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Autore: DarkDemon    08/07/2016    10 recensioni
[Titolo mooolto provvisorio]
|INTERATTIVA|POSTI FINITI|NON TIENE CONTO DE "LE SFIDE DI APOLLO"
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–Non scapperai facilmente piccola Dea...–
[...]
Vedeva il lontananza una piccola sagoma avvolta in vesti marroni correre nella leggera nebbia mattutina che avvolgeva le colline e il bosco, mentre una grossa sagoma umanoide la sovrastava, dando l'idea di quello che era un vicolo ceco.
[...]
Felix avanzò ancora qualche passo cauto, un tuffo al cuore lo fece però bloccare sul posto, capiva finalmente la causa del dolore della donna [...]
–Salvala... fallo per me... fallo per noi...– Disse con un tono che mai aveva udito, il tono di una madre, dolcezza e risolutezza, ora spezzate dall'infrenabile pianto che solo una madre può versare sulla salma della figlia, andatasene dal mondo.
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Sono oramai passati cinquant'anni dalla battaglia con Gea, la pace che ha avvolto il campo, come sempre, non è destinata a durare. Il sottile equilibrio si sta per incrinare, come la liscia superficie dell'acqua sotto un lieve sospiro.
Genere: Avventura, Generale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Slash, FemSlash | Personaggi: Quasi tutti, Semidei Fanfiction Interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Con un sospiro Felix dedicò lo sguardo al paesaggio, che monotono si susseguiva, alberi campi alberi, campi, fattoria. Sembrava uno si quei giochini di macchine, dove lo sfondo è sempre lo stesso, ripetuto all'infinito. L'occhio celeste saettava da un soggetto all'altro, ma la mente non prestava attenzione, la mente era ancora la, nella foresta, con la donna che piangeva, la ragazza che scappava e il fagottino morto; il sol pensiero gli dava i brividi, era così confuso... Troppe cose non avevano senso, troppe domande gli affollavano la testa: “Chi era la ragazza?” “E l'ombra?” “Cosa voleva quella donna, chi era?” “Il piccolo cadavere... a chi apparteneva?”. Si portò una mano alla testa premendo una tempia e chiudendo gli occhi, c'era qualcosa... ma non capiva... nelle sua mente, c'era stato quel famoso clic, si era aperta una porta, ma non la trovava. Si girò lentamente verso l'uomo che guidava, ne osservò i lineamenti, non dimostrava più di una quarantina d'anni, età che di fatto gli apparteneva, in comune con il figlio aveva solo le labbra piccole e il naso dritto leggermente all'insù, per il resto, Felix, sarebbe potuto benissimo essere il figlio del postino... se solo avesse saputo come fosse stata sua madre. Gli diceva ogni giorno che le assomigliava, ma non ci credeva.
Osservò gli occhi castani vagare sulla strada, vigili e attenti, notò qualche capello bianco far capolino nella corta zazzera nera e riccia, non riusciva ancora a credere di essere suo figlio.
–Papà...– Disse, la voce gli risultò secca e rauca, se la schiarì portando la mano a pugno davanti alla bocca e riformulò: – Papà... come... quando hai capito qual'era la tua vocazione?– Gli faceva così strano parlare di quelle cose, non ne aveva mai parlato, e colse senza fatica la sorpresa negli occhi dell'uomo che sedeva alla sua sinistra.
–Felix io...– Il ragazzo immaginò che stesse per esporre la sua sorpresa nell'averlo sentito formulare quella domanda, ma alla fine lasciò correre. Si schiarì la voce.
–Bhe all'incirca quando avevo la tua età... un po' più tardi forse... vedi i nonni, come saprai, sono molto credenti e mi hanno sempre osservare la religione in modo rigoroso... tanto che me ne allontanai... anche per questo non ti forzo... anche se...– Il ragazzo roteò gli occhi.
“Grazie al cielo... o no... ci risiamo”
Pensò. Quando suo padre attaccava con quel discorso la situazione si faceva tesa, non lo sopportava, ma non reggeva il suo sguardo ferito.
–Vai avanti...– Lo incitò piano, volendo a tutti i costi evitare l'argomento.
–Bhe... una sera pregai di mia spontanea volontà, chiesi al Nostro Signore di farmi capire cosa dovevo fare... di mandarmi un cenno... un segno... qualcosa, gli giurai “Se questa sera non fai nulla... non crederò in te mai più”, lo avevo detto più volte, ma in quei giorni era un brutto periodo... ed ero risoluto... ed ecco, sognai la madonna correre fino alla Croce, inginocchiarsi e baciare il legno scuro tra le lacrime, si voltò poi verso di me e mi disse queste precise parole: “Salvalo con la fede, salvali.” Il mattino dopo dentro di me regnava un fuoco nuovo, il fuoco dello Spirito Santo... benedetto sia quel giorno...– Felix fissava davanti a se, gli occhi sbarrati, la madre che piangeva la morte del figlio, ed implorava di salvarlo... un brivido gli percorse la schiena, era quasi come il suo sogno, si scrocchiò nervosamente le dita e tornò a guardare fuori, il respiro leggermente tremante e irregolare.
–Come mai questa domanda figliolo?– Chiese il padre, nella voce una briciola di speranza che il figlio si fosse convertito, quella stessa luce che gli brillava negli occhi morì poco dopo, in risposta ricevette solo un scrollata di spalle e un debole segno di dissenso con il capo.
–Così per chiacchierare...– Disse piano, l'uomo non ribatté, quel gesto, aveva imparato a capitolo: “Argomento chiuso”.
Il viaggio proseguì ancora parecchi minuti in silenzio, tanto che il ragazzo fece in tempo a mettere le cuffiette e ascoltarsi mezzo repertorio del telefono, di tanto in tanto aveva rischiato di appisolarsi, voglia eliminata appena ripensava alla dimensione onirica, e quindi al recente sogno. Fu proprio dopo uno di questi episodi che il ragazzo riconobbe il luogo dove si trovava, pur non essendoci mai stato: la collina, gli alberi, la strada che aveva scorso a malapena nella bruna, e persino quel vecchio palo della luce storto, a cui aveva dato talmente scarsa importanza che fu sorpreso di ricordarlo; si fece ritto sul sedile, togliendo lentamente una delle bianche cuffiette.
–Emm... papà... potresti fermarti..? Ho... ho un po' di nausea...– Improvvisò sul momento, l'auto si fermò.
–Vuoi un sacchetto..?– Chiese piano l'uomo sporgendosi mentre il ragazzo abbandonava il mezzo quasi ipnotizzato, scosse la testa in tutta risposta e prese a guardarsi attorno camminando nell'erba alta che costeggiava la strada in terra battuta. Era tutto così familiare, il sole che filtrava dalle colline alle sue spalle illuminava il prato che saliva alla collina di fronte, accanto poteva scorgere un fitto bosco che la separava da un frutteto, rabbrividì. In qualche modo sentiva che quello era il bosco, quello dei suoi sogni, rabbrividì, temendo quasi di udire di nuovo il pianto lontano. Sentiva suo padre dirgli qualcosa, ma non prestò attenzione, preso a osservare il paesaggio, fino a quelle fatidiche parole.
–... Dai, Fel, manca poco...– Si voltò con più disinvoltura possibile.
–Poco.. poco quanto?– L'uomo allungò il collo per scorgere meglio la strada, mentre il figlio seguiva il suo sguardo
–Mhmm... saranno un paio di miglia... ad occhio e croce... non più di cinque minuti in macchina...– Alzò sorpreso le sopracciglia notando il figlio schizzare in auto e riallacciarsi, fresco come una rosa appena schiusa.
–Stai meglio..?– Chiese con cautela.
–Io..? Oh si... molto meglio... sto sempre meglio dopo aver respirato aria pulita lo sai... è che devo andare in bagno... dai parti?– Disse velocemente, mentre il cervellino gli schizzava alla velocità della luce per prendere sempre più dettagli di come si sarebbe potuta svolgere la sua serata, di quando sarebbe stato il tempo debito per levare le tende e tornare li, cercando di capirci qualcosa.
Ripartirono, e solo quando girarono la curva e la grossa collina scomparve dietro gli alberi il ragazzo notò, per un secondo, nello specchietto retrovisore qualcosa di bianco e oro brillare al sole, proprio vicino al pino solitario. Corrugò la fronte, la faccenda si stava decisamente incasinando.
Arrivarono alla piccola villetta nell'arco di cinque minuti, esattamente come annunciatogli dal padre. Era una costruzione in mattoni, il tetto molto spiovente, i muri ricoperti d'edera.
–E... per quanto ci staremo?– Chiese piano scendendo dalla macchina, gli occhi fissi sulla costruzione, l'uomo si strinse nelle spalle mentre scaricava le due valigie.
–Un paio di settimane... che c'è non ti piace..? C'è il wi-fi...– Si affrettò ad aggiungere, consapevole che il figlio non se ne sarebbe mai stato fermo sui libri per una giornata, nonostante non lo schifasse leggere, e consapevole che non poteva nemmeno sforzarlo troppo.
–No è perfetta... solo per ricordarmi...– Spiegò Felix in fretta, stava per prendere la propria valigia il padre lo bloccò e gli lanciò le chiavi della macchina e una piccola chiave singola.
–Sul retro c'è il garage, parcheggia l'auto, a queste ci penso io...– E senza aspettare proteste si diresse verso la casa trascinando le valigie, il ragazzo rimase a fissare le chiavi per qualche minuto con sguardo cupo, era davvero un catorcio con i piedi. Continuavano a farne una catastrofe, tutti, suo padre, i dottori, erano passati sei anni dal piccolo attacco cardiaco dovuto in parte ad una crisi d'asma, ed ecco, ad un vecchio si dava più fiducia. Aveva fatto controlli su controlli, e lo dicevano anche i medici, andava tutto bene, situazione stabile. Perché non se lo mettevano in testa?! Era ancora asmatico, ma il suo cuore stava bene, era passato... possibile che dovesse davvero rinunciare a correre, a camminare in montagna, ad andare con gli amici all'età di diciassette anni?! Gli dava su i nervi, malediva il suo corpo debole, malediva Lizzie Bolton, che aveva perso il suo inalatore quel fatidico pomeriggio di pasqua, mentre cercavano le uova, malediva ogni cosa, non accettava di aver smesso di vivere ad undici anni. Sbuffò e strinse la chiave del garage così forte che quasi temette di vederne spuntare l'estremità dall'altra parte della mano.
Parcheggiò svogliatamente ma con precisione per poi tornare in casa, si guardò attorno, aveva un arredamento in legno scuro molto semplice e minimal, suo padre era già in cucina a cucinare.
–Di sopra la tua camera è quella a sinistra, la porta di fronte le scale è il bagno...– Salì lentamente, come aveva detto suo padre la scala arrivava a metà di un corridoio, prese la sinistra e aprì l'unica porta presente, la sua valigia lo attendeva sul letto che stava in mezzo alla stanza. Non c'era nient'altro che il comodino, la scrivania, un armadio e un cassettone, sotto la finestra, andava benissimo; sospirò e iniziò a mettere via la roba canticchiando pezzi delle prime canzoni che gli saltavano in mente, spaziando da “Zitto e nuota” a “Titanium” fino a roba “più soft” come “Chop Suey”. Aveva appena finito quando suo padre lo chiamò per cena.
Si svolse tutto esattamente come aveva immaginato: La cena, la tv, due chiacchiere, ognuno nelle proprie camere e puf, alle 23.30 esatte il pesante russare dell'uomo riempiva la casa.
Sorrise e si alzò, si era lavato ma non cambiato, scese lentamente le scale di legno, fermandosi per cinque secondi ogni volta che questo scricchiolava, sapeva quanto suo padre avesse il sonno pesante, ma meglio non rischiare. Prese le chiavi della macchina e del garage esattamente da dove le aveva lasciate qualche ora prima ed uscì. Rabbrividì leggermente e lanciandosi continue occhiate furtive alle spalle si diresse sul vetro, aprì il garage, saltò in macchina e lentamente si diresse dove aveva visto il luogo del suo sogno. Lasciò la macchina in mezzo alla strada, consapevole che nessuno sarebbe passato da li a quell'ora... o almeno lo sperava; prese qualche respiro e inizio a risalire le pendici della collina con il pino solitario, faceva fatica a vederla bene, gli costava molta fatica, quando alzò di nuovo la testa dai propri piedi per vedere quanto mancava l'aria vicino al pino tremolò, rivelando poi di nuovo un enorme statua, era bianca e oro, di una donna armata, uno scudo ai piedi, in una mano reggeva una figura alata -e solo quella era ben più alta di un uomo reale- e nell'altra una lancia. Sentì mancare il fiato e si sedette sul posto attendendo di recuperarlo; una decina di minuti dopo riprese a camminare, era circa a tre quarti, sentiva i muscoli tirare, la cassa toracica compressa in una dolorosa stretta, la milza gli doleva, i respiri erano sempre più veloci e radi, il cuore gli batteva a velocità eccessivamente elevata. Era quasi in panico, se avesse avuto un attacco di cuore li nessuno avrebbe potuto chiamare i soccorsi, sarebbe stato spacciato, allungò una mano in tasca e tremante si portò l'inalatore alle labbra. Il forte getto d'aria si fece largo tra suoi bronchi, sentì i polmoni riprendere a funzionare del tutto, ansimò e si passò una mano ancora tremante tra i capelli imperlati di sudore dallo sforzo di riuscire a respirare. Riprese a camminare cocciutamente verso la cima, continuava a non accettare la sua condizione fisica, non si sarebbe fermato per così poco. Si abbandonò lungo il tronco del pino, gli occhi celesti chiusi, respirando pesantemente; quando il cuore riprese una velocità più umana aprì gli occhi, e quasi l'infarto non gli venne davvero, un'enorme vallata si stendeva ai suoi piedi fino al mare, circondata dai boschi e punteggiata di strutture strane, come case tutte diverse, un'arena di combattimento, quello che sembrava un teatro greco, e una parete di roccia... quella... quella era lava vera?! Sbatté gli occhi incredulo e scese la collina non frenando l'inerzia che lo faceva camminare velocemente e incespicare più volte, inciampò proprio davanti alla macchina, si rialzò dando sfogo al suo repertorio di parole di cui uno scaricatore di porto sarebbe stato fiero e salì accendendo il motore. Si pulì i palmi sporchi di terra sui pantaloni e tornò a casa alla velocità della luce. Mise via la macchina e corse a letto ansimante, fu costretto ad utilizzare l'inalatore di nuovo altrimenti non sarebbe riuscito a dormire... cosa che comunque fece a fatica.
Non poteva credere a quello che aveva visto, e non ci credette.
Era stato solo un sogno ad occhi aperti, lui di li non si era mai mosso.


 

Angolo    
Autrice

Hola a todos!
Non so lo spagnolo e ho scritto a caso, se è giusto è un miracolo...
Questo è un capitolo di transito, giusto per ricordare che le schede sono entro il 13, ma prima le mandate meglio è, così potrei iniziare a scrivere un primo capitoletto, visto che ultimamente l'ispirazione non manca. Per chi volesse iscriversi potete fino al 12, a patto che il tredici sera io abbia le schede.
E nulla, spero che il capitolo non sia totalmente un fiasco

Baci

ΩEbeΩ

   
 
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