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Autore: Sajoko    17/07/2016    1 recensioni
Lily è una ragazza di 17 anni e come tutti gli adolescenti ha un sogno nel cassetto; però ha fatto la promessa a sé stessa di non dirlo a nessuno. Lei sa che le persone non capirebbero…
È una ragazza solitaria, infatti a scuola non ha amici, ma nonostante tutto, i suoi voti sono eccellenti; specialmente in una materia che lei ama alla follia: psicologia. L’insegnante di quella materia, il prof. Robert, è molto legato a Lily e sa che nonostante sia così fredda e distaccata con tutti, lei ne è legata da un filo invisibile nel suo profondo. Sa che in quella ragazza c’è umanità.
Robert non sa che periodo sta passando Lily e non sa nemmeno cos’ha per la testa… e quando capisce cosa la tormenta, ormai il più è già fatto…
Genere: Avventura, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Capitolo 6: Mexico

 
Dopo quella serata, i due ragazzi si vedevano spesso per passare le giornate assieme: andavano a passeggiare, a nuotare, a parlare del loro progetto e una volta andarono a Lisbona per visitarla. Thomas insegnò a Lily persino come surfare sulle onde dell’oceano. Fu una delle avventure più belle della sua vita.
Quando arrivò l’ultimo giorno di vacanza per Lily, i due decisero di andare a Porto, città portuale a nord del Portogallo, come ultima tappa assieme. Presero il treno e dopo 2 ore e mezza, arrivarono al centro. Visitarono posti mozzafiato che entrambi non avevano mai visto prima: il quartiere “Ribeira” (le case bellissime rivestite in piastrelle di ceramica dipinte a mano erano uniche nel suo genere), il ponte altissimo “Don Luis” che attraversa il fiume Douro, il “Museu de Arte Contemporanea de Serralves”, la “Sé catedral”, la “Torre dos Clérigos” e la “Libreria Lello e Irmão”, famosa per l’architettura incredibile e la raccolta fantastica di libri antichi (pari al Trinity College di Dublino).
Mentre camminavano sul ponte Don Luis, a 150 m di altezza, Thomas e Lily si fermarono ad ammirare la città illuminata dal sole. Da lassù vedevano tutto: le cantine dei vini, i negozi, i ristoranti, le case, le barche, il fiume e le persone piccole come formiche. Tutto era incredibilmente minuscolo. Era talmente magico lassù, che sembrava quasi di volare.
Rimasero ad osservare quel magnifico panorama per infiniti minuti, mentre la brezza fresca del pomeriggio rinfrescava il loro visi.
Rimasero lì, finché Thomas disse:
 
- Sarebbe bello vivere qui… Tu che ne pensi? –
 
Lily continuò ad osservare il panorama e senza staccare gli occhi da lì, rispose:
 
- Si, sarebbe magnifico. -
 
Thomas sorrise e tornò a guardare il panorama insieme a Lily.
Mentre osservava le barche passare sotto di loro, Thomas chiese:
 
- Ormai sono passate tre settimane… cosa farai adesso? Torni in Italia? –
 
- Sì, purtroppo. Devo tornare a casa con mia madre. -
 
- E che farai per il resto dell’estate? –
 
- Cercherò di racimolare un po’ di soldi. Ultimamente vanno molto di moda lavorare nei bar come cameriere o barman e dicono che diano uno stipendio niente male; così mi tengo impegnata per il prossimo mese. –
 
Thomas annuì, poi tornò a fissare il fiume: sembrava un enorme serpente argentato che attraversava la città. Lento e infinito.
Lily guardò in basso: era davvero alto; poi guardò Thomas e fece la stessa domanda:
 
- E tu invece? Cosa farai? –
 
- Resterò qui ancora per qualche settimana: i miei hanno prenotato per un mese, quindi dovrò trovare qualcosa da fare quando tu non ci sarai più… -
 
Lily lo guardò con sguardo divertito e scherzosamente replicò:
 
- Se sei sopravvissuto per tutto questo tempo senza di me, puoi benissimo farcela anche ora. –
 
Thomas rise. Si guardò le mani abbronzate, tirò fuori dalla tasca un pezzettino di carta piegato in quattro, lo porse a Lily e disse:
 
- Tieni. Potrebbe esserti utile in futuro… -
 
Lily prese il pezzettino di carta, lo aprì e lesse un nome: Thomas Wayne. Accanto c’era scritto un numero di cellulare.
Mentre Lily leggeva, Thomas le disse:
 
- Quello è il mio numero. Se mi cerchi su Facebook mi trovi subito: la foto profilo sono io mentre faccio surf. Così possiamo sentirci ancora. –
 
Lily sorrise, chiuse il foglietto e lo ringraziò:
 
- Grazie Thomas. Ti invierò una richiesta di amicizia appena potrò. –
 
Quando mise via il pezzo di carta in tasca, Thomas aggiunse un'altra cosa:
 
- Ci sarebbe un’altra cosa che vorrei darti… -
 
Si sfilò dal collo la collana col pendente nero, gliela mise al collo e disse:
 
- Questa è la promessa che ci rivedremo presto, amica mia. -
 
Lily lo guardò negli occhi: erano lucidi, ma si tratteneva nel piangere. Lei poteva capirlo: dopo quello che aveva passato, era plausibile che ci rimanesse male nel lasciarla andare, ma Lily non avrebbe mai immaginato di stargli così a cuore.
Guardò il pendente: era una pietra di occhio di tigre, la più bella che avesse mai visto. Senza pensarci due volte, Lily sfilò dal braccio sinistro uno dei suoi bracciali d’oro, lo mise al polso di Thomas e disse:
 
- Questa è la mia promessa invece: ci rivedremo e, quando accadrà, ci restituiremo i reciproci oggetti. –
 
Thomas guardò il bracciale d’oro: alla luce del sole sembrava ancora più splendente. Sorrise e l’abbracciò forte. Lily lo lasciò fare. Si fidava di lui e ricambiò l’abbraccio stringendolo forte.
Sentì una lacrima porsi sulla spalla scoperta dalla maglietta larga e Thomas, con voce rotta dal pianto trattenuto, disse:
 
- … Mi mancherai moltissimo. Sei la ragazza migliore che io abbia mai conosciuto. -
 
Lily chiuse gli occhi. Anche lei lo pensava ma si limitò ad abbracciarlo ancora più forte.
Mentre lo abbracciava, Lily sfiorò la schiena di Thomas. Sotto la camicia azzurra sentì qualcosa al tatto: era la cicatrice. Era lunga, marchiata e si estendeva per tutto il fianco… faceva quasi impressione.
Ora che aveva trovato un amico, Lily non voleva andarsene. Non voleva più tornare a casa.
 
***
 
Gli ultimi due mesi di vacanza passarono veloci e Lily, lavorando per quasi 4 settimane, è riuscita ad accumulare dei soldi (quasi 1550 euro) facendo la cameriera in un bar.
Non lavorò al “Coffee World” perché conosceva bene Roger: le avrebbe dato soldi in più mandando al lastrico il suo stesso locale. Lo avrebbe fatto per un’amica.
Il ritorno dal Portogallo non fu facile: Lily rimase per tutto il tempo ad ascoltare musica, sia nel viaggio in taxi, sia in aereo.
Per la prima volta, aveva trovato una persona che non voleva lasciare.
La prima cosa che fece arrivata a casa, fu cercare Thomas su Facebook e inviargli una richiesta di amicizia. Inutile dire che si scrivevano tutti i giorni su come era andata la giornata, su qual era il clima nei reciproci luoghi e del loro progetto… di quello ne parlavano sempre.
Arrivò la fine dell’estate e, pochi giorni prima dell’inizio della scuola, Lily si sentiva particolarmente contenta. Finalmente aveva trovato qualcuno che poteva cambiare le cose, che poteva capirla. Finalmente aveva qualcuno di cui potersi fidare.
Il 10 Settembre 2015 iniziò la scuola. Fu uguale a tutti gli altri giorni: i compagni non la salutarono nemmeno, nessuno le rivolse la parola e nessuno la considerava… ma a lei non importava.
Salì al primo piano, entrò in classe, si sedette al suo banco e, tanto per iniziare la giornata in bellezza, entrò il prof. Jordan:
 
- Bentornati ragazzi! Avete passato una fantastica estate? Si? Bene! allora iniziamo subito con le domande scomode: avete fatto i compiti delle vacanze estive? –
 
I ragazzi, borbottando, tirarono fuori il fascicolo dei compiti assegnato dal professore, lo appoggiarono sul banco e il prof disse:
 
- Coraggio, vediamo come sono andati… Sig.ina Clark; prego, mi dia il suo. –
 
Lily si alzò in silenzio. Il compito consisteva nello scrivere una relazione sulla rivoluzione francese, su Napoleone e descrivere i fatti avvenuti durante quegli anni.
Gli consegnò il fascicolo e aspettò in piedi il suo giudizio:
 
- … Mhm… si… va bene… ok, molto bene. Direi che un 6+ è più che meritato. -
 
Lily guardò il professore allucinata: solo 6 +? Una relazione di ben 40 pagine sulla rivoluzione francese e il ricompenso era solo un misero 6 +?
Lily guardò il professore con gli occhi sbarrati e reclamò:
 
- … 6+? –
 
Il prof. Jordan si voltò a guardare Lily e con voce odiosa confermò:
 
- Si, esatto Sig.ina Clark, le ho dato 6+. Non si è sturata le orecchie neanche questa mattina? –
 
Dalla classe si levò un risolino leggero. Lily si voltò verso di loro, poi guardò il professore incredula:
 
- … Mi scusi, non mi fraintenda, ma io penso di meritarmi più di un semplice 6+. Insomma, sono 40 pagine di relazione e l’ha valutata su due piedi. Pensa di dare una valutazione esatta dopo aver dato un’occhiata veloce? –
 
Il professore, con sguardo infastidito, guardò Lily ed esclamò:
 
- Mi sta dando dell’incapace, Sig.ina Clark? –
 
Lily guardò il professore incredula. Adesso stava facendo pure la vittima?
Prima di fare qualche cazzata, Lily prese un respiro profondo, guardò il professore e disse:
 
- … No, non sto dicendo questo; le sto chiedendo di riesaminare meglio il compito e valutare meglio il voto che mi ha assegnato. –
 
 Il professore, rimanendo impassibile, guardò Lily, poi la relazione e scarabocchiò qualcosa sulla pagina iniziale. Appena lo consegnò a Lily, lei rimase senza parole:
 
- … Come sarebbe “non classificato”? –
 
- Ha usato un atteggiamento scortese verso di me e per questo l’ho punita come si deve! Ora può tornare al posto Sig.ina Clark! –
 
Il professore si voltò verso la cattedra, si sedette e aprì il libro di storia, mentre Lily rimase lì, a fissarlo impietrita. Non poteva credere a quello che aveva fatto. Dio, quant’era stronzo quell’uomo!
Lily si voltò verso la classe: alcuni ridacchiavano, altri la indicavano divertiti, mentre altri si trattenevano inutilmente dalle risate.
Si guardò in giro. Iniziò ad offuscarle la vista e le voci diventavano pian piano un eco lontano. Stava male. Doveva andarsene da lì.
Uscì di corsa dalla classe, sbattendo la porta con violenza. Fece tre rampe di scale come un fulmine, uscì dalla porta anti-incendio e, quando fu sul tetto, iniziò a piangere.
Era stufa. Era solo il primo giorno di scuola e già era partita malissimo. Non ne poteva più di quella gente.
Si inginocchiò, mise il viso bagnato dalle lacrime tra le mani e si lasciò andare in uno sfogo mai provato prima.
Aveva la nausea, lo stomaco le si era ingarbugliato su sé stesso. La testa le faceva malissimo e sembrava che le stesse per scoppiare. Era stanca psicologicamente. Non riusciva più a sopportare tutto quello stress emotivo…
Alzò lo sguardo e vide la fine del tetto; si alzò, s’avvicinò al bordo e guardò giù. Per un attimo, pensò che un volo di 45 m avrebbe risolto tutti i suoi problemi, ma si ricordò di Thomas.
Era decisamente meglio parlare con lui che un salto nel vuoto.
Tirò fuori il cellulare, cercò una rete Wi-Fi e andò sulla chat di Facebook. Gli scrisse subito un messaggio, senza pensarci due volte:
 
<< Thomas ho bisogno del tuo aiuto. Ti prego, aiutami a fermarmi.
Aiutami a non fare pazzie.>>
 
Aspettò alcuni secondi. Guardò ancora giù dal tetto. La tentazione era ancora forte, ma ricevette un messaggio. Aprì il cellulare, visualizzò e lesse:
 
<< Che è successo Lily? Ti hanno fatto ancora del male? >>
 
Quando finì di leggere il messaggio pensò:
 
Oh Thomas… perché non sei qui? Sarebbe tutto più semplice se tu fossi qui…
 
Scrisse un secondo messaggio:
 
<< Mi hanno fatta esasperare. Mi ridicolizzano tutti… Dio, Thomas… che ho fatto di male? Perché mi merito tutto questo? >>
 
Lily non si era spostata dal bordo del tetto. Non aveva pensato di allontanarsi da li.
Thomas rispose subito e Lily lesse il messaggio:
 
<< Nessuno lo merita Lily. Nemmeno io meritavo quello che mi è successo anni fa, ma devi fare una cosa per me: non devi mollare.
Pensa al nostro progetto. Pensa a quello che abbiamo architettato. Non abbandonare tutto adesso… non abbandonarmi. >>
 
Lily rimase a guardare il piccolo schermo luminoso con le lacrime agli occhi. Thomas credeva in lei. Sapeva che poteva farcela fino all’inizio del progetto.
Nel mentre, ricevette un altro messaggio che diceva:
 
<< Io non voglio perderti amica mia. >>
 
Lily iniziò a piangere. Thomas, il ragazzo incontrato quasi per caso che l’aveva salvata dalla solitudine, la stava salvando di nuovo…
Si mise le mani sul viso e si lasciò andare in un pianto liberatorio. Dopo essersi sfogata, scrisse un altro messaggio a Thomas:
 
<< Te lo prometto Thomas. Grazie. >>
 
Mentre inviava il messaggio, Lily sentì una voce alle sue spalle:
 
- LILY, NON FARLO! –
 
Si voltò: era Robert. Era ancora vicina al bordo del tetto e vedendola, credeva che si volesse buttare. Si avvicinò con cautela a Lily e disse:
 
- Lily, ti prego, vieni vi da lì… qualunque cosa sia successa, possiamo risolverla ma, ti scongiuro, vieni via da lì! –
 
Lily guardò Robert senza dire una parola. C’era qualcosa in lui che la spaventava: il tono della sua voce era diverso. Non sembrava il solito Robert che conosceva.
Avanzando a piccoli passi, arrivò a pochi metri da lei, le tese la mano e disse:
 
- Coraggio, dammi la mano… -
 
Lily l’afferrò e lui la prese in braccio stringendola a sé. Anche nell’abbraccio c’era qualcosa di diverso: era un abbraccio protettivo, quasi paterno.
Quando la lasciò andare, lui la prese per le spalle e disse:
 
- Ma che diavolo speravi di fare lì? Volevi buttarti di sotto? –
 
Lily lo guardò negli occhi e non rispose. Robert la scrollò ancora più forte e le urlò contro:
 
- LILY, PER L’AMOR DI DIO, VUOI RISPONDERE? –
 
Lei si liberò e arrabbiata rispose:
 
- MA CHE DIAVOLO VUOI? LASCIAMI IN –
 
Lily non finì la frase perché Robert, preso da un attacco di rabbia, le tirò uno schiaffo sulla guancia sinistra. Per poco non cadde a terra.
Si portò una mano sulla guancia arrossata e lo guardò con gli occhi sgranati e lucidi. Non si era mai permesso di mettere le mani addosso a qualcuno, figuriamoci su una studentessa.
Robert la guardò arrabbiata poi, rendendosi conto del gesto compiuto, si calmò e mentre l’aiutava ad alzarsi disse:
 
- … Ommiodio Lily, scusami… m-mi dispiace moltissimo… è-è stato un impulso… io non… -
 
Lily si alzò in piedi e Robert la strinse a sé nuovamente. Mentre lo abbracciava, senza dire una parola, Lily sentì impregnato sulla camicia bordò un forte odore di tabacco, ma non uno qualsiasi. Era completamente diverso dal comune tabacco delle sigarette ed era un odore molto, molto più forte e marchiato.
Mentre l’abbracciava, Robert le disse:
 
- … Ti prometto che non succederà mai più Lily. Te lo giuro… -
 
Mentre stava tra le braccia di Robert, Lily si sentiva tutta sottosopra.
 
***
 
Verso l’ora di pranzo, Lily andò da Roger. Erano mesi che non lo vedeva e doveva chiedergli scusa da un bel pezzo. Appena arrivò al locale, aprì la porta, fece tintinnare il campanello appeso sopra di essa e subito arrivò Roger:
 
- Benvenuto! Cosa posso offrir…! –
 
Vederla lì, in piedi e immobile vicino alla porta, fece rimanere Roger senza parole. Uscì da dietro il bancone, andò verso di lei e l’abbracciò forte. Lily fece lo stesso e quando la lasciò andare, lei gli porse un piccolo regalino come segno di perdono:
 
- Ti ho portato questo dal Portogallo. Mi dispiace molto per quello che ho fatto Roger… -
 
L’oggetto che aveva in mano Lily era una tazza da caffè in ceramica dipinta a mano, proprio come le piastrelle tipiche del Portogallo. Sapeva che lui faceva collezione di queste cose e che avrebbe apprezzato molto quel gesto.
Roger la guardò con occhi illuminati, prese in mano il fragile oggetto e la osservò da ogni angolazione: sembrava estasiato da ciò che vedeva. Appena finì di guardare la tazzina, guardò Lily, appoggiò l’oggetto fragile sul bancone e l’abbracciò di nuovo. Lily era confusa dalla sua reazione, ma Roger sembrava felice di abbracciarla. Quando la lasciò andare, le pizzicò il naso e disse:
 
- … Quindi tu te ne sei andata in Portogallo e non mi hai detto niente? Alla faccia dell’amica! –
 
Lily rise massaggiandosi la punta del naso. A quanto pare l’aveva perdonata.
Mentre mischiava i cubetti di ghiaccio con la cannuccia verde nel the al limone freddo, Lily raccontò a Roger del suo viaggio in Portogallo e delle bellissimi luoghi visitati.
Lo raccontava con un entusiasmo mai visto prima, ma si sapeva già che lei adorava parlare di viaggi attorno al mondo.
Rimase tutto il pomeriggio lì con Roger e lo aiutò anche col servire i clienti rimasti in città che sfuggivano dall’afa del caldo. Quell’estate era davvero rovente: quasi 38°C!
A fine giornata, Lily decise di tornare a casa, ma prima di andare Roger la fermò e disse:
 
- Sono contento che tu sia tornata. Sai, qui non veniva molta gente durante le vacanze estive. Erano tutti in giro e quindi rimanevo solo… mi mancava la tua presenza qui. Mi fa piacere avere qualcuno che mi aiuti. –
 
Lily sorrise e disse:
 
- E’ un vero piacere anche per me Roger. Sei un uomo fantastico. –
 
 E detto questo, uscì dalla porta facendo tintinnare la piccola campanella sopra di essa.
 
***
 
Il giorno dopo, Lily tornò a scuola malvolentieri. Voleva marinare, ma essendo solo all’inizio della scuola non poteva permetterselo. Per di più, era al quinto anno: l’anno degli esami di maturità.
Ultimamente non mangiava quasi più: era dimagrita molto e da quando era finita l’estate non mangiava più con lo stesso gusto di prima.
Mentre era seduta vicino al muro del corridoio, Lily annotava qualcosa sul suo diario:
 
11 Settembre 2015
 
Ore: 10.28
 
“Caro diario,
La fine dell’estate ha avuto il sopravvento sul mio umore.
Le giornate di sole, il mare, il vento tra i capelli… mi mancano queste sensazioni che adoro.
Questa metropoli casinista e rumorosa, questa città… queste cose non fanno per me.
Anche il mio corpo ne sta risentendo: non mangio niente, né a colazione, pranzo e cena. Ho perso l’appetito.
Mia madre si preoccupa, come sempre, ma lei non capisce. Vado avanti dicendole: “Va tutto bene. Non ti devi preoccupare.”
Ho perso la voglia di fare qualsiasi cosa da quando sono tornata alla mia routine.
Voglio tornare a vivere l’ebbrezza della vita fuori da qui.
Voglio tornare a vivere… è chiedere troppo?”

 
Mentre scriveva, qualcuno si mise di fronte a lei; alzò lo sguardo e vide Dakota, la ragazza che tempo fa le aveva rotto il naso per un piccolo insulto di troppo. Dakota la guardò dall’alto in basso sorridente e disse:
 
- Ciao Sgorbietto, come va? -
 
Lily rimase impassibile ma nella sua mente pensò:
 
Oddio, ci risiamo… che diavolo vuole ancora questa?
 
Non rispose. Rimase a fissarla come se non capisse la sua lingua.
Dakota si sistemò una ciocca bionda fuori posto e continuò a parlare:
 
- Sai, durante questi giorni ho pensato a te: mi è venuto in mente quello che mi hai fatto prima della fine della scuola, ricordi? Quella cosa dell’insulto in mensa… -
 
Lily la guardò con aria menefreghista e pensò:
 
Oh sì che me lo ricordo… e chi se lo scorda?
 
Mentre le amichette dietro di lei ridacchiavano come corvi neri, Dakota fece una cosa che fece arrabbiare parecchio Lily:
 
- Siccome non ho avuto occasione di dirti quello che intendevo, voglio farlo ora… ma leggendo questo! –
 
Con scatto felino, Dakota strappò di mano il diario di Lily e corse via. Lily non fece in tempo a fermarla, si alzò in piedi e la inseguì:
 
- Hey! FERMATI! RIDAMMELO! –
 
Era ricreazione e siccome tutti gli studenti erano nei corridoi, assistirono alla scena.
Dakota ci giocò per un momento e Lily, infuriata, le disse:
 
- Ridammelo! Quella non è roba tua! –
 
- Perché mai dovrei dartelo? Continui a scrivere robe su robe su questo insulso pezzo di cuoio e pagine ammuffite… cosa mai avrai da dire di così tanto importante e segreto? … Beh, leggiamolo assiame… -
 
Lily sgranò gli occhi. Stava perdendo il controllo. Si avvicinò a lei:
 
- Hey! Non azzardarti a! –
 
Proprio mentre stava per avvicinarsi a lei, il gruppetto di amiche di Dakota la presero alle spalle e le immobilizzarono le braccia. Lily cercò di liberarsi, ma quattro contro uno non aveva possibilità di farcela.
Mentre Lily si dimenava, Dakota iniziò a leggere una pagina di diario:
 
- Oh, sentite qua; questa è bella:
 
“23 Dicembre 2014
 
Ore: 11.23
 
Caro diario,
Anche oggi nulla è cambiato: sempre gli stessi volti e le stesse cose. Comincio ad annoiarmi, ma destino ha voluto che qualcosa finalmente succedesse.”

 
Lily fece uno scatto veloce ma le ragazze la tenevano talmente salda che non riuscì a fare nulla.
Con la voce roca in gola, Lily le gridò una seconda volta:
 
- BASTA! SMETTILA DI LEGGERE! NON HAI IL DIRITTO DI FARLO! –
 
Come se non l’avesse sentita, Dakota continuò il suo monologo:
 
“Oggi un ragazzo mi ha aiutata: mi erano caduti i libri dall’armadietto e lui, con fare galante, mi ha aiutato a raccoglierli. Quando l’ho visto non ci credevo: era bellissimo, con gli occhi castano chiaro, i capelli neri e un sorriso stupendo… mi ha rallegrato la giornata. Che fosse un regalo di Natale in anticipo?”
 
Lily continuò a dimenarsi finché, stanca dal continuo muoversi, si fermò, ma senza distogliere lo sguardo da Dakota.
Tutti ridevano. Non aiutavano Lily, ma ridevano.
Dakota continuò a sfogliare le pagine finché non si fermò ad un punto cruciale del suo diario:
 
- … Pfff… AHAHAHAH! ODDIO, QUESTA E’ BELLA! SENTITE QUESTA:
 
“4 Febbraio 2015
 
Ore: 12.40
 
Caro diario,
Oggi è il mio compleanno. Nessuno dei miei compagni mi ha fatto gli auguri, ma una persona a cui tengo molto in particolare si: Robert.”

 
Lily si alzò di scatto e pensò:
 
No… no no no non quello! Non leggere quello!
 
Dakota continuò a leggere:
 
- “E’ stato qualcosa di inaspettato quello che ha fatto per me: è venuto chiamandomi per nome, mi ha chiesto di seguirlo e quando fummo abbastanza lontani, mi diede una scatolina impacchettata rossa; io lo aprì e dentro trovai una collana pendente con una pietra “occhio di tigre”.
Il momento più bello è stata quando mi ha appoggiato nel palmo della mano il regalo e mi ha sussurrato:

 
“Buon compleanno Lily…”
 
Sono davvero felice. Robert è come un padre per me… gli devo tutto!”
 
Lily si dimenò ancora, ma invano, e alla fine non riuscì a trattenere le lacrime.
Si vergognava più per il fatto di essersi mostrata debole davanti a loro che per le cose che aveva scritto sul suo diario. Si faceva schifo da sola.
Dakota chiuse il diario, si voltò verso gli studenti che stavano osservando la scena e disse:
 
- Lo vedete? È questo il tipo di persona che mi fa letteralmente schifo: un topo di fogna che cerca la solitudine in un luogo pieno di gente e fa di tutto per contraddistinguersi dagli altri! ... Un topo di fogna che, senza un padre, cerca di rimpiazzarlo con un professore… -
 
Quella frase fu la goccia che fece ribollire di rabbia la povera Lily. Era furiosa e nei suoi occhi si poteva vedere benissimo la sete di vendetta.
Con una scarica potente di adrenalina, Lily si liberò dalle quattro ragazze, si avventò verso Dakota e gridò:
 
- STAI ZITTAAAAA! –
 
Quando Dakota si voltò, Lily fece un placcaggio degno di un giocatore di rugby ed entrambe caddero a terra con un tonfo assordante.
Mentre Lily si rialzava, notò che del sangue scorreva dal naso di Dakota.
Si alzò e notò lo sguardo terrorizzato degli altri studenti attorno: si erano allontanati di qualche passo e la guardavano inorriditi e spaventati.
Lily sentì un leggero formicolio alla testa, poggiò una mano e quello che vide non le piacque affatto: aveva un taglio profondo sulla tempia dove sgorgava ancora sangue.
Lily guardò la mano, poi attorno a sé; era spaventata e non sapeva dove andare. All’improvviso, dietro di lei, qualcuno la colpì proprio sulla colonna vertebrale facendole un male indescrivibile. Cadde a terra dolorante seguita da un grido agghiacciante. Non riusciva a muoversi a causa del dolore, ma provò a voltarsi per vedere il suo aggressore: vide Dakota furiosa con una mano insanguinata appoggiata al naso.
Nessuno disse nulla. Erano tutti troppo sconvolti per dire qualcosa.
Dakota la colpì con un secondo calcio sul fianco destro e Lily, colpita da quel dolore lancinante, lanciò un secondo grido che non riuscì a trattenere.
In quel momento arrivò Robert che, facendosi strada tra la folla di studenti, riuscì a passare.
Quando vide le due ragazze rimase senza parole:
 
- Ommiodio… ma cosa? ... –
 
Spostò lo sguardo verso Lily e vide il sangue fresco per terra. Dakota venne fermata dalle quattro amiche che prima tenevano ferma Lily, mentre Robert andò in soccorso da quest’ultima.
Provò a voltarla, ma lei lanciò un grido per manifestare il dolore tremendo che provava.
Robert la lasciò com’era. Non voleva rischiare di farle ancora più male.
Attraverso i capelli sudati e insanguinati, Lily notò il terrore dipinto sulla faccia del suo insegnante. Era pallido e ansimava dalla paura. Non l’aveva mai visto così terrorizzato.
Robert si tolse la felpa nera che teneva addosso e la poggiò sulla ferita per tamponare il sangue. Mentre premeva, alcune gocce di sudore caddero dalla sua fronte.
Con la voce e le mani tremanti, Robert chiese:
 
- Mio dio Lily… ma che ti è successo? –
 
Non disse nulla. Rimase in silenzio.
Robert si voltò verso Dakota e fece la stessa domanda:
 
- Dakota, che cos’è successo? –
 
Nemmeno lei rispose e proprio in quel momento arrivò anche il professor Jordan sconvolto:
 
- Cristo! Che diavolo è successo? –
 
Robert alzò lo sguardo verso Jordan e disse:
 
- Non lo so, io … –
 
Appena distolse lo sguardo, Lily tentò di alzarsi. Robert la fermò prima che cadesse sulle proprie braccia, l’aiutò a stendersi e disse:
 
- No Lily, ferma! Non puoi muoverti in queste condizioni! -
 
Mentre si aggrappava debolmente al polso di Robert, Lily riuscì a voltarsi verso di lui e con voce flebile dire:
 
- Lasciami… andare Robert… -
 
Robert non diede retta a quello che disse e l’adagiò per terra dolcemente. Mentre il Prof Jordan chiamava un’ambulanza, il sangue cadeva dalla felpa di Robert lasciando gocce fresche sul pavimento e sulla mano di quest’ultimo.
Robert prese la felpa nera ormai inutilizzabile, la lasciò cadere per terra col tonfo di uno straccio bagnato e usò la sua maglietta bianca per tamponare il sangue. Mentre Robert teneva premuto, Lily lo vide in canottiera e gli disse:
 
- … Rischi di non… non utilizzare mai più quella maglietta Robert… non è il caso di rischiare… -
 
Robert premette ancora più forte e disse:
 
- Lily, fammi un favore: fa silenzio che quello che dici non ha più senso. Sto tentando di fermare il sangue. –
 
Lily appoggiò le dita tremanti sul dorso della mano del professore e disse:
 
- Lasciami Robert… va… va bene così… -
 
Robert la guardò negli occhi mentre con la mano premette forte sulla tempia. Non poteva credere a quello che aveva sentito.
Lily gli sorrise poi chiuse gli occhi; il suo viso era arrossato e una lacrima le scivolò giù dalla guancia.
Robert guardò Lily con sguardo malinconico. Era stanca di tutto e di tutti e Robert la capiva perfettamente.
Robert la strinse dolcemente a sé e disse:
 
- … E io come farò senza di te? … -
 
Mentre l’abbracciava, in lontananza si sentivano le sirene dell’ambulanza avvicinarsi.
 
***
 
- *sniff* e … c-com’è potuto accadere? –
 
- Non ne ho idea Sig.ra Clark. Nessuno parla per paura di finire in mezzo alla questione. Nonostante ci fossero molti studenti, negano di raccontare ciò che hanno visto e non sapendo cosa sia veramente accaduto, non possiamo fare nulla. Nemmeno una denuncia.  –
 
La madre di Lily era seduta nell’ufficio del preside mentre parlava con quest’ultimo dell’accaduto.
Clara stava piangendo. Non si sarebbe mai aspettata una cosa del genere.
Il preside offrì un bicchiere d’acqua a Clara e lei lo accettò volentieri. Mentre sorseggiava, il preside disse:
 
- Deve sapere che Lily non ha mai creato nessun tipo di problema in questi 4 anni. E’ una studentessa molto capace e intelligente e qualche volta può capitare che qualcuno venga preso di mira. L’ho visto in quasi tutti le scuole in cui ho lavorato. –
 
Clara appoggiò il bicchiere sul tavolo, poi si passò il fazzoletto sotto gli occhi per asciugarsi le lacrime. Ancora non poteva credere a quello che era accaduto.
Mentre Clara sorseggiava un secondo sorso, il preside prese il centralino della sua scrivania, digitò un numero a tre cifre e disse:
 
- Jane, sono io; potresti far entrare il professor Robert Bennett? Grazie. -
 
Mise giù la cornetta e si rivolse alla madre di Lily con aria seria:
 
- Ora verrà il professor Bennett, l’insegnate di psicologia di Lily. Parleremo di una questione molto delicata, e avrò bisogno del suo consenso… -
 
Clara annuì e pochi minuti dopo entrò Robert. Era ancora scosso e si capiva perfettamente la sua preoccupazione per Lily: dopo l’accaduto, hanno chiamato un’ambulanza e Lily è stata ricoverata con urgenza al pronto soccorso. Pensavano che avesse un’emorragia interna dato che non riusciva ad alzarsi da terra.
Robert si sedette sulla sedia in velluto blu, guardò Clara, poi il preside:
 
- … Avete notizie di Lily? –
 
Il preside intrecciò le dita delle mani e si mise comodo, come se dovesse confessarsi:
 
- E’ ancora sotto osservazione. I medici dicono che la colonna vertebrale è stata danneggiata, ma non ci sono traumi di permanenti. Almeno non c’è il rischio che rimanga paralizzata. –
 
Robert lasciò andare un sospiro di sollievo. Gli sembrava che un macigno enorme gli si fosse tolto dalle spalle.
Ci fu un momento di silenzio, come se i due uomini e la donna non avessero nulla da dire; finché la madre di Lily lo ruppe con una domanda:
 
- Prima ha detto che avremmo parlato di qualcosa. Di cosa si tratta? –
 
Robert e Clara guardarono il preside, lui si appoggiò sullo schienale con un cigolio della sedia. Giocherellò con la penna che teneva nella mano destra, poi iniziò a parlare:
 
- Da qualche anno ormai, alcuni insegnanti hanno notato dei comportamenti strani in Lily. Per esempio il fatto che si isoli, che non parli mai, ma soprattutto che tiene a distanza le persone, eccezion fatta per alcuni… -
 
Iniziò a guardare Robert.
Clara tentò di capire meglio:
 
- … Ma… non è possibile: mia figlia torna a casa felice, mi racconta delle giornate passate assieme alla classe, alle lezioni, delle gite di gruppo! Com’è possibile che gli insegnanti dicano una cosa del genere? –
 
Il preside sospirò e si sistemò nuovamente sulla sedia. Era come se non riuscisse a trovare una posizione comoda; oppure doveva togliersi un peso di dosso.
Quest’ultimo guardò Clara dritta negli occhi:
 
- Gli adolescenti sono bravi a mentire, specialmente se sono affetti da qualche malattia che si scopre troppo tardi. Proprio per questo i suoi insegnanti… –
 
Robert interruppe il preside e lo guardò con espressione esterrefatta. Di che diavolo stava parlando?
 
- Mi scusi, cosa intende con “affetti da qualche malattia?” Non capisco… -
 
Il preside guardò Robert con espressione malinconica, poi Clara. Era arrivato il momento più delicato della faccenda e dalla sua espressione, non sarebbe piaciuta affatto.
Chiuse gli occhi, tirò un sospiro e disse quello che c’era da dire:
 
- … Pensiamo, io e gli altri insegnanti, che Lily… che soffra di depressione. –
 
Ci fu un momento di silenzio nell’ufficio del preside. Non si sentivano nemmeno i rumori esterni.
Robert trasalì dentro di sé, ma non lo diede a vedere a differenza di Clara che era scoppiata in lacrime pochi secondi dopo:
 
- … Ha detto… depressione? –
 
- Esatto. Non sembra così a primo impatto ma pensiamo che Lily, non avendo mai raccontato questi avvenimenti a nessuno, abbiamo “imparato” a nascondere le sue esperienze negative a tutti; ma più le accumula, più la sua mente deteriora. E dopo anni e anni passati a nascondere tutto, basta che accada qualcosa che le scombussoli la mente per cadere nell’oblio… è come se qualcosa, o qualcuno, abbatteste il suo castello di carte che, in questo caso, è il suo subconscio. -
 
Robert trasalì nuovamente. Era diventato pallido ma delle gocce di sudore scivolavano lente dalla sua fronte. Non poteva credere a quello che aveva sentito. Non voleva crederci. Lily non soffriva di depressione, ne era sicuro. Lo avrebbe notato. In fondo, conosce la psicologia e le malattie della mente… non era affatto possibile!
Robert si portò una mano sulla faccia pallida:
 
- … N-non è possibile! Davvero, non può dire certe cose senza una certezza! –
 
- Infatti non ne ho, ma è una supposizione. E questo mi ha fatto pensare alla proposta che vi sto per fare. –
 
I due guardarono il preside preoccupati: che cosa voleva fare?
 
- Nel periodo che Lily starà ricoverata in ospedale, dovrà fare delle sedute di terapia con uno psicologo specializzato, così vedremo se le nostre supposizioni sono sbagliate… in caso contrario, sapete benissimo cosa accadrà. –
 
Robert sentì il cuore battere all’impazzata. Era arrabbiato e allo stesso tempo preoccupato per la salute di Lily in futuro: se sarebbe risultata positiva al test della depressione, lo psicologo avrebbe avuto l’autorizzazione nel darle farmaci antidepressivi; inoltre la terrebbero sotto osservazione costante seguendo una terapia rigida e inflessibile… praticamente, una “terapia-imprigionamento” come la definiva Robert.
Conoscendo Lily, sicuramente non si sarebbe mai confidata con lo psicologo e men che meno gli avrebbe rivelato la sua passione di viaggiare il mondo. Non sarebbe sopravvissuta neanche tre mesi. Rischierebbe solo di peggiorare invece di guarire.
Robert si alzò di scatto e urlò contro il suo datore:
 
- LEI NON CAPISCE! NON PUO’ RINCHIUDERE QUELLA RAGAZZA IN UN OSPEDALE E SPERARE CHE LA DEPRESSIONE PASSI! QUEL TIPO DI TERAPIA E’ FOLLIA. NON HA SENSO! QUELLA RAGAZZA NON PARLERA’ MAI CON QUELL’IDIOTA! –
 
Il preside rimase al suo posto immobile e, con espressione impassibile, rispose:
 
- Questa terapia ha salvato milioni di vite sig. Bennett! L’hanno accertata come la miglior cura per questo tipo di situazioni, quindi non venga a fare il medico perché lei è solo un professore! –
 
- MA CONOSCO LILY DA ORMAI QUATTRO ANNI E SO CHE NON FUNZIONERA’! -
 
- Proprio per questo sarà lei ad aiutarci in caso Lily non dica qualcosa allo psicologo. –
 
Robert rimase zitto guardò il preside e sentì che il suo stomaco stava bruciando dalla rabbia:
 
- … Mi sta chiedendo di fare la spia al questa messa in scena? –
 
- Le sto chiedendo di collaborare sig. Bennett; e di contribuire a guarire una povera ragazza malata. –
 
Robert rimase in silenzio. Anche la gola gli stava bruciando a causa della rabbia.
Aveva chiamato Lily “ragazza malata”, manco fosse una fottutissima cavia da laboratorio.
In quel momento, Clara s’intromise alla discussione:
 
- Vi do il permesso di farlo. –
 
Robert si voltò verso Clara. Cosa aveva detto?
 
- … Come? –
 
- Voglio che mia figlia guarisca. Se questa terapia funziona, allora do il consenso di farle fare questa terapia in caso il test sia positivo. –
 
Robert si voltò verso Clara che, con gli occhi lucidi, guardava l’uomo avvicinarsi a lei:
 
- … Lei non sa niente di questa terapia. Non può dare il consenso se non ne conosce i pericoli! –
 
- Se lo psicologo dice che è la via migliore, allora darò il meglio per mia figlia! –
 
Robert si voltò verso il preside con una risatina falsa e ipocrita:
 
- Oh certo, e allora perché non gli racconta anche dei centinaia di casi dei ragazzi che si sono suicidati dopo? Non sono mai guariti e, per evidenziare, sono peggiorati proprio a causa di tutto ciò! –
 
Il preside si alzò di scatto dalla sedia e disse una cosa che mandò Robert su tutte le furie:
 
- Sig. Bennett! Se questa decisione non le va bene, può rifiutare di collaborare, ma non tollero questo atteggiamento nel mio ufficio! Se non vuole che la licenzi seduta stante, se ne vada! –
 
Robert fu felice di lasciare quella conversazione, si avviò verso la porta e uscì sbattendola violentemente.
Mentre s’avvicinava alla macchina parcheggiata sotto l’albero del parcheggio della scuola, Robert sentì una rabbia salirgli. Voleva sfogarsi, ma si trattenne. Fece un respiro profondo e prese le chiavi della macchina. Tentò d’infilarle nella serratura, ma tremava ancora dalla rabbia.
Tentò più volte finché non si trattene più: con un grido di sfogo, diede un pugno al vetro dell’auto spaccandolo in mille pezzi. Caddero per terra come una cascata scintillante ma Robert rimase immobile.
Il sangue gli scorreva dalle dita mentre dei cocci di vetro rimanevano incastrati nelle nocche.
S’inginocchiò sopra ai vetri in terra e scoppiò in lacrime. Non era riuscito a trattenersi.
Mentre piangeva pensava:
 
Dio Lily… non voglio perderti… non posso sopportare ancora questo peso…
   
 
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