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Autore: Deline    15/07/2016    0 recensioni
LoneWolf è un’infiltrata del Dipartimento all’interno della recinzione. La sua missione è semplice: trovare i Divergenti e proteggerli fino all’ordine di trasferimento. Per questa sua missione può contare sulla copertura di due fazioni: Pacifici e Abneganti. Tuttavia chiede di essere assegnata alla fazione degli Intrepidi con la mansione di sorvegliante degli Esclusi per aver una maggiore libertà di movimento all’interno della recinzione.
Dopo non essere riuscita a fermare l’attacco agli Abneganti, LoneWolf è certa che verrà sollevata dall’incarico ma, il generale Walter Crowe, capo della sicurezza del Dipartimento decide di concederle una seconda possibilità e un nuovo incarico: liberare Tris e portarla al Dipartimento.
LoneWolf riuscirà a liberare Tris, tenuta prigioniera nella fazione che tanto teme e che per lei rappresenta un grande pericolo a causa del suo doloroso passato?
“DESCENDANT” è una mia rivisitazione della saga di Divergent. Sebbene il racconto sia ambientato immediatamente dopo l’attacco al quartier generale dei Candidi (Insurgent) consiglio vivamente di leggere prima tutta la saga.
Mi scuso da subito per la lentezza che ci metterò ad aggiornarla ma ho dato più priorità alle due versioni de "Lo specchio Vuoto"
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eric, Four/Quattro (Tobias), Nuovo personaggio, Tris, Un po' tutti
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Eric uscì dalla sua piccola palestra e raggiunse Lone nella camera da letto.
Lei era dove l'aveva lasciata, sdraiata nel centro del letto.
Si era infilata la maglietta e fissava un punto sulla parete di fronte a lei. I suoi occhi erano gonfi. Aveva pianto. Sentì gridare la voragine nel suo petto.
Si sedette accanto a lei e rimase in silenzio a fissare l'esile corpo della sua donna che si era rannicchiata e stava abbracciando un cuscino.
Si avvicinò a lei e vide delle macchie rosse sul copriletto. Non pensava di essere stato così brutale, ma lo era stato.
Premette dolcemente il piccolo asciugamano tra le cosce di Lone e lei ebbe un piccolo sussulto.
«Io...io non pensavo che ti facesse tanto male»
Lei rimase in silenzio continuando a fissare il vuoto.
«Non volevo farti del male. Non me ne sono reso conto» cercò di giustificarsi, ma questo lo fece sentire ancora peggio.
«Te ne sei accorto benissimo che non volevo» mormorò con voce carica di rabbia.
«Pensavo che volessi fare la preziosa, ogni tanto lo fai ma poi ti lasci andare»
«Quelle sono le volte in cui sono fortunata. Le altre finisce così» disse lanciandogli l'asciugamano che lui le aveva messo tra le gambe.
«Perché non mi hai fermato?»
«All'inizio ci ho provato, ma poi ho capito che alcune volte, quando sei arrabbiato o nervoso, è inutile e così ho dovuto sopportare»
Quell'affermazione lasciò Eric basito.
Quante volte aveva dovuto subire in silenzio? Quante volte lui non aveva capito che doveva fermarsi?
Alcune volte si era accorto che lei non ne aveva voglia e l'aveva lasciata in pace, ma non pensava che ci fossero state altre volte, volte in cui non aveva capito che lei non voleva ma che l'aveva presa comunque, contro il suo volere.
Contro il suo volere, pensò e si sentì un mostro.
Lei aveva sempre sopportato e non glielo aveva mai fatto pesare. Era rimasta cupa per qualche giorno e poi era tornata quella di sempre.
«Perché non hai reagito? Non è da te sopportare in silenzio» le domandò ricordando una loro lite che lo fece finire in ospedale.
«Perché tu non hai capito invece? Te lo dico io. Perché non ti importa niente di me» lo accusò Lone.
«Questo non è vero e lo sai bene.»
«Come potrei, non me lo hai mai dimostrato»
«In sei anni sono sempre stato con te, solo con te. Sono arrivato addirittura a infrangere delle regole, ho mentito, tradito la fazione e ora ho scelto di vivere con te.
Che altro devo fare per dimostrartelo?!»
«Mi hai sempre voluta come un oggetto e ora sono passata al livello successivo, quello di soprammobile»
«No, non è così, noi siamo una coppia»
«Non hai la minima idea di cosa voglia dire essere una coppia»
«Ok, visto che sei tanto brava, dimmelo tu»
«Sarebbe solo tempo sprecato»
«Senti, vuoi dirmi che diavolo hai questa sera?» domandò ormai sul punto di perdere la pazienza.
«Niente»
«Non mi pare visto che stai cercando un motivo per litigare»
«Almeno parliamo»
«Ancora con questa storia? Conosci la situazione delicata della città in questo momento. Sai che torno a casa stanco, stressato e l'unica cosa che voglio è mangiare qualcosa e andarmene a dormire»
«Però per scoparmi non sei stanco» obiettò Lone.
«Smettila, sai benissimo che non è sempre così. Stai esagerando come tuo solito»
Lone sbuffò e si infilò velocemente sotto le coperte.
Eric aveva ragione, spesso lei esagerava, cercava di farlo sentire in colpa, non per cattiveria ma perché voleva di più da lui e non semplici chiacchierate o del sesso. Era consapevole che Eric stava già dando il suo massimo e ne conosceva anche il motivo, ma questo non la fermava. Era impaziente, lo rivoleva come era un tempo, era stanca di aspettare. Dopo la scoperta del PEA-121.18, la sua impazienza cresceva di giorno in giorno e con essa la frustrazione di avere la cura giusta ma non il permesso di usarla, anche se in realtà era lei stessa ad avere paura di usarla. Temeva che potesse peggiorare la situazione, o peggio, far male a Eric, magari causargli uno shock mortale. Per questo motivo continuava a seguire il protocollo somministrandogli dosi sempre più basse del MS-R41.3, sopportando i suoi lunghi silenzi, gli sfoghi violenti e cercando di ignorare le atrocità che aveva commesso in quei sei lunghi anni.
Lone l'amava ancora e non aveva mai smesso di amarlo anche dopo aver visto con i suoi occhi quello che era diventato. Nel suo cuore era sempre rimasto quel ragazzino solitario che, seduto su un banco, osservava con uno sguardo meditativo e malinconico la pioggia cadere fitta fuori dalle grandi finestre della loro scuola.
Eric si alzò e andò verso il bagno.
Lone pensò che, come al solito, lui le avesse concesso il lusso di sfogarsi e che per quella sera aveva sopportato abbastanza i suoi piagnistei. Avrebbe fatto una doccia e poi si sarebbe infilato nel letto addormentandosi quasi all'istante, fregandosene di lei e di come si sentiva dopo quello che lui le aveva fatto.
Si stupì quando lo vide tornare dopo pochi minuti.
«Metti questa, dovrebbe aiutarti» disse mentre le diede la crema lenitiva.
Così sarò pronta più in fretta per la prossima scopata, non dovrai aspettare molto fu tentata di dire ma poi guardò Eric. La stava fissando rattristato e i suoi occhi chiari sembravano più limpidi di quelli del suo Eric, il ragazzino, arrogante con tutti ma gentile e affettuoso con lei.
Prese la crema e cercò di stenderla sulle piccole labbra, ma il bruciore era troppo forte, questa volta Eric era stato più violento del solito. Si ordinò di applicarla anche più in profondità ma il dolore era insopportabile, quella sera non sarebbe riuscita a infilare neanche il mignolo e quindi decise che ci avrebbe pensato l'indomani, sperando che non fosse troppo gonfia e dolorante.
Eric si infilò nel letto accanto a lei.
«Fa molto male?»
«Un po'»
«Mi dispiace, non accadrà più» disse dopo averla aiutata a pulirsi le dita unte di crema.
«Ok, vieni qui. Risolviamola» si avvicinò a lei, la prese tra le sue braccia e aggiunse: «Adesso mi dici cosa c'è che non va. Parliamo civilmente senza attaccarci o rinfacciarci nulla, ok?»
«Come mai così tanta bontà? Ti senti in colpa per aver abusato di me?» domandò in tono acido.
«Lone, smettila, sai benissimo che non mi hai fermato solo perché volevi una scusa per farmi sentire un mostro. Io ho sbagliato e mi assumo la mia parte di colpa, e tu?»
Lone sapeva benissimo che Eric aveva ragione, lei voleva solo una scusa per litigare e scaricare su qualcuno la rabbia e la frustrazione causate da tutti i fallimenti con il siero.
«Hai ragione» mormorò con sguardo colpevole.
«Come faccio a sapere se siamo una coppia o se sono solo il tuo riposo del guerriero?» domandò cercando di ignorare le parole e le immagini dell'infernale filmato che avevano ripreso a scorrere nella sua mente.
«Perché torno a casa ogni sera e torno da te, solo da te»
«Non è una gran risposta ma almeno finalmente facciamo quella cosa che eviti come la peste, parlare»
«Non è vero e poi...»
«Poi?»
«No, niente, non è il caso»
«Sì che lo è, hai detto parliamo e ora parli!»
«Ok. Quattro» si limitò a dire.
«Che c'entra Quattro?»
«Pensavi che non mi fossi accorto di tutte le serate che avete passato in cima a una delle guglie o al Pozzo?»
Eccolo che ricomincia pensò Lone.
Quattro era uno degli argomenti più frequenti nelle loro discussioni e, per quanto Lone gli assicurasse che erano solo amici, Eric continuava ad essere geloso a livelli quasi maniacali.
«Eric, parlavamo e basta, lui è solo un mio amico»
«Non so se crederti, ma in ogni caso parlavate per ore. Stavi sempre con lui anche al Pozzo e quando mi avvicinavo smettevate di colpo di parlare. Mi nascondevate qualcosa»
«Non ti nascondevamo niente, parlavamo di cose nostre, di cose da amici»
«Io sono più di un amico, non dovresti avere segreti con me»
«Non li ho, ma non posso raccontarti cose private di Quattro, non mi sembra giusto nei suoi confronti»
«Con me non hai mai passato ore a parlare»
«Perché sei molto poco loquace e poi...non credevo che ti interessasse, insomma...il nostro rapporto non è mai stato quello di una coppia normale»
«Lo so. Ho i miei limiti, ok? Non sono come gli altri» fece un profondo respiro e poi continuò: «Sono poco loquace, non sono sdolcinato e neanche perfetto come il tuo Quattro. Quindi se non ti vado bene così e preferisci lui, forse dovremmo lasciarci»
Pregò di non sentire Lone dargli ragione.
«So come sei fatto. Sono rimasta con te tutti questi anni e ho sopportato le cose che mi facevi quando eri arrabbiato, forse ti ho già accettato come sei»
«Magari speri in un mio cambiamento»
«La gente non cambia, l'unica cosa che spero è di vedere meno spesso la tua versione arrabbiata. So che è un momento difficile per te. Sto aspettando momenti migliori e non un Eric diverso» mentì.
Lei voleva un Eric diverso da quello che la stava stringendo tra le sue braccia. Lei voleva Eric di quando si erano conosciuti, ma purtroppo questo non era ancora possibile.
«Quindi non mi vuoi scaricare per Quattro?»
«Ma la vuoi smettere con questa storia di Quattro? É solo un amico, niente di più e ora non è neanche qui» disse accennando un sorriso.
Eric finalmente si rilassò e ricambiò il suo sorriso.
«Ti manca?»
«Un po', non so con chi confidarmi»
«Io non vado bene?»
«Non se sei tu l'argomento»
«Parlavi di me a Quattro?!»
«No, parlavo di noi a Quattro e non ho detto niente che potesse usare contro di te, cosa che comunque non avrebbe mai fatto per rispetto nei miei confronti»
«Lo immaginavo e la cosa non mi è mai piaciuta»
«Eric, avevo bisogno di un'amica con cui confidarmi e Quattro era l'unica persona che ero certa avrebbe tenuto la bocca chiusa»
Eric scoppiò a ridere.
«Perché ridi?» gli domandò cercando di trattenersi dallo scoppiare a ridere.
«Quattro. Amica.»
«É così che lo vedo, non gli farei mai le treccine ma non riesco a vederlo come un maschio»
«Questo mi piace»
«Non ne avevo dubbi» disse ridendo.
«Cosa gli dicevi su di me?»
«Molto poco, a lui non piacevi e non capiva cosa ci trovassi in te. Più che altro mi sfogavo quando le cose non andavano bene, quando io e te litigavamo»
«Non credi che avresti dovuto parlare con me se c'era qualcosa che facevo che ti infastidiva? Non è così che funziona in una coppia? Non mi sembri tanto esperta come dici»
«Infatti ne parlavo con te, alla fine abbiamo sempre chiarito tutto. Quattro era solo un...un'amica con cui sfogarmi» disse Lone ridacchiando.
Eric rise con lei. Si passò una mano tra i capelli scompigliandoli e imitò lo sguardo serio di Quattro. Lone rise più forte nel vedere Eric scimmiottare il suo eterno rivale.
«Ok, sono Quattro. Cosa mi confideresti?» domandò cercando di imitare la voce calda e profonda di Quattro.
«Niente. Lui mi guarderebbe e capirebbe che è stata la serata delle abrasioni e finiremmo col parlare per ore» cercò di tornare seria.
«Quindi sarei stato l'argomento della lunga serata?»
Lone lo guardò, aprì la bocca come per parlare ma poi cambiò idea. Eric lo notò.
«C'è altro»
«No è tutto» disse velocemente, come farebbe chi ha qualcosa da nascondere.
«Non era una domanda. Forse non sono il compagno perfetto, ma capisco benissimo quando qualcuno mente, o meglio, omette di dire qualcosa»
«Ok, l'altro argomento sarebbe stato Jeanine» confessò.
«Jeanine?»
«Sono passata a salutare quelli del centro di controllo e ho assistito a qualcosa di poco piacevole per me» disse fissandolo dritto negli occhi.
Il suo sguardo era triste ed Eric ne capì subito il motivo, aveva assistito alla conversazione con Jeanine.
«Mentivo. Non si stava mettendo bene per te... per noi. Sai che devo seguire i suoi ordini se voglio essere tra i leader. Dobbiamo sopportare per un po', tenere duro fino a quando non potrà più comandarmi a bacchetta»
«Mi ha ferita quello che ho sentito»
«Oh dai, non ci avrai creduto davvero? É per questo che questa sera...»
«Sì, è per questo che non è stata una delle sere fortunate ma la sera delle abrasioni»
«Senti, se fosse stato così, se davvero non provassi nulla, ti avrei fatto assegnare l'appartamento qui accanto» indicò la libreria che nascondeva la porta che separava il loro appartamento da quello attiguo.
«Ci avrebbe separato solo una porta. Sarebbe stato molto più comodo, una volta fatto quello che dovevo me ne sarei tornato di qui e non ti avrei avuto tra i piedi tutto il tempo»
Le accarezzò la guancia con le dita e sentì la voragine sparire portandosi via con sé tutti i suoi tormenti.
«Invece ho scelto di vivere con te, accettando i momenti buoni e quelli meno buoni. Sapevo che non sarebbe stato facile conoscendo il tuo carattere...» l'occhiataccia di Lone lo paralizzò.
«Ok, anche io non ho un bel carattere, lo ammetto, ma sto cercando di impegnarmi...»
Lone gli lanciò un'altra occhiataccia, più dura della precedente.
«Va bene, quello che ho fatto è imperdonabile, non ho scuse ma è un periodo terribile, mi va storto tutto. Sai che non sono sempre così» fece una pausa «e non lo sei neanche tu»
Lone ripensò alle due settimane dell'iniziazione, a quando lo vedeva ancora come il suo Eric. Col passare dei mesi capì quanto era cambiato in soli due anni e si aggrappò alla speranza che, con le cure adeguate, sarebbe tornato ad essere quello di un tempo.
Dopo molti anni quella speranza la stava lentamente abbandonando e lei pensò che probabilmente sarebbe rimasto così e che se voleva stare con lui doveva accettarlo.
Non ci riusciva, restava una debole speranza di poterlo portare con lei al Dipartimento, se non come era un tempo, almeno molto migliorato.
I miglioramenti, ottenuti in anni di somministrazioni del MS-R41.3, non erano sufficienti per portarlo con lei fuori dalla recinzione.
Eric perdeva la calma più raramente con lei, iniziava a mostrare dei sentimenti, era più paziente e aveva notato l'aumento di piccole attenzioni come prepararle la colazione, assisterla e aiutarla quando stava male. Tante piccole cose che però non erano sufficienti e costanti per avere la certezza che non ci sarebbero stati problemi a portarlo nella sua vera casa, non era certa che Deline fosse al sicuro con lui nei paraggi.
«Sei anni con te non sono una passeggiata. Speravo, non dico di vederti addolcito, ma almeno più coinvolto...meno violento con me almeno»
«Non ti ho mai fatto del male...almeno non intenzionalmente. Comunque lo sai che non è tutta colpa mia, è uno degli effetti delle medicine. Sai che non posso smettere di prenderle»
«Eric, sei sicuro di averne ancora bisogno?»
«Ho una carenza dovuta a un difetto genetico, se smetto rischio di morire. Posso provare a diminuire le dosi, saltare un giorno ogni tanto. Mi è capitato di dimenticarmi di prenderle per un giorno e non sono stato male»
Lone sapeva la verità sui farmaci che gli stavano dando, Eric non aveva la minima idea di che tipo di sostanza assumeva ogni mattina.
«Vuoi che provi a saltare una pillola ogni tanto?» domandò stringendola a sé.
«Vorrei vedere che cosa accade. Se le cose si mettono male puoi sempre fare l'iniezione» rispose appoggiando la testa sul suo petto.
«Insegnato a stare al suo posto. Mi chiedo come hai potuto credere che fosse la verità. In sei anni non sono riuscito a farti obbedire ai miei ordini neanche come capofazione. Seguivi solo quelli che volevi» disse Eric ridendo.
«Tipo cambiare lavoro e diventare la tua assistente? Sai bene che sarebbe stato complicato»
«Sì, non avresti potuto allontanarti per troppo tempo dalla residenza. Vedi, non sono poi così cattivo, ti ho coperta per tutti questi anni mentre andavi a trovare la tua sorellina dagli Abneganti. Sai che è contro le regole e che tutti e due rischiavamo di finire nei guai»
«Lo so. Grazie Eric» disse sfiorandogli le labbra con un bacio.
La sua sorellina Abnegante, era quella la scusa che usava per tornare a casa da sua figlia.
Eric aveva scoperto un bigliettino che Deline le aveva infilato nella borsa dopo uno dei suoi viaggi al Dipartimento e fu proprio lui a suggerirgli involontariamente quella scusa. L'uomo pensò che era il messaggio di qualcuno che conosceva bene e la sua mente logica pensò agli Abneganti, perché credeva che fosse quella la fazione di nascita di Lone. Visto il testo del messaggio, Lone inventò una sorellina.
Eric non fu felice di scoprire che lei passava del tempo con la sua vecchia fazione ma alla fine capì e accettò. Le disse che doveva fare attenzione e che se l'avessero scoperta lui non avrebbe potuto aiutarla.
«Sta bene dai Pacifici?» le domandò ricordando che fu proprio lui a dirle di portare la sua famiglia in salvo dai Pacifici prima dell'attacco agli Abneganti.
«Sì, ti saluta. Dice che quando sarà tutto a posto vuole conoscerti»
«É rompiscatole come te?»
«No, molto di più ed è anche caparbia e fiera» disse, omettendo però di menzionare la sua perspicacia e il suo altruismo.
«Un'altra Abnegante che passerà agli Intrepidi. Iniziate ad essere in molti»
«Sarà stata sedotta anche lei dal capofazione giovane e carino...» fece una pausa, scoppiò a ridere e aggiunse: «oh cielo! Ecco perché Quattro passava tanto tempo con me, voleva arrivare a te! Lui è innamorato di te e...oh mio Dio! Eric, cosa facevate quando sparivate insieme?»
«Sapessi...» disse sospirando per poi scoppiare a ridere un attimo dopo.
Risero e parlarono come non facevano da anni.
Lone pensò che era solo uno dei rari momenti buoni e che presto sarebbe svanito.
Decise di viverlo serenamente senza pensare a quello che sarebbe stato. Era un dono troppo prezioso per sprecarlo pensando a quanto poco sarebbe durato.

   
 
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