fra le dita, l'aveva attirata a sé e l'aveva baciata.
Per Becca era il primo bacio, e aveva il sapore del sangue.
 



Angolo Autrice

Ragazzi, vado in vacanza! Ci rivedremo fra due settimane...
In realtà sto scappando, perché so quanto odiate Mark, e ho paura che vi vendicherete! Ciao!
  
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