Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: valemeo97    15/07/2016    1 recensioni
Due vite destinate a intrecciarsi secolo dopo secolo, legate da un passato oscuro segnato dalla brama di sangue e di potere.
Basterà l'amore tra due ragazze a cancellare gli oscuri meandri di un destino che sembra avere già in serbo per loro un finale già scritto?
Umano o mostro, scegli.
Essere, vuol dire essere la somma di tutto ciò che si è stati. L'uomo non comprende e non accetta l'immortalità se non a condizione di ricordare se stesso. Essere, per la creatura intelligente, è confrontare ciò che si è stati con ciò che si è.
- Victor Hugo.
Genere: Dark, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La mattina seguente alzarmi dal letto non fu affatto facile, probabilmente per via degli incubi che sempre più spesso popolavano le mie notti. Il sogno era lo stesso, il castello immenso e lo strano individuo di spalle. Stava fermo, immobile, poi, come se mi avesse sentita arrivare, lentamente voltava il busto, ma il suo volto mi rimaneva oscuro dal momento che finivo per svegliarmi esattamente nell'istante in cui la sua identità stava per essermi rivelata. Ormai quella visione mi perseguitava dal giorno dell'incidente in camera mia e ogni notte quell'individuo camminava nel mio subconscio senza mai, però, mostrarmi il suo viso. Mi ci vollero alcuni istanti per comprendere che quello era l'inizio di una nuova settimana, il lunedì tanto odiato. 
Una miriade di pensieri fecero capolinea nella mia testa. Innanzitutto avrei rivisto Maddy e la situazione sarebbe stata strana dopo gli avvenimenti della sera precedente. Questa era la classica situazione di stallo, in cui non si sapeva esattamente quale fosse la vera natura del rapporto e, tanto meno, come si sarebbe evoluta. Di una cosa però ero sicura, quel calore che mi inondò il petto nel momento esatto in cui lei era stata tra le mie braccia non era scomparso, anzi mi cullava, consapevole del fatto che tra pochi minuti la fonte di tale benessere sarebbe stata di nuovo alla mia portata, inebriandomi del suo essere. D'altra parte però un chiodo fisso continuava a tormentarmi e cioè il fatto che quella mattina sarei stata a contatto con Miss Dubois per la prima volta dopo le rivelazioni del giorno precedente. Mi turbava non poter rivelare ad anima viva le parole agghiaccianti di quella conversazione ma d'altro canto non sapevo neanche io il loro significato. Tutto sembrava troppo strano e la mia razionalità stava vacillando di fronte a tali incertezze. 
Cercai di scacciare via quei dubbi e quelle preoccupazioni che ormai stavano divagando dentro di me, convincendomi ad affrontare la nuova giornata che l'alba aveva portato con sé. 
Jeans e camicia nera erano già pronti sulla sedia e quindi li indossai senza troppa convinzione. Ellie e il ritardo del lunedì, che sorpresa!
Presa com'ero dall'affanno dell'ultimo minuti non mi accorsi che mia madre era salita in camera mia e che ora sostava sull'uscio.
"C'è qualcuno che ti sta aspettando fuori" esordì, non riuscendo a nascondere un tenero sorriso. "Sai non mi hai ancora presentato ufficialmente questa misteriosa ragazza. Un incontro all'ospedale non è sufficiente" aggiunse con aria ironica. Era evidente che quell'affermazione era carica ancora di preoccupazione per quanto successo la settimana scorsa.
"Mamma, non so neanche io cosa sta succedendo tra noi..." ed era la verità. "Meglio che scappi o sarò in ritardo per la prima ora." Non mi sembrava una buona idea irritare l'insegnante del mese, Miss Dubois. Così presi tutta la mia roba e mi precipitai al piano di sotto, lanciai un bacio a mio padre e corsi alla porta d'ingresso. Quando voleva mia madre sapeva essere davvero invadente. 
Appoggiata sulla portiera dell'auto c'era lei. Ancora non mi capacitavo di quanto fosse meravigliosa, la sua figura era la cosa più simile alla Venere di Botticelli che avessi mai visto. 
"Ehi" salutai, avvinghiandola in un abbraccio. Lei di tutta risposta spostò il suo viso, posando delicatamente le sue labbra sulle mie. In quell'istante la mia testa si svuotò, inebriata da quel suo dolce profumo. Quel lieve e fugace contatto alleviò i miei timori, in fondo lei era qui e tutto il resto aveva perso di importanza. Si staccò malvolentieri, continuando però a cingermi la vita con le sue mani. 
"Ehi anche a te. Charlie oggi non c'è, ha preso l'influenza e sua madre ha preferito tenerla a casa, quindi siamo solo noi due stamane." Presa com'ero da Maddy non avevo fatto caso che quel mostriciattolo non era presente. Dovevo chiamarla e aggiornarla sulle ultime novità, magari quel pomeriggio stesso. Non volevo essere una di quelle persone che appena si sistemava mandava al diavolo gli amici di una vita, soprattutto se l'amica in questione era Charlie.
Il tragitto fu piacevole. Tutta quell’agitazione che avevo provato poc’anzi si era ormai dissolta, forse per quella inspiegabile dote che possedeva Madison. Lei, infatti, riusciva a diffondere quiete e sicurezza intorno a sé, risollevando gli animi delle persone che la circondavano.
“A quanto pare la nostra insegnante preferita è già arrivata” esordì Maddy non appena parcheggiò il veicolo. Il mio sguardo seguì la direzione in cui lei aveva posato gli occhi. Una Mustang rossa svettava tra una serie di utilitarie decadenti. Mi ero quasi scordata che fra meno di dieci minuti sarei stata alla mercé di quella enigmatica donna dall’aspetto così seducente. Ogni fibra del mio corpo fremeva al solo pensiero di dover trascorrere un’intera ora nella sua stessa stanza.
“In fondo è solo un’insegnante… un’insegnante che mi metterà un bel richiamo se non mi sbrigo” farfugliai cercando di non lasciar presagire la tensione che ormai si stava diffondendo a macchia d’olio. Non potevo coinvolgerla, non dopo le parole inquietanti che Miss Dubois aveva avuto tanta premura di recapitare.
“Come vuoi...” 
La sua risposta fredda mi fece intuire che ancora una volta mi ero comportata come se volessi liquidarla, senza preoccuparmi di attenuare quel tono gelido che già in precedenza l’avevano ferita. Senza pensarci le diedi un buffetto affettuoso sulla guancia, cercando di diffonderle le mie più sincere scuse. Lei sorrise, poggiando il suo viso sul palmo della mia mano. 
“Vai, o ti spedisco io a lezione!” 
Scoppiamo a ridere e il clima si attenuò. A malincuore scesi dall’auto e mi fiondai verso la classe di storia, sperando di arrivare in tempo. Non avevo nessuna voglia di beccarmi un richiamo da quella docente. 
Non appena svoltai l’angolo del corridoio in cui era situata l’aula designata, una figura snella si parò davanti a me, non curante del caos che la circondava. Per un caso del tutto fortuito riuscii a evitarne lo scontro ma proprio mentre pensavo di aver scampato una rovinosa caduta, andai a urtare una schiena che, all’impatto, sembrò più simile al granito per consistenza che a  carne umana. 
Il contatto mi fece rimbalzare quasi come una molla dritta contro il pavimento. La testa pulsava e un ronzio fastidioso risiedeva nelle mie orecchie.  
La botta fu tale che per un paio di secondi non fui in grado di mettere a fuoco la sagoma che mi scaraventò a terra con tanta facilità. Mentre ancora stavo rielaborando l’accaduto, una mano sinuosa si protese davanti ai miei occhi; istintivamente alzai lo sguardo e la vidi. Immobile come una statua l’insegnante dai lunghi capelli corvini, accuratamente raccolti in una coda di cavallo, mi fissava divertita, porgendomi il suo aiuto. Titubante accettai. Il contatto provocò una scarica di adrenalina di cui non mi capacitai e inoltre il suo palmo era estremamente liscio e… gelido. Anche un pupazzo di neve avrebbe avuto una temperatura corporea più elevata. Indolenzita mi issai in piedi. 
“Dovrebbe prestare più attenzione signorina Harper, soprattutto dopo i precedenti avvenimenti che l’hanno costretta al riposo forzato” Il suo tono era scherzoso, quasi irriverente. 
“Me ne ricorderò.” Volevo solo sgattaiolare via da quegli occhi più neri della pece. 
“Ha battuto la testa e credo che lei possa rischiare una commozione cerebrale. Forse è meglio se la accompagni in infermeria. Ormai ha familiarità con quel genere di luoghi, giusto?”
Sentii montare una collera improvvisa, come si permetteva di deridermi in quel modo? I nostri sguardi continuavano imperterriti a mantenere un contatto visivo in una sorta di sfida di nervi in cui non era concesso indietreggiare. 
“Non ho bisogno della sua supervisione né tanto meno di farmi visitare, di nuovo.” Non sapevo quanto potessi essere credibile dato che sentivo chiaramente la testa intorpidita e gli occhi tutt'altro che vigili, ma non gliela avrei  data vinta, non questa volta.
“Forse non hai capito, la mia non era una richiesta.” Detto ciò, superò le due spanne che ci dividevano e mi afferrò per il braccio trascinandomi di peso verso lo stanzino medico. La sua presa era salda e, non curante degli sguardi indiscreti, continuava a strattonarmi per i corridoi.
“D’accordo, siamo arrivate! Ora mi lasci” Mi sbalordii dal tono squillante con cui scandii queste poche parole. Senza aspettare oltre, lei aprì la porta dell’infermeria e mi spinse dentro. L’incaricata all’assistenza medica sedeva dietro a una scrivania, intenta a leggere una stupida rivista di gossip. Non appena ci vide scattò in piedi, allarmata probabilmente dal mio aspetto malfermo. Prima che potesse avvicinarsi, la mia accompagnatrice le lanciò un’occhiataccia torva, paralizzandola sul posto.
“Perché non va a fumarsi una sigaretta in cortile, qua ci penso io.” 
Le stava ordinando cosa? Dov’era finito il bisogno ossessivo di farmi visitare? Come se non avesse avuto altra scelta l’esile donna uscì, evitando qualsiasi forma di contatto, semplicemente obbedì agli ordini, senza replicare o domandare il perché. 
“Bene, ora che siamo sole” la professoressa ruppe immediatamente il silenzio, non appena la porta si chiuse alle spalle dell’inerme assistente “ posso finalmente avere la tua attenzione. Innanzitutto pensavo fossi un pochino più sveglia. Con tutte le persone che ci sono in questi luridi corridoi vai a urtare l’unica che avresti dovuto evitare. Ma almeno mi hai fornito l’occasione di cui avevo bisogno.” Le sue parole fluttuavano veloci e la mia testa faticava a rimanere lucida.
“Pensavo che sarebbe stato molto più difficile riuscire a isolarti, soprattutto ora che sei diventata così… intima con la signorina Wetmon. Anche se questo non mi sorprende affatto, chiamalo intuito.  
Fossi in te non mi lascerei troppo prendere da queste faccende umane, scoprirai tu stessa quanto siano effimere. Forse è giunta l’ora che ti dia alcune informazioni che ti permetteranno di non dare di matto nei prossimi giorni. Innanzitutto evita ti uscire questa sera o ci saranno delle conseguenze di cui potrai incolpare solo te stessa e il senso di colpa non s'addice a questo bel visino” disse afferrandomi il mento tra il pollice e l’indice. Istintivamente indietreggiai svincolandomi dalla sua mano. Lei rise di gusto e continuò “Seconda cosa, non sono io quella che devi temere di più, preoccupati di te stessa piuttosto. E per oggi può bastare, ti vedo già abbastanza confusa, ma tieni bene a mente quanto ti ho riferito.” Con queste ultime parole, mi sorpassò, uscendo dalla stanza. Prima, però, che voltasse l’angolo ero certa che stesse ancora sogghignando per qualche arcano motivo.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: valemeo97