Videogiochi > Danganronpa
Segui la storia  |       
Autore: Walpurgisnacht    06/07/2016    1 recensioni
Allora ragazzi, vi capita mai di avere idee folli su cui vi sale un hype incontrollabile e che DOVETE mettere per iscritto? Ecco, se vi è successo sapete cosa è passato per la testa mia e della mia socia. Spiegazioni sul crossover e altri tecnicismi nel primo capitolo.
Aggiornamenti settimanali, due a botta. Numero finale di capitoli: ventuno.
-
Un aereo cade. Nove ragazzi ammaccati si leccano le (piccole) ferite e cercano di capire come andarsene da quel posto dimenticato da chiunque.
Sul serio, non c'è nessun tizio psicopatico che vuole farli giocare alla sua personalissima versione de La Ruota della Fortuna.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

“Vaffanculo!”

“Oowada-kun, non c’è bisogno di scadere nel volgare!”
“Dopo aver controllato da cima a fondo questo buco di stanza per tre volte di fila senza trovare un modo per uscire un vaffanculo mi pare il minimo!” ringhiò Mondo, per poi aggiungere: “E comunque ad Asahina non hai mica detto niente quando si è data al turpiloquio.”
“Asahina-san era ancora sconvolta per quanto le era successo, aveva bisogno di sfogarsi.”
“E io che pensavo fosse perché non resistevi allo sguardo da cerbiatta… per non dire altro.”
“Come se non vi sentissi, voi due.”
Ishimaru si massaggiò una tempia, dicendosi che continuare a discutere con Mondo nervoso non avrebbe portato a nulla. E tuttavia l’altro aveva decisamente ragione: avevano guardato in ogni angolo di quella stanza, ispezionato ogni armadietto, smantellato ogni branda, svitato ogni singolo erogatore dalle docce, ma tutto ciò che avevano trovato era solo quell’articolo di giornale. Non c’era niente che potesse essere un indizio, o uno dei giochetti di Zero per sbloccare la porta: nessun tastierino numerico sospetto, o una combinazione scritta da qualche parte. Brancolavano nel buio.

Rifletti, Kiyotaka. Cosa potete aver tralasciato?

Mentre si interrogava su qualche loro possibile dimenticanza, la stanza si fece buia.

“Ma che?”
“Scusate, ho spento l’interruttore per sbaglio mentre mi appoggiavo alla parete” si scusò Mondo, mentre riaccendeva la luce.

“Oowada-kun, aspetta!”

“Eh?”
“Guardate là!”

Si avvicinarono ad Aoi, che indicava una delle pareti delle docce.

C’era una scritta luminosa, probabilmente scritta con una vernice fluorescente che diventava visibile solo al buio.

 

Un tempo ero talentuoso e potente

e tutti mi apprezzavano

poi la mia ingordigia ebbe la meglio

e mi fece cadere con violenza dallo scranno

Chi sono?

 

“Che diavolo è ‘sta roba?”.

“Non ne ho la minima idea”.

“E soprattutto… cazz’è uno scranno?”.

“...sei serio, Oowada-kun? Non sai cosa significa?”.

“Io sono un duro di strada, non una di quelle fighette che stanno tutto il giorno piegate sui libri!”.

“Certo, certo. Sei un macho. Comunque lo scranno è il trono. Sai, quello su cui si siedono i re e gli imperatori”.

“Ehi! Va bene, non sarò mai un laureato ma a sapere cos’è un trono ci arrivo!”.

“Non sembrava…”.

Mentre Mondo e Aoi bisticciavano come due mocciosi dell’asilo, Kiyotaka rimase come ipnotizzato a leggere.

Leggeva e rileggeva, a ripetizione.

No. Non è possibile. Non può essere possibile. Come… come ha fatto a…

Si avvicinò lento al muro e poggiò la mano destra proprio sopra la scritta, lasciando nel contempo cadere la testa in avanti.

Continuò a ripetersi che non aveva senso. Zero non poteva sapere di quella storia.

Eppure tornava.

Feh. Ricordati di Kirigiri-san e Asahina-san, ricordati di come sono state colpite nei loro segreti più intimi. Non stupirtene troppo.

Non riuscì a trattenere qualche lacrima.

“Ci tieni così tanto a sapere chi potrebbe aver scritto quella frase, Zero? CI TIENI? SI CHIAMA TORANOSUKE ISHIMARU, ECCO CHI È!”.

Sentì che gli altri due, alle sue spalle, avevano istantaneamente smesso di tirarsi i virtuali codini e si erano fatti silenziosi.

Lasciò che un sentimento di… brutto da dire, ma era disprezzo. Lasciò che questo sentimento emergesse, anche perché era bastato così poco per farlo venire in superficie ed era forte a sufficienza da scansare il suo controllo cosciente.

Poi, senza preavviso, una mano sulla sua spalla.

Era piccola.

“Asahina-san…” riuscì a mormorare.

“Ishimaru-kun, che succede? Di cosa stai…”.

“Bene bene bene, abbiamo un vincitore. Bravo Ishimaru, sei stato un ragazzino sveglio e hai saputo risolvere al volo l’enigma. Il vostro premio è l’uscita”.

Quel… quel bastardo di Zero.

“Di cosa sto parlando, Asahina-san? Sto parlando di mio nonno. Non avete riconosciuto il nome?” disse in tono inacidito mentre si rimetteva in posizione eretta e si voltava per fronteggiarla.

“Ishimaru-kun” guaì quella vedendolo in faccia “sei… sei spaventoso…”.

“Non ho molta simpatia per mio nonno e per la sua stupidità, la cosa non mi meraviglia”.

Riecheggiò chiaro un rumore. Il rumore di qualcosa che si sbloccava.

“Avanti gente, andate via. Non ho tutto il giorno da dedicarvi”.

Come si permetteva? Come si permetteva di calpestarlo in questo modo senza neanche dargli il tempo di spiegare, di potersi un minimo sfogare?

Era inumano.

Ora credo di capire come si dev’essere sentita lei quando lo ha rivelato ad alta voce.

“No. Prima devo loro un chiarimento”.

“Ishimaru, non farmi arrabbiare. Vi sto ordinando di andarvene. Fareste bene a ubbidirmi”.

Non lo stette neanche ad ascoltare. Si appoggiò con la schiena al muro e fece cenno ad entrambi di avvicinarsi, non gli andava di urlare. Aveva già urlato troppo per i suoi gusti.

“In effetti capisco come il nome di Toranosuke Ishimaru non vi dica nulla, è successo che noi eravamo forse appena nati. Mio nonno, al contrario di me, era una persona di estremo talento naturale, riusciva bene in tutto senza alcuno sforzo. Questo lo ha spinto alla carriera politica perché molto proficua, e sfruttando le sue capacità è arrivato all’ambita carica di primo ministro del Giappone. Purtroppo…”.

“Ishimaruuuuu”.

“...si è lasciato avvicinare dalla compagnia sbagliata ed è finito con l’invischiarsi in un brutto giro. Dopo pochi mesi hanno scoperto che si era fatto corrompere da alcuni costruttori in cambio di appalti pilotati per delle grandi opere. L’hanno costretto alle dimissioni. Per lungo tempo la famiglia Ishimaru ha portato su di sé il marchio dell’infamia pubblica…”.

“Ishimaruuuuuuuuuuuuuuuuuuuu”.

“...e io non ho mai trovato il coraggio di parlarvene. Vi chiedo scusa, me ne vergognavo troppo. Ecco, ora in tema di verità scomode siamo tutti allo stesso livello”.

ZICK.

Ahio! Che cavolo è? Ho sentito come una puntura sul polso… quello dove… c’è il braccialetto…

“E insomma, che razza di prefetto sei se non ubbidisci agli ordini che ti vengono impartiti da un’autorità superiore? I bambini riottosi qua li puniamo, e li puniamo duramente. Buon sonnellino”.

“Ishimaru!”

“Ishimaru-kun!”

“Questo è un avvertimento, perché se Zero parla voi obbedite. Gli ho iniettato solo una dose di sonnifero, sarà fuori combattimento per mezz’ora… ma provate un’altra volta a ribellarvi e il vostro sonno sarà eterno. Ora uscite fuori, SUBITO, prima che cambi idea.”

 

*

 

Mentre Asahina e il gorilla aggiornavano gli altri su cosa era accaduto ad Ishimaru, Togami rimase prevedibilmente in disparte: non aveva parole di conforto per nessuno, né gli interessava averne, e se doveva essere del tutto sincero al momento non gli importava nulla nemmeno degli indizi da esaminare.

Ad affollare i suoi pensieri erano invece le reazioni dei suoi compagni.

Ikusaba che scaricava sei proiettili sulla sua sagoma di carta.

Oogami che per ben due volte lo rimproverava… anche se, quando si era trattato di Asahina, aveva avuto il sentore che si fosse trattenuta dal pestarlo solo per mantenere la quiete nel gruppo.

E più di tutti, Fukawa.

Fukawa la timida, Fukawa che passava ogni pausa pranzo a scrivere, Fukawa che non aveva occhi che per lui.

 

“Maledizione a te Fukawa, che diamine vuoi?!”

“Da te NIENTE.”

 

Quello scambio di battute continuava a tormentarlo.

In una qualunque giornata scolastica non ci avrebbe dato peso e lei non avrebbe nemmeno osato lamentarsi.

Cosa diamine era successo? Come aveva potuto cambiare in maniera così radicale (perlomeno per i suoi standard) nel giro di una giornata?

Istintivamente si voltò verso Naegi e corresse i suoi calcoli: a Fukawa erano bastati solo venti minuti per decidere che rispondergli per le rime non era poi una brutta idea.

E tutto perché ha parlato con te, stupido di un Naegi. Che diavolo le hai detto?

La cosa che più lo turbava però, e che si rifiutava di ammettere, era un’altra: non lo irritava che la ragazza si fosse improvvisamente svegliata e non gli scodinzolasse più attorno -in fondo non gli era mai importato nulla di avere ammiratrici o meno, era una perdita di tempo- ma che non ne capisse il motivo.

 

“Io davvero mi chiedo se così stronzo ci sei nato o ai discendenti dei Togami fanno un corso speciale apposito, altrimenti niente eredità.”

 

Soffocò un ringhio ripensando alle parole di Ikusaba.

 

“La tua posizione sociale non ti dà alcun diritto di giudicare noialtri, non sei migliore di noi solo perché puoi soffiarti il naso con una banconota da diecimila yen! E se tu non riesci a provare emozioni di nessun genere beh, ti assicuro che non è così per gli altri!”

 

“Magari è la volta buona che impari un po’ di comprensione ed empatia, Togami-san. Ma sinceramente non ci spero poi molto.”

 

Odiava quelle parole.

Comprensione, empatia, emozioni… in casa Togami erano praticamente bandite, guai a nominarle davanti a suo padre.

“Coi buoni sentimenti non combinerai mai niente” ripeteva, “conta solo la posizione sociale”. Sua madre lo aveva cresciuto facendogli letteralmente il lavaggio del cervello, cosicché a soli quattordici anni riuscisse a spodestare i suoi fratellastri ed acquisire di diritto il cognome Togami, diventando l’erede unico della Zaibatsu e destinando gli altri all’esilio e all’oblio.

Essere esiliati dalla famiglia è peggio della morte pensò, parafrasando la frase che suo padre diceva più spesso, quasi fosse un mantra.

Era cresciuto convinto che gli unici valori che contavano fossero il capitale e il buon nome della famiglia. Era forse una cosa così deplorevole?

 

È perfettamente logico che ti trattino in questa maniera. Non fai nulla per dar loro motivo di comportarsi diversamente.

 

Fece una smorfia, ripensando a quell’assurdo monologo interiore. Si chiese se non fosse il caso di fare due chiacchiere con uno psichiatra, una volta uscito di lì.

Eppure…

 

Cambia rotta, Byakuya-chan. Così non va.

 

...il tarlo scavò più a fondo.

“...ami?”

La voce di Kirigiri lo ridestò dai suoi pensieri.

“Togami? Stavamo mettendo insieme tutti gli indizi trovati finora. Sei dei nostri?”

“Sì, sì” sbuffò, accantonando quei pensieri fastidiosi che non trovavano ancora una risposta.

“Allora” esordì la Detective quando furono tutti radunati attorno a lei “i vari gruppi sono entrati in possesso di molte informazioni. Innanzitutto Oowada, Asahina e Ishimaru hanno rinvenuto un secondo articolo di giornale sempre dedicato allo stesso tizio del primo, quello che hanno trovato impiccato in prigione”.

“Oooooooooooh” fu il responso generalizzato.

“E a quanto pare è possibile che il signore non fosse un matto in cerca di notorietà facile, almeno stando a quanto c’è scritto. Difatti sembra che all’epoca ci fossero stati dei contatti fra il personale penitenziario e certi personaggi della nostra scuola in merito al suo caso. Questo getta una luce inquietante sull’accademia, soprattutto se andiamo a sommarlo a quanto abbiamo scoperto io, Naegi e Fukawa”.

“E cosa avete scoperto?”.

Si fece passare i fascicoli: “Leggete questi fogli”.

Chi non era a conoscenza del contenuto si fece sotto e si cominciò a sfogliarli.

“Queste… cosa sono queste?”.

“Un secondo” si inserì Sakura “manca Ikusaba. Scusate, mi ero scordata che sarebbe andata a controllare il piano superiore. Non si può aspettare un attimo, Kirigiri?”.

“Oh”. L’umore di Togami si risollevò un poco quando vide la faccia di lei fare una minuscola smorfia di disappunto.

Per fortuna non ci volle molto perché Mukuro tornasse. Nel frattempo si era anche svegliato Ishimaru, intontito ma desideroso di partecipare alla fase investigativa.

“Beh? C’è una svendita dell’ultimo album di Maizono e vi state accalcando per accaparrarvelo?” chiese sarcastica la nuova arrivata, prendendosi più di un “buuuuh” di disapprovazione.

“Ok, adesso che ci siamo tutti posso riprendere?”.

Kirigiri, sbaglio o ti vedo nervosetta?

Senza neanche attendere una risposta ricominciò: “Riassumendo brevemente per gli assenti: secondo episodio di E. Harada e dell’indagine che lo riguardava; sorgono dubbi sulla dinamica perché ci sarebbero stati degli abboccamenti fra la Kibougamine e il carcere, il che potrebbe stare a significare che qualcuno ha voluto metterlo a tacere; fascicoli che riportano vita, morte e miracoli di un sacco di mister X oltre ai risultati di alcuni test preliminari di natura… soprannaturale”.

“Se ci fosse stata Maizono ora se ne sarebbe saltata fuori con la sua solita battuta «Ehi, guardatemi, sono una esper!»”.

“...Oowada, per favore”.

“Scusa scusa, non lo faccio più. Caì”.

“Meglio così. Stavo dicendo che in realtà qualcosa di un po’ più consistente, almeno a livello di nomi, lo abbiamo anche trovato. Solo che…”.

“Solo che?”.

“Solo che non abbiamo la minima idea di chi sia la persona in questione”.

Detto ciò chiese a Makoto di far passare i fogli.

Quando giunsero nelle mani di Byakuya lui lesse, li osservò un momento cercando di capire se il nome gli dovesse dire qualcosa, si rispose di no e li fece girare al successivo. La stessa identica reazione degli altri, almeno a giudicare dai ripetuti “no, non la conosco” e frasi di tenore simile.

Chi diavolo è questa Junko Enoshima? Mai sentita nominare.

“Quindi” riattaccò Kyouko “l’unico soggetto di cui conosciamo l’identità che avrebbe preso parte a questi presunti esperimenti… ci è estraneo”.

“Presunti?” intervenne Ishimaru “A me non sembrano poi così presunti, Kirigiri-san”.

“Ti basi sulle parole di un possibile pazzo, Ishimaru?”.

“Beh, ecco…”.

“Kirigiri-san” prese la parola Makoto “non scordarti delle carte”.

“E del libro” andò a suo rinforzo Fukawa.

“Carte? Libro?”.

“Credo di sapere a cosa ti riferisci con il libro. L’Uomo che Fissa le Capre, no?”.

“Mi fa p-piacere che te lo ricordi, O-Oogami. Parla di… e-esperimenti paranormali...”.

“E le carte?”.

“Abbiamo trovato un mazzo di carte strane insieme alle schede. Sono carte usate per gli esperimenti di telepatia”.

“Esperimenti, esperimenti e ancora esperimenti! Come fai a pensare che si tratti di una coincidenza, Kirigiri-san?”.

“Perché non c’è nulla che ce lo dica senza possibilità d’errore. Non ci sono elementi sufficienti per considerarlo un dato di fatto, lo capisci?”.

“Lo capisco, sì. Ma una casualità è comprensibile, quando diventano sette od otto io tendo a chiamarle in modo diverso”.

Gli animi cominciarono ad accendersi e si formarono come due schieramenti, chi si era fatto infettare dalla furia cospirazionista di Ishimaru e chi preferiva mantenere i piedi per terra sulle orme di Kirigiri. Non si rischiò mai di esagerare, comunque.

Peccato. Qualche pugno mi avrebbe allietato la giornata.

“E poi c’è il caso dell’anno scorso, quello dello studente di cui non ricordo il nome…”.

Questa frase attirò l’attenzione di Togami, il quale si era tenuto fuori dalla bagarre fino a quel momento: “Non starai parlando di Izuru Kamukura?”.

“Ecco come si chiamava, cavolo! Ecco!”.

“Tu sai di Kamukura, Togami?” gli si rivolse Kirigiri.

“Beh, non conosco molto a dire il vero. Sono girate un sacco di voci in quel periodo, alcuni complottari della domenica erano arrivati a sostenere che costui avesse subito un’operazione a cranio aperto tra le mura dell’accademia impazzendo del tutto…”.

“Vedete? Se la Kibougamine è capace di queste cose perché non potrebbe aver fatto lo stesso con noi?”.

“Con… noi?”.

Ishimaru provvide a spiegare la sua intuizione sulle date e sul fatto che, in linea teorica, il famoso “corpo studentesco più giovane” poteva includere anche i presenti.

“Non starai un po’ esagerando con le congetture, Ishimaru-san?” si azzardò a chiedergli Naegi. Pareva sinceramente spiazzato da come si stava evolvendo il discorso.

“Forse sì, ma come ho già detto prima ad Asahina-san e a Oowada-kun il metterci sul luogo di uno di questi esperimenti spiegherebbe un bel po’ di cose. Ad esempio perché Zero pensa che noi saremmo colpevoli di qualcosa”.

E di nuovo giù con lo spiegone sulla presunta relazione fra i fantomatici esperimenti (di cui loro non ricordavano di essere stati parte, se aveva ragione) e le accuse del loro aguzzino (di cui ovviamente non capivano la causa).

“Tutto ciò è davvero inverosimile” cercò ancora di confutarlo Kirigiri, davvero poco convinta dai labili collegamenti logici del Prefetto.

“Non lo nego. Ma se così non fosse… cosa significano tutte le cose che abbiamo trovato?” insistette quello.

Il silenzio della Super Detective gettò una cappa di pessimismo su tutti loro.

“Però… e se Ishimaru-kun avesse ragione?” azzardò timidamente Asahina, e la discussione riprese con ancora più fervore; Togami li osservò per qualche minuto, finché non decise che ne aveva abbastanza: “Scusate. SCUSATE!” urlò, finché gli altri otto non lo degnarono di uno sguardo. “Bene, ora che ho la vostra attenzione: visto che ci sono altri piani da ispezionare, che ne direste di smetterla di berciare e salire a dare un’occhiata?”

Il resto della classe lo osservò in completo silenzio, e alla fine fu Naegi a parlare per tutti: “Sì, forse è il caso. Togami-san non l’avrà detto nella maniera più gentile, ma è un’ottima idea” e dicendolo si avviò verso le scale, seguito dal resto della classe che si voltò a lanciare a Byakuya occhiate piene di risentimento, o fastidio, o semplice disprezzo; Mukuro fu l’ultima a passargli accanto, con un mezzo sorriso che sembrava dire “Vedi che sei uno stronzo?”.

Mentre li guardava sparire oltre la curva della scala, Togami provò un nuovo moto di rabbia: la sottile presa per i fondelli di Naegi non gli era sfuggita, così come gli sguardi di tutti gli altri (l’ultimo era ovviamente il più eloquente), e di nuovo venne sopraffatto da quei fastidiosi pensieri, sul perché non riusciva a comprendere pienamente quello che succedeva attorno a lui.

Sarebbe più esatto dire che non vuoi capire, Byakky. L’intelletto per farlo non ti manca di certo.

Non ci credo, ancora questa voce irritante!

Cominciava davvero a temere per la sua sanità mentale e si chiese se quel posto non stesse davvero facendo danni alla sua psiche.

Ignorami quanto vuoi, ma tieni a mente questo: tuo padre non aveva ragione. Su niente.

Quell’ultimo pensiero gli si piantò nel cervello come un paletto, mettendo in discussione quelli che aveva sempre considerato i suoi punti fermi nella vita.

Se mi tolgono questi cosa mi rimane?

Si costrinse a muoversi da lì e raggiungere gli altri, sentendosi turbato per la prima volta nella sua vita.

Quando raggiunse il piano superiore trovò la prima porta aperta: la stanza sembrava una sala d’attesa, con poltroncine, divanetti e un tavolino basso con vecchie riviste; nella seconda trovò il resto della classe intenta ad esaminare quello che sembrava un elegante studio medico, con tanto di lettino, una lussuosa scrivania, una libreria piena di tomi medici, poster raffiguranti sezioni di un cervello con le varie parti evidenziate.

“Alla buon ora, Scion di ‘Staceppa.”

Ignorò volutamente l’accoglienza di Oowada, limitandosi a seguire la classe quando si diresse versò la terza porta.

Stanze collegate tra loro. L’architetto era un fan di Escher o del Centipede Umano.

La terza stanza li lasciò tutti spiazzati: era la cameretta di una bambina, probabilmente sui nove o dieci anni a giudicare dai peluche sul letto, i vestitini carini appesi nell’armadio, il letto con la trapunta rosa.

Questa stanza mi dà i brividi.

In effetti tutto sembrava forzatamente grazioso, carino, e strideva terribilmente con quanto avevano visto finora, in particolare nei sotterranei.

“Oh, di già?”

La voce scocciata di Oowada lo ridestò dai suoi pensieri: in fondo alla stanza c’era l’ennesima porta numerata, la 7. Ancora una volta Kirigiri si prese la briga di fare i calcoli, che poco dopo elencò al resto della classe: “Allora, chi se la sente?”

“Vado io.”

Si voltarono tutti a osservare Byakuya in un misto di curiosità e scetticismo mentre lui si avvicinava alla porta: “Con me possono entrare Naegi e Ishimaru, oppure tu” indicò Kyouko “e Fukawa. Decidete.”

“Se devo essere sincero sono ancora intontito dall’anestetico, preferirei passare se non vi dispiace” si scusò il Prefetto, “rimarrò qui fuori con gli altri a ispezionare le altre stanze.”

Kyouko annuì: “Nessun problema, andremo io e Fukawa” replicò, anche se quest’ultima non sembrava particolarmente felice all’idea; per un attimo, ma solo per un attimo si chiese se fosse l’idea della stanza numerata in sé a metterla in agitazione, o il dover entrare insieme a lui.

“Tranquilla Fukawa-san, andrà tutto bene. Puoi farcela.”

Sentì Naegi incitare la ragazza, e subito lei sembrò davvero convinta di potercela fare: “O-Ok.” disse, e si avvicinò a Togami e Kirigiri.

Byakuya la osservò per un’istante fin troppo lungo per i suoi gusti, indugiando sulle odiose parole di quell’altrettanto odiosa voce.

“Pronto, Togami?”

Annuì verso Kirigiri, poi poggiò la sua mano sul dispositivo di riconoscimento.

Avevano appena messo piede nella stanza quando la porta si chiuse alle loro spalle, e la voce di Zero gracchiò dagli altoparlanti: “Ho avuto il piacere di notare come ultimamente il nostro Scion non riscuota particolarmente successo nella classe. Direi quindi che il Togami nazionale non se la prenderà se decidessi di… torturarlo un po’.”

Maledetto.

“Su quel tavolo ci sono nove biglietti con dentro degli indizi per il vostro enigma. Prendete quello col vostro nome e seguite le istruzioni. Non toccate gli altri e soprattutto NON SCAMBIATEVELI TRA DI VOI. Quello che c’è scritto è per voi e soltanto a vostro uso. Ora, andate a disattivare il secondo dispositivo di riconoscimento.”

Mentre seguivano le istruzioni di Zero, Byakuya pensò che avrebbe voluto ammazzarlo con le sue mani, fosse l’ultima cosa che faceva.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Danganronpa / Vai alla pagina dell'autore: Walpurgisnacht