Storie originali > Soprannaturale > Vampiri
Segui la storia  |       
Autore: EllynPhilips    13/07/2016    1 recensioni
Azalea è un'antichissima città isolata dal resto del mondo e invisibile agli occhi di coloro che non vi abitano : è quasi impossibile trovarla se non si è a conoscenza della sua esatta posizione.
Prisca Cavendish appartiene a una delle Quattro famiglie più antiche e potenti della città; fin da piccola lei e gli altri ragazzi delle famiglie sono stati addestrati per proteggere Azalea e tutti i suoi abitanti da una minaccia a Prisca sconosciuta.
Tutto inizia a cambiare quando suo padre le annuncia di aver stretto un accordo con il capo famiglia Driskoll : si legherà a suo figlio il più presto possibile. La ragazza aveva sognato quel momento fin da piccola, ma dopo 10 anni il loro rapporto non è più lo stesso, adesso lui la odia e Azura, la sua migliore amica, è segretamente legata a lui.
Prisca si rende conto che l'unica scelta che le rimane per non incatenare se stessa e i suoi amici a un'eternità infelice e vuota è solo la fuga.
Ma ad Azalea fuggire da una promessa del genere significa solo una cosa : morte.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Arrivarono presto a destinazione, e presero gli zaini che avevano portato sull'aereo. Sempre con lo stesso inganno usato per non far allarmare gli umani del contenuto, se li erano portati a bordo.
Essere vampiri era un vantaggio. Per una volta ne fu felice.
Era sera quando, a Parigi, trovarono un posto dove dormire.
Girarono per la città sotto la pioggia, quando trovarono una piccola locanda nascosta tra i vicoli di Parigi. Bussarono alla porta, che si aprì scricchiolando. Un uomo basso e grassoccio gli aprì la porta.
- Oddio! Entrate, entrate, non state sotto la pioggia a bagnarvi. -
Diede loro degli asciugamani per asciugarsi, e gli fece accomodare al balcone. - Posso offrirvi qualcosa? -
- Un bicchier d'acqua lo berrei volentieri. - disse lei in un francese perfetto, strofinandosi i capelli con l'asciugamano.
- Anche io. - disse Constant.
- Allora, che ci fate da queste parti? -
- Stavamo cercando un posto dove dormire. Qui fuori c'era un'insegna. -
- Oh si, ho proprio l'ultima camera libera. - disse controllando un libricino. - Vi costerà più delle altre perchè è la più grande, ma vi farà piacere sapere che anche i prezzi sono di gran lunga minori che negli hotel. -
- I soldi non sono un problema. -
- Quanto avete intenzione di restare? -
Prisca guardò il suo amico.
- Due, tre notti massimo. - rispose Constant.
- Pagate in contanti? -
Annuirono, ovviamente. - I contanti sono il mezzo preferito per pagare dalle persone che passano di qui. - fece notare lui.
Loro non dissero niente. Che c'era da dire? Un posto nascosto tra i vicoli, lontano da sguardi indiscreti... Ovviamente non ci andavano certo persone comuni.
Il signore gli accompagnò fino alle scale, che si trovavano dietro una porta infondo alla stanza bar. Salirono le scale, attraversando tutti i corridoi per vedere quale fosse la loro camera. Arrivarono fino al penultimo piano, ma il numero delle camere si fermava a 49. Così salirono anche l'ultimo piano. Il corridoio era immerso nell'ombra, ma poi le luci si accesero all'improvviso.
Prese il coltello dallo stivale, e si girò, pronta all'attacco.
- Ma che fai? - chiese Constant. Era fermo dietro di lei e la guardava come se fosse pazza.
- Hai acceso tu le luci? -
- No. -
- E allora chi è stato? -
- C'è un sensore. - disse ridendo.
- Un sensore? -
- Si. Quando passi le luci si accendono automaticamente. -
- Uhm. - Falso allarme.
Le si avvicinò, levandole il coltello e rimettendoglielo nello stivale. - Mi sa che sei un po paranoica. -
- No, assolutamente! -
- Non è che qualcuno spunta da dietro un angolo pronto ad ucciderti. - disse. - Dai andiamo. -
La prese per mano e, dopo aver aperto la porta, ce la tirò dentro.
Pur non essendo un hotel a cinque stelle, la stanza era piuttosto accogliente, e parecchio grande, molto più delle precedenti in cui erano stati. Aperta la porta c'era un ingressino. La prima porta sulla destra portava al bagno, poi, proseguendo il corridoio, si giungeva a un altra stanza ampia. Era buio, ma dalla grande parete di finestre giungeva la luce della luna che illuminava la stanza. Sulla sinistra c'era un letto matrimoniale in legno, con due comodini sui lati. Poi, dalla parte opposta, un divano e una tv. Un momento...una parete fatta di finestre? Troppo scoperta! Andò subito ad abbassare l'avvolgibile. Piombarono nel buio.
- Questa stanza... è troppo esposta. -
- Un po. Ma non sarà per molto. E' solo una cosa momentanea. -
Si buttò sul letto, portando le mani dietro la testa. - Una cosa momentanea... Sarà sempre così, vero? Saremo sempre di fretta, cambieremo luogo ogni due giorni. Non potremo stare stabilmente da nessuna parte... Sarà sempre una cosa momentanea! - Non ce la faceva già più. Non aveva voglia di scappare ogni giorno della sua eterna vita. Lei non era una che scappava, di solito affrontava i problemi, li superava. E a guardarla ora sembrava la solita codarda di turno. Portò le mani al viso. Non ce l'avrebbe fatta. Ne era sicura.
- Lo sapevi a cosa andavi incontro quando hai deciso di scappare. -
- Non lo so... Non ci ho mai riflettuto veramente a fondo. E' stata più una cosa dettata dall'istinto. Non ho mai pensato realmente a cosa fare, dove andare.. Sapevo solo che non potevo restare li. -
- Ed è proprio l'istinto che devi seguire. Quello non sbaglierà mai. -
- Ma se già non ne posso più! Perchè accidenti devono seguirci? Non possono semplicemente lasciarci in pace? -
- Magari... ma lo sai come siamo fatti. -
- Io non avrei fatto una cosa simile. -
- E' la legge.-
- Ma perchè scappare? Non possiamo semplicemente farci prendere e lasciar perdere tutto? -
- Ma sei impazzita? - disse lui scrollandole le spalle. - Che cosa dici? -
- Hai capito. Basta. Non voglio scappare. -
- E vuoi combattere? E' questo che vuoi? Quattro contro due? -
- Non ho intenzione di combattere. Non diventerò un assassina come il resto di noi! Non ho intenzione di uccidere nessuno, tanto meno delle persone che conosco e a cui voglio bene. -
- Quindi resterai ferma fino a quando non ti troveranno e ti uccideranno loro? -
Non rispose. Infondo non era mica una brutta idea. La prospettiva di un eternità in fuga non era allettante, e nemmeno vivere col rimorso di aver ucciso un intera famiglia di persone care, dell'uomo che ama...
Lo sguardo di Constant si indurì all'improvviso, come se avesse preso una decisione. Prisca non era sicura di volerla sapere. Non le sarebbe piaciuta, sicuro.
- Non te lo permetterò. -
Appunto.
- Che cosa? -
- Hai sentito. Non ti permetterò di farti uccidere, a costo di portarti in braccio, tra due giorni ce ne andremo, e poi cambieremo ancora posto, e ancora, ancora. -
- Non puoi obbligarmi. -
- Prisca.. ti prego. Non puoi farmi questo. - la supplicò.
- Farti questo? -
- Non puoi lasciarmi. Non te lo permetto. -
- Io...- Non sapeva che dire. - Tu...non puoi metterla in questo modo. -
- Si che posso. Sono venuto con te, perchè restare la non aveva senso. E ora mi dici che vuoi lasciarmi. Cosa dovrei fare? Stare fermo mentre la mia migliore amica si fa uccidere? E aspettare poi il mio turno? -
- Certo che no. Tu te ne andrai, e vivrai la tua vita. Ti lasceranno in pace. -
Aveva detto migliore amica? Lo pensava davvero? Certo, erano entrati davvero molto in confidenza, ma non pensava lui la ritenesse tale.
- Prisca..- pregò ancora. - Non è passata nemmeno una settimana. Non puoi già arrenderti. -
- Non voglio essere una codarda e scappare continuamente. -
- Lottare non vuol solo dire uccidere, ma anche restare in vita. Lottare per la propria sopravvivenza. Noi stiamo scappando, stiamo lottando per la vita, e non è da codardi. E' la cosa più onorevole da fare. Abbiamo avuto l'onore di questa vita, molti umani, e i nostri, sono morti, loro non hanno avuto un altra occasione. Chi sei tu per buttar via così la tua vita? Certe persone farebbero di tutto solo per avere dei giorni in più! E tu te ne freghi in questo modo! -
Aveva ragione. Ma che accidenti le era saltato in mente? Aveva dannatamente ragione.. E non aveva pensato minimamente a quello che lui provasse. "Certe persone farebbero di tutto solo per avere dei giorni in più" Le persone...o i loro familiari. Era sicura che Constant avrebbe dato tutto pur di passare un altro giorno con i suoi genitori.
Si alzò dal letto e lo abbracciò, posando la testa sul suo torace. - Hai ragione, scusami... -
Lo sentì sospirare, poi le sue braccia la cinsero. - Non dire più che vivere o morire è uguale. -
- Non lo dirò più. -
- Mi prometti una cosa? -
- Che cosa? -
- Se mai ci raggiungessero, e arrivasse il momento di combattere, prometti di lottare, di fare il possibile per sopravvivere? -
- Prometto. -
E proteggerò te, a costo della mia vita. Questo lo promise a se stessa.


Decisero di fare un giro per la città. Infondo nessuno dei due aveva mai visto parigi, tranne che in foto. Era molto più bella dal vivo che nelle scialbe foto dei loro libri. Parigi era...magnifica. E la Tour Eifelle? Spettacolare. Andarono persino a vedere Pont du Gard in Provenza. Quando lo vide se ne innamorò. Era semplicemente bellissimo. Le arcate scolpite con così tanta cura erano superbe.
Videro anche Notre Dame De La Garde, e no, quando ci entrarono la chiesa non prese fuoco.
- Stavo pensando...- disse Constant mentre passeggiavano tre le strade Parigine. - Se stasera andassimo in un posto a divertirci? -
- Che posto? -
- Vedrai! Hai per caso un vestito carino da mettere? -
- Carino... Il termine carino è molto ampio. Carino come? -
- Tipo quello. - disse indicando una ragazza poco lontano da loro.
Aveva scarpe col tacco dannatamente alto, una mini borsetta, e un vestito cortissimo che ricopriva a malapena le cosce.
Quella ragazza era vestita esattamente come le ragazze con cui Camron passava il suo tempo..
- Dovrei vestirmi da battona? - disse sgranando gli occhi.
- E dai! Non sei mai stata in discoteca? -
- No. -
- Come no? -
- Perchè? Tu si? -
- Qualche volta. -
- E dove? -
- Dove? Nella nostra città! Mi dispiace dirtelo, ma c'è una discoteca, si. -
- Fai sul serio? -
- Non è mica colpa mia se non l'hai mai vista. -
- Quindi vuoi andare in discoteca... -
- Ti va? -
- E andiamoci! -
Per una sera poteva farla un eccezione.
- Si?- disse lui felice.
- Certo. Però prima andiamo a fare compere! - disse prendendolo per mano, e tirandolo verso un negozio poco lontano da loro.
- Dimmi che stai scherzando. -
- Assolutamente. Non ho niente da mettere, quindi....-
Entrarono in un negozio, all'apparenza piccolo, ma dentro era enorme. C'erano persino diversi divani posti qua e la per il negozio.
Individuò il reparto donna e si diresse verso i vestiti neri. Constant la seguì.
- Questo? - disse, mostrandoli un vestito che le arrivava sotto il ginocchio.
Lui lo guardò di sfuggita, poi le lanciò un altro vestito. - Provati questo, va. -
Entrò nel camerino più vicino, si spogliò e si infilò il vestito che gli aveva dato. Le aderiva perfettamente al corpo, forse era un po troppo stretto per i suoi gusti, ma poteva andare. La schiena era parzialmente scoperta, non tanto da sembrare pacchiana o volgare, anzi, dava al vestito qualcosa di elegante. La cosa che invece non andava era la lunghezza del vestito. Le copriva a malapena le cosce! Se fosse salito un po più in su, le si sarebbe scoperto il sedere.
- Assolutamente no! - disse uscendo dal camerino.
Constant era seduto su una poltroncina davanti al camerino da cui era uscita lei, e sentendola, alzò lo sguardo. - E' perfetto! -
- Stai scherzando, vero? -
- Certo che no. -
- Ma... Ma è cortissimo! -
- Quello lo chiami cortissimo? Forse non hai visto certi vestiti.... -
- Si,si ok. Ho capito. - Non voleva certo sentirlo parlare di ragazze mezze nude. Quel vestito le ricordava già troppo le simpatiche e bellissime vampire della sua città. Ci mancava solo che lui ne parlasse. - Se la smetti lo prendo. -
- Bene. -
Tornò nel camerino, e si rimise i suoi soliti vestiti. Stava andando verso la cassa, quando un paio di scarpe attirarono la sua attenzione. Non era mai stata un tipo da tacchi alti, o da scarpe basse. Lei indossava maggiormente stivali, ma quelle scarpe sembravano dirle "Comprami". Chi era lei per non farlo?
- Aspetta un attimo. -
Si diresse verso le scarpe, e se le provò entrambe. Era il numero perfetto, e le stavano divinamente.
- Carine le borchie. - disse Constan che nel frattempo le si era avvicinato.
- Hai visto? - Erano proprio...fighe. - Bene, le prendo. -
- Ma sei sicura? Non sono un po troppo...alte? -
- Naaaah. Guarda, sono alta come te! - disse posizionandosi vicino a lui.
- Attenta che inciampi. -
- Ho un equilibrio impeccabile. -
Comprò tutto ed uscì dal negozio.
- Ti metterai quelle scarpe stasera? -
- Stai scherzando? E dove potrei mettere il mio pugnale? -
- Allora perchè le hai prese? -
- E' stato amore a prima vista, che vuoi farci? -
- Proprio non la capisco questa fissazione di voi donne per le scarpe. -
- Ma io non sono fissata. Solo che queste scarpe dicevano "Comprami, comprami". -
- Certo... -
- Allora.- disse prendendolo a braccetto. - Tu hai già la roba per stasera? -
- A noi ragazzi basta una maglietta e un paio di jeans, e siamo pronti. -
Tornarono alla locanda prima di cena, e salirono in camera.
- Ci prepariamo, mangiamo qualcosa e andiamo? - propose Constant, appena entrati in camera.
- Ok. -
Prisca andò nel bagno a cambiarsi. Si infilò il vestito, si raccolse i capelli in una coda alta e si mise un velo di trucco. Guardandosi allo specchio, potè notare che i suoi occhi sembravano più grandi e profondi del solito. Solo una volta gli aveva visti così intensi. Il giorno del legame, quando era scappata, i suoi occhi, velati dal trucco nero, le erano sembrati più grandi e profondi del solito, magnetici.
Uscì dal bagno senza pensare più a quel giorno. Un altro po e avrebbe ripensato a Camron, e non poteva permetterselo. Sarebbe scoppiata.
Constant era già pronto, e l'aspettava seduto sul letto.
- Andiamo? - disse dopo essersi messa gli stivali, e collocato il coltello al solito posto.
Alzò la testa verso di lei, e i suoi occhi si illuminarono. - Stai benissimo. - sussurrò, guardandola in un modo strano, che lei non seppe spiegarsi.
- Anche tu. - E in effetti era vero. Aveva una camicia bianca a maniche corte, leggermente sbottonata sul petto, che metteva in risalto i muscoli delle sue braccia. - Hai preso tutto? Un arma? - chiese subito dopo, spezzando il silenzio che si era formato.
- Si. -
Scesero al piano di sotto, e lo trovarono più pieno del solito. Evidentemente tutti i clienti della locanda erano scesi a cenare.
- Io prendo un tavolo, tu ordina. -
- Tu ordina, io prendo un tavolo. - disse lui, sorridendo.
- Dai, ordina tu. - disse battendo le ciglia. - Dai. -
Alzò gli occhi al cielo. - Che prendi? -
- Solo un cappuccino. - disse, e dopo avergli dato un bacio sulla guancia, gli fece una linguaccia, andando a cercare un tavolo.
- Stai attento alla tua ragazza. - sentì dire al proprietario della locanda a Constant.
- Alla mia ragazza? -
- Si, quella che se n'è andata ora. -
- E perchè? -
- Non c'è gente molto raccomandabile qui. -
Non sentì altro, perchè si girò improvvisamente, fermando la mano di un tizio che stava per toccarla. Lo guardò male, e fece per andarsene, ma sentì di nuovo la mano sul suo fondoschiena. Allorché, si arrabbiò e si girò, dandogli uno schiaffo. - Riprovaci e te la taglio. - ringhiò.
- Oh, fidati. Sa cavarsela da sola. - sentì dire al suo amico.
- E dai tesoro, non fare così. Il tuo amico non vuole condividerti? - disse indicando Constant con la testa, che, dopo aver finito di parlare con il proprietario,
si stava avvicinando a loro.
- Come scusa? - - Hai capito bene. Voglio scoparti anche io, non può tenere per se un giocattolino del genere. - Allungò una mano, accarezzandole i capelli. Questo era troppo.
- Non ti azzardare a toccare i miei capelli, stronzo -
Poi, in pochi secondi Prisca afferrò il braccio del tizio mezzo ubriaco e glielo storse dietro la schiena.
- Un altra piccola pressione qui,- disse piegandogli la mano. - E ti spezzo il braccio. Vuoi provare? -
Lui scosse la testa, cercando di liberarsi, invano.
- Chiedi scusa. - gli disse.
Lui borbottò qualcosa.
- Non ho sentito, puoi ripetere? -
- Scusa! - urlò allora lui.
Così lo lasciò, dandogli una piccola spinta, che lo fece finire a terra. - Vedi? Non ci voleva poi tanto. -
Constant la guardava sorridendo. - Sei stata grande. -

"E' troppo facile con loro." gli inviò. Dato che la gente nella sala non la smetteva di fissarli, chiese. - Che avete da guardare? -
E tutti tornarono alle loro cose, forse, avendo paura che lei potesse umiliare loro come aveva fatto con quell'uomo mezzo ubriaco.
Un cameriere portò le loro ordinazioni e se ne andò senza dire niente.
- Tu che hai preso? - chiese iniziando a sorseggiare il suo cappuccino.
- Una cioccolata calda. - e si portò la tazza alla bocca.
- No! Fermo! -
- Che c'è? Che è successo? -
Indicò la tazza. - Passamela un attimo. -
Lui gliela passò senza fare domande, ovviamente non capendo perchè lo guardasse così agitata. Prese la tazza e se la portò alle labbra. - Davvero buona. - disse dopo averla assaggiata. - Credo proprio che la prossima volta ne prenderò una anche io. -
- Mi hai fatto quasi prendere un colpo solo perchè volevi assaggiare la mia cioccolata calda? - fece lui guardandola con un sopracciglio alzato, chiaramente divertito.
- Beh dai, ne è valsa la pena. -
- Per te. -
- Ti do un po del mio cappuccino per farmi perdonare. -
Constant sbuffò, però non rifiutò.
Dopo aver bevuto, Prisca andò al bancone a pagare, e, poco lontano da lei, l'uomo di prima continuava a fissarla. Lei fece altrettanto, guardandolo malissimo, e funzionò, perchè l'uomo, già chiaro di suo, sbiancò di più, se possibile.
- E dai, piantala. Lascialo stare. - disse Constant prendendola per mano e portandola fuori dalla locanda.
Un arietta fresca gli investì, procurandole dei brividi. Non era freddo, era una piacevole serata.
- Era lui che mi fissava. -
- L'hai già impaurito, credo difficile che provi a ritoccarti. -
Sbuffò. - Gli conviene. -

- Oh, non ne dubito! - - Allora...dov'è questo posto? -
- Non troppo lontano da qui. -
Camminarono per una decina di minuti, poi lui si fermò. Alla loro sinistra, dall'altra parte della strada, c'era un locale con luci intermittenti. Prisca riusciva a sentire la musica fino a dove si trovava.
- Andiamo? -
- Ok...- disse poco convinta.
Davanti all'entrata c'era un uomo grande, grosso e molto alto che non le tolse mai gli occhi di dosso. Ma che avevano questi umani? Erano in piena crisi ormonale a tutte le età?
- Venti a testa. - disse. - Ma per te tesoro, potrei fare un eccezione. - disse strizzandole un occhio.
Prese 50 euro e li posò in mano all'uomo. - Tieni il resto. -
Dopo essersi messo la banconota in tasca fece un timbro ad entrambi. Prisca si guardò la mano. Il timbro stava già iniziando a sbiadire.
- Hai visto? E' già sparito! - esclamò a Constant mentre stavano attraversando un corridoio fatto interamente di luci.
- Certo che è svanito. -
- Ma..ma così presto? -
- Come si rimarginano le ferite, così i timbri, i tatuaggi...-
- Anche i tatuaggi? -
- Si. -
- Ma Sei sicuro? -
- Si. -
- Quindi non potrò mai farmi un tatuaggio! -
- Non credo. Io ci ho provato, ma niente. -
- Uffa! - E lei che sperava che almeno i tatuaggi restassero. Gli sarebbe piaciuto farsene fare uno, ma i tatuaggi, come i pircing sparivano subito. Che cosa trise.
Un Tum Tum Tum assordante le perforò letteralmente le orecchie quando arrivò nella sala centrale stracolma di gente che ballava. Più che ballare saltavano come pesci fuor d'acqua. Impazziti per la carenza d'ossigeno, beh, poteva capirlo. In quell'appiccicume di corpi e odore di chiuso non respirava bene lei, figurarsi gli umani!
- Ma c'è sempre così tanta afa? -
- Questo è solo l'inizio. La serata è appena iniziata, vedrai tra qualche ora! -
- Qualche ora? Dobbiamo stare qua tutta la notte? - Già non ne poteva più. Evidentemente non era tipo da discoteca. Non sapeva nemmeno se sapeva ballare. Era sicura di no.
- Di solito funziona così. Entri tardi, esci la mattina. Se vuoi possiamo andare via prima, non siamo costretti a stare qui tutta la notte. -
- Quando non avrò più voglia ti farò un fischio. - Promise.
Constant le sorrise e prendendola per mano la condusse nella mischia.
- Ma anche da noi c'era questo odore e questa afa? -
Ne dubitava. Loro non sudavano. I quasi vampiri un pochino, soprattutto quando si impegnavano molto, o durante gli allenamenti, ma, a confronto loro, gli umani grondavano sudore. Come delle cascate...ok, forse un po di meno.
- Per fortuna no! - esclamò lui ridendo. - Nelle nostre discoteche, si sente solo la presenza di corpi accaldati, niente in confronto a questo.-
Appunto.
Constant iniziò a muoversi a ritmo della musica. Dovette ammettere che non era niente male sulla pista. Lei non sapeva da dove partire. Si guardò intorno un po incerta, cercando una ragazza da imitare. Vicino a lei c'era una ragazza che saltava come un canguro, muovendo le mani e scuotendo la testa. Troppo pazza per i suoi gusti.
- Non pensarci troppo - le sussurrò Constant prendendole la mano a tirandola vicino a lui.
Non pensarci troppo...Semplice per lui. Lui sapeva ballare. - Non si può non pensare.
- - Ascolta la musica e basta.
- E lei lo fece o almeno ci provò.
Iniziò a copiare le mosse di una ragazza che era poco lontano da lei, e che sapeva muoversi, altro che la cangura pazza.
- Come fai? - disse lui dopo un po.
- A fare? -
- A muoverti così..-
- Così come? -
- Sei troppo..provocante. -
- Stai scherzando?! Io non so ballare questo genere di musica... Stò solo copiando quella ragazza la. - disse guardando nella sua direzione.
Lui seguì il suo sguardo, posando gli occhi sulla bionda vestita di bianco vicino a loro. - Non si direbbe proprio. -
- Te l'ho detto, non sono...-
- Perchè balli molto meglio di lei. -
- Non prendermi in giro! - disse coprendosi la faccia con le mani. Si vergognava come una pazza, menomale che era buio, altrimenti avrebbe visto ancora meglio la sua faccia rossa come un peperone.
- Non stò scherzando, guarda. - disse indicando qualcosa dietro di lei. - Ti stanno sbavando dietro. -
Si voltò. C'era un gruppo di ragazzi che le lanciavano occhiatine ogni due secondi, come se niente fosse. Se cercavano di fare gli indifferenti non stava funzionando molto bene. Constant aveva ragione. La stavano letteralmente mangiando con gli occhi.
- Non è colpa mia se non hanno mai visto una ragazza così attraente come me. - disse scherzando.
- Eh già, poverini. Vagli a dire qualcosa. -
- No! Ma che dici? -
- Guarda che ci rimangono male. - disse con un sorriso stampato sulla faccia.
Gli fece una linguaccia.
- Vado a prendere qualcosa da bere, tu continua a ballare, faccio presto.-
- Vabene. -
Gli diede un bacio sulla guancia. - Non voltarti subito, ma quella rossa alla tua destra ti ha guardato per tutto il tempo. Divertiti!- disse prima di andare, facendogli l'occhiolino e dandogli una piccola spinta verso la ragazza.
Sperò lo facesse davvero.
Arrivare al bancone dove servivano da bere fu un impresa, ma alla fine riuscì ad uscire dalla massa e sedersi su una sedia al bar. - Che prendete? - gli chiese il barista.
Si accorse in ritardo che, accanto a lei c'era la rossa che poco prima stava fissando il suo amico.
- Un americano. - disse lei.
- Anche io. - Qualunque cosa fosse. Sperò fosse buona.
- Arrivano subito. -
- Sono Megan. - si presentò la ragazza dandole la mano.
- Sharon. - mentì.
- Allora...il ragazzo con cui stavi ballando...-
Ecco cosa voleva. - Nono! E'solo un amico.- disse Prisca ridendo.
- E' libero? -
- Sicuro.-
- Non ti dispiace se te lo rubo per un po? -
- Per niente. -
- Grazie! - disse saltando letteralmente dalla sedia e abbracciandola. - Scusa. - e se ne andò.
Mah...proprio strani gli umani. Che aveva detto di così eclatante? Forse era un po attratta da Constant, ma saltare sulla sedia dalla felicità? Vabè, contenta lei.
Si diresse verso l'uscita posteriore a prendere una boccata d'aria intravedendo la rossa che, speranzosa si avvicinò a Constant.
"Dalle una possibilità e divertiti. Ci vediamo tra 10, 15 minuti. Vado a prendere una boccata d'aria" gli inviò. Detto questo, aprì la porta e uscì. Un arietta piacevole e pulita le solleticò il viso. Si sentì subito meglio.
- Hai da fumare? - chiese un ragazzo poco lontano da lei, che non aveva notato per niente quando era uscita. Strano. Di solito notava e sentiva tutto.
Si girò. Un ragazzo, più o meno di dieci anni più grande di lei, la guardava in attesa di una risposta. - Oh. No. Non fumo, mi dispiace. -
- Fa nulla.- disse, alzando le spalle. - Che ci fai qui tutta sola? -
- Mi serviva una boccata d'aria. Li dentro non si respira. -
- Già, hai ragione. -
- Ci vediamo. - mise una mano sulla porta, pronta ad entrare, quando si sentì tirare indietro, così si girò. - Che c'è? -
- Non mi dai nemmeno un bacio? -
- Che cosa? -
- Hai capito. - disse avvicinandosi e fissandola da capo a piedi.
Lei non si mosse. Che doveva fare? Cercò di essere gentile. - Io...ho un ragazzo. Mi spiace. -
- Ora però non c'è, e sei qui tutta sola. - Ora era troppo vicino per i suoi gusti.
- Ho detto di no, lasciami. -
- Brutta puttana! - urlò in preda alla rabbia, aumentando la pressione sul suo polso.
La sentiva a malapena. Era come solletico per lei.
- Senti, lasciami ok? - disse con un sorriso d'incoraggiamento. Sperava tanto che l'ascoltasse. Non voleva certo passare alle maniere forti. Non era il caso, ne il momento adatto.
- Altrimenti? -
- Altrimenti - disse improvvisamente seria, con la voce piatta. - Ti farai male. -
- Ti conviene darle retta, non stà scherzando. - disse una voce alle sue spalle, chiaramente divertita.
   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Vampiri / Vai alla pagina dell'autore: EllynPhilips