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Autore: Red_Coat    11/07/2016    4 recensioni
Genesis.
La mia vita, per te.
Infinita rapsodia d'amore
__________________________________________
DAL TESTO:
Un bagliore accecante invase la grotta, ed io capì che l'avevo raggiunta appena in tempo. Alzai gli occhi, e vidi uno splendido angelo con una sola ala, immensa, nera e maestosa, planare dolcemente su una roccia. Rimasi incantata, con gli occhi pieni di lacrime, a fissare la sua sagoma, fino a che non mi accorsi che i suoi occhi verdi come l'acqua di un oceano di dolore e speranza seguitavano a fissarmi, sorpresi e tristi.
Fissavano me, me sola, ed in quel momento mi sentii morire dal sollievo e dalla gioia
" Genesis! " mormorai, poi ripetei il suo nome correndogli incontro
C'incontrammo, ci abbracciammo. Mi baciò.
Ed io, per la prima volta dopo tanto tempo, piansi stretta a lui.
Genere: Avventura, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genesis Rhapsodos, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Vincent Valentine, Zack Fair
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Capitolo II
 
<< My friend, do you fly away now? / To a world that abhors you and I? /
All that awaits you is a somber morrow / No matter where the winds may
blow >>

- Loveless, Act III
-


 
Traccia musicale consigliata: WIDE AWAKE, KATY PERRY
 

<< Che buffo, che buffissimo. >>
-Alice, Alice in Wonderland -

"- Siamo sicuri che sia viva? –
- Turk, se non ti fidi di me puoi anche andartene e lasciarmi fare! –
- Sentimi bene, Soldier. Questo è il nostro settore, tu non dovresti neanche essere qui! -
- Basta litigare, adesso! Si sta svegliando. –
- Evvai! –
 
Queste voci mi riscossero dal mio sonno.
Avevo la schiena a pezzi, eppure il mio letto era così soffice e comodo! Riconobbi immediatamente le voci di Zack che discuteva con Reno, e alla fine anche quella di Tseng, ma pensai subito di aver lasciato la consolle accesa e quella era andata avanti senza il mio permesso. Tuttavia … non ricordavo quelle battute.
Evidentemente, pensai, la mia memoria sia era persa qualche spezzone, oppure quella scena mi era del tutto sfuggita. Aprii gli occhi, ancora assonnata, e vidi davanti a me … i proprietari di quelle voci! Zack, Reno e Tseng, che mi scrutavano dall’alto.
E all’improvviso il mio cuore fece un gigantesco salto carpiato all’indietro, e io indietreggiai a mia volta, sobbalzando e vacillando a causa dei muscoli indolenziti
 
- Ehy, calmati! – esclamò Zack, tendendomi rassicurante le braccia
 
Ma io stavo già cercando disvegliarmi.
Impossibile!” pensai “… non è … possibile! Non può essere, è un mio sogno! Solo un mio sogno dal quale di sicuro mi sveglierò! E così che vanno a finire quasi tutti i drama, i manga e gli anime con cui infarcisco la mia mente ogni giorno, no? Devo averne fatto indigestione, tutto qui!”. Eppure, i secondi continuavano a passare e i contorni sembravano farsi ancora più chiari di prima
 
- Non abbiamo intenzione di farti del male, te lo assicuro. – mi tranquillizzò Tseng, facendosi dolcemente avanti
- L’unico di cui dovresti aver paura è questo bestione di SOLDIER! – aggiunse quindi Reno, indicando Zack con un cenno del capo
- Hey! Perché non chiudi il becco una volta tanto! – lo zittò quest’ultimo, picchiettando l’indice della mano destra sulle labbra sottili.
 
Il Turk wutaiano scosse il capo con serietà, incrociando le braccia. Ma dopo qualche secondo lo vidi rivolgermi un sorriso appena percepito, per poi aggiungere rivolto gentilmente a me
 
- Mi chiamo Tseng, lui è Reno, e quel “bestione” è Zack Fair, di SOLDIER. –
 
Lo so!” avrei voluto dire “Cristo, lo so! Zack!”.
Ero davanti a lui, nel bel mezzo di Midgar, e … improvvisamente ebbi voglia di piangere. Era ciò che avevo sempre desiderato, il mio sogno di sempre, impossibile e proibito, eppure ora volevo solo ritornare immediatamente indietro a casa mia, e riaprire gli occhi immediatamente. Perché … quel sogno cominciava a mandarmi in confusione, e la confusione mi faceva paura, da sempre.
 
- E tu, come ti chiami? – mi chiese ancora Tseng, gentile
 
Non risposi, ammutolita.
E’ solo un sogno” mi ripetei “basta non crederci più di tanto per svegliarmi. Non ci credo … io … io non ci posso credere!”.
Zack sospirò, portandosi una mano dietro la nuca. Cielo, com’era bello! Si, era bello. Sul serio potevo vederlo? Era lui, in carne e pixel!
Ma era un sogno, solo un sogno. Ed io dovevo solo stare immobile e aspettare che passasse. Ero talmente sconvolta, che non mi accorsi neppure dell’arrivo di un quarto individuo, spuntato dall’ombra dietro le spalle di Zack
 
-Che succede? – chiese, incrociando le braccia sul petto e guardando il giovane
- Aaah, eccone un altro! – si lamentò Reno, alzando gli occhi al cielo e roteando la folta e scomposta chioma rossiccia
 
Rimasi ammutolita a fissare il nuovo arrivato, col cuore che compiva un’altra acrobazia e il fiato corto. Angeal … era Angeal.
Il volto severo, la Buster Sword sulle spalle, l’aria minacciosa mentre mi scrutava sospettoso e rivolgeva rapide occhiate a Zack, che sembrava davvero un ragazzino innocuo messo al suo confronto, anche se non privo di muscoli.
Era di fronte a me, non più oltre lo schermo di un dispositivo elettronico. Ed era … proprio come me lo ero immaginato
 
- Zack, non dovresti essere qui. - disse, ammonendo il suo allievo
- Appunto. - soggiunse Reno, annuendo e incrociando le braccia
 
Tseng tacque portandosi dietro di me e preparandosi a sostenermi se avessi avuto un altro mancamento, mentre Fair scuoteva le spalle e assumeva un’aria implorante portando in avanti le mani giunte, verso il mentore
 
-Scusa! - si affrettò a rispondere, poi mi lanciò una rapida occhiata e aggiunse – è che avevo voglia di una boccata d’aria. Stavo girovagando, ho visto questa ragazza per terra e mi sono avvicinato. – concluse in tono concitato, continuando a lanciarmi sguardi preoccupati e a gesticolare nella mia direzione
 
In realtà, immagino che Angeal gli avesse ordinato di allenarsi e lui avesse deciso di disobbedire.
Era come se non riuscisse a togliermi gli occhi di dosso. Si, fu così. Continuava a scrutarmi con curiosità per poi tornare a fissare Angeal con aria sottomessa, sperando in un suo gesto di perdono.
Ricordavo ciò che Angeal aveva detto di lui, paragonandolo ad un cucciolo irrequieto. E in quel momento mi sembrò proprio di vederle, quelle due orecchie pelose che spuntavano da sotto i ciuffi ribelli dei suoi capelli, tagliati cortissimi e sfrangiati. Andavano ad inclinarsi all’ingiù in una silenziosa ammissione di colpa, mentre la coda continuava a scodinzolare piano ogni volta che i suoi occhi incrociavano i miei.
Sorrisi, non riuscendo a farne a meno, e abbassai gli occhi arrossendo quando lui lo fece a sua volta  guardandomi, convinto forse di avermi colpito.
Ben diversa fu la risposta di Angeal.
Mi guardò, una lunga occhiata indagatrice ch'ebbe il potere di mettermi tanta soggezione da aver voglia di svenire.
Lo sai meglio di me, in fondo, no amore? Era il potere di un uomo come lui. Un suo sguardo poteva valere più di mille parole, ecco perché il più delle volte non aveva mai bisogno di parlare troppo per farsi capire.
Fu così anche verso di me.
Quando mi sforzai di rispondergli con una rapida occhiata fugace e intimidita, non riuscii a fare a meno di notare quel lampo nei suoi occhi, una strana nota in quello sguardo che al momento non fui in grado di decifrare.
Solo in un secondo momento avrei capito di cosa si trattava, ma allora mi chiesi se magari lui sapesse perché mi trovavo lì.
No, non è possibile” pensai, trattenendo il respiro un’altra volta “Impossibile”.
Nel frattempo, Zack continuava a parlare
 
- Non siamo riusciti a scoprire molto. Sembra spaventata, e non parla. – gli spiegò
- Queste questioni spettano ai Turks. – rispose invece lui, prendendolo per un braccio e iniziando a trascinarlo via – Lascia fare a loro. –
- Cos .. ma non posso lasciarla cosi! – protestò allora Zack, gesticolando verso di me
 
Ma un’occhiata dell’altro lo costrinse a ridursi in silenzio e ad obbedire, rivolgendomi un’espressione affranta prima di voltarsi definitivamente e allontanarsi assieme ad Hewley.
Li guardai distanziarsi da noi. "Angeal", pensai di nuovo, "sembra avere … paura di me. Perché?"
Non seppi darmi una risposta, e probabilmente neanche ora ne sono certa.
Ma ripensandoci adesso, avrei voluto che quell’istante fosse durato per sempre.
 
***
 
I turks furono addetti alla mia sicurezza.
Dopo interminabili minuti rinchiusa tra le quattro mura di una delle stanze appartenenti al reparto sviluppo scientifico, in cui fui sottoposta a brevi trattamenti sanitari da alcune giovani ricercatrici che avevano avuto il compito di accertarsi che le mie condizioni di salute fosse buone, Tseng stesso tornò a riprendermi e mi accompagnò a casa sua, scusandosi con la sua solita aria distaccata per avermi lasciata sola e offrendomi la sua stanza come alloggio.
Non era male, per essere la casa di un turk.
Era un piccolo appartamento affacciato sulla via principale per la sede, quasi completamente spoglio, arredato con appena l’essenziale ma nessun tocco personale.
La porta d’ingresso dava accesso al piccolo ambiente del soggiorno, in cui si trovavano una piccola tv, una poltrona, una dispensa in legno laccato e un tavolo da pranzo su cui era appoggiato il telefono e un bicchiere vuoto.
In fondo all’ambiente le luci notturne di Midgar trapelavano chiare attraverso il vetro spoglio di una piccola finestra ad anta con apertura scorrevole verso l’alto, e all’angolo con un’altra parete divisoria, una porta che scoprii tempo dopo conduceva alla piccola cucina quasi mai utilizzata; sulla destra invece vi erano le restanti camere, quella da letto e un piccolo bagno che faceva angolo così com’era per la cucina.
A ripensarci non fu davvero uno dei miei periodi peggiori, ma sul momento fui così agitata che rifiutai perfino di mangiare, rinchiudendomi nella stanza che mi aveva gentilmente ceduto.
Rimasi in silenzio per circa ventiquattro lunghissime ore, ascoltando i pochi rumori che provenivano da fuori e cercando di calmarmi in tutti i modi a me conosciuti.
Ho sempre sofferto di attacchi di ansia o panico, e col tempo ho imparato come fare per gestirli. In una situazione come quella tutto questo si rivelò davvero molto utile.
Erano le mie prime ore in questo mondo, e a parte l’incontro con Zack erano state davvero un inferno.
Era stato già un trauma bello grosso essere catapultata in una realtà che non era la mia con la rapidità di un battito di ciglia, e l’atmosfera sterilizzata e statica del reparto scientifico in cui ero stata costretta ad entrare non aveva certo migliorato la situazione. Un'altra persona, al posto mio, forse avrebbe dato di matto, anzi quasi sicuramente lo avrebbe fatto.
Ma io no. Perchè in fondo, era quello che avevo sempre sperato. Anche se viverlo era completamenre diverso dal sognarlo
Così, cercando di riportare un po’ di ordine nel confuso mare della mia mente in tempesta, mi feci forza e mi distesi sul letto, cominciando a concentrarmi solo sul regolarizzare il mio respiro, le mani abbandonate in grembo e tremanti e gli occhi chiusi.
Respira. Inspira.
Respira. Inspira.
Sempre più lentamente, sempre più … cautamente.
Almeno, mi dissi mentre cercavo di dimenticare il bianco accecante dei fari che mi erano stati puntati addosso per controllare la mia vista, ero stata fortunata a non aver incontrato nessuno di veramente importante nel reparto. Hojo, per esempio.
Ma avrei potuto farlo molto presto, se avessi continuato a rimanere lì. Il solo pensiero di quelle mani scheletriche che toccavano il mio corpo con totale mancanza di tatto ebbe l’effetto immediato di gettarmi nel panico più totale.
Ero riuscita ad addormentarmi da appena una manciata di ore dopo una notte tumultuosa, quando quell’orribile sogno mi strinse un nodo in gola fino a darmi l’orribile sensazione di rimanere senza fiato.
Mi svegliai di soprassalto, riuscendo per fortuna a non urlare ma ritrovandomi sudata e fredda a stringere le coperte sotto di me.
Mi guardai intorno, nella speranza di tornata a casa da tutto quel sogno assurdo, ma quando, guardando fuori dalla finestra vicino al mio letto, l’immagine minacciosa della cupola d’acciaio del quartier generale colpì i miei occhi, mi sentì mancare di nuovo e in preda alla disperazione iniziai a piangere in silenzio, affondando il viso nel cuscino che profumava di pulito.
Voglio andarmene …” pensai “Adesso. Voglio andarmene da qui!
Passarono appena un paio di minuti, in cui sentii i muscoli tesi rilassarsi e il respiro regolarizzarsi pian piano dopo ripetuti sussulti soffocati.
All'improvviso, qualcuno bussò alla porta.
Mi voltai di scatto e mi rimisi a sedere, asciugandomi in fretta il volto rosso con le mani e maledicendomi per aver deciso di tagliare i capelli.
Appena in tempo, la porta si aprì e Tseng si affacciò sulla soglia. Ora come ora ammetto che fu molto più gentile e premuroso, più di quanto non avessi immaginato.
Ma era pur sempre un fedelissimo della Shinra, ed era stato lui a portarmi al HQ. Perciò nel vederlo ebbi una voglia matta di alzarmi e sferrargli un ceffone tanto forte da fargli arrossire la guancia.
Non lo feci però, limitandomi a stringere quasi convulsamente con le mani il bordo del materasso e a mordermi le labbra quasi fino a farmele sanguinare. “Se tutto questo è vero”, pensai, “e io sono davvero sotto custodia di un turk, meglio non fare stupidaggini”.
Si, lo so. Tu te ne saresti liberato. Ma io non sono un SOLDIER, né tanto meno ne possedevo i poteri. Non ancora almeno.
Perciò, era l’unica scelta sensata che potessi fare. E ti prego di non ridere di me, come sicuramente starai facendo leggendo questa parte del mio racconto. Eheh, grazie.
 
-Come ti senti? – mi chiese dunque il turk, rimanendo sulla soglia ma scrutandomi con attenzione

Annuì semplicemente, evitando il suo sguardo.
Lui annuì di rimando soddisfatto, poi mi chiese, un pò a bruciapelo
 
-Ricordi Zack, il SOLDIER? –
 
Un altro colpo al cuore. Di nuovo annuì, ma senza riuscire a non guardarlo speranzosa
 
-Bene- proseguì quindi – Non dovrei, ma se ti fa piacere posso fare uno strappo alla regola. Vuoi vederlo? –
 
Mi aprii in un sorriso, il primo dopo tutta quella paura.
Dei, se volevo! In realtà, per tutto quel tempo in cui non avevo fatto altro che chiedermi come fosse stato possibile per me tutto questo, il mio unico pensiero positivo era stato Zack.
Ero stata così felice di conoscerlo. E … lo sono ancora.
Comunque, Tseng annuì poi sparì oltre la porta e pochi secondi dopo nella stanza si accese di nuovo il sorriso ingenuo di un SOLDIER 2nd class di nome Zack Fair.
Lo guardai contenta, col cuore a mille, mentre si avvicina a me.
Indossava la sua divisa, e facendo mente locale mi ricordai che doveva avere … diciassette anni, pressappoco.
"Che bel momento per arrivare", mi dissi, anche un poco sarcastica.
Mi salutò con un cenno della mano e si avvicinò al letto
 
-Heiya! – esordì, sedendosi accanto a me – Tseng mi ha detto che non hai voglia di mangiare. Ti capisco. Li pagheranno anche bene, ma è negato per la cucina, lui. – aggiunse scherzoso, facendo segno con la testa in direzione della porta
 
Sorrisi di nuovo, scostandomi una ciocca di capelli da davanti gli occhi, mentre fissavo i suoi brillare come stelle su di me. Ora … ammetto di averlo guardato pensando: “Chissà se hai la minima idea di che bel figone diventerai da grande?”.
Mi perdonerai per questo, vero amore? Si, sono certa che lo farai. Anche perché quello che successe dopo ti confermerà che, sin dai miei primi istanti qui, è sempre stato tuo ogni mio pensiero, e ogni battito del mio cuore
 
-Hai … voglia di fare qualcosa in particolare? – mi chiese dunque, volenteroso
 
E io, per la prima volta, parlai. E dissi la cosa più stupida ma in fondo naturale che mi fosse passata per la mente
 
-Foto! – risposi annuendo
 
Zack mi guardo stupito, inarcando un sopracciglio
 
-Foto? – ripeté
 
Annuii di nuovo. Erano migliaia in realtà, le cose che m’interessavano. Vedere Midgar, viverla come mai avrei potuto fare. Stare con lui.
Ma avevo bisogno di una conferma, la più importante di tutte. Te …
 
- Va bene – annuì quindi lui, tornando a sorridere e grattandosi con una mano la nuca – Aspetta un attimo … - disse, quindi si alzò e lasciò la stanza
 
Tornò dopo qualche minuto, con in mano un piccolo fascicolo giallino
 
-Tseng e Angeal mi ammazzeranno se lo scoprono – ridacchiò, tornando a sedersi al mio fianco e abbandonando il plico sul letto in mezzo a noi - Ma credo tu intendessi queste, giusto? – chiese, aprendolo e mostrandomene il contenuto
 
Non guardai le schede. Seguitai a fissarlo assente, quasi catapultata in un’improvvisa, folle idea: Era davvero un adorabile cucciolo. Ed io ero … come lui.
Nel senso che, giocando, avevo potuto riconoscermi in quel ragazzo di campagna così scanzonato e sincero.
Il mondo che gli ruotava intorno era così immenso per lui! E, pensai, se avevo con me la console, potevo dimostrargli cosa sarebbe successo di lì a poco. Potevo… potevo salvarlo!
Lo so, era una pazzia pensare di salvare il personaggio di un videogame, ma … per me, in quel momento, fu come l’unico motivo plausibile per cui mi ero svegliata in quel mondo.
Ancora non riuscivo a capire, così come forse non riesco a farlo neppure ora che so che … devo solo ritrovarti.
Ma fu la prima speranza a cui mi aggrappai per non precipitare
 
-Mi stai ascoltando? –
 
La voce gentile di Zack mi riscosse. Lo guardai, e annuì con un mezzo sorriso. Quel pensiero mi aveva scosso, e lui doveva averlo notato
 
-Tutto okkey? – mi chiese, inclinando di lato la testa e sfiorandomi appena un braccio con la destra guantata di nero
 
Lo guardai, emozionata. Non era attrazione, neanche quella flebile vibrazione che mi facesti provare tu, tempo dopo.
Fu … emozione. Perché Zack era vero, di fronte ai miei occhi, e mi stava sostenendo con le sue mani forti. Sentii leggero il suo calore sul mio braccio, il suo tocco appena percepito sopra la stoffa leggera del mio pigiama.
Sorrisi, sciogliendomi
 
-Okkey- bofonchiai quindi, in risposta, annuendo per essere più convincente
 
Lui sorrise a sua volta, e mi consegnò la prima pagina del fascicolo, staccandola dalla graffetta che la teneva ancorata alle altre.
Sul foglio che mi aveva porto c’era una foto, quella del piccolo Rufus ShinRa assieme a sua madre e a suo padre
 
-Questo … - mi spiegò indicando l’uomo che stringeva le spalle di Rufus – è il presidente della Shinra Company, la società per cui lavoriamo io, Tseng, e tutti quelli che hai conosciuto. Quel bambino invece credo sia suo figlio … dovrebbe chiamarsi Rufus, o qualcosa del genere. Non ne sono sicuro, però. E, per logica, quella è sua madre. –
 
Annuì, sforzandomi di non sorridere di nuovo alla sua ingenuità.
Nel frattempo lui abbandonò la pagina al mio fianco e prese in mano la seconda. Quando vidi l’immagine che vi era stampata tratteni appena il fiato, inquieta, ma la presi ugualmente tra le mani.
 
-Questo invece … - mi disse con orgoglio – è il grande Sephiroth, l’eroe di SOLDIER. Io voglio diventare come lui, e lo sarò un giorno. – mi confidò, con gli occhi che gli brillavano
 
Guardai la foto, poi lui. “Si, lo sarai Zack!” pensai “Ma per me lo sei già adesso”.
Prese la terza scheda
 
-Questo è Angeal, il mio mentore. - mi disse, porgendomela – Fidati, mai farlo arrabbiar.! – scherzò, mentre la prendevo tra le mani e lo guardavo con un risolino – Però è un bravo maestro, sai? – aggiunse poi, fiero e malinconico
 
Mi venne in mente lo sguardo che avevo ricevuto poco tempo prima. E mi venne in mente Mary, la mia migliore amica che se n’era andata per sempre. Quante volte avevo pianto nel rivedere la scena della morte di Angeal.
E in quel momento mi venne quasi la voglia di rivelare a Zack ciò che sapevo. Ma mi trattenni. Dentro me, qualcosa mi disse che non era né il tempo, né la scelta più giusta.
Infine, quando Zack voltò la pagina per la quarta, il mio cuore perse un colpo, e mi portai una mano davanti alla bocca, incapace di respirare
 
-E questo è … -
-Genesis! – mormorai
 
Si, amore mio. Eri tu.
E per un istante durato secoli, la mia mente non fece che guardare quella foto, e le mie labbra ripetere senza voce il tuo nome, mentre la mano le copriva. "Genesis …"
Lo sai, che non mi stancherei mai di chiamarti. Come allora.
Zack mi guardò sorpreso, mentre io provai a sfiorare con la mano libera la tua immagine, ma non osai toccarla.
Era la conferma che cercavo. Se era vero che mi ero svegliata in quel mondo, allora era anche vero che … avrei potuto incontrarti.
Tu, quel SOLDIER che la mia mente aveva sognato chissà quante volte in chissà quanti contesti. Ti avevo visto in divisa, in abiti comuni, e anche senza. Ma sempre da dietro un maledetto schermo di un computer. Ti desideravo con tutta me stessa, ora. Dal vivo. E lo faccio ancora.
Perchè il sogno di Zack era SOLDIER, e il mio sei tu.
Mi tremarono le mani per l’emozione. Intanto, Zack continuava a guardarmi, confuso e sbigottito
 
-Chi sei …? – mi chiese quindi infine, senza riuscire a trattenersi
 
E io, guardandolo, risposi avventatamente con la menzogna più spudorata e salvifica che avesse mai potuto balenarmi in testa
 
-Rhapsodos … -  sperando di avvicinarti a me – Valery Rhapsodos. –
 
Ma subito dopo caddi in preda alla paura più folle,  chiedendosi senza riuscire a crederci: “Perché l’ho fatto?

 

Zack Fair

(...)
   
 
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