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Autore: Akiko chan    05/07/2016    2 recensioni
Era evidente che il ragazzo non aveva alcuna intenzione di nasconderle il disprezzo che provava e quel fugace contatto le fu sufficiente per saggiare una parte della furia primitiva di cui era capace, se provocato. Niente di male, la cosa era reciproca.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kojiro Hyuga/Mark
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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~~CAP. XXVIII. NOTHING IS IMPOSSIBLE …IF YOU ARE WITH ME

Circa quattro anni dopo…

La giovane donna chiuse la zip dell’ultima valigia e abbracciò con lo sguardo la piccola stanza, ormai disadorna di tutti i ricordi accumulati in quegli anni. Shay sospirò godendosi quel momento di malinconia. Eccettuato il rumore monotono del traffico proveniente dalla strada sottostante, regnava ovunque un inconsueto silenzio. La casa che aveva condiviso con Patty, nel cuore della capitale inglese, era ormai pronta per essere lasciata.

Quattro anni prima era partita con l’amica per Londra, l’avevano deciso quella notte dopo aver gettato tra le onde i loro amori infantili, pronte a diventare finalmente donne. Donne con dei sogni da realizzare, con delle ambizioni da soddisfare, con la voglia di scoprire che cosa le attendeva oltre i confini della loro amata-odiata isola. Pronte a spiccare il volo, libere da quelle catene inconsistenti di cui esse sole erano state fautrici. Si erano iscritte all’università anglossassone decise a mettere più chilometri possibili tra loro e tutto ciò che era stata la loro vita sino a quel momento: e neanche a dirlo avevano scelto arti cinematografiche specializzandosi in seguito lei in tecniche di regia e Patty in scenografia.

Gonfiò il petto colmo di orgoglio: pochi giorni prima aveva firmato un contratto come aiuto regista per un emergente e quotato regista italiano che stava lavorando al suo secondo lavoro ambientato nella città più importante del mondo occidentale e non solo: Roma caput mundi! Ripensò a quella firma che la legava alla grande metropoli italiana e provò una gioia così totale da dubitare di poter provare ancora un’emozione così appagante. Gettò distrattamente uno sguardo all’elegante orologio da polso e sussultò –Accidenti ma è tardissimo!- esclamò arraffando in fretta le valigie e sistemandole sul pianerottolo -Addio vecchio rifugio, sei stato prezioso, ti porterò sempre nel cuore…- recitò come ultimo commiato mentre chiudeva la porta con un doppio giro di chiavi prima di consegnarle al portiere che le avrebbe poi restituite al padrone di casa.

Salì nel taxi che l’attendeva in strada già da alcuni minuti e si accoccolò sul sedile osservando la solita sottile pioggerellina inglese che scendeva incessante mentre il tassista sistemava le valigie nel bagagliaio. E così si apprestava a tornare in Giappone. A casa. Da suo padre, Rosaly, i suoi fratellastri e …lui.

Annuì soddisfatta. Come aveva previsto il pensiero di rivedere Mark non le procurava assolutamente alcuna emozione. Ce l’aveva fatta! Era stata dura ma era riuscita a toglierselo dalla mente ed estirparlo per sempre dal suo cuore. Anche Patty era stata brava ed aveva mantenuto la parola. Aveva per sempre messo la parola fine alla sua inutile cotta per Oliver Hutton. Anzi la caparbia amica era andata molto oltre, concedendo il suo cuore ad un altro. E questo era il motivo per cui si trovava costretta a rientrare in Giappone invece di raggiungere immediatamente i suoi colleghi a Roma come d’istinto avrebbe voluto fare.

Patty era partita una settimana prima per ultimare i preparativi per il suo imminente matrimonio. Shay sorrise felice al pensiero dell’amica, la futura signora Price. E così Benji c’era riuscito. Lentamente ma inesorabilmente aveva scardinato dal cuore di Patty l’amore per Holly e aveva sostituito anni di sospiri inconcludenti, cuscini zuppi di lacrime, speranze puntualmente disilluse con una sfilza incessante di premure e promesse concrete. Quel sasso che quella fatidica notte Benji si era rifiutato di gettare, lo aveva gelosamente custodito e consegnato a Patty il giorno che l’aveva chiesta in moglie rivelandole così che il suo amore per lei risaliva a molti anni prima, a quando erano ancora ragazzini, sentimenti che l’ossessione per Holly non le aveva mai consentito di cogliere.

Ma Shay non si era trovata del tutto impreparata di fronte a quella storia d’amore. Qualcosa lo aveva intuito proprio quella notte mentre la luce del sole nascente illuminava il volto del ragazzo assorto nella contemplazione del profilo dell’amica.

Era amore quello che vibrava allora nelle scure iridi di Benji. Ma c’era voluto un po’ affinché anche Patty si accorgesse di quel tenero sentimento. C’erano voluti tre anni di serrato corteggiamento, non smielenso, sia ben chiaro, ma sottile, nello stile Price, per abbattere tutte le barriere che l’amica aveva erto attorno al suo cuore dopo la delusione con il Capitano. Alla fine però Benji aveva vinto la sua partita più importante, lei aveva assistito a tutte le fasi della nascita di quell’amore e, manco a dirlo, aveva fatto un tifo sfrenato per il bel portiere.

Immersa nei suoi pensieri quasi non si accorse di essere giunta al grande aeroporto di Haetrow. Scese dal taxi e pagò il gentile tassista, quindì espletò senza fretta le pratiche per l’imbarco e si sedette ad aspettare accanto al gate per Tokyo.

Lì seduta nell’immenso aeroporto londinese a Shay non restava che attendere. Il piede, calzato in una bella decolté dal tacco basso, oscillava con un movimento che tradiva una certa insofferenza: a quel punto non desiderava altro che arrivare il prima possibile in Giappone, riabbracciare il padre e comunicargli il suo successo lavorativo, condividere la felicità dell’amica e prendere il primo volo per Roma. 

Sopsirando, riprese il filo dei suoi pensieri da dove lo aveva interrotto poco prima.

Un amore infantile estirpato dal cuore. Così Patty aveva definito la sua infatuazione per Holly e felice le aveva comunicato di averlo rivisto durante un suo breve soggiorno a Fusjisawa durante le vacanze estive e di non aver provato assolutamente nulla. E nenache una piega aveva fatto all’annuncio della nascita del piccolo Juan Carlos, primogenito di Holly avuto da una giovane brasiliana con cui faceva coppia fissa da due anni ormai.

E lei? Aveva eliminato dal cuore il suo amore infantile?

Finalmente era iniziato l’imbarco. Mentre prendeva posto nell’aereo ripensò al fratellastro. Come le sembrava lontano il tempo in cui lui le faceva battere forte il cuore con uno sguardo o quando lei si infiammava per una sua parola. In quei quattro anni si erano visti poco, sembrava che tra di loro vi fosse un tacito accordo a non incontrarsi più del necessario: lei arrivava e lui partiva o viceversa. Lui militava tra i titolari della Juventus e qualche volta navigando in internet aveva letto di qualche sua avventuretta con qualche soubrette italiana, veline le chiamavano… Forse all’inizio un po’ di fastidio lo aveva anche provato ma poi tutto si era lenito, il tempo è il balsamo dell’oblio più potente in assoluto e la sua mente era stata assorbita dagli esami, dalla tesi, dai piccoli successi accademici e infine dall’inseguimento di quel progetto coronato con il sogno della sua vita.

Sì, ora era davvero felice, una donna appagata che stava per iniziare una splendida carriera tra le rovine dell’antica Roma. E nessun Mark Lenders di turno poteva scalfire anche un minuscolo angolino di quel senso di completezza che aveva conquistato con tanta abnegazione.

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Il taxi arrestò la sua corsa di fronte alla bella facciata candida della villetta a schiera. Shay pagò la corsa e rimase qualche istante ferma davanti alla porta osservando l’entrata della sua casa d’infanzia. Suonò in attesa di risposta ma nessuno venne ad aprirle. Cercò le chiavi nella sua borsetta da viaggio ed osservò divertita il buffo portachiavi a forma di gatto che Mad le aveva regalato il Natale precedente. L’aveva fatto lei con delle pietre swaroski e delle stoffe colorate. Adesso che lo guardava bene però non era sicura che fosse proprio un gatto…arancione con perle nere che sembravano delle striscie…decisamente sembrava proprio una tigre.

Shay riccacciò in tasca le chiavi, era un gatto, punto e basta -C’è nessuno?-

No in casa non c’era proprio nessuno e dall’odore di chiuso dovevano mancare da un po’. Sistemò le valigie nell’atrio e fece un veloce giro. Non era cambiato nulla: il garage da cui tante volte era uscita in groppa alla sua possente moto, il ciliegio che si sporgeva verso la finestra della sua stanza da dove qualche volta era fuggita, il divano ormai consunto dove la famiglia si era riunita tante sere a guardar la tv, la piccola cucina dove avevano condiviso i pasti, e ancora le scale da dove lei era precipitata giù soccorsa da Mark...

Scosse il capo facendo ondeggiare i lunghi capelli corvini che le arrivavano a metà schiena. Ma perché si sentiva così in colpa nel pensare a lui? Era normale no? Era ovvio che le venisse in mente Mark lì in casa, ogni angolo era intriso di qualche ricordo legato a lui o ai fratelli…

Lasciò le valigie al piano inferiore, ci avrebbe pensato poi a trascinarle su per le scale. Andò nella sua camera. Caspita era sempre tutto perfettamente uguale. Nonostante mancasse da casa da quattro anni e non vi era alcuna previsione di un suo ritorno, Rosaly e suo padre non ne avevano voluto sapere di dare la sua cameretta ad uno dei fratelli, uniti nell’idea che in qualsiasi momento lei avesse deciso di tornare, l’avrebbe trovata pronta ad accoglierla. E così era stato e in fondo le faceva piacere, la faceva sentire attesa in qualsiasi momento la cogliesse un po’ di nostalgia.

Era stanca ed affamata per il lungo viaggio, una doccia prima di cena l’avrebbe certo rinfrancata. Si spogliò lentamente lasciando cadere i vestiti a terra in un mucchietto disordinato, brutta abitudine che non aveva perso nonstante i continui rimproveri di Patty per il suo immane disordine. Accese al radio e la sistemò su una stazione di musica classica, aveva proprio voglia di relax, alzò il volume quasi al massimo per poterlo sentire anche da sotto la doccia, tanto in casa non c’era nessuno a cui poter dare fastidio.

Si concesse una lunghissima doccia bollente e uscì avvolgendosi nel suo accappatoio lilla, quello di quando era ragazzina, ancora perfettamente morbido e integro.

Si osservò nello specchio disappannandolo con un veloce gesto della mano. Osservò soddisfatta il volto della giovane donna che sorrideva e lo confrontò con quello di una ragazzina triste e arrabbiata di tanto tempo prima. Se tutto fosse stato come allora la musica sarebbe dovuta cessare in quel momento.

Shay sbatté gli occhi incredula. La musica era cessata!

Con il cuore in tumulto uscì dalla stanza e …lo vide. Stessa posizione di allora, stessa sensazione di potenza, stessa espressione seria, ma negli occhi no, non vi era la rabbia e il rimprovero di allora ma un luccichio birichino, forse divertito, forse curioso.

Shay simulò un terrore che era ben lungi dal provare ed indietreggiò andando a sbattere contro il cassettone -E ora dovrei urlare “papà”…- disse sorridendo.

Mark sorrise a sua volta, annuendo piano con il capo - Già…-

-Un deja-vu coi fiocchi, bravo- disse rilassandosi, ce l’aveva di fronte e stava bene, non stava accadendo nulla, non sentiva nulla! -Ma la musica non era poi così male...-

-E’ vero, molto meglio il classico dell’Heavy Metal…- disse riaccendendo la radio ma abbassando il volume in modo che facesse da dolce sottofondo.

-Sei arrivato oggi?-

-Poco dopo di te immagino...-

-Ma non c’è nessun’altro in casa?-

-No sono andati a trovare una cugina di mia madre a Yokohama, rincasano domani…-

Shay sentì un brivido lungo la schiena -Ah….- una notte loro due soli in casa... al diavolo! Che c’era di male? Erano fratelli!

Mark la scrutò attento -Su su non fare quel faccino triste, domani riabbraccerai la tua adorata famiglia!-

-Non mi prendere in giro- sbuffò lei togliendosi l’asciugamano dalla testa e lasciando che i cappelli umidi le ricadessero sulle spalle -Mi mancano davvero quando sono lontana-

Mark seguì ogni suo gesto con attenzione  – Anche a me mancate …tutti-

Shay sorrise complice, qualche anno prima avrebbe dato un rene per sentirsi dire una cosa del genere da lui. Ma ora tutto era cambiato o perlomeno, il senso di quella frase era del tutto diverso per lei.

Mark le lanciò un’ultima indecifrabile occhiata quindi le voltò le spalle –Sto ordinando qualcosa da mangiare, ordino anche per te?-

-Si grazie-

-Che cosa vuoi?-

-Te-

Shay non aveva la minima idea di che effetto facesse un’anima che esplode in mille pezzi ed abbandona un corpo, ma non doveva essere lontano da quel senso di irrealtà in cui sembrava immersa. Si portò una mano alla bocca. Non lo aveva detto vero? Non poteva aver detto, ma neanche pensato, un’assurdità del genere. Che diavolo le era preso?

Fissava immobile come una statua la punta dei suoi piedi nudi. Sussultò spaventata quando percepì le dita bollenti di Mark sotto il mento che la costrinsero ad alzare la testa di scatto.

- Io non…- cominciò alla disperata ricerca  di una battuta che potesse alterare il senso di quella sillaba che le era sfuggita così incautamente ma ogni bugia le morì in gola, soffocata dalle labbra di Mark.

Il mondo sparì in quell’istante. Vi era il nulla assoluto in quella stanza, in quella città, in quel pianeta. Il nulla attorno a loro due. Solo loro due. Shay lasciò che il suo istinto avesse la meglio e si aggrappò a quel corpo che per anni aveva bramato con ogni fibra del suo essere pur negandolo con altrettanto vigore. Allacciò le mani attorno al collo di Mark, avvinghiandosi a lui con la forza di un naufrago che in mezzo ai flutti trova una zattera, afferrando saldamente i capelli corvini per impedirgli di allontanarsi. Ma Mark non aveva alcuna intenzione di arretrare, affondò deciso la lingua nella bocca calda di lei mentre la liberava dall’accappatoio lasciandola completamente nuda alla sua mercè.  Si staccarono un attimo affannati come dopo una folle corsa, fronte contro fronte, si scrutarono per un istante trovando una nello sguardo dell’altro ciò che stavano cercando, quindi riunirono le loro bocche scivolando languidi sul letto.
Come avevano potuto esistere fino ad allora separati? Il loro desiderio divenne ben presto furia e cominciarono a gemere all’unisono sempre più forte in un sincrono perfetto, testimonianza di un movimento ancestrale che aveva come duplice scopo la soddisfazione del desiderio e il desiderio che quella soddisfazione non arrivasse mai...
Aprì gli occhi infastidita dalla luce che filtrava tra le tapparelle semi abbassate. Era giorno inoltrato. Spalancò gli occhi al ricordo della notte trascorsa, si mosse piano nel letto anche se sapeva di essere sola. Non si era aspettata di trovarselo accanto al mattino. Sicuramente lui, già pentito di quanto accaduto, se ne stava da qualche parte a maledire quell’attimo di debolezza. Per lui forse lo era stato,  per lei invece era molto di più. Era la sua parte di donna che aveva rinnegato. Era il suo amore grande e immenso che per quattro lunghi anni aveva tentato di etichettare come “infatuazione infantile”, era la sua anima che aveva anelato e avuto il suo attimo di libertà, era il suo castello di sabbia sbriciolato dalla marea della sera.

Ma era tutto finito.

Era durato anche troppo per essere un attimo. Shay si stiracchiò nel letto, le dolevano tutti i muscoli. Avevano fatto l’amore più e più volte, con un’intensità che non credeva possibile, ogni volta aveva creduto di aver raggiunto l’apoteosi del piacere e invece la volta successiva lui le aveva fatto raggiungere vette ancora più alte. Quella notte l’avrebbe ripagata di tutta la vita che l’attendeva senza di lui, il piacere che le aveva dato se lo sarebbe fatto bastare per l’eternità.

-Ti sei svegliata finalmente!-

Shay sussultò. Che ci faceva lì? Non si era aspettata di rivederlo così presto. E poi perché quell’espressione tranquilla?

-Dormito bene?- le chiese con un sorriso divertito avvicinandosi al letto. Era bellissimo. Indossava solo i pantaloni neri della tuta, il torso nudo e i capelli ancora umidi di doccia.

Che domanda era? E soprattutto che risposta voleva? -Mark….io….noi….- abbassò il capo in un gesto di estrema pudore mentre nulla poteva contro il rossore che sentiva riscaldarle il volto.

-Ehi Peste petulante sei rimasta senza parole? Allora era questo il sistema per zittirti!-

Lei lo scrutò confusa provando un calore al basso ventre non certo dovuto al tepore delle coperte – Mark noi abbiamo un problema…-

Lui alzò le braccia in un gesto di resa -Ce l’abbiamo da quando ci siamo conosciuti il problema…-

-Ma adesso è peggio….noi…-

Il ragazzo si sedette sul bordo del letto sfiorandole una guancia ancora arrossata con il dorso della mano -Ho cercato di cancellarti dal cuore Shay, mi sono fatto tutta Torino nella speranza di dimenticarti…- Mark si arrestò di fronte allo sguardo cupo della ragazza lasciando scendere la mano lungo la curva della gola, soffermando il pollice proprio sopra la giugulare palpitante - Mezza Torino…un quarto…insomma qualcuna me la sono fatta ma non è servito Peste…- scese ancora, sino all’orlo della coperta che lei stringeva al petto - Tu sempre tu mi ritornavi in mente …- la scostò, scoprendole un seno che si affrettò a circondare, sentì subito il capezzolo inturgidirsi contro il suo palmo - …sempre te desideravo rivedere al mattino e non facce anonime di donne qualsiasi….-

-Io…io…- Shay fece un immane sforzo per dare coerenza alla frase che aveva in mente mentre Mark si impossessava anche dell’altro seno divertendosi un mondo a strofinarli con lo sguardo beato del gatto che si è appena accapparato il posto migliore sulla poltrona accanto al fuoco - … pensavo che avresti rinnegato tutto, che tutto finisse qui…-

Mark fermò il suo lussurioso trastullo -E’ quello che vuoi?-

-No- ansimò coprendogli le mani e trattenendole sul suo petto - No io ti amo con tutta l’anima da…sempre credo-

Mark le sfiorò appena le labbra - Come sia successo non lo so, forse subito quel giorno in camera tua…- liberò una mano dalla presa di lei facendogliela scorrere sul ventre e giù tra le gambe trovandola calda e bagnata pronta di nuovo per lui. Lui soltanto. 

-Non so …. ah …- Shay non poté reprimere il gemito che le era sgorgato dalla sua parte più selvaggia  -…credo anch’io subito ma …la famiglia… come glielo diciamo?-

-Nel modo più semplice possibile e poi …dovranno accettare ora so che tu non sei il capriccio di un momento, sarà un po’ difficile da far capire ma non impossibile…

Gli occhi di Shay erano ora cupi e offuscati ma riuscì comunque a dire -Nothing is impossible…-

Lui sollevò un sopracciglio senza minimamente accennare a ridurre il lascivo movimento della mano -Che fai sfoderi il tuo inglese? Ok ci sto: Nothing is impossibile if you are with me-

-Ma se torna qualcuno?- protestò con l’ultimo barlume di assennatezza che le restava.

-Uhm ho sentito Reeves dieci minuti fa, rientrano nel primo pomeriggio, abbiamo ancora un paio d’ore per noi-

-Ah…allora se è così vieni qui…Bestione …-

Mark si adagiò sopra di lei e le bisbigliò qualcosa all’orecchio.

-Non ho capito!-

-Peste è italiano, forse dovresti cominciare ad impararlo…-

-Oh lo farò molto presto …- L’italia li aspettava,  e davvero si stupì nel constatare quanto Torino e Roma fossero vicine. Sino a quel momento non ci aveva neppure pensato eppure il destino aveva  già tutto deciso –...ma ora dimmi cosa hai detto-

-Uhm …ti amo e ti voglio, adesso e per sempre-


THE END

  
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