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Autore: ElaineAnneMarley    06/07/2016    1 recensioni
È il primo giorno d’estate e Agata viene avvicinata da un ragazzo dall’aria smarrita. È la prima volta che incontra qualcuno di Levante, il continente al di là delle montagne. Lui ha i tratti tipici dei levantini: la pelle olivastra e gli occhi a mandorla. Gli occhi. Occhi di un colore simile non esistono, neanche a Levante. Sono di un blu intenso con scaglie ambrate e sembrano racchiudere la storia del mondo.
«Ti ho trovata» e il ragazzo lascia andare un sospiro di sollievo «appena in tempo.»
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 32

LEVANTE, 5 ANNI E 329 GIORNI FA – Il villaggio ai piedi del monte Ariun


Agata fu immediatamente frastornata dall’anima dinamica del villaggio. C’era un gran chiasso, tutti parlavano a voce esageratamente alta e una quantità spropositata di animali gironzolava tra le case. Non cani o muli come nel suo paese, ma galline giganti, capre chiazzate, felini dalle zampe tozze e ratti che si tenevano in piedi su due arti. Non c’era niente di familiare, niente. L’impressione era quella di essere stata sballottata dentro uno dei suoi libri di testo preferiti. Il suo cervello riconosceva gran parte di ciò che vedeva, Agata sapeva infatti che nella zona montuosa di Levante le persone vivevano in villaggi costituiti di tende rotonde di pelle scamosciata, sapeva che non c’era una separazione definita tra gli spazi e gli animali erano liberi di scorazzare persino all’interno delle abitazioni, e sapeva che i vestiti erano prevalentemente oro, rosso e blu. Eppure vedere quello spettacolo con i propri occhi era completamente diverso. Un po’ come quando qualcuno ci parla a lungo di un’altra persona e nel momento in cui la vediamo per la prima volta, ci rendiamo conto che l’immagine che abbiamo costruito nella nostra mente c’entra poco o niente con la realtà. Quello che Agata non sapeva era che le tende avevano tutte dimensioni diverse, alcune erano recintate altre ammassate le une sulle altre. Gli animali erano ovunque, ma le persone sembravano non vederli, tanto che non si facevano problemi a scansarli con i piedi o schiacciarli incautamente con le sedioline di legno che si portavano dietro. Sicuramente i colori blu, rosso e oro ricorrevano ovunque, ma non vide due vestiti uguali, soprattutto le donne usavano le cinte a fascia per differenziarsi le une dalle altre.
«Ora capisco come ti sei sentito nella mia città…» disse rivolta a Tseren.
«Adesso aggiungi la paura di trasformarti in una creatura di 200 tonnellate che può distruggere qualsiasi cosa» rispose lui in un sussurro.
Ancora non riusciva a guardarlo negli occhi e Xoán parve accorgersi che c’era una qualche incomprensione nell’aria.
«Tseren perché non vai a comprare un po’ di legumi al mercato, io presento Agata in giro…» disse lo sciamano. Il ragazzo Drago rispose alzando le spalle e in un battito di ciglia era sparito tra la folla.
Agata si lasciò sfuggire un sospiro. Non faceva alcuna fatica a lasciarla sola, nonostante fosse per lei il primo giorno in una terra straniera. L’Ascendente si forzò a non pensarci e trovò il modo di distrarsi osservando un gruppo di anziani che discutevano animatamente. Non ci aveva fatto caso prima, ma in giro c’erano prevalentemente vecchi e bambini, dove erano gli adulti?
«Devi sentirti persa, so cosa si prova…» disse Xoán, indicandole di voltare a destra dietro una piccola costruzione di pietra. Era una struttura ricoperta di fiori e piccoli oggetti intagliati, probabilmente artefatti votivi. Agata fece intuire che non aveva capito e l’altro ripeté la frase più lentamente. Ancora nulla. La ragazza sembrava frustrata, sapeva che non sarebbe stato facile imparare il levantese, ma l’idea di essere irritata con l’unica persona con cui in quel momento poteva comunicare la faceva sentire ancora più sola. Di nuovo Xoán parve leggere nello sguardo abbattuto di Agata qual era il problema e per distrarla cominciò a insegnarle qualche parola. La ragazza era talmente concentrata che non si era accorta della folla di persone che aveva cominciato a seguirli. C’erano bambini vivaci coperti di terra incrostata, ragazzine che camminavano tenendosi per mano come a formare una catena, anziani curiosi con le loro sedioline di legno. Xoán fu costretto a fermarsi e voltandosi presentò a gran voce Agata.
«Questa è Agata, mia nipote da Ponente!» esclamò più volte. Da parente di Tseren era diventata parente di Xoán. D’altra parte il fatto che una ragazza della sua età viaggiasse da sola a Levante sarebbe risultato troppo sospetto. L’affetto che la comunità aveva nei confronti dello sciamano si riversò immediatamente su quella ragazzina spaurita che non gli assomigliava minimamente ma che lui considerava di famiglia. Gli abitanti del villaggio rispettavano talmente tanto il guaritore che non ebbero alcun dubbio, normalmente sarebbero stati piuttosto cauti nell’accogliere uno straniero. Il popolo della montagna di Levante era noto per la sua riservatezza, ma Xoán era amato da tutti poichè nel corso degli anni aveva curato almeno un membro di ogni famiglia.
Agata perse il conto degli inchini che dovette fare per presentarsi. Fu sommersa da una miriade di espressioni di benvenuto e per quanto facesse di tutto per ricordarsi qualche nome presto perse la speranza.
«Hai solo bisogno di tempo» le disse Xoán scandendo bene le parole. Fu sorpresa della sensibilità di quell’uomo che conosceva appena, ma che più di una volta le aveva come letto nel pensiero. Xoán era forse la persona con cui aveva più in comune al mondo, era stato anche lui sradicato da tutto ciò che conosceva il giorno che aveva scoperto di essere l’Ascendente di un Drago. Forse per quello intuiva di cosa Agata avesse bisogno. Se solo Tseren avesse manifestato appena una briciola della stessa intelligenza emotiva!
Dopo aver girato più volte per il villaggio e acquistato una mescolanza di cose che servivano a Xoán per preparare impacchi medicinale o ad Agata per adattarsi nella sua nuova vita, si fermarono ad assaggiare un’altra delle specialità di Levante, il succo di pianta grassa. Subito dopo incrociarono Tseren, anche il ragazzo Drago aveva le mani piene di ceste e sacchi.
 
« Xoán ci ha invitato alla festa del villaggio, stasera» le spiegò Tseren mentre risalivano la montagna. Lo sciamano avrebbe voluto accompagnarli, ma proprio mentre si stavano incamminando era arrivato in groppa a un cavallo nano un bambino di circa dieci anni. Proveniva da un paese vicino ed era stato mandato a chiamare lo sciamano per curare un neonato che stava male dalla notte prima.
Non appena furono abbastanza lontani, Tseren tolse di mano ad Agata tutto ciò che stava trasportando.
«Ce la faccio…» protestò lei.
«Lo sai che per me non fa alcuna differenza» rispose lui impilando le ceste.
«Incredibile che proprio oggi ci sia la festa del villaggio…» commentò l’Ascendente. Tseren rise sonoramente.
«C’è almeno una festa a settimana, ogni scusa è buona per banchettare e fare baldoria…» le spiegò.
«Ma dove erano tutti gli adulti?» chiese ancora Agata.
«A lavoro nei campi, al pascolo con le mandrie, in giro per gli altri villaggi a scambiare merci…» rispose il ragazzo. Avrebbe potuto pensarci da sola, in fondo era così anche nel suo villaggio. Nell’ultimo periodo quasi non si riconosceva, agiva d’impulso, non riusciva a trovare la spiegazione più logica a un problema e si lasciava turbare dal comportamento di un’altra persona. Dopo vent’anni in cui nessuno era riuscito a intaccare la sua corazza fatta di razionalità e indipendenza, Tseren le aveva fatto mettere in discussione tutto e il bello era che non pareva neanche accorgersene. Agata sopirò di nuovo, questa nuova versione di sé la impensieriva.
 

*NdA*
Ciao a tutti,
finalmente sono riuscita a pubblicare. Ho lanciato questa settimana 'L'ultimo dei Draghi' anche su Wattpad e la promozione mi sta portando via un sacco di tempo. Nonostante ciò sto andando avanti a scrivere perchè se non lo faccio ho letteralmente nostalgia dei miei personaggi. Il mio profilo Wattpad è QUI.
A presto!
Elaine

   
 
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