Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: hinata 92    14/07/2016    8 recensioni
Kaito Kuroba, alias Kaito Kid, è un abile prestigiatore, si sa... ma se fosse anche qualcosa di più?
Cinque anni di inspiegabile ritardo per una lettera che gli cambierà la vita, consegnatagli di persona da un misterioso Silente legato da un Voto Infrangibile di tanti anni prima... quale segreto nasconde il preside, che vuole a tutti i costi nascondere ai mangiamorte ancora in circolazione l'esistenza di Kaito?
Quale sarà il destino di Kaito, passato suo malgrado dai trucchi di prestigio alla magia vera? Riuscirà a vendicare suo padre distruggendo Pandora, la pietra della vita eterna, che nel mondo magico è chiamata più semplicemente... Pietra filosofale?
E se fosse arrivato troppo tardi?
Ripercorriamo insieme i libri del più famoso mago di Hogwarts da un punto di vista completamente nuovo!
Genere: Avventura, Comico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Fred Weasley, Harry Potter, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Un’infinita giornata d’attesa

 

Kaito entrò nella Sala Grande stiracchiandosi. Era in netto ritardo, tutta la tavolata di Grifondoro era già seduta e nel pieno della colazione. Ginny lo accolse con un sorriso.

«Ancora problemi col fuso orario?»

«Un pochino, come sempre, ma fra un paio di giorni sarà tutto risolto. Allora, novità?»

La ragazza gli porse un plico: «Aoko stamattina era carica di posta per te.»

«Poverina…»

Il ragazzo sfogliò svogliatamente la sua posta. C’erano la Gazzetta del Profeta, il suo giornale giapponese, una lettera dalla mamma che gli chiedeva com’era andato il viaggio, ma furono le ultime tre buste ad attirare la sua attenzione. Aprì la prima.

 

Il signorino Saguru Akuba è stato riportato alla stazione di King’s Cross. È in buone condizioni di salute, la sua memoria è stata cancellata dal Ministero ed è convinto di averti perso di vista fra la folla dei viaggiatori prima di vederti attraversare la barriera. Gli è anche stato fatto credere di aver avuto un leggero calo di zuccheri, e che quindi abbia perso i sensi per un po’. Speriamo che questo basti a giustificare il suo sfasamento e la perdita del senso del tempo. A quanto ci risulta, sta già prenotando un volo per ritornare in Giappone, quindi non c’è motivo di darsi pensiero per lui.

Auguro un buon primo giorno di lezione.

Professoressa Minerva McGranitt

 

Kaito sorrise. Per fortuna anche quella era risolta, ma dubitava seriamente che Saguru si fosse fatto infinocchiare davvero dalla storia del calo di zuccheri. Come si vedeva che non lo conoscevano bene quanto lui…

Passò alla seconda busta. Era il suo orario. Alzò un sopracciglio.

«Alla faccia della giornatina leggera! È normale che abbia tutte le nuove materie oggi?»

Stephen sventolò il suo orario: «Non sei l’unico, siamo tutti messi così…»

«Al mattino Aritmanzia e Difesa contro le Arti Oscure, mentre al pomeriggio due ore di Cura delle Creature Magiche e Babbanologia… ci sarà da divertirsi!»

Smise di essere ironico quando riconobbe la scrittura dell’ultima lettera, che aprì con impazienza.

 

Caro Kaito, non ho dimenticato assolutamente la nostra promessa. Un anno è passato, tu hai compiuto diciotto anni e il mio Voto Infrangibile è finalmente caduto. Presentati stasera nel mio ufficio, alle 21.30, la parola d’ordine per il gargoyle di guardia è “Crem caramel vanigliato”. Come la scorsa volta, porta con te questa lettera, servirà come eventuale lasciapassare per Gazza.

Spero ti possa godere il rientro ad Hogwarts.

A questa sera

Albus Silente

 

A Kaito tremarono leggermente le mani. Era un anno che attendeva quelle parole. Deglutì emozionato, poi con un sospiro recuperò la sua faccia da poker e si servì una rapidissima colazione. Anche se la giornata si preannunciava durissima, adesso aveva un ottimo motivo per arrivare alla fine.

 

Thomas sorrise imbarazzato: «E dire che pensavo di essere l’unico ad aver scelto Aritmanzia…»

Kaito rispose: «E invece siamo in tre, visto? Però, per favore, Colin, non farti riconoscere subito, inizia a fare fotografie dalla quarta o quinta lezione se proprio non puoi farne a meno…»

Il ragazzo sorrise furbetto, facendo intravvedere l’obiettivo nella borsa: «Dipende da quanto sarà interessante la lezione!»

L’aula di Aritmanzia era fra le più spoglie che Kaito avesse mai visto, forse battuta solo da quella di Storia della Magia. Ma se il professor Rüf era giustificato dalla sua incorporeità a non mettere cartine o non scrivere mai sulla lavagna, non sapeva spiegarsi il motivo per cui un insegnante di matematica magica non dovesse utilizzare i gessetti. I tre Grifondoro si accomodarono insieme ai loro colleghi di Corvonero, ben più numerosi di loro, per poi trasalire quando l’insegnante sbatté la porta entrando. Era una donna alta, longilinea a dir poco, con un volto severo e squadrato, con i zigomi prominenti, che si soffermò su ognuno di loro con gli occhi acquamarina squadrandoli con attenzione, come uno scultore valuta il marmo prima di scegliere quale diventerà la sua opera d’arte. Era giovane, calcolando la media degli insegnanti di Hogwarts, doveva avere tra i trentacinque e i quarant’anni. Aveva una cascata di capelli lunghissimi, ben oltre la schiena, sciolti e corvini, quasi indistinguibili dalla divisa dello stesso colore.

Si sistemò in piedi di fronte alla cattedra, con la schiena perfettamente ritta e le braccia incrociate.

«Sono Septima Vector, la vostra insegnante di Aritmanzia. Aritmanzia, badate bene, non matematica. Se qualcuno è entrato in quest’aula pensando di dover svolgere le tabelline con l’ausilio di una bacchetta magica, prego, quella è la porta. Questa è considerata una delle materie più difficili e complicate dagli studenti, insieme alla lettura delle Antiche Rune. Sentirete voci terribili sull’Aritmanzia, ebbene, posso dirvi una cosa. Non state a sentire le voci, sono fuorvianti. Qualunque orribile nefandezza potrete udire su di me e sulla mia materia è errata. Io sono molto peggio. In quest’aula assisterete a cose più terribili di qualunque racconto possano avervi riferito.»

Kaito mantenne la sua faccia da poker, ma non poté trattenersi dal paragonare quella Vector agli altri insegnanti. Sembrava un mix fra la McGranitt e Piton. Terribile.

La professoressa continuò: «E questo non dipende strettamente dal mio carattere tutt’altro che clemente. L’Aritmanzia è una materia implacabile. L’unica cosa che ha in comune con la matematica, oltre che i numeri, è l’impietosa precisione. Qua non esistono le vie di mezzo, i risultati sono o giusti o sbagliati, punto. Nessun appello, nessuna giustificazione, non ne voglio sentire. Se qualcuno vi ha dipinto l’Aritmanzia come “Divinazione fatta con i numeri”, fatemi il piacere, la prossima volta che lo vedete, dategli uno sputo in un occhio da parte mia, quelli sono pseudo studenti che, se non vi stanno riferendo voci di corridoio, hanno assistito alla prima lezione e non solo si sono spaventati per la complessità e sono scappati, ma ne hanno anche completamente travisato il senso. Io sono qui per insegnarvi che ogni cosa ha in sé della magia, anche e soprattutto i numeri. Non sono messi a caso, mai, neanche quando credete di dirne qualcuno senza pensarci. I numeri sono un alfabeto, esattamente come le lettere che usate per pronunciare gli incantesimi. I più grandi esperti della materia sono in grado di lanciare qualunque magia pronunciando il suo corrispettivo matematico. Le cifre si legano a noi in molti modi, per carattere, affinità e magia, e questo non vale solo per noi maghi, ma anche per quelle persone che vengono chiamate volgarmente Babbani. Non disprezzateli mai, signori, perché sono stati molti di loro, con le loro scoperte nel campo della matematica e della fisica, a ispirare molte delle nostre ricerche tutt’ora in corso. Vi avverto, dunque, che il primo che pronuncerà parole di disprezzo o scherno verso i Babbani sarà considerato espulso dal corso con il massimo del disonore. Lo studioso di Aritmanzia ha la mente aperta per poter cogliere qualunque ispirazione numerica, da dovunque essa provenga. I Babbani sostengono che la natura abbia in sé la matematica, e portano a sostegno prove geometriche e frattali. Hanno ragione e vi dirò di più: la natura ha in sé la magia sotto forma di numero. Io sono qui solo per insegnarvi a leggerla, nulla di più. Gran parte del lavoro sarà individuale, tuttavia sarò sempre a disposizione per qualunque chiarimento, ripetizione, approfondimento. Portatemi qualunque vostra teoria aritmanzica senza timore, anche se doveste presentarmi una completa ovvietà o inesattezza non sarete derisi né puniti, ma apprezzerò il vostro lavoro. Certo, a meno di una completa presa in giro nei miei confronti, in tal caso sarò implacabile.»

Kaito aveva ascoltato tutto e doveva ammettere che la professoressa era riuscita ad attirare non poco la sua attenzione. Dalla sua spiegazione l’Aritmanzia sembrava una complessa via di mezzo fra matematica, fisica, magia e psicologia.

Con un gesto di bacchetta, la Vector fece comparire il libro fra le mani: «Bene, ora aprite il volume a pagina 8, cominceremo con le basi.»

Gli studenti ubbidirono immediatamente. L’insegnante teneva con la mano destra il volume aperto, mentre, nella sinistra, con la bacchetta, disegnava delle cifre direttamente nell’aria, con un processo che a Kaito fece venire un piccolo brivido. L’unica altra occasione che aveva avuto di vederlo era stato nella Camera dei Segreti, ad opera dello stesso Tom Riddle. Ma almeno questo spiegava perché la lavagna fosse praticamente nuova di zecca.

«Vi ho detto che ogni cosa che esiste può essere tradotta in valori numerici. Questo vale anche e soprattutto per le parole e per i nomi. Quello su cui vorrei che vi concentraste oggi è l’analisi aritmanzica dei vostri nomi. Prego, osservate lo schema riportato sui vostri libri.»

Kaito abbassò lo sguardo sulla pagina.

 

1

2

3

4

5

6

7

8

9

A

B

C

D

E

F

G

H

I

J

K

L

M

N

O

P

Q

R

S

T

U

V

W

X

Y

Z

 

 

 «Questo è uno schema molto semplice e riduttivo, adatto ai principianti. Più avanti vedremo che la situazione è un po’ più complessa di come vi viene presentata in questa pagina, ma per oggi può bastare. Come vedete ad ogni lettera dell’alfabeto è associata un numero. Siete pregati di tradurre numericamente il nostro nome e cognome e di fare la somma dei valori ottenuti. Se avrete ottenuto un numero a due o più cifre, com’è altamente probabile, sommate ancora queste cifre fra loro fino ad ottenere una cifra unica. Quello che avrete ottenuto è detto in gergo numero del carattere e indicherebbe, se credete a queste cose, il vostro tipo di carattere. Potrete rifare i calcoli usando solo le vocali contenute nel vostro nome e cognome, e otterrete il numero del cuore, che dovrebbe riferirsi alla vita interiore, rappresentando i vostri desideri e timori segreti, o con le consonanti, per calcolare il numero sociale, riferito alla vostra personalità esteriore, all’aspetto di voi che mostrate al mondo. Sia chiaro, così come vi vengono presentate in questo volume sembra una sorta di attività divinatoria. Qua non si predice il futuro, qua si analizzano il presente, i numeri, la magia e basta. L’obiettivo di questo esercizio è principalmente prendere familiarità con alcuni degli strumenti che useremo nelle prossime lezioni. Nelle pagine successive troverete dei risultati, leggeteli pure e limitatevi a riflettere se i numeri possono o meno aiutarci a scoprire un aspetto meno visibile di ciò che ci circonda.»

Kaito prese penna e pergamena e iniziò a fare i conti che gli erano stati richiesti.

 

Kaito Kuroba

21926   239621

Numero del carattere: 2+1+9+2+6+2+3+9+6+2+1= 43 = 4+3= 7

 

Incuriosito, il ragazzo prese la descrizione che sembrava corrispondergli.

 

“SETTE: sensibili, intuitivi e brillanti, i Sette amano i compiti impegnativi e le sfide.”

 

Kaito ridacchiò. Come negarlo?

 

“Spesso sono seri, studiosi e interessati a tutto ciò che è misterioso. Per loro l’originalità e l’immaginazione sono più importanti del denaro e dei beni materiali.”

 

Il ragazzo alzò un sopracciglio. Caspita se ci aveva azzeccato! La sua passione per i misteri, l’unica cosa che aveva in comune con i suoi amici/nemici detective, era il motivo che lo aveva portato in quella scuola. La sua originalità era innegabile, e Nakamori non avrebbe potuto dirgli nulla sull’attaccamento ai beni materiali, visto che restituiva ogni singolo gioiello rubato.

 

“Possono anche essere pessimistici, insicuri e sarcastici.”

 

Sulle prime due affermazioni non era del tutto d’accordo, ma sull’ultima indubbiamente sì.

Il ragazzo rimase comunque colpito da quante cose ritrovasse in quelle descrizioni. Decise di continuare con il numero successivo.

 

Numero del cuore: 1+9+6+3+6+1= 26= 2+6= 8

 

Di nuovo sfogliò le pagine fino ad arrivare al punto giusto.

 

“OTTO:  implica la possibilità di grande successo negli affari, nella finanza e in politica. Gli Otto sono pratici, ambiziosi, determinati e lavoratori.”

 

Fin qui Kaito non poteva avere nulla da ridire, anche se non si vedeva molto in politica. Tuttavia sicuramente, a modo suo, c’entrava con affari e finanza e aveva spesso per le mani grosse quantità di denaro.

 

“Possono essere anche gelosi, avidi, dominatori e assetati di potere.”

 

In quel punto il ragazzo storse il naso. Non si riconosceva molto in quei difetti. Forse aveva la tendenza a imporsi, sì, ma non a dominare. E se fosse stato avido o assetato di potere, si sarebbe tenuto tutti i diamanti che aveva avuto a disposizione. In quanto alla gelosia… non ne era sicuro. Sì, quando Saguru era girato per un po’ intorno ad Aoko la cosa gli aveva dato non poco fastidio, ma abbastanza per definirla gelosia?

 

“Si dice che questo sia il numero più imprevedibile, e che possa significare tanto l’apice del successo quanto l’abisso del fallimento; entrambe le possibilità sono presenti fin dall’inizio.”

 

Al ragazzo sfuggì un sorriso. L’imprevedibilità gli si addiceva, ed era ben felice di non sapere cosa potesse attendergli il futuro.

Arrivato ormai quasi alla fine, Kaito fece anche l’ultimo calcolo.

 

Numero sociale: 2+2+2+9+2= 17= 1+7=8

 

Il libro dava la stessa spiegazione. A quanto pareva, nonostante la sua cara faccia da poker, secondo l’Aritmanzia mostrava esattamente quello che provava. A Kaito sfuggì una smorfia. Forse suo padre non avrebbe approvato…

La voce della professoressa Vector lo risollevò dai suoi pensieri: «Bene, se pensate di aver capito il metodo, usate il tempo che vi rimane per provare ad applicarlo anche a un vostro conoscente.»

Kaito rimase un attimo sovrappensiero. Chi avrebbe dovuto analizzare? Per un attimo pensò ai Malandrini, ma non avrebbe saputo a chi dare la precedenza, senza contare che probabilmente gli avrebbero chiesto di rifarlo, prima o poi, giusto per curiosità.

Quasi senza rendersene conto, la sua mano scrisse un nome:

 

Aoko Nakamori

 

Il ragazzo sorrise. E perché no? Dopotutto lei non sarebbe mai venuta a saperlo…

 

Aoko Nakamori

1626    51214699

Numero del carattere: 1+6+2+6+5+1+2+1+4+6+9+9= 52= 5+2= 7

 

Il volto del ragazzo avvampò per un paio di secondi.

Stesso numero?

Cercò di trattenere una risatina isterica. Cos’era, un modo indiretto per dirgli che erano anime gemelle?

Tentando di non pensare alle possibili implicazioni, si concentrò sul secondo calcolo.

 

Numero del cuore: 1+6+6+1+1+6+9= 30= 3+0= 3

 

Tirò un sospiro di sollievo, almeno in questo caso il numero era diverso! Incuriosito, iniziò a leggere.

 

“TRE: indica talento, energia, temperamento artistico, senso dell’umorismo e facilità nei rapporti interpersonali. I Tre sono spesso fortunati, tolleranti e ricchi e hanno grande successo, ma possono essere dispersivi, suscettibili e superficiali.”

 

Gli sfuggì un sorriso carico di nostalgia. Sì, in quella descrizione la rivedeva perfettamente. Aoko era sempre piena di energia, anche troppo, spesso era l’unica in grado di stargli sempre dietro. Il suo successo e la sua capacità di fare amicizia facilmente erano innegabili, Aoko non aveva mai litigato con nessuno e in classe era ammirata da tutti. Come scordare poi il modo in cui aveva conquistato persino Fred, George e Sheridan, quando erano venuti a trovarlo? La riconosceva persino nei suoi difetti, adorava quanto poteva essere suscettibile, in passato si era divertito da morire a prenderla in giro per questo!

Rassicurato, si mise a fare l’ultimo calcolo:

 

Numero sociale: 2+5+2+4+9= 22= 2+2=4

 

“QUATTRO: questo numero rimanda alla stabilità e alla fermezza. Ai Quattro piace lavorare sodo, sono pratici, affidabili e con i piedi saldamente a terra; preferiscono la logica e la ragione ai voli della fantasia. Sono bravi nell’organizzare e portare a termine i compiti. Sono prevedibili e possono essere ostinati, sospettosi, troppo realistici e inclini agli scoppi d’ira.”

 

Cosa c’era da aggiungere? Aoko, da quando poteva ricordare, era sempre stata ricercatissima  dai compagni per qualunque cosa ci fosse stata da organizzare, non ultimo lo spettacolo del Mago di Oz a cui l’aveva costretto a partecipare, e lei non si era mai tirata indietro, ma aveva messo sempre tutta se stessa. La ragazza, poi, era prevedibilissima e sembrava sempre sul punto di esplodere dalla rabbia, se messa sotto pressione nel modo giusto, e le aveva fatto una marea di scherzi approfittando proprio di questo. Sospettosa lo era di sicuro, ricordava benissimo quella volta che si era convinta che lui fosse davvero Kaito Kid, e aveva faticato non poco a farla desistere dalle sue indagini. Però, insomma, come si dice, tale padre tale figlia, no? Sull’ostinazione nulla da ridire, poteva contare sulle dita della mano le volte che era riuscito a farle cambiare idea su qualche argomento, senza contare, poi, la sua avversione incrollabile per Kaito Kid, che nemmeno pomeriggi su pomeriggi passati con le amiche di parere opposto erano riusciti a minare.

L’insegnante batté le mani, una volta sola: «Bene, per oggi abbiamo finito. Ci vedremo al prossimo incontro.»

Colin si alzò, rimettendo in ordine le sue cose: «Uao, con me ci ha azzeccato alla perfezione!»

Thomas annuì: «Sì, direi che anche a me quadrava, in fondo. E tu, Kaito?»

Il prestigiatore esibì la sua faccia da poker: «Sì, più o meno, c’era qualcosa che quadrava e qualcosa no. Come sempre, credo, in queste cose.»

 

Usciti dall’aula, Kaito, Thomas e Colin si riunirono ai loro compagni di Casa per andare a Difesa contro le Arti Oscure. Colin, prevedibilmente, aveva già la macchina pronta all’uso e, chi più chi meno, erano tutti curiosi di vedere cosa sarebbe successo. Molti avevano un’aria nervosa. Kaito attribuì il loro timore all’aspetto minaccioso dell’insegnante, ma non poté non notare che molti lo guardavano insistentemente di sottecchi.

Le sue preoccupazioni vennero accantonate dal tonfo dei passi disuguali di Moody che percorreva il corridoio, fino a quando entrò in classe, terrorizzante come sempre. Si vedeva appena il piede di legno a forma di zampa spuntare da sotto il mantello.

L’uomo si sedette arrancando dietro la cattedra e, guardando con il suo occhio azzurro i volumi di Le Forze Oscure: Guida all'Autodifesa sui loro banchi, borbottò: «Potete metterli via, quei libri. Non vi serviranno.»

Mentre, perplessi, ubbidivano, Moody estrasse il registro, allontanò la lunga chioma di capelli brizzolati dal viso contorto e sfigurato e prese a fare l'appello, con l'occhio normale che scorreva sicuro la lista mentre l'occhio magico roteava, indugiando su ogni studente quando rispondeva alla chiamata.

Al termine dell’elenco, riprese: «Allora, ho ricevuto una lettera dal professor Lupin a proposito di questa classe. Mi pare che abbiate una preparazione piuttosto solida nell'affrontare le Creature Oscure, ma siete indietro, molto indietro, sulle maledizioni. Quindi sono qui per spiegarvi nel dettaglio quello che i maghi possono farsi gli uni agli altri. Ho un anno per insegnarvi come affrontare le Forze...»

«E poi?»

L'occhio magico di Moody roteò per fissarsi su Kaito, che ricambiò il suo sguardo, impassibile; i compagni, conoscendo l’amico, si tennero pronti. Kaito era famoso per le sue uscite al primo incontro con un insegnante.

«Kuroba, se ricordo bene dall’elenco, giusto?»

«Esatto.»

Tutti temettero il peggio, ma dopo un attimo l’insegnante sorrise, per la prima volta, rendendo il suo volto segnato di cicatrici più devastato e contorto che mai.

«Poi me ne andrò. Un favore speciale a Silente... un anno, e poi torno alla mia vita tranquilla di pensionato.»

Fece una risata roca, e poi batté le mani nodose.

«Allora, cominciamo subito. Le maledizioni. Assumono forze e forme diverse. Ora, secondo il Ministero della Magia dovrei insegnarvi le contromaledizioni e fermarmi lì. Non dovrei mostrarvi come sono fatti gli Anatemi Oscuri illegali prima del sesto anno. Si ritiene che non siate grandi abbastanza da affrontarli fino ad allora. Ma il professor Silente ha un'opinione più alta dei vostri nervi, pensa che possiate farcela, e prima sapete che cosa dovrete fronteggiare meglio è, dico io. Per questo ho deciso di fare la stessa lezione introduttiva a tutti gli studenti dal terzo anno in poi. Insomma, come potete difendervi da qualcosa che non avete mai visto? Un mago che sta per scagliarvi contro un anatema illegale non vi dirà cosa ha intenzione di fare. Non ha intenzione di comportarsi lealmente. Dovete essere preparati. Dovete essere vigili e attenti.»

Kaito lo guardò sempre più incuriosito. Davvero aveva intenzione di anticipare il programma di ben tre anni?

«Allora... qualcuno di voi sa a quali maledizioni corrispondono le pene più gravi secondo la legge magica?»

Parecchie mani si alzarono esitanti, ma Malocchio le ignorò tutte e si rivolse a Kaito: «E tu? Cosa ne pensi?»

Preso un po’ in contropiede, il prestigiatore rispose: «Penso che nell’elenco sia incluso qualunque incantesimo possa togliere la vita.»

L’uomo annuì: «Buona risposta, non sapendo nulla sull’argomento. Hai usato il plurale, ma in realtà esiste un solo incantesimo di morte, l’Avada Kedavra, l'Anatema che uccide.»

Moody si alzò pesantemente sui piedi scompagnati, aprì il cassetto della scrivania ed estrasse un barattolo di vetro. Dentro zampettavano tre grossi ragni neri. Nicole fece una smorfia, probabilmente era aracnofobica.

Moody pescò nel barattolo, prese uno dei ragni e lo tenne nel palmo della mano in modo che tutti lo vedessero, prima di posarlo sulla cattedra.

Il ragno prese a zampettare affannosamente sulla superficie di legno.

Moody levò la bacchetta, e ruggì: «Avada Kedavra!»

Ci furono un lampo di luce verde accecante e un rumore improvviso, come se un'entità enorme e invisibile galleggiasse nell'aria: il ragno si rovesciò sulla schiena all'istante, intatto ma inequivocabilmente morto. Parecchie ragazze lanciarono grida soffocate e nemmeno Kaito ne fu totalmente indifferente. Deglutì immaginando cosa sarebbe accaduto se al posto di un ragno ci fosse stata una persona.

Moody spazzò via il ragno morto dalla cattedra.

«Non è bello. Non è piacevole. E non c'è contromaledizione. Non c'è modo di fermarlo. Solo una persona, che si sappia, è mai sopravvissuta, e questa persona frequenta quest’istituto. Inutile che vi dica il nome, lo conoscerete sicuramente tutti.»

Kaito annuì. Il riferimento ad Harry era più che evidente. Sospirò leggermente, immaginando quale avrebbe potuto essere la sua reazione quando anche a lui sarebbe toccata quella lezione introduttiva.

L’insegnante riprese: «Avada Kedavra è una maledizione che ha bisogno di essere sostenuta da un grande potere magico: potreste estrarre tutti le vostre bacchette adesso, puntarle contro di me, e pronunciare le parole, e dubito che mi fareste uscire anche solo il sangue dal naso. Ma questo non ha importanza. Non sono qui per insegnarvi come si fa. Ora, se non esiste contromaledizione, perché ve l'ho mostrata? Perché dovete sapere. Dovete capire che cos'è il peggio. Non dovete trovarvi in una situazione in cui dobbiate affrontarlo. Vigilanza costante!»

Tutta quanta la classe sobbalzò.

Come se nulla fosse successo, Moody chiese: «Qualcun altro ne sa una? Un'altra maledizione illegale?»

Ginny alzò titubante la mano: «A casa papà parla ogni tanto di una Maledizione Imperius, ma non so quanto sia illegale…»

Il professore soffermò entrambi gli occhi su di lei, facendola sussultare dalla sorpresa: «Tu devi essere l’unica figlia femmina di Arthur Weasley, eh? Tuo padre mi ha tirato fuori da un bel guaio qualche giorno fa... non mi sorprende che Arthur la conosca, ha procurato al Ministero un sacco di guai tutti insieme, la Maledizione Imperius

Mentre parlava, Malocchio afferrò l’ennesimo ragno e posò anche questo sulla cattedra. L’animaletto tentò la fuga, probabilmente terrorizzato dalla sorte toccata al suo compagno. Moody puntò la bacchetta contro di lui e borbottò: «Imperio!»

Il ragno si calò con un balzo dalla mano di Moody appeso a un sottile filo di seta, e prese a dondolarsi avanti e indietro come su un trapezio. Tese le zampe rigidamente, poi fece un salto all'indietro, spezzando il filo e atterrando sulla scrivania, dove cominciò a fare la ruota in cerchio. Moody agitò la bacchetta, e il ragno si alzò su due delle zampe posteriori e si esibì in quello che era un inconfondibile passo di tip tap.

Tutti risero: tutti tranne Moody.

«Vi sembra divertente, eh? Vi piacerebbe, eh, se lo facessi a voi?»

Le risate si spensero quasi all'istante.

Il professore sussurrò, mentre il ragno si appallottolava e cominciava a rotolare: «Controllo totale. Potrei costringerlo a saltare fuori dalla finestra, ad affogarsi, a ficcarsi giù per la gola di uno di voi... anni fa, c'erano un sacco di maghi e streghe controllati dalla Maledizione Imperius; un bel lavoretto per il Ministero, cercare di stabilire chi era costretto a fare certe cose e chi le faceva di sua spontanea volontà. Silente mi ha concesso di farvi vedere gli effetti di questa maledizione, ma non di addestrarvi per contrastarla, nonostante le mie ripetute proteste sostiene che per voi sia ancora un po’ troppo presto. In ogni caso sappiate che in questo caso una soluzione c’è, ma richiede uno sforzo di volontà immenso, che non tutti possiedono, e non solo per l’età o per la poca esperienza… meglio evitare di esserne vittime, se potete. VIGILANZA COSTANTE!»

Di nuovo la maggior parte delle persone sussultarono sul posto, mentre Moody faceva rientrare educatamente il ragno nel barattolo.

«Altre?»

Un Serpeverde alzò la mano titubante: «La Cruciatus

Annuendo, l’insegnante afferrò il terzo ragno nel barattolo e lo mise, come ormai di consueto sulla cattedra. Questo rimase immobile, in apparenza troppo spaventato per muoversi.

«La Maledizione Cruciatus… dev'essere un po' più grosso perché possiate capire.» Puntò la bacchetta contro il ragno: «Engorgio!»

Il ragno si gonfiò. Ora era più grosso di una tarantola. Nicole cercò di rintanarsi il più possibile sotto il banco. Moody alzò di nuovo la bacchetta, la puntò contro il ragno e mormorò: «Crucio!»

D'un tratto, le zampe del ragno si piegarono sotto il suo corpo; l'animale si rovesciò e prese a contorcersi orribilmente, dondolando da una parte all'altra. Non emise alcun suono, ma Kaito non ebbe difficoltà ad immaginarsi le grida disumane se al suo posto ci fosse stato un uomo sottoposto a quella tortura. Moody non spostò la bacchetta, e il ragno cominciò a sobbalzare e ad agitarsi più violentemente...

Finalmente l’uomo alzò la bacchetta. Le zampe del ragno si rilassarono, ma continuò a contorcersi.

«Reducio.»

Il ragno rimpicciolì fino a tornare della sua misura normale. Moody lo rimise nel barattolo, insieme al collega sotto ipnosi.

«Dolore. Non c'è bisogno di pinze schiacciapollici o coltelli per torturare qualcuno se sapete scagliare la Maledizione Cruciatus... anche quella era molto popolare, una volta.»

Si fermò, come perso per un attimo nei ricordi, poi riprese: «Ora... questi tre anatemi, Avada Kedavra, Imperius e Cruciatus, sono noti come le Maledizioni Senza Perdono. L'uso su un essere umano basta a meritare una condanna a vita ad Azkaban. È questo che dovete combattere. È questo che dovrete imparare a contrastare. Avrete bisogno di preparazione. Avrete bisogno di essere attrezzati. Ma soprattutto, avrete bisogno di esercitare una costante, incessante vigilanza. Fuori le penne... ricopiate...»

Passarono il resto della lezione a prendere appunti su ciascuna delle Maledizioni Senza Perdono. Nessuno parlò finché non suonò la campana, e anche quando Moody li ebbe congedati e furono usciti dalla classe, la conversazione ristagnava.

Nicole continuava ad avere un colorito verdastro. Colin aveva una faccia smunta: «Ero talmente impressionato che non sono riuscito a trovare il coraggio di scattare neanche una foto.»

Stephen sospirò: «E questo dovrebbe dirci tutto…»

Ginny commentò: «Poveri ragni…»

Kaito annuì. Non era un grande animalista, ma non aveva potuto non immaginarsi le stesse scene a cui avevano assistito sostituendo ai ragni esseri umani. L’effetto era stato terribile. Sheridan e Thomas non dissero nulla, ma dalle loro facce stavano probabilmente pensando la stessa cosa.

L’ora del pranzo, dopo quelle emozioni, sembrò una manna dal cielo. Kaito si sedette al tavolo, al fianco di Fred e George. Sheridan, per una volta, decise di rimanere vicino alle sue compagne.

«Abbiamo saputo che avete avuto Moody, stamattina! Allora, com’è?»

Kaito soppesò bene la sua risposta: «… particolare…»

«E dai, dacci qualche dettaglio!»

«Non mentre sto mangiando, o mi verrà il voltastomaco.»

«Addirittura?»

Il ragazzo annuì servendosi le patate al forno. I due gemelli si scambiarono un’occhiata d’intesa: «Allora forse potremo distrarti un po’ parlando di tutt’altro argomento.»

Kaito rispose, prima di mettere in bocca la prima forchettata di arrosto: «Prego, sono tutt’orecchi.»

«È da un po’ che ci pensiamo, ma ormai ne siamo convinti.»

«Abbiamo deciso cosa fare quando finiremo gli studi.»

«Interessante… ditemi!»

«Che ne dici se aprissimo un bel negozio di scherzi?»

Gli occhi di Kaito s’illuminarono: «Non mi viene in mente un lavoro più adatto per voi due, siete dei geni a riguardo!»

«Abbiamo già anche il nome: Tiri Vispi Weasley!»

«Sì, ma ci serviranno ancora un bel po’ d’idee… e di soldi, prima di poterlo aprire davvero…»

«Per le prime consideratemi dei vostri, per il resto… si troverà una soluzione.»

«Forse l’abbiamo già, se mamma non ci brucia di nuovo i moduli…»

Il prestigiatore prese un bicchiere d’acqua e lo svuotò tutto d’un fiato, ma d’un tratto una parte gli finì di traverso. Rosso in viso, iniziò a tossire disperatamente, nel tentativo di sputare l’acqua in eccesso. Fred e George iniziarono a dargli poderose manate sulla schiena, fino a che, finalmente, Kaito riprese a respirare. Ridacchiò.

«Cavoli, stavolta mi è sembrato di soffocare davvero…»

Solo a quel punto si rese conto che tutte le ragazze del suo anno sedute al tavolo, più Stephen, erano impallidite e avevano un’aria terrorizzata. Sheridan era la più calma delle tre, ma anche lei era tutt’altro che tranquilla.

«Bè? allora? Che sono quelle facce? Mai visto andare l’acqua di traverso a qualcuno?»

Ginny iniziò a trovare interessante la decorazione della tovaglia, mentre il suo volto diventava dello stesso colore dei suoi capelli; Nicole iniziò ad arrotolarsi una ciocca su un dito; Stephen e Sheridan si scambiarono uno sguardo d’intesa.

«Vedi, oggi è successo che…»

Nicole la interruppe: «No, non devi dirglielo! È stata chiara, noi non dobbiamo interferire con il destino!»

La ragazza le guardò entrambe e sbottò: «Se continuate a guardarlo con quell’aria da funerale interferite comunque col suo destino! Kaito non è scemo, penso che se ne sia già accorto!»

Il prestigiatore alzò un dito: «Scusate, se mi permetto d’intervenire, sarei solo il diretto interessato…»

Stephen gli mise una mano sulla spalla: «Lascia stare, è che sono troppo impressionabili. Io e Sheridan ne abbiamo parlato, prima, se dirti tutto o meno, e avevamo deciso di lasciare perdere, perché sapevamo che ti saresti arrabbiato e basta…»

«Arrabbiato per cosa?»

Sheridan sospirò: «Mentre voi eravate ad Aritmanzia, noi avevamo lezione di Divinazione…»

«Sì, lo sapevo, e allora?»

«Allora, la lettura delle foglie di tè ha dato come risultato che qualcuno di noi, fra i più maturi, caratterizzato dal colore bianco, durante quest’anno avrebbe rischiato seriamente la vita.»

Ginny aggiunse, con una vocina strozzata: «E forse l’avrebbe persa davvero.»

Nicole annuì: «Il pensiero è andato subito a te, sei il più grande fra noi e hai la bacchetta bianca… non volevamo crederci, ma quando prima ti stavi soffocando, noi…»

Con un volto serio come non mai, Kaito si alzò dal tavolo senza neppure finire di mangiare. Stephen alzò gli occhi al cielo: «Ecco, lo sapevo… è troppo prevedibile!»

Sheridan cercò di fermarlo, prendendolo per la manica della divisa: «Dove vai?»

Kaito si divincolò: «A fare quattro chiacchiere con la Cooman. Non mi piace l’idea di essere guardato tutto l’anno come un appestato in punto di morte e, soprattutto, non mi piace l’idea che quella pazza vi terrorizzi così. Arriverò in tempo per la lezione di Hagrid, promesso.»

Sheridan fece per seguirlo, ma Kaito la bloccò: «Non seguirmi, non è il caso, non ho intenzione di mettermi nei guai. Ma un paio di cose le dobbiamo chiarire subito, prima che degenerino. Resta qui, o mi troverò costretto a usare mosse che t’impedirebbero di starmi dietro.»

Il tono perentorio del ragazzo e la minaccia velata convinsero ancora di più la ragazza che Kaito era a dir poco furioso, ma alla fine, a malincuore e con grande preoccupazione, gli diede retta, pregando che la sua faccia da poker reggesse anche quella prova.

 

Il ragazzo fece i gradini fino in cima alla torre di Divinazione a due a due. Era veramente molto arrabbiato, non tanto per le minacce alla sua persona, quanto per la preoccupazione immotivata che aveva causato nei suoi compagni. Ginny e Nicole erano già abbastanza impressionabili di loro, d’accordo, ma per aver fatto sbiancare in quel modo anche Sheridan e Stephen dovevano avergli taciuto gran parte delle fandonie di quella donna. Arrivato in cima alla torre, riconobbe la botola da cui qualche volta aveva visto scendere i gemelli l’anno prima. Era chiusa, ma il ragazzo non si fece problemi a bussare aiutandosi con la bacchetta.

Una voce ovattata rispose dall’interno: «Chi mi cerca?»

Kaito non riuscì a trattenere l’ironia: «Indovini!»

«Insomma, non sono in vena di scherzi!»

«Neppure io, mi creda! Sono Kaito Kuroba, lo studente di terzo anno di Grifondoro di cui oggi ha predetto la morte ai miei compagni. Volevo parlarle proprio a proposito di questa questione…»

La botola si aprì appena, permettendo ai grossi occhiali della Cooman di fare capolino. Non appena però, ebbe inquadrato il volto di chi aveva parlato, la professoressa sbarrò gli occhi e fece per richiudere: «La bacchetta bianca!»

Kaito però fu più veloce. Con una rapida mossa infilò uno dei suoi libri nella fessura, impedendo la chiusura della botola.

«Esatto, sono il proprietario della bacchetta bianca che tanto la sconvolge. Vedo che neanche lei si è scordata di me, bene, semplificherà le cose.»

La donna indietreggiò spaventata e Kaito ne approfittò per fare un bel salto, aggrapparsi con entrambe le mani al bordo della botola e fare irruzione nella stanza. Spuntò nell'aula più strana che avesse mai visto. In effetti non aveva l'aspetto di un'aula, sembrava più un incrocio tra un solaio e una sala da tè vecchio stile. Ospitava almeno venti tavolini rotondi, tutti circondati da poltroncine foderate di chintz e piccoli, grassi sgabelli. Il tutto era illuminato da una bassa luce scarlatta; le tende alle finestre erano tirate, e le numerose lampade erano drappeggiate con sciarpe rosso scuro. C'era un caldo soffocante, e il fuoco che ardeva nel camino lambendo un grosso bollitore di rame emanava un profumo intenso, quasi malsano. Gli scaffali che correvano tutto attorno ai muri circolari erano stipati di piume dall'aria polverosa, mozziconi di candele, scatole di vecchie carte da gioco, innumerevoli sfere di cristallo argentate e una gran varietà di tazze da tè. Atmosfera senza dubbio interessante, ma Kaito non era arrivato fin lì per apprezzare l’arredamento.

La Cooman si era ritratta spaventata, avvolgendosi ancora di più nel suo scialle, in gesto di protezione: «Che modi!»

«Mi dispiace per il poco tatto, ma anche lei stamattina non ne ha avuto con i miei compagni.»

«Di cosa stai parlando?»

«Parlo delle minacce di morte imminente rivolte a me che stamattina ha predetto ai miei compagni.»

La donna lo squadrò da capo a piedi, quasi con disprezzo: «Tu non credi nei poteri della Vista, vero? Certo che no, o frequenteresti il mio corso.»

«Senta, i miei pareri sulla sua materia non sono l’argomento di cui sono venuto a discutere! Gradirei soltanto che smettesse di spaventare i miei compagni, soprattutto usando il sottoscritto per farlo!»

«Io mi limito a rendere visibili i segni del destino che gli altri si rifiutano di notare.»

«Allora, se proprio non può fare a meno di farsi gli affari miei, almeno li tenga per sé! Per una questione di privacy, quantomeno! Se i miei compagni mi riferiranno altri episodi del genere, mi troverò costretto a parlare con la McGranitt, l’avverto.»

«È una minaccia?»

«Mi piacerebbe renderle la pariglia ma no, nessuna minaccia. A meno che lei non ritenga la McGranitt in grado di procurarle gravi danni…»

La donna si limitò a sospirare scuotendo la testa: «Non potevo aspettarmi che guai da te, dopotutto… l’ho capito dal primo giorno che ti ho visto.»

Kaito capì di stare parlando contro un muro, così fece per andarsene. Doveva ancora passare in camera per ritirare il coso per Hagrid prima che iniziasse la sua lezione. Poi di colpo si fermò e si voltò un’ultima volta verso la donna.

«Si può sapere almeno perché ce l’ha tanto con la mia bacchetta?»

La Cooman abbassò lo sguardo, con aria triste: «Il possessore della bacchetta bianca è annunciatore di gravi sventure e disgrazie per tutti noi.»

Kaito scosse la testa, stufo: «Allora quando avrò queste cattive notizie le manderò una cartolina via gufo, va bene? Arrivederci, stia bene e la smetta un po’ con queste previsioni del malaugurio, fanno male al suo umore e a quello degli altri.»

La donna si limitò a osservarlo con espressione funerea mentre il ragazzo chiudeva la botola alle sue spalle.

«Fosse mia, ragazzo… magari fosse mia…»

 

Hagrid li stava aspettando fuori, la mano sul collare del suo enorme cane nero, Thor. Per terra ai suoi piedi c'erano parecchie casse di legno, e Thor uggiolava e tirava il collare, chiaramente impaziente di indagare più da vicino sul contenuto. Quando ci si avvicinava, si udiva uno strano rumore di sonagli, punteggiato da quelle che sembravano piccole esplosioni.

Hagrid accolse i nuovi studenti con un gran sorriso, ben mimetizzato dall’enorme barba nera: «Benvenuti! Benvenuti! Sono contento di vedervi qua, alla mia lezione… ma che sono quelle cose che vi portate?»

Tutti gli studenti, sia Grifondoro che Tassorosso, si erano attrezzati in vario modo. Fu una voce familiare ma affannata a rispondere.

«Sono i tuoi libri, Hagrid! Potevi anche darcene di meno aggressivi, accidenti! Ho rischiato di vedermi divorati gli altri da questo cannibale di carta…»

Kaito era giunto di corsa, giusto in tempo per la lezione. Sheridan gli diede una gomitata, mentre tutti i compagni che frequentavano il corso, Stephen, Ginny e ovviamente Colin, che probabilmente si era iscritto solo per poter avere dei nuovi, strani soggetti per le sue fotografie, lo guardavano preoccupati.

«Che sono quelle facce? Tranquilli, non ho fatto perdere nessun punto alla Casa e la Cooman era ancora viva e in buona salute quando ci siamo lasciati… e anche io, se a qualcuno interessasse ancora.»

Sheridan alzò gli occhi al cielo, tenendo ben salda la sua gabbietta: «Vediamo cosa ci dirà la prossima volta…»

Hagrid si era perso la discussione, preoccupato da come tutti i suoi studenti si erano ingegnati per portare i libri a lezione senza essere morsi: la maggior parte li avevano legati con spaghi, magiscotch, cinture, graffette o infilati in borse strettissime. Qualcuno aveva trovato soluzioni più originali, come Sheridan, che l’aveva rinchiuso in una gabbietta da criceti con maniglia, che teneva con dei guanti piuttosto robusti per evitare morsi accidentali. Ma il premio era sicuramente di Kaito, anche se, vista la precedente invenzione delle cinture di sicurezza per manici di scopa, nessuno della sua classe aveva avuto dubbi in proposito: in qualche modo, con non poco coraggio, era riuscito a infilare le pagine del libro dentro una museruola; non contento, l’aveva poi legato con una cintura a cui aveva fissato anche una corda per poterlo trasportare come se si fosse trattato di un guinzaglio. Il risultato era che il prestigiatore si trascinava dietro il libro di testo né più né meno come si fosse trattato di un piccolo cagnolino molto aggressivo.

Hagrid scosse la testa sconsolato: «Possibile che anche quest’anno nessuno è riuscito a capire?»

Prese la copia di Ginny, tolse i vari strati di spago e graffette e, ignorando il libro che cercò subito di morderlo, fece scorrere il gigantesco indice lungo il dorso. Il libro rabbrividì, poi si aprì e rimase immobile nella sua mano.

«Visto? Dovete solo accarezzarlo

Un po’ più rassicurati, i ragazzi si accinsero a fare le coccole ai loro volumi.

Ginny fece una smorfia stizzita, riprendendo la sua copia: «Scommetto che Fred, George e Ron lo sapevano, ma non me l’hanno detto giusto per farmi il solito scherzo!»

Hagrid si rivolse a Kaito in tono incerto: «Be'... sono divertenti, no?»

Trafficando con la sua museruola, il ragazzo rispose: «Sotto un certo punto di vista, Hagrid, ma devi anche trovare chi apprezza il tuo humour.»

«Non dirmecelo, che l’anno scorso Malfoy mi ha fatto un macello…»

Sheridan, intanto, si stava altamente pentendo della sua scelta della gabbietta. La sua mano non passava attraverso la grata e ad aprire il lucchetto c’era il rischio tutt’altro che remoto che il libro scappasse prima di poterlo accarezzare. Per toglierla d’imbarazzo, Kaito le porse uno di quei bastoni con le manine in punta che si usano per grattarsi la schiena: «Prova con questo.»

La ragazza guardò un po’ perplessa l’oggetto: «Tu un giorno o l’altro mi dovrai spiegare da dove tiri fuori tutte queste stramberie dal nulla…»

Kaito le fece l’occhiolino: «Il trucco è non uscire mai di casa impreparati.»

Hagrid riprese la lezione: «Oggi mi è arrivato un carico di roba simpatica di cui prenderci cura: Schiopodi Sparacoda

«I cosa?»

Hagrid indicò il contenuto delle casse. Molti sobbalzarono, compreso Kaito, che si era presentato a lezione relativamente tranquillo, pensando che dopo un Basilisco non poteva capitargli molto di peggio. Le creature che aveva davanti, però, lo fecero in parte ricredere: avevano l'aspetto di aragoste deformi senza corazza, orrendamente pallide e viscide, con le zampe che sbucavano da punti molto strani, e senza testa, almeno non visibile. In ogni cassa ce n'erano un centinaio, ciascuno lungo una ventina di centimetri, e brulicavano l'uno addosso all'altro, urtando ciechi contro i lati dei contenitori. Emanavano un fortissimo odore di pesce marcio. Ogni tanto dalla coda di uno Schiopodo volavano via delle scintille, e con un piccolo fuut questo schizzava in avanti di parecchi centimetri.

«Sono appena usciti dall'uovo! Se ne occuperanno quelli del quarto anno, ma ho pensato che era un peccato non farveli vedere almeno una volta!»

Dagli sguardi che si scambiarono i ragazzi, molti erano concordi che avrebbero fatto volentieri a meno del piacere.

«Se volete anche voi provare a darci da mangiare, io ho qua uova di formica e fegato di rana e un po' di bisce: provate un po' di tutto. Io non ne ho mai tenuti prima, non so che cosa ci piace.»

L’ultima affermazione fece perdere ad Hagrid almeno dieci punti di competenza agli occhi degli studenti, che lo fissarono preoccupati. Ci volle un po’ perché i primi trovassero il coraggio di prendere un po’ di quella roba e portarla dagli Schiopodi. Kaito guardò gli animali da varie angolazioni, per poi esclamare: «Ehi, Hagrid, sei sicuro che questi cosi ce l’abbiano una bocca? Io non ne vedo nessuna…»

Hagrid gli sorrise compiaciuto: «Questo è parte della ricerca…»

Il prestigiatore tenne per sé parte delle sue osservazioni sul regolamento sulla sicurezza degli studenti. In fondo per lui non era un grosso problema, amava il rischio, ma era un po’ preoccupato per i compagni. Un urletto di un Tassorosso gli confermò i suoi timori.

«Ahi! Mi ha morso!»

Hagrid lo guardò con tutta la tranquillità di questo mondo: «Visto? Questo risponde alla tua domanda, se morde vuol dire che ha una bocca!»

Poi si avvicinò allo studente, lo liberò senza sforzo e commentò: «Quella non era la bocca, penso ti ha solo afferrato. Ti sei fatto male?»

Non ebbe il tempo di rispondere che lo Schiopodo fra le mani di Kaito fece un rumore stranissimo. Al primo accenno di scintille il ragazzo, d’istinto, tirò fuori un sacchetto e lo buttò sull’animale, che venne subito ricoperto da una schiuma bianca e soffice.

Hagrid accorse preoccupato: «Che ci stai facendo?»

«Tranquillo, è solo schiuma antincendio, quella degli estintori. Ne porto sempre con me nel caso i trucchi di prestigio col fuoco andassero male…»

«Ma me lo affoghi!»

«E quello per poco non mi ustionava!»

Il ragazzo si rese conto di essere ancora molto nervoso per lo scontro con la Cooman. Con un sospiro, si scusò: «Non volevo fargli del male, ho agito senza pensare, scusa.»

Ginny, con un sorriso, si avvicinò e fece un incantesimo che fece sparire tutta la schiuma, lasciando lo Schiopodo lindo e pulito.

Fece loro un occhiolino: «Aiutare la mamma in casa a volte è utile.»

Il resto della lezione si svolse senza ulteriori incidenti, ma furono tutti felici quando le due ore scaddero. Salutarono tutti Hagrid e, con un po’ di stanchezza, Kaito e Thomas si avviarono verso l’aula di Babbanologia.

I due ragazzi entrarono titubanti nella stanza e guardarono stupiti l’ambiente. Non un angolo di parete era stato lasciato scoperto: articoli di giornali babbani, fotografie immobili provenienti da ogni parte del mondo, istruzioni per l’assemblaggio di mobili, schemi elettrici, tenuti con scotch, puntine e colla tappezzavano tutto in un guazzabuglio di colori indecifrabile a una prima occhiata. Un po’ perplessi, Kaito e Thomas si sedettero vicini. Il ragazzo più piccolo era nervoso, si aggiustava continuamente gli occhiali.

«Paura del mondo babbano, Thomas?»

Il ragazzo ridacchiò, sistemandosi un ciuffo color sabbia: «No, no, anzi… i miei nonni paterni sono Babbani. Solo che quando vado da loro mi sento sempre fuori posto, è un ambiente così diverso da quello a cui sono abituato… papà prova a spiegarmi qualcosa, ma anche lui vive nel mondo magico da troppo tempo. Spero che frequentando questo corso potrò capire meglio i miei nonni la prossima volta che li andrò a trovare.»

Il prestigiatore gli sorrise: «Un ottimo proposito, più lodevole del mio di sicuro.»

«E tu? Perché ti sei iscritto? Non vieni già da una famiglia babbana

«Potrei fare l’Hermione della situazione e dire che vorrei approfondire l’argomento dal punto di vista magico… ma la verità è solo che spero in voti facili.»

Thomas ridacchiò: «Manterrò il tuo segreto, ma solo se mi aiuterai con i compiti.»

«Piccolo ricattatore impertinente! E va bene…»

Continuarono a scherzare per un po’, mentre nella classe entravano ancora un paio di Tassorosso, ma si zittirono immediatamente quando entrò l’insegnante. Era una donna davvero molto giovane, piccola e magra, con i capelli ricci biondi, tagliati corti, e con gli occhi scuri. Aveva un bel sorriso allegro e, a giudicare da come saltellava sul posto, sembrava non poter stare ferma un secondo.

«Sono Charity Burbage, la vostra insegnante di Babbanologia. Quanto conoscete i Babbani? Qualcuno viene da una famiglia Babbana

Una sola mano si levò. L’insegnante fissò Kaito con aria deliziata, sbattendo le mani, poi subito riprese a parlare con quella sua voce acutissima e con parlantina veloce, quasi fulminea: «Oh, finalmente! Mi capitano sempre pochissimi studenti di origine babbana! Dimmi, dimmi, da dove vieni? Inghilterra? Galles? Scozia?»

Il ragazzo fece una smorfia imbarazzata: «Giappone…»

Il volto della Burbage s’illuminò: «Uno studente orientale! Fantastico, potremo studiare anche le differenze culturali! Meraviglioso! Se studio bene la cosa, saresti disposto ad intervenire anche in qualche altra mia lezione?»

Il prestigiatore si trovò un po’ in imbarazzo: «Si può fare…»

«Perfetto, perfetto! Oh, ma che bello poter iniziare con così tante belle premesse! Siamo un po’ pochini, ma pazienza, vorrà dire che faremo amicizia più velocemente! Dovrei imparare in fretta anche i vostri nomi, allora!»

Veloce come un razzo, la donna andò a sedersi dietro la cattedra e prese il registro: «Dunque, Benedicta

L’unica ragazza presente alzò la mano.

«Bene! Ah, questo dev’essere il nostro giapponese! Kuroba!»

Il ragazzo non alzò neanche la mano, si limitò a sorridere. La signora era indubbiamente entusiasta del suo lavoro, anche troppo.

«Eccolo lì! Rourke?»

Thomas alzò la mano e la Burbage gli sorrise di rimando: «L’altro Grifondoro, perfetto! Quindi ad esclusione, tu devi essere Zacleyn

Il robusto ragazzo biondo annuì di rimando. La professoressa scattò nuovamente in piedi, come se fosse incapace di rimanere ferma più a lungo, e iniziò a passeggiare indicando le pareti: «Ho cercato di raccogliere su queste pareti quanto di più misterioso e affascinante ci possa offrire il mondo Babbano! Scopriremo insieme meraviglie di cui potete solo avere una vaga impressione… a parte te, Kuroba! Mi raccomando, eh, se qualcosa non ti quadra diccelo, magari possono essere anche solo differenze culturali, ma è bello scoprirle insieme, no? Comunque, oggi per cominciare ho pensato di partire da una cosa piccola piccola piccola! Ecco qua, secondo voi che cos’è? Kuroba non suggerire, mi raccomando!»

Il ragazzo sospirò. Non aveva mai avuto problemi ad essere al centro dell’attenzione, ma quella donna esagerava!

I suoi tre compagni, invece, si avvicinarono incuriositi alla professoressa, che teneva sul palmo della mano un rettangolino molto piccolo, colorato, con i lati frastagliati e con disegnato sopra un volto. I ragazzi erano molto perplessi.

«Su, avanti, avanti! Ipotesi su cosa possa essere?»

La ragazza Tassorosso propose timidamente: «Un… ritratto portatile?»

«Acqua, acqua, sei completamente fuori strada! Altre idee? No? Kuroba, tu lo sai?»

Kaito annuì: «Un francobollo.»

«Un francobollo, bravissimo! Intanto, prima di scoprire cos’è e a cosa serva, analizziamolo! È un oggetto babbano? Ne siamo sicuri? Da cosa lo possiamo capire?»

Thomas alzò la mano: «L’immagine è ferma.»

«Giusto, i ritratti e in generale le immagini prodotte dai Babbani non si muovono. Questo le rende da una parte più noiose, dal punto di vista di un mago, ma dall’altra molto più dettagliate e precise, perché possono permettersi di soffermarsi sul minimo dettaglio. Poi?»

Aspettò un po’, ma visto che nessuno rispose, continuò: «Il materiale. Questa non è pergamena, vedete? È più sottile, più bianca, lo vedete bene qua, sul retro, e tuttavia molto resistente. Si chiama carta, la producono a partire dagli alberi con un procedimento complesso che presto vedremo insieme. Allora, a cosa serve questo oggetto? Vi do un altro indizio, c’è della colla sul retro! Ancora nessuno? Serve per la posta! Questo francobollo s’incolla sulla busta ed è un indizio importantissimo, insieme all’indirizzo, per aiutare il postino babbano

Kaito iniziò ad inarcare un sopracciglio.

«La figura ritratta è femminile, quindi il postino saprà che deve consegnarla a una donna! Ci sono anche quelli maschili, ovviamente, ma oggi non ne ho trovati… visto quante meraviglie si celano dietro un oggetto così piccolo? Alcuni hanno decorazioni di pregio, tanto che so che alcuni Babbani li collezionano pure! Va bene, per oggi basta così, è il primo giorno, l’ultima ora, e sarete stanchi! Vi aspetto alla prossima lezione, buona serata a tutti!»

Thomas raccolse le sue cose, ma vide che Kaito non si muoveva: «Non vieni?»

Il ragazzo gli sorrise: «Vai pure avanti tu, chiedo solo una cosa all’insegnante e ti seguo subito.»

Il compagno si aggiustò gli occhiali preoccupato: «Non esagerare come tuo solito.»

E gli ubbidì uscendo dall’aula. Kaito alzò gli occhi al cielo: possibile che i suoi compagni avessero così poca fiducia in lui?

La Burbage notò subito che si era attardato: «Oh, Kuroba! Dimmi tutto!»

«Sa perché non ha trovato un francobollo inglese con l’effige maschile?»

La donna fece una smorfia, assalita da un dubbio tremendo: «Non… non li avevano finiti?»

Kaito scosse la testa: «La donna ritratta è la regina attualmente sul trono nel Regno Unito. Sul francobollo c’è l’immagine del sovrano, quindi solo se ci fosse un re avrebbe trovato un francobollo maschile.»

La donna sbarrò gli occhi: «Oh, accidenti! Ma così tutta la mia teoria crolla! E allora a cosa serve un francobollo?»

«È una sorta di ricevuta di pagamento per il servizio di consegna. E sì, ci sono i collezionisti, proprio perché sui francobolli non ci sono raffigurati solo volti, anzi, i filatelisti apprezzano molto quelli che sembrano dei piccoli quadri.»

La donna iniziò a passarsi le mani nei capelli: «Oh, che figura! Ma perché non mi hai interrotta subito?»

«Per non farle perdere subito la faccia di fronte agli altri studenti. Lei è cresciuta nel mondo magico, ha studiato i Babbani solo attraverso i libri e, dove non ha trovato risposte, ha indagato per conto suo, vero?»

La donna lo guardò sorpreso: «Esatto, ma come…»

«Non bisogna essere dei grandi detective per capirlo. Ha iniziato la presentazione del francobollo con un’analisi accurata, quasi scientifica. Questo non è il modo di fare di uno che s’atteggi a insegnante senza esserlo davvero. Il suo problema, però, è che ha cercato di compensare la mancanza d’informazioni facendo dei paragoni con il mondo magico, e questo è sbagliato, perché non tutto è paragonabile in modo così semplice. È perché apprezzo il suo impegno che non l’ho smentita di fronte a tutti. Mi creda, i professori che s’improvvisano tali non li sopporto, chieda un po’ a Thomas cosa non ho combinato ad Allock, un paio d’anni fa…»

La donna si abbandonò su una sedia. Sembrava che le si fossero scaricate improvvisamente le batterie.

«Amo il mondo babbano, davvero. Sono nata e cresciuta in una famiglia purosangue, ma sono rimasta subito affascinata dai nostri… vicini di casa, mi piace chiamarli così. Hanno un modo di vivere completamente diverso dal nostro, è quasi come se fossimo due specie diverse, e invece siamo tutti esseri umani, meravigliosi esseri umani! La differenza fra noi e i Babbani è solo che noi ci adagiamo su quanto la magia può offrirci, loro s’ingegnano per trovare mille e mille soluzioni, a volte persino migliori di noi! Pensa anche solo ai telegiornali! Noi per sapere una notizia all’interno del nostro Stato dobbiamo aspettare almeno la stampa del Profeta, o un gufo, o un passaparola. Loro lo sanno subito, quasi istantaneamente, e da tutto il mondo! Come si fa a non amare i Babbani? Io davvero non capisco quelli che sostengono la “purezza della razza”… come se si trattasse di creature diverse da noi! Non sanguiniamo, forse, entrambi? Non pensiamo, ragioniamo, ipotizziamo, odiamo, amiamo? Se non ci fossimo incrociati con i Babbani saremmo tutti estinti da un pezzo! E se non fossimo la stessa cosa, allora perché esisterebbero dei maghi nati da famiglie babbane e i Maghinò? Ho studiato la loro cultura sui migliori manuali, i più antichi esistenti!»

«E questo forse è stato il suo primo errore.»

«Eh?»

Kaito le sorrise: «Gliel’ho detto, la società dei maghi e quella dei Babbani sono radicalmente diverse, e quello che per i maghi può essere un pregio, per i Babbani a volte è un difetto, e viceversa. La società dei maghi è sostanzialmente stabile, da quel che ho potuto capire non è cambiata molto negli ultimi tre secoli. I Babbani invece evolvono continuamente, cambiano radicalmente non solo da una generazione all’altra, a volte persino da un decennio all’altro! Questo li rende molto complicati da studiare seriamente…»

La Burbage lo guardò con uno scintillio negli occhi: «… ma anche incredibilmente più affascinanti!»

Il ragazzo rise: «Mi piace il suo spirito! Se non trova un manuale che faccia al caso suo, ne scriva uno lei! Applichi il suo meraviglioso metodo scientifico, si faccia passeggiate fra le vie di Londra accompagnata da qualche mago di origine babbana che le possa spiegare quello che vede, legga libri e giornali babbani, faccia indagini fra gli studenti della scuola cresciuti in famiglie non magiche, soprattutto i più piccoli, sono ancora freschi di memoria… e non si dimentichi di aggiornare continuamente le sue ricerche. C’era un Babbano che diceva che ogni fine è solo un nuovo inizio…»

La donna gli porse la mano: «Ti ringrazio, Kuroba, mi hai aiutato davvero molto. Se sbaglio ancora qualcosa mi aiuterai a correggermi?»

Il prestigiatore gliela strinse con forza: «Con molto piacere.»

 

La cena trascorse relativamente tranquilla. I suoi compagni si stavano scambiando le impressioni sulla giornata e sulle nuove materie, ma Kaito prestò poca attenzione al resoconto di Nicole sulla lettura delle Antiche Rune, anche se era l’unica ad esserci andata. Non poteva non provare un filo d’ansia per l’incontro con il preside che lo attendeva di lì a poco. In fondo, aveva atteso quel momento per un anno intero.

Così, non appena scattarono le nove, Kaito uscì dalla Sala Comune stringendo la lettera di Silente e si avviò per i corridoi deserti, incredibilmente senza incontrare Gazza, fino a raggiungere l’ufficio del preside, esattamente dove Harry gli aveva spiegato, al secondo piano. Si fermò di fronte a un orribile e immenso mascherone di pietra e, guardandolo dritto negli occhi esclamò: «Crem caramel vanigliato!»

A quelle parole il mascherone prese vita e fece un balzo di lato, mentre la parete si apriva, rivelando una scala a chiocciola che si muoveva dolcemente verso l'alto, come una scala mobile.

«Mica male! Hai capito le comodità di essere preside? Queste sono scale come si deve!»

Non appena ci mise un piede sopra, un tonfo annunciò la parete che si era richiusa alle sue spalle. Il ragazzo fece un sospiro deciso. Ormai era in ballo. I gradini salirono a spirale, su su, sempre più in alto, fino a giungere di fronte a una porta di quercia lucente con un batacchio di rame a forma di grifone. Kaito lo impugnò e diede un paio di colpi alla porta, che si aprì senza fare rumore.

Il ragazzo si guardò intorno. Era una stanza circolare, grande e bella, piena di oggetti e rumorini strani. Su alcuni tavoli dalle gambe lunghe e sottili, avvolti in nuvolette di fumo, erano posati molti curiosi strumenti d'argento. Le pareti erano ricoperte di ritratti di vecchi e vecchie presidi, garbatamente appisolati nelle loro cornici. C'era anche un'enorme scrivania con le zampe ad artiglio, e dietro, su uno scaffale, era poggiato un cappello da mago, frusto e stracciato, che immediatamente Kaito riconobbe essere il Cappello Parlante. Al suo fianco, in una bacheca di vetro, c’era una splendida spada d'argento, con grossi rubini incastonati nell'elsa, la spada di Godric Grifondoro che lui stesso aveva impugnato al primo anno, oltre che usato come stampella. A ricordargli quell’avventura c’era anche, su un trespolo d'oro dietro alla porta, Fanny, che a vederlo cantò felice. Al suo fianco c’era l’uomo che lo aveva mandato a chiamare.

«Buonasera Kaito.»

«Buonasera, professore.»

«Sei puntualissimo, bene! Ma immagino che dopotutto fossi impaziente, dopo un anno di attesa…»

Il ragazzo non rispose e il preside attraversò la stanza, diretto verso un armadio nero, da cui prese qualcosa che poggiò sulla scrivania. Quando tornò a rivolgersi a Kaito, ogni traccia di quel suo solito rassicurante sorriso con cui l’aveva accolto sembrava svanita.

«Voglio che una cosa ti sia ben chiara, Kaito. Questa non sarà una serata facile, né per te, né tanto meno per me. Quando avrò risposto a tutte le tue domande, quando uscirai da quella porta, nulla sarà più come prima.»

Kaito gli restituì lo stesso sguardo serio, in silenzio. Non era necessario dire nulla, era Silente a dover parlare.

L’anziano uomo continuò: «Ho pensato molto a come affrontare questo momento. Avrei potuto farti un lungo e complicato spiegone, ma poi ho pensato che, visto cosa devo rivelarti, avresti preso le mie parole per i deliri di un povero vecchio pazzo. E poi magari dopo una giornata di lezioni, eri stufo di sentir insegnanti blaterare… così ho pensato di usare questo. Vieni, avvicinati.»

Kaito obbedì. Quello fra le mani del preside era un basso bacile di pietra, con strane figure incise sul bordo, probabilmente rune o comunque simboli che il ragazzo non era in grado di leggere. Conteneva una sostanza strana, liquida o forse gassosa, era difficile capirlo, di un colore argento luminoso e biancastro, e si muoveva incessantemente; la superficie s'increspò come acqua accarezzata dal vento, e poi, simile alle nuvole in cielo, si separò e vorticò dolcemente.

«Quest’oggetto si chiama Pensatoio, ed è in dotazione ad ogni preside di Hogwarts. A volte, e sono certo che conosci questa sensazione, ho l'impressione di avere semplicemente troppi pensieri e troppi ricordi stipati nella mente. Quando mi capita, uso il Pensatoio. Basta travasare i pensieri in eccesso dalla propria mente, versarli nel bacile ed esaminarli a piacere. Diventa più facile riconoscere trame e collegamenti, sai, quando assumono questa forma.»

Kaito guardò il contenuto del bacile con una smorfia: «Quindi quelli sarebbero i suoi ricordi?»

«Esattamente. Posso utilizzare i miei o anche quelli di una terza persona. E in questa forma posso anche riviverli, come se fossero un film. Guarda.»

Estrasse la bacchetta e infilò la punta tra i propri capelli d'argento, vicino alla tempia. Quando la tolse, parve che dei capelli vi restassero attaccati, ma in realtà si trattava di una striscia scintillante della stessa strana sostanza bianco-argentea che riempiva il Pensatoio e che venne prontamente aggiunta.

«Ecco, ho aggiunto adesso i ricordi che volevo mostrarti stasera.»

«Vuole mostrarmi i suoi ricordi… là dentro?»

Silente annuì e il prestigiatore ridacchiò: «Gli psicanalisti pagherebbero a peso d’oro quell’affare!»

Il preside continuò: «I ricordi che ti mostrerò stasera appartengono tutti a me, tranne uno…»

Estrasse dalla tasca dell’abito una fiala, contenente la stessa sostanza biancastra che aveva aggiunto poco prima nel Pensatoio.

«Questo è un ricordo eccezionale, Kaito, di cui gradirei non facessi parola con nessuno. Appartiene a un Babbano. Normalmente non sono solito “prelevare” ricordi di chi non c’entra con il mondo della magia, ma questa era una prova eccezionale, unica nel suo genere… la legge dei maghi, tuttavia, non ha stabilito regole sul trattamento dei ricordi dei Babbani

«E ciò che la legge non vieta, implicitamente consente… conosco l’antifona, sono abituato a lavorare ai limiti della legge, stia tranquillo, terrò la bocca chiusa.»

Silente aprì la fiala e aggiunse quel ricordo agli altri: «Spero che quello che vedrai possa rispondere alle tue domande, benché, ti avverto, sarà doloroso.»

«Non ho paura.»

Silente gli sorrise intenerito, come se il ragazzo avesse appena detto inconsapevolmente un’enorme sciocchezza: «Ti prego di avere pazienza con me, questa sera. Anche se starai male, ti chiederei di sopportare fino alla fine, potremmo non avere un’altra occasione di rivederci con questa tranquillità con l’incombenza dell’imminente Torneo Tremaghi. In ogni caso, se ne sentirai il bisogno, ti prego di tralasciare pure con me la tua pur ottima faccia da poker.»

Kaito trasalì. Non ricordava di aver mai parlato con il preside di quel particolare.

L’uomo gli porse una mano: «Vieni, avvicinati.»

Il ragazzo fece una smorfia imbarazzata: «Ehm… è sicuro che non le dispiaccia se invado così la sua privacy?»

Silente gli sorrise intenerito e si limitò a dirgli: «Prendi un bel respiro, Kaito. Stiamo per cominciare.»

 

 

Ehm... saaaalve.... come va?

Sì, lo so, sono sparita per mesi, e mi dispiace enormemente. Purtroppo, come avevo avvertito, gli impegni universitari si sono fatti troppo incombenti per riuscire a gestire tutto, comprese tutte le mie storie. Rassicuro anche gli eventuali lettori di Richiamo di sangue, mi rimetterò presto anche su quella storia. Ora devo concentrarmi anche sulla tesi, ma farò del mio meglio per non far passare di nuovo tutto questo tempo, anche perché con la suspense con cui vi ho lasciato penso che mi linciate!

Intanto, un paio di note. Mi sono molto divertita a immaginare due professoresse che nei libri sono solo accennate ma mai descritte nei dettagli. Non vedremo molte loro lezioni, ma mi sembrava interessante da approfondire, spero vi piaccia come le ho caratterizzate. Per quanto riguarda la lezione di Aritmanzia, i dati sulla materia, per quanto un pochino romanzati, li ho presi da un libro intitolato “Manuale per apprendisti maghi” di Allan Zola Kronzek e Elizabeth Kronzek, edito da Speriling & Kupfer Editori, che spiega molte curiosità sul mondo magico di Harry Potter. La mia edizione non è aggiornatissima, si ferma al quinto libro, ma so che in circolazione ci sono edizioni aggiornate fino al settimo. Se volete fare il calcolo aritmanzico del vostro nome cercatelo!

Ringrazio quindi i commentatori, ovvero fenris, Lunaby, Tsuki no Sasuke, mergana, sophi33, Miciagatta33, _happy_04 (menzione speciale per essersi letta e recensita tutti i capitoli in questi mesi) e _SayayMagicSuicune_. Sarà rimasto qualcuno di voi dopo tutto questo tempo? Lo spero proprio...

Prossimo capitolo? Mi sembra chiaro, finalmente avrete quasi tutte le risposte che aspettavate. Solo un avviso: questo sarà probabilmente il capitolo più lungo in assoluto della storia, in cui si vedrà se davvero sono riuscita a fare la brava sartina e a cucire bene la trama di Kaito Kid e quella di Harry Potter, tenendo conto della marea d’indizi che vi ho lasciato in questi trentun capitoli. Per questo motivo e per la tesi in corso potrebbe volerci un pochino (ma meno degli infiniti mesi d’attesa, per autoparodiarmi). Spero che ne valga la pena.

Al prossimo capitolo, e abbiate fiducia, arriverà!

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Hinata 92

  
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: hinata 92