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Autore: FairyCleo    18/07/2016    4 recensioni
“Vedo che la signora ha buon gusto…” – aveva detto il commerciante, avvicinandosi maggiormente a lei.
“Come?” – Bulma era trasalita, persa com’era nei suoi pensieri – “Ah, sì… Certo”.
Sollevando il capo, aveva avuto modo di osservare meglio l’uomo che aveva davanti. Era uno strano figuro, alto, dinoccolato ed estremamente magro, con la pelle color dell’ebano, la testa pelata e un singolare pizzetto azzurro che terminava in un ricciolo accuratamente acconciato che gli dava un’aria del tutto singolare. Persino la voce di quell'uomo era bizzarra, così come i suoi occhi gialli con le iridi allungate simili a quelle dei gatti. La cosa veramente strana, però, era che lei non lo avesse notato sin dall’inizio. Era come se fosse sbucato dal nulla, ma non era il caso di fare tanto la sospettosa e di farsi tutti quei problemi per un semplice mercante, no?
Genere: Angst, Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Chichi, Goku, Nuovo personaggio, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3

Il mancato re

 
Per la famiglia Son, i giorni di vacanza erano giunti al termine. Quella sarebbe stata l’ultima notte che avrebbero trascorso alla Capsule Corporation e, anche se tornare alla vita quotidiana non sarebbe stato davvero così male come sembrava, nell’etere aleggiava un velo di tristezza. Chichi non si era mai lamentata della sua casetta nella montagna: lì poteva respirare aria pulita, trascorrere qualche piacevole e raro momento sdraiata al sole e mangiare il cibo sano e genuino che lei e suo marito producevano non senza sforzi, ma le comodità della città erano tutt’altra cosa. Le sarebbe mancata la possibilità di uscire tutte le sere, di comprare i detersivi al supermercato senza dover percorrere chilometri e il poter frequentare teatri e cinema. Ma, la cosa che le sarebbe mancata più di tutte, era il contatto con un’altra donna. Circondata com’era da soli uomini, aveva quasi dimenticato cosa volesse dire confrontarsi con un’altra persona del suo stesso sesso, e questo l’aveva stimolata a tirare fuori la sua parte più femminile, raffinata e sensuale, parte che Goku – e non solo – aveva profondamente apprezzato. Aveva notato gli sguardi che alcuni signori le avevano riservato la sera prima, quando erano usciti per prendere un gelato, e aveva notato ancora di più i loro sguardi delusi nell’istante in cui si erano resi conto che stessero osservando con non poca malizia una moglie e una madre. Erano piccole cose, ma erano pur sempre attenzioni che a una donna facevano più che mai piacere. Peccato che suo marito, ovviamente, non si fosse accorto di nulla. Almeno, non prima che Vegeta gli assestasse una sonora gomitata e gli lanciasse un’occhiata fulminante seguita da un non proprio sussurrato “Sei un perfetto idiota, Kaharot”.
Così, tra un rimprovero e l’altro, tra una risata e una lacrima versata per un film romantico visto in quattro sullo stesso enorme divano –  per volere delle donzelle che avevano costretto i mariti a sopportare due ore di una pellicola più smielata di un’intera confezione di orsetti gommosi – era giunta l’ultima sera in cui sarebbero stati tutti insieme.
Per l’occasione, Bulma aveva deciso di portare i suoi amici a cena nel miglior ristorante della città, decisa a non badare minimamente a spese (e si sa che con due saiyan puri e altri tre mezzosangue a seguito, la cosa sarebbe diventata davvero interessante).
Erano tutti perfettamente agghindati per l’occasione. Bulma indossava uno splendido abito rosso lungo con uno spacco che non lasciava nulla all’immaginazione. Aveva i capelli tirati indietro e indossava un semplice paio di orecchini di perle non particolarmente vistosi. Chichi, di rimando, aveva deciso di indossare un abito nero a tubino corto sino al ginocchio ma con una profonda scollatura sulla schiena. Aveva i capelli sciolti e le labbra color del fuoco. Entrambe avevano indossato dei tacchi vertiginosi che, se per il marito della mora non avrebbero causato il minimo problema, lo stesso non si poteva dire per il povero Vegeta, costretto a sembrare ancora più basso di quanto già non fosse. Quella sera, il principe dei saiyan aveva più di un motivo per essere nervoso. L’allenamento del mattino era stato un autentico disastro, distratto com’era. Si sentiva strano, agitato, e anche un po’ fiacco, a dire il vero. Era strano da giorni, ormai, anche se aveva cercato in ogni modo di non darlo a vedere. Sua moglie e suo figlio erano più felici che mai, e lui non poteva lamentarsi più di tanto di quel nuovo assetto familiare. Anzi, a essere sincero, la presenza costante di Kaharot in casa aveva quasi cominciato a piacergli. Trunks aveva qualcuno con cui giocare e battersi, qualcuno che gli avrebbe permesso di crescere e migliorarsi giorno per giorno, e lui poteva dire quasi lo stesso di sé. Certo, se anche Gohan avesse deciso di allenarsi invece di perdere tempo prezioso dietro la figlia di quell’idiota di mr. Satan sarebbe stato meglio, ma era un adolescente in piena tempesta ormonale e poteva in parte capire il perché preferisse altro alla loro compagnia. Quella che proprio non riusciva a capirlo e che, di conseguenza, non riusciva proprio a tollerare, era Chichi. Non poteva farci niente, era più forte di lui. Quella donna era un’isterica, nonché una grandissima civetta. Gli sembrava che facesse di tutto per imitare sua moglie, senza rendersi conto che tra lei e Bulma c’era un abisso, non solo in bellezza, ma anche in intelligenza e classe. Si sentiva osservato da lei. Osservato e giudicato, in un certo qual modo, ed era certo che l’antipatia fosse reciproca. Era ovvio che non si potesse andare d’accordo con tutti – e lui, in effetti, andava d’accordo veramente con pochi – ma lei… lei era veramente troppo. Asfissiante, pedante, capricciosa, ostinata e terribilmente irritante, questo era quella donna per lui. Cosa ci avesse trovato Goku in lei non riusciva veramente a capirlo.
Aveva portato pazienza per il bene di sua moglie e di suo figlio, e per potersi allenare più a lungo con Kaharot. A ogni modo, quello non sarebbe stato più un problema, perché il giorno successivo sarebbero tornati a casa loro. Se fosse stato possibile, gli sarebbe piaciuto continuare ad allenarsi insieme a lui la mattina presto. Era molto migliorato da quando avevano iniziato a lottare strenuamente, anche se non era stato in grado di trasformarsi in super saiyan di terzo livello. Era arrivato al punto di pensare che non ci sarebbe mai riuscito, se doveva essere sincero con se stesso, anche se non capiva il perché. Era come se non riuscisse a incanalare la sua energia in modo giusto, come se essa finisse col disperdersi inutilmente impedendogli di raggiungere quel tanto agognato obiettivo. La sua non poteva davvero definirsi rassegnazione: era il principe del popolo di guerrieri più forti della galassia, un popolo di guerrieri fieri e spietati, ma era qualcosa che ci andava molto vicino. Da qualche giorno, poi, c’era qualcosa in lui che continuava a tormentarlo, qualcosa gli impediva di dormire serenamente e che occupava costantemente i suoi pensieri. E sapeva anche di cosa si trattava. Kaharot aveva provato a farlo cedere più di una volta, curioso di sapere cosa lo stesse tormentando, ma lui non aveva ceduto. Quel segreto doveva rimanere suo e suo soltanto. Per questa ragione non aveva fatto notare nulla a sua moglie. Per orgoglio, e per non ferire i suoi sentimenti, perché la causa del suo malessere era dovuta proprio al regalo che la terrestre aveva fatto al saiyan.
Vegeta era rimasto davvero di stucco quando aveva scoperto quale fosse il contenuto del sacchetto viola, mascherando a fatica il suo stupore e il suo tormento. Non aveva avuto modo di dirglielo, ma quel medaglione non recava sul dorso un simbolo simile a quello che disegnava sovrappensiero: quel simbolo era esattamente quello che gli capitava di riprodurre ogni volta che ne aveva l’occasione. Per quanto fosse stato solo un bambino e qualcuno potesse pensare che i suoi ricordi fossero sfocati, non avrebbe mai potuto confonderlo con un altro, così come non avrebbe potuto confondere il materiale e la forma. Ma, se si trattava realmente di quello che pensava, come aveva attraversato la galassia finendo nella mani di un mercante? Come poteva essere che il medaglione recante lo stemma della casata dei Vegeta, la casa reale saiyan, fosse sulla Terra? E non era solo quello l’interrogativo che impediva al principe di dormire sonni sereni. Un dubbio atroce lo aveva assalito, provocando in lui un misto tra rabbia e timore. Per fugare ogni incertezza, avrebbe dovuto scrutarlo meglio, osservare ogni singola parte, ma non era certo di voler sapere, motivo per cui lo aveva chiuso in quella scatola piena di ricordi del passato. Perché, se quello era davvero quel medaglione, significava che era quello indossato da suo padre il giorno stesso della sua morte, che quello era il medaglione reale del re dei saiyan, quello che un giorno sarebbe toccato a lui nel momento della sua ascesa al trono, quello che, da come gli era stato raccontato, Freezer aveva ridotto in pezzi dopo aver eliminato re Vegeta suo padre. Sarebbe stato troppo, per lui, una beffa del destino davvero insopportabile: il simbolo regale di cui era stato così precocemente privato, in qualche modo, forse, era giunto a lui, ma senza quello che avrebbe significato ottenerlo. Sarebbe passato a essere da principe a re di un popolo estinto, da principe a re di una razza che non esisteva più da decenni, e quella sarebbe stato l’ultimo smacco di quel bastardo di Freezer. No, non sarebbe stato in grado di sopportarlo. Vegeta non parlava mai del suo passato, non esprimeva mai sentimenti a riguardo, mostrandosi stoico, impassibile. Più volte avevano provato a chiedergli della sua famiglia, dei suoi ricordi, ma lui aveva sempre finto di non curarsene, mostrandosi completamente disinteressato e privo di sentimenti. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di proteggere se stesso e il proprio dolore. C’erano cose che nessuno avrebbe mai potuto capire, nessuno. Neppure la sua Bulma. E sarebbe continuato a essere in quel modo fino alla fine dei suoi giorni.
Non sarebbe stato in grado di farle capire quello che provava. Ero certo che sua moglie avrebbe travisato ogni sua parola, scambiando la sua rabbia e il suo dolore per rimpianto. Avrebbe voluto essere il re dei saiyan? Certo. Gli spettava di diritto. Ma non avrebbe rinunciato a essere suo marito e il padre di suo figlio. Avrebbe voluto conquistare pianeti e diventare l’essere più temuto e rispettato dell’intero universo? Forse, una volta. Ma se avesse potuto, se lui fosse stato re, avrebbe unito la razza terrestre e quella saiyan per creare una nuova specie di guerrieri super forti e dotati di un intelletto superiore alla norma, una razza che non avrebbe avuto bisogno di un eroe per difendersi dal nemico, ma che sarebbe stata perfettamente in grado di preservare la propria esistenza autonomamente. E, a quel punto, non ci sarebbero stati più Freezer, Cell o Majin-Bu capaci di contrastarli. A quel punto, tutti avrebbero avuto timore di loro.
Senza rendersene conto, mentre formulava quel pensiero, Vegeta si era trovato a sorridere. Suo padre sarebbe inorridito a quelle parole: un principe saiyan che pensava a difendersi e non ad attaccare, che pensava al bene della galassia invece che alla sua distruzione. Lo avrebbe accusato di essere diventato un rammollito, un essere più orripilante di quegli umani tra cui viveva e che si era rifiutato di assoggettare, e se la sarebbe presa con Bulma. Ma, per fortuna suo padre non c’era. E quel medaglione non poteva sicuramente essere quello che credeva. Aveva sicuramente viaggiato troppo con la fantasia, e quello era colpa degli innumerevoli film che suo figlio gli imponeva di andare a vedere al cinema. I saiyan non esistevano più, né quello stupido simbolo di potere. Era andato distrutto il giorno stesso della morte di suo padre, e non avrebbe potuto raggiungerlo né da integro né da riparato e per nessuna ragione al mondo.
“Tsk. Smettila di preoccuparti come un idiota e torna da tua moglie” – si era detto, riflettendosi nello specchio mentre chiudeva l’ultimo bottone della sua camicia – “Non c’è niente da temere” – temere cosa, poi? Un pezzo di ferro?
E, uscendo, aveva chiuso alle proprie spalle la porta della camera da letto, lasciando che il buio si diffondesse nella stanza. Non aveva potuto vedere che qualcosa di insolito era apparso come per magia sul suo comodino. Non aveva potuto vedere che il contenuto del sacchetto viola, quel contenuto che tanto lo tormentava, aveva cominciato a brillare.
Continua…
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Ragazzi, eccomi qui!
Scusate per l’immenso ritardo. Io cerco di essere puntuale, ma la vita reale è più veloce di me, a quanto sembra, e mi assale con i suoi mille problemi quotidiani.
Cominciamo a capire quali siano i tormenti di Vegeta, a quanto sembra. Uomo e saiyan, marito e guerriero, padre e principe, lotta con se stesso per migliorarsi senza snaturarsi, cercando il modo migliore di vivere.
Che cos’è, in realtà, il medaglione? Cosa significa?
Lo scopriremo nel prossimo capitolo…
Bacini!
Cleo
   
 
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