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Autore: Emmastory    17/07/2016    4 recensioni
Esisteva il regno di Aveiron. Fiorente sin dalla notte dei tempi, era governato da un Re e da una bellissima regina, scomoda all'intero regno. Scosso da una tragedia, ospita ancora i suoi abitanti, ridotti alla fame, al freddo e alla povertà. La colpa è da imputarsi a uomini e donne chiamati Ladri, e prima che il regno soccomba alle loro continue razzie, qualcuno deve agire. Rain è una ragazza sola, figlia di un amore che le genti definiscono proibito. Gli incubi la tormentano assieme ai ricordi del suo passato, e con il crollo della stabilità che era solita caratterizzare le sue giornate, non le resta che sperare.
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Le-cronache-di-Aveiron-I-mod
 
 
Capitolo III

Compagni di sventura

“Le nostre provviste iniziano a scarseggiare. Fra pochi giorni non avremo più nulla.” Una frase pronunciata con fare autoritario da una donna. Sembrava adirata, e in quel preciso istante, non potevo che immaginare la maschera di collera che le copriva certamente il volto. Per ordine di Stefan e del dottor Patrick, sarei dovuta rimanere nella mia stanza, e avvicinandomi allo specchio, ammirai la mia immagine riflessa. Non vidi nulla di strano. Gli stessi occhi, gli stessi lunghi capelli, la stessa altezza, e in altre parole, io. Rain. I minuti passarono lenti, e la curiosità iniziava a farsi sentire, così, muovendo qualche passo in direzione della porta, non resistetti alla tentazione di origliare. “Immagino vogliate mandarci a caccia di cibo.” Disse un ragazzo, rivolgendosi a quella donna. “È esattamente quello che voglio. Shiro, Ilmion, andate.” Rispose quest’ultima, con la voce ancora corrotta dalla rabbia. “Ma come dovremmo…” biascicò un secondo ragazzo, preoccupato e spaventato al tempo stesso. “Non mi interessa in che modo lo farete, fatelo e basta. Uccidete se necessario.” Continuò lei, sempre più arrabbiata e incapace di ragionare. “Non possiamo andarci da soli, mandi anche due ragazze, così saremo pari.” Proruppe il secondo dei due ragazzi, volendo unicamente difendere l’amico. Per nulla intimorita da quelle parole, la loro padrona scattò in piedi. “Non metterò in pericolo le mie ragazze per dar da mangiare a voi maiali!” gridò, inviperita. A quelle parole, sobbalzai, e nello spazio di un momento, la porta cigolò sinistramente, per poi aprirsi senza che io potessi fare nulla per impedirlo. Mordendomi un labbro, maledissi me e la mia innata goffaggine, che sembrava presentarsi sempre nei momenti meno opportuni. Spaventata, mi sporsi così da riuscire a vedere quanto stesse accadendo, e fu allora che li notai. I due ragazzi, uno biondo, l’altro moro, non avevano la minima intenzione di arrendersi al volere della loro padrona. “Con il dovuto rispetto, Lady Fatima, lavoreremmo insieme.” Disse il biondo, sfidandola con lo sguardo e la voce. Una mossa a dir poco audace, ma che non gli servì a nulla data la risposta dell’ormai irosa donna. “Ora basta! Dovete guadagnarvi ciò che avete! Se volete un tetto sotto la testa e un letto in cui dormire farete come dico, intesi?” urlo, più in collera di prima. “Come desiderate, Lady Fatima.” Rispose il moro, quasi inchinandosi di fronte alla sua Signora. “Bene! Ora sparite entrambi dalla mia vista!” concluse, intimando loro di andarsene e fare ciò che aveva chiesto. Mantenendo il silenzio, i ragazzi obbedirono, e uscendo da quella stanza, raggiunsero l’uscita. Indietreggiando con velocità inaudita, sperai con tutto il cuore che non mi vedessero. Alcuni secondi svanirono quindi dalla mia vita, e allo scadere degli stessi, rividi Lady Fatima, cogliendola nell’atto di baciare la ragazza che l’affiancava. Aveva i capelli rossi e due iridi dal colore confuso, a metà fra il brillante azzurro e il cupo viola. Conoscendomi, sapevo di non avere alcun pregiudizio a riguardo, ma per qualche strana ragione, quella vista mi scosse. Nel tentativo di ritrovare la calma ormai persa, mi sedetti sul letto, per poi sdraiarmi e fingere di dormire. Anche stavolta, non ebbi modo di farlo, poiché i ricordi legati a quella furiosa lite, unite ai gemiti di Lady Fatima e della sua compagna, mi tennero sveglia per quasi tutta la notte. Inutile è dire che non provai nuovamente paura per me stessa, e durante le lunghe ore passate a rigirarmi nel letto al solo scopo di addormentarmi, scoprii qualcosa che era ormai diventato troppo ovvio per non essere compreso. Faticavo a crederci, ma a quanto sembrava, io, Shiro ed Ilmion eravamo inconsapevolmente compagni di sventura. Quest’ultima non sembrava poi smettere di seguirmi in nessuna occasione, poiché nel momento in cui finalmente riuscii a prendere sonno, mi sentii stranamente osservata. Un respiro caldo e affannoso mi inumidiva il collo, e tremando, mi voltai.
   
 
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