*Sesto tassello.
Core.
...e
all’improvviso sei di
nuovo qui.
I tuoi pensieri tornano tutti insieme riempiendo il vuoto,
veloci come un risucchio e rumorosi come una fanfara, così
disordinati e
sovrapposti tra loro da frastornarti la testa.
Chiudi gli occhi in preda al dolore. Ti stringi le tempie
tra le dita.
Colori, visi, voci, luoghi, cose… ma cosa…?
Respiri. L’aria prima entra, poi esce. Entra. Esce. Nella
tua testa i rumori si abbassano, smettono di martellare contro la
scatola
cranica. Fanno meno male rispetto a prima, rilassi la mente.
Apri gli occhi, e vedi fuoco. Fuoco ovunque. Le ginocchia
fanno male, sei a terra, accasciato sulle rotule, appena visibili oltre
i
pantaloncini anneriti di cenere e braci.
Ma cos’è questo posto… dove sei?
Chi sei…?
Ah, che domanda stupida: certo che lo sai chi sei. Tu sei…
sei… sei il grande Papyrus. Ma certo. Hai dieci anni e adori
collegare con la
matita i puntini della settimana enigmistica. Ma certo.
Appoggi le mani al suolo e le senti ardere: il pavimento
metallico è ustionante e annerito. Confuso, ti guardi
attorno: sollevi gli
occhi verso l’alto e ti accorgi che la sala in fiamme
è talmente alta che non riesci
a scorgerne il soffitto.
Non riesci a raccapezzarti di cosa sia quel posto, non lo
hai mai visto prima. Ceneri volatili si sollevano dal pavimento insieme
al
vento rosso delle fiamme, rendendo poco riconoscibile
l’ambiente: tutto brucia.
All’improvviso non ti importa più nulla di sapere
dove ti
trovi, quando i tuoi occhi incontrano una figuretta distante, di
spalle,
confusa dalle onde dell’aria surriscaldata. Non ti poni
nemmeno il problema di
chi sia, perché lo riconosci subito.
“SANS!”
Urli il suo nome, spaventato, e il crepitio dell’incendio
copre quasi del tutto la tua voce. Sta bene? Perché
è immobile? Cosa sta
guardando?
Sollevandoti su gambe tremanti corri verso tuo fratello, di
fronte a te, ignorando il fatto che alcuni pezzi di parete metallica
stiano
iniziando a crollare, cadendo dall’alto.
È seduto in ginocchio: la sua felpa grigia è
completamente
annerita, sembra quasi non respirare mentre con espressione atona fissa
di
fronte a sé, apparentemente ignaro dell’inferno
che lo circonda, con i suoi
occhi azzurri e luminosissimi accesi come fiaccole. Ah, no, in
realtà solo un
occhio è acceso, il sinistro, mentre l’altro
è nero come la cenere che ricopre
quella parte del volto. Non sai se è normale, se sia sempre
stato così oppure
no, ma ora non importa.
Cerchi di capire che cosa sta fissando, puntando gli occhi
nella direzione in cui sta guardando lui, e di fronte a te trovi un
precipizio;
per un secondo le vertigini ti scuotono, poi ti rendi conto che vi
trovate su
una specie di enorme piattaforma di metallo sospesa, e sotto di vuoi
c’è un
mare di lava ribollente.
“SANS! – lo chiami, e lo scuoti –
SANS!”
La sua espressione non cambia, non sembra nemmeno accorgersi
della tua presenza.
“COSA È SUCCESSO? DOVE SIAMO?”
All’improvviso sembra avere un sussulto, si volta verso di
te, mentre i suoi occhi grandi si riempiono di preoccupazione.
“Paps! Stai bene? Sei ferito?”
Ti afferra per le spalle e senti le sue mani stringerti le
clavicole, mentre fa correre la sua unica pupilla azzurra su tutto il
tuo corpo
per accertarsi che tu stia bene. Ma tu stai bene?
“Non… non lo so, non mi fa male niente.”
“Oh meno male…”
Le sue braccia ti circondano e ti stringe forte, senti le
sue ossa scuotersi, ti rendi conto che trema dalla testa ai piedi:
dalla sua
faccia capisci che è appena successo qualcosa di terribile,
ma non sai che cosa.
In realtà, pensandoci, non hai nessuna idea nemmeno di come
tu sia arrivato in quel posto, o tantomeno di cosa tu abbia mangiato
per
colazione stamattina – dov’eri
stamattina…?
Senti un nodo stringerti la gola sempre più forte mentre
questi pensieri ti riempiono la testa, e l’idea di una
misteriosa catastrofe
incombente ti riempie gli occhi di umida paura. Tuo fratello
è forte, è grande,
lui non si fa spaventare se non per qualcosa di gravissimo, tu non
l’hai mai
visto tremare così, esitare così…
Ti lascia andare e ti guarda ancora negli occhi con quella
sua faccia disperata, sembra star male, digrignando i denti si prende
la testa
fra le mani.
“…sta svanendo…”
Farfuglia.
“…sta scomparendo tutto… io
non… sta scomparendo!”
Tu non sai che fare, vorresti aiutarlo e vorresti capire di che accidenti sta parlando, gli afferri
i polsi e lo costringi a guardarti, intercettando i suoi occhi che ora
sembrano
tentare di aggrapparsi a fantasmi nel vuoto.
“Ma Sans… cosa
sta
scomparendo?”
Lui sembra fare uno sforzo immenso di concentrazione prima
di poterti rispondere, aggrottando le cavità oculari e
stringendosi una tempia
con le dita.
“Gas… Gaster. Lo sto dimenticando Papy, mi sta
scivolando
via…”
“Chi?”
“Gaster, nostro fratello!”
“Ma Sans io ho un solo fratello, e sei tu!”
Sans spalanca gli occhi e tu hai l’orribile impressione di
avergli tirato una coltellata al cuore, con le tue parole. Ma non ci
puoi fare
nulla… non hai idea di cosa tuo fratello stia farfugliando e
vederlo così ti fa
solo stare male. Con tuo sommo sconcerto due sottili rigagnoli di
lacrime
iniziano a scorrergli sulle guance.
“Cosa c’è Sans? Perché
piangi?”
Non ricordi di aver mai visto tuo fratello piangere.
“Sans!”
Balbetta qualcosa, ma non riesce a finire le parole perché i
singhiozzi lo soffocano. Si guarda in giro, si copre gli occhi con le
mani,
digrigna i denti e ti stringe ancora più forte sulla
clavicola, piegandosi in
due. Tu non sai che fare, non ci capisci più niente, il
posto dove vi trovate
sta cadendo in pezzi in preda alle fiamme e il tuo fratellone sta
crollando
ancora più rovinosamente delle mura di metallo.
Ti protendi in avanti, d’istinto, ti appendi al suo collo e
lo stringi forte, mettendoci tutta la tua anima. Non puoi vederlo
piangere
così, perché se continua a soffrire in questo
modo senti che il cuore si
spezzerà anche a te e inizierai a piangere anche tu, e lui
è l’unica persona
della tua famiglia e non esiste che nella famiglia del grande Papyrus
ci sia
qualcuno che stia così male.
Lo senti appoggiarsi sulle tue spalle con tutto il suo peso
e cerchi di consolarlo come meglio puoi, nonostante i suoi singhiozzi
sembrino
solo aumentare di ritmo.
“Sta scomparendo… - continua a farfugliare -
…non me lo
ricordo più, non me lo ricordo più…
è troppo tardi…”
“Dobbiamo uscire di qui Sans, o scompariremo anche
noi!”
Puntellandoti sulle ginocchia cerchi di rialzarti in piedi,
trascinando su con te anche Sans, che sembra aver perso la
volontà di spostarsi
di lì e magari di evitare di finire carbonizzato. Con
qualche sforzo riesci a
sollevarti tenendo il braccio di tuo fratello sopra tue le spalle,
facendogli
da stampella, e facendo lo slalom tra i pezzi di soffitto che cadono
sempre più
numerosi dal soffitto immerso nel fumo, inizi a zoppicare alla ricerca
di una
possibile uscita.
“AIUTO! AIUTATECI, QUI CROLLA TUTTO!”
Qualcuno deve pur essere rimasto, in quell’inferno in
rovina, per aiutare due ragazzini senza memoria, apparsi da nulla.
Apri la porta e riconosci l’appartamento dove vivi, ma
c’è
qualcosa di strano nell’aria.
Ti senti come se stessi tornando da un viaggio durato anni,
e quella che ti accoglie è sì casa tua, ma con
qualcosa di irrimediabilmente
diverso che vibra tra le mura: come se fosse stata abitata da persone
completamente altre da te fino a cinque minuti prima che tu tornassi,
ed entrando
la riempissi di nuovo con la tua memoria, ma, ormai, è
irrimediabilmente
diversa da quando ci avevi vissuto tu.
Con un brivido lungo la spina dorsale chiudi la porta alle
tue spalle e tuo fratello, arrancando dalla stanchezza, si va a buttare
sul
divano a faccia in giù, per poi rimanere immobile in quella
posizione tranne
che per il lento alzarsi e abbassarsi del suo respiro addormentato.
Avete avuto tutti e due una giornata terribile. Strana, e
terribile.
Arrancando con Sans sulle spalle sei stato capace di individuare
una porta, in quella sala infernale, e straordinariamente
l’hai trovata aperta:
fuori, l’immenso corridoio dello strano palazzo metallico in
cui vi trovavate
era deserto, ma c’erano delle luci rosse che lampeggiavano e
una sirena
straziante annunciava a tutti i mostri del circondario che qualcosa di
molto
pericoloso e distruttivo si era appena abbattuto nella stanza con il
lago di
lava.
Distrutto dalla stanchezza sei crollato di nuovo sulle
ginocchia, ma presto qualcuno è arrivato davvero a salvarvi:
un gruppo di
mostri in tuta da lavoro e con dei caschetti di sicurezza ben saldi
sulla
testa.
“C’è stata un’esplosione,
siamo in stato di emergenza! E voi
due da dove sbucate?” aveva chiesto un piccolo roditore dai
denti a punta e la
voce stridula.
“… non lo sappiamo nemmeno
noi…” avevi farfugliato tu in
risposta, e l’operaio facendo spallucce vi aveva accompagnato
in un bar lì
vicino per offrirvi qualcosa di corroborante prima di indagare sulla
vostra
famiglia e rispedirvi a casa sani e salvi.
La cosa più preoccupante, però, è
stata che quando ti ha
chiesto chi erano i tuoi genitori, la tua memoria ha iniziato a non
collaborare
più.
“Chi è vostra madre?” aveva chiesto la
talpa gentile, una
volta che eravate tutti e tre seduti al tavolo in quel piccolo locale
illuminato di luce elettrica.
“È morta. – Avevi risposto tu con
sicurezza – Quando ero
piccolo.”
“Oh… e vostro padre?”
“Noi non abbiamo un padre.” Avevi farfugliato,
confuso. Già,
confuso, perché anche se sapevi benissimo di non aver mai
avuto un padre, c’era
qualcosa di molto strano in tutta quella situazione.
“… ma allora con chi vivete, con uno zio, una
nonna?”
Ecco, quella era stata la domanda che ti aveva mandato in
crisi. Non ricordavi assolutamente nessuno tranne te e Sans. Tu andavi
a
scuola, e anche tuo fratello ci andava – eri andato a scuola
quella mattina…?
Proprio non riuscivi a ricordare – ed era impossibile che voi
due foste
cresciuti da soli. Almeno, eri assolutamente convinto che non fosse
così, dato
che era piuttosto strano che due ragazzini vivessero per conto loro e
sicuramente una cosa del genere te la saresti ricordata.
Eppure…
“…viviamo da soli… credo.”
Speravi che in qualche modo Sans venisse in tuo soccorso,
dicesse qualcosa che ti aiutasse a capire un po’ che diavolo
era successo, ma era
chiuso in uno stranissimo mutismo, così insolito per un tipo
ciarliero come lui:
se ne stava con la testa appoggiata sulle braccia, scoraggiato, e
sembrava
volersi trovare in qualsiasi altro luogo che non fosse lì.
“Se mi dite dove vivete, posso accompagnarvi a casa.
Così
potete farvi una bella dormita. Il Core a partire da questo momento
sarà chiuso
per riparazioni, quindi non andate più a curiosarci dentro!
Anche quando è
completamente operativo, comunque, non è posto per
ragazzini.”
E così, eccovi a casa, nel complesso residenziale delle
Hotland, in un piccolo appartamento vicino ai fiumi di magma.
Prendi una coperta, abbandonata disordinatamente sul
tappeto, e la usi per coprire tuo fratello sul divano, prima di
deciderti a
farti una doccia per levarti di dosso tutta quella fuliggine nera.
La casa è silenziosa, così a luci spente,
riscaldata da una
fioca luce che penetra orizzontale dalle imposte semi abbassate.
Ti sembra terribilmente vuota.
Al frigorifero sono appesi dei disegni, ma non li riconosci:
eppure li hai fatti tu.
Il piccolo bagno è tutto in disordine, e ti pare strano
pensare che sia una cosa normale, perché anche se tuo
fratello è un disordinato
cronico, sei convinto che una casetta così carina debba per
forza avere
qualcuno che la riordini qualche volta. Sono sempre i misteriosi ospiti
immaginari di prima, quelli che hanno vissuto lì dentro
mentre tu non c’eri,
che l’hanno lasciato così.
O forse, loro erano i veri abitanti della casa, e l’estraneo
sei tu.
Sei piombato in questo mondo come un fulmine a ciel sereno e
hai spazzato via loro, occupando la loro vita e cancellando tutto il
resto.
Questa sensazione orribile non viene lavata via dall’acqua
incessante della doccia, ma anzi inizia a scivolarti sulle guance con
essa,
bollente e dolorosa.
La
maestra, a scuola, ti chiede se ti
sei appena trasferito
nei quartiere.
Tutti i tuoi compagni ti guardano incuriositi, e tu senti
tutti i loro occhi magnetizzati su di te come se fossi uno strambo
magnete da
frigorifero. Tu riconosci tutti, riconosci anche la maestra, ma nessuno
sembrerebbe aver mai visto te. Avevi sperato che quella brutta
sensazione che
avevi avuto fin da ieri, dall’incidente nel Core, fosse stata
appunto solo una
tua impressione, e invece nel mondo c’è davvero
qualcosa di sbagliato: ora ti
rendi conto che, in effetti, è come se non fossi mai
esistito.
Come se tutto ciò che
tu sei stato prima dell’incidente fosse stato spazzato via.
“Ma io sono il grande Papyrus, vivo a Hotland da quando sono
nato, avevo tanti amici ed ero pure bravo a scuola… come
avete fatto a
scordarvi di me!?”
È andata a finire che sei scoppiato in lacrime sul tuo banco
– che vergogna – e la maestra ciclope ha passato
mezz’ora a consolarti,
pensando probabilmente che tu fossi solo un po’ strano e
avessi in testa una
grossa confusione. Tu ti sei asciugato le guance, ma la paura e il
dolore non
se ne erano andati via insieme ad esse.
Finalmente a ora di pranzo sei scappato via da lì
–
scappato, perché non sopportavi più di stare in
mezzo a quelle persone –
correndo più veloce che potevi verso casa, verso tuo
fratello, che era l’unica
persona che ancora ti sembrava normale in quelle ore impazzite.
Ora apri la porta di casa e ti affacci all’uscio, cercando
una
figura familiare e rassicurante nell’interno, e trovi Sans in
piedi in mezzo a
un gruppo di scatoloni pieni di oggetti, con una delle sue mille felpe
avvolta
intorno ai fianchi, parecchio indaffarato in qualcosa che in un primo
momento
non ti è molto chiaro.
“Sans! – lo chiami, sentendo il pianto nascerti
ancora nel
petto quando alza gli occhi su di te – Sans! Tu almeno ti
ricordi di me, vero!?
Non sei impazzito pure tu, vero!?”
Vedendoti sull’orlo delle lacrime scavalca con un balzo un
paio di scatole, ti si piazza davanti, piega le ginocchia per
raggiungere il
tuo livello e ti afferra per le spalle, guardandoti negli occhi con un
gran
sorriso.
“Ma certo che mi ricordo del mio fighissimo fratellino! Come
potrei mai dimenticarti?”
E poi ti stringe forte in un abbraccio rassicurante, che ti
fa passare all’istante qualsiasi residuo di tristezza che ti
era rimasta da
quella mattina. Cavolo, tuo fratello è il migliore. A volte
ti chiedi se
diventerai mai alto e forte come lui.
“Cos’è successo Paps? Ti va di
raccontarmelo?”
Gli racconti quello che ti hanno detto i tuoi compagni e la
maestra quella mattina a scuola, e Sans pare raccogliere quelle
informazioni
con una certa flemma, come se già si aspettasse di sentire
una storia del
genere. Pare pensarci un po’ su.
“Oh, cerca di non farci caso. Tanto adesso non ci dovremo
preoccupare più di queste cose.”
Entrate in soggiorno e tu, facendo lo slalom tra gli
scatoloni, ti rendi conto che normalmente Sans non avrebbe avuto il
tempo di
prepararli poiché di solito tornava a casa solo trenta
minuti prima di te, dato
che frequentava le scuole superiori.
“Che stai facendo fratello? Non c’eri quando mi
sono
svegliato. Non sei andato a scuola stamattina?”
“No.”
“Come mai?”
“Perché appena sono arrivato in classe mi
è successa la
stessa cosa che è capitata a te. Così sono
tornato a casa subito.”
Sei andato a frugare in credenza per vedere di trovare
qualcosa di buono da sgranocchiare per pranzo, ma aprendola la trovi
desolatamente vuota. Ti accorgi che anche tutti gli altri scaffali sono
vuoti,
e che ci sono due panini già pronti sul tavolo.
“Perché hai svuotato tutto, Sans?”
“Perché
sto facendo
le valige.”
“…e perché?”
“Perché domani ci trasferiamo, Paps.
“Cosa!?”
Ti giri verso tuo fratello e lo trovi in piedi a piegare
magliette sul divano, ti guarda, fa spallucce e torna al suo lavoro.
“Certo, cambiamo casa.”
“Ma perché!?”
“Beh, l’hai visto anche tu. Qui sono impazziti
tutti quanti,
la lava fa bollire il cervello alle persone, e diventano tutte delle teste calde, eheheh. Meglio che andiamo
a raffreddare un po’ i
pensieri da
qualche altra parte.”
Non sopporti quando fa le sue battutacce nel bel mezzo di un
discorso serio.
“Ma scusa, come farò con la scuola?”
“Ce ne sono altre anche nelle altre città, stai
tranquillo.”
“…e tu?”
“…io… mi sono davvero rotto le scatole
della scuola. Magari
mi troverò qualcos’altro da fare.”
“Sans!”
“Oh dai sai come sono fatto. Sono già
più avanti di tutti i
miei compagni in realtà, e in classe mi annoio e basta.
Potrei mettermi ad
aggiustare frigoriferi.”
“Ma Sans…”
“Papy, sai meglio me che non possiamo stare più
qui.”
Ti si teletrasporta davanti, appoggiandosi al tavolo. In
effetti ha ragione. Anche tu non desideri altro che andartene da quel
posto più
in fretta possibile, lontano da quella gente che dovrebbe sapere chi
sei e da
quella casa vuota, dagli echi di malinconia che rimbombano tra le sue
pareti
come il costante ricordo di qualcosa di perduto per sempre e che hanno
già
cominciato ad infestare i tuoi incubi.
Tuo fratello prende un panino dal tavolo e te lo porge,
sorridendo confortante.
“Non so bene cosa sia successo ieri, sto cercando di
capirlo, ma qualsiasi cosa sia ha sfasato il nostro mondo. Noi non
stiamo bene
qui, dobbiamo ricominciare da capo in un posto dove non ci conosce
nessuno,
lontano il più possibile da Hotland, ed essere felici di
nuovo. Va bene?”
“…e dove andremo?”
“Stavo pensando a Snowdin, vicino alle Rovine. Ti
andrebbe?”
Un pensiero felice ti si gonfia nella testa come un
palloncino colorato cancellando tutto il resto.
“Sì! Che bello! Non ho mai visto la
neve!”
Tuo fratello sorride ancora di più in risposta.
“Oh, lì ce ne sarà quanta ne vorrai. E
faremo un sacco di
pupazzi!”
“Evvai!”
Finalmente una bella notizia! Dopo questo discorso vi sedete
a mangiare tutti e due, parlando di quando sarà bella la
vostra nuova casa e di
quanto sarà lontano tutto quel caldo e quel vapore
fastidioso di Hotland. Ma
come avete fatto a vivere lì fino a quel momento e a non
scappare a gambe
levate anche prima, a solo un ascensore di distanza da quel mostro di
metallo e
fuoco che è il Core? Questi discorsi felici aiutano ad
attenuare lo spavento
che vi siete presi un giorno fa, e anche quel crescente senso di
disagio che vi
attanaglia le ossa ogni secondo di più che passate tra
queste mura.
Piccolo Papyrus, Sans non ha avuto il cuore di dirti che,
con i soldi che avete in casa, non potreste permettervi di vivere in
questo
complesso residenziale carissimo per più di due mesi prima
di finire per
strada. E non ti ha detto nemmeno che forse qualcosa l’ha
capito, di quello che
è successo ieri in quella camera divorata dalle fiamme, ma
sarebbe troppo
orribile da ascoltare e un ragazzino vispo e felice come te di certo
non ha
bisogno di sentire certe cose brutte. Non ti ha detto dei progetti che
ha
trovato tra le carte dello studio, delle domande che ha fatto a
metà degli
abitanti di Hotland e persino al re questa mattina, chiedendogli di me.
Non ti ha più parlato di me.
Forse non l’ha fatto, più che per proteggerti, per
salvare
se stesso dalla disperazione. Ma probabilmente è meglio
così, almeno non sarai
costretto a sentire la mia mancanza.
L’indomani
mattina sei in
partenza insieme a tuo fratello,
con un carrellino di legno pieno di tutte le cose che potete portare
con voi
fino alla vostra nuova città ed il cuore pieno di speranza.
Nessuno vi saluta
mentre ve ne andate, nessuno ricorda il vostro viso: questo posto non
vi appartiene
più.
Trotterellando per la via ti accorgi che qualcosa sfugge
dalla tasca di Sans e svolazza via, senza che lui se ne accorga: con
uno scatto
corri a recuperarlo.
Anche lui sorride; forse non l’hai notato, ma una strana
luce gli brilla negli occhi: non ha nessuna intenzione di abbandonarmi
e sta
già pensando a dove recuperare il materiale per costruire la
macchina che gli
servirà venirmi a salvare. È davvero brillante,
anche se si vergogna così tanto
ad ammetterlo. Ce la farà? ...
Guardi l’oggetto che hai raccolto dal suolo umidiccio,
è uno
dei disegni che hai fatto tu, e che prima stava appeso al frigo della
vecchia
casa: siamo noi tre, anche se per te adesso non ha più
nessun significato.
Lo restituisci a Sans, e lui lo fa sparire in un secondo
nella larga tasca della felpa, ringraziandoti.
So che non sarà facile, ma potete farcela, siete forti.
Fratellini miei.
*In ogni caso, eccomi qui con il sesto tassello.
*Spero che vi sia piaciuto, anche se è un po' malinconico.