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Autore: Alessia Krum    18/07/2016    1 recensioni
Acquamarina aveva continuato a vedere immagini, immagini brutte e spaventose, che non avrebbe mai voluto vedere. Acqua poteva pensare e vedere quelle figure, ma non stava né dormendo, né era svenuta, non era sveglia e non poteva svegliarsi. Voleva vedere e capire che cosa stava succedendo. Vide un villaggio, un piccolo villaggio sormontato da un castello. Il paesino sembrava tranquillo, ma fuori dalle mura si stava svolgendo una feroce battaglia. Persone con la pelle blu e le pinne combattevano con tutto quello che avevano e una grande speranza contro eserciti interi di mostri viscidi, squamosi e rivestiti da armature pesanti che mandavano bagliori sinistri. La battaglia infuriava. Per ogni mostro abbattuto, morivano almeno due uomini. Poi Acqua vide un uomo, protetto da un cerchio di mostri, che sembravano i più potenti e i più grossi. Quell’uomo aveva un qualcosa di sinistro e malvagio. Indossava un pesante mantello nero e continuava a dare ordini e a lanciare fiamme ovunque.- Avanti, Cavalieri, sopprimete Atlantis e l’oceano intero sarà mio! –
Genere: Fantasy, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 16
La prima battaglia

 
Sulla Terra, Acqua finì di chiudere le tapparelle della sua stanza, prese la chiave arrugginita dal cassetto del comodino e chiuse la porta senza far rumore per evitare che qualcuno se ne accorgesse dall’esterno. “È solo una precauzione”, pensò. Si mise a ridere pensando al caos che avrebbe scatenato sua madre Lyliana se non l’avesse trovata a dormire nel suo letto. Dopo aver terminato di chiudere finestre e porta si coricò sul letto, chiuse gli occhi e li riaprì poco dopo, sentendo che ormai era arrivata e si ritrovò a sedere alla sua scrivania, nel palazzo di Atlantis. Casa sua. Si mise a giocherellare distrattamente con il suo braccialetto, scoprendo che quando era ad Atlantis riusciva a toglierselo e lo appoggiò sulla scrivania, incrociò le braccia e vi posò la testa sopra.
Era stanchissima: da molto tempo ormai, circa un mese da quando era stata ad Atlantis per la prima volta, non dormiva più di due ore al giorno. Arrivava alle 10.30 ad Atlantis, appena in tempo per preparare i libri, raggiungere Corallina e andare a scuola. Poi, mentre i suoi compagni tornavano a casa per pranzo, lei rimaneva a scuola per esercitarsi con la signora De Orchis e fare lezioni di magia, dopodiché tornava finalmente a casa dove poteva riposarsi per due orette. Nel resto della giornata stava con Corallina, Max, la zia, studiava, leggeva, spesso andava in biblioteca con la cugina oppure a fare delle passeggiate in paese.
“Ma dov’è finita Corallina? Come mai oggi non è ancora arrivata?” pensò Acqua, ma decise di aspettare un altro po’ di tempo e si mise sul letto a riposare, dato che aveva già preparato i libri. Quando sentì che stava per addormentarsi aprì gli occhi e diede un’occhiata all’orologio. Le dieci e tre quarti! Fu come se qualcuno le avesse dato un pugno in faccia. Entro dieci minuti dovevano essere a scuola per l’inizio della lezione e Corallina non era ancora pronta!
Si alzò in fretta, prese la sacca con i libri e aprì la maniglia della porta, decisa a dare una bella sgridata alla cugina, ma se la ritrovò davanti, con la mano sulla maniglia esterna e una faccia super dispiaciuta per il ritardo, così decise di perdonarla.
- Scusa, scusa, scusa se ho fatto tardi, ma mi ero scordata dove avevo messo il libro di matematica e non lo trovavo più…ci ho messo un sacco di tempo a ritrovarlo! - disse Corallina velocemente, tanto che rimase senza fiato.
- Non ti preoccupare cugina, però adesso andiamo, o arriveremo in ritardo. - Le due ragazze si misero a correre, o meglio a nuotare, verso il tempio e alla fine arrivarono in anticipo di cinque minuti per la corsa che avevano fatto. Quando si fermarono stanche, affannate e accaldate nella piazzetta davanti alla scuola, in mezzo ai loro amici, qualcuno disse:
- Ehi, ragazze, cosa vi è successo? - a parlare era stato Henri, un loro compagno di classe, grande amico di Corallina, il più simpatico di tutti. La ragazza, che ormai aveva ripreso fiato, rispose:
-  Niente, lo so che può sembrare che siamo appena state attaccate da uno squalo, ma non è così, te lo assicuro. Ho passato la mattinata a cercare il libro di matematica che aveva deciso di non farsi trovare. Ma alla fine ce l’ho fatta, solo che eravamo in ritardo e abbiamo nuotato fino a qui. -
- Siete arrivate giusto in tempo per non farvi beccare da un altro squalo! - commentò il ragazzo, indicando la figura dell’insegnante che li stava già richiamando per andare in classe. Acqua seguì i due amici, sentendo dietro di sé lo sguardo indagatore di Celeste, che non aveva smesso di fissarla con quell’aria altezzosa dal primo giorno. Si voltò indietro per lanciarle un’occhiata, come per dirle di smetterla, e vide che quel giorno nel suo sguardo c’era anche una vaga nota di rimprovero. Ma di che cosa poteva rimproverarla? Se era per il ritardo, allora doveva starsene zitta, non spettava a lei sgridarla. Acqua decise così di ignorarla e si sedette, come al solito, in mezzo, Corallina a destra ed Henri a sinistra.
Henri era veramente un caro ragazzo, simpatico e gentilissimo, forse un po’ timido e impacciato. Era alto e smilzo e portava gli occhiali, che gli davano un’aria buffa, e aveva una marea di lentiggini sulle guance e perfino sul naso. I suoi capelli erano di una tonalità abbastanza strano di rosso, sembravano arancioni, e le ciocche azzurrine erano così chiare che sembravano bianche. E così, arancione e strisce bianche, tutti lo chiamavano scherzosamente Pesce Pagliaccio. Ma a lui non dispiaceva e non si lamentava mai se qualcuno lo prendeva in giro per la sua timidezza o perché era un po’ strambo, ed era sempre disponibile con tutti.
Le lezioni stavano per cominciare, mentre ancora Henri e Corallina stavano chiacchierando e ricordando tutte le volte in cui la signora De Orchis si era veramente dimostrata “uno squalo”: cattivi voti, compiti di punizioni, verifiche a sorpresa e quant’altro…Acqua li ascoltò distrattamente fino a quando l’insegnante richiamò tutti gli studenti perché stessero in silenzio. Mentre ancora qualcuno stava parlando e altri tiravano fuori i libri dalle cartelle, Acqua diede un’occhiata a Celeste, che stava più a sinistra, in terza fila, e la guardò mentre prendeva un quaderno e ci scriveva qualcosa sopra, probabilmente la data. Ma poi si girò e i suoi occhi azzurri, chiarissimi e freddi come il ghiaccio, si scontrarono con quelli di Acquamarina e alla ragazza parve di cogliere ancora quello strano scintillio nel suo sguardo che aveva notato la prima volta. Dimenticandosi delle chiacchiere di Henri e Corallina, Acqua guardò meglio e si accorse che c’era veramente qualcosa di speciale in Celeste e, che la cugina le credesse o no, lei ne era sicura.
- Allora, iniziamo? Prendete i libri di storia. Dove eravamo rimasti la scorsa volta? Ah, già, la fondazione di Arkàn… -

***
 
Acqua stava ascoltando la spiegazione della lezione e sottolineava dal libro i passaggi più importanti, per evitare di doverlo fare a casa. Ma, improvvisamente, sentì una strana stanchezza che si impossessava di lei, togliendole il respiro, facendole girare la testa. Sentiva che stava cadendo a terra, mentre la vista le si annebbiava sempre di più, ma Corallina la prese in tempo per non farle battere la testa a terra. Vedeva nero, e riusciva solamente a sentire, sentiva in lontananza i compagni preoccupati e il trambusto che si era creato nell’aula e la voce di Corallina che la chiamava, mentre Henri le chiedeva cosa si sentiva. Avrebbe voluto riuscire a rispondere ma non poteva, non riusciva. Mentre anche i suoni che riusciva a percepire si facevano sempre più lontani, smise di sentire il freddo pavimento di marmo sotto di sé. Solo allora capì che era stata sbalzata fuori dal suo corpo. Quando riprese a vedere qualcosa, pian piano, si accorse di non essere più in classe, ma stava vedendo dagli occhi della statua, ad Arkàn, e quello che vide la spaventò moltissimo: centinaia e migliaia di Cavalieri, in marcia sulle rovine della città, che si stavano chiaramente dirigendo verso Atlantis. Stavano per attaccare. Acqua si risvegliò tutto d’un colpo, sentendo di nuovo, improvvisamente,  tutte le sensazioni del suo corpo: la mano della cugina che la sosteneva, dietro la schiena, i mormorii di spavento dei suoi compagni e quando aprì gli occhi vide che tutti erano accalcati intorno a lei. Prima ancora di riprendere fiato, disse:  -  Vengono qui. Stanno per attaccarci.  –
Tutti si scambiarono degli sguardi preoccupati, ansiosi, nessuno sapeva cosa fare. Si creò una grande confusione, tutti che giravano da una parte all’altra della stanza, c’era chi era diventato pallido dalla paura e chi non vedeva l’ora di scendere in battaglia per difendere il paese. “Di certo” si disse Acquamarina “resterò qui a dare una mano. Combatterò, se dovesse servire”. A quel punto erano andati tutti nel panico e il rumore era tale che non si riusciva a sentire altro.
Ma qualcuno batté le mani per attirare l’attenzione, urlando:  - Silenzio!  -
Era Celeste, che per farsi sentire da tutti si era messa in piedi sulla cattedra. A poco a poco tutti si zittirono e anche la signora De Orchis rimase in silenzio per ascoltare cosa aveva da dire la ragazza.
- Ho un piano.  -  disse  -  Ma mi serve il vostro aiuto per metterlo in pratica, o non ce la faremo.  -  fece una piccola pausa e tutti rimasero zitti per incitarla ad andare avanti. A sorpresa, la ragazza si rivolse ad Acquamarina
- Dov’erano?  -  le chiese, con tono sgarbato. Acqua era sorpresa. Era la prima volta che sentiva la sua voce, in un certo senso, perché le aveva sempre risposto con  dei grugniti o degli sbuffi. E sicuramente, era la prima volta che parlava con lei.
- Ad Arkàn, davanti alla statua del dio Horun.  -  rispose con precisione la principessa, ancora un po’ stordita, come se la stessero interrogando.
- D’accordo, abbiamo ancora un po’ di tempo. Ascoltatemi attentamente e non fate niente di diverso da quello che vi dico, è importante. Ora tutti noi andremo verso casa, velocemente. Non è una passeggiata, ricordate. Passate nel vostro quartiere, di casa in casa, dite agli uomini di preparare tutte le armi che possiedono e di passare dal fabbro. Alle donne dite di tenere i bambini in casa e di sprangare tutte le porte e le finestre con le assi di legno anti-incantesimo. Nessun bambino dovrà uscire di casa, per nessuna ragione al mondo. I ragazzi potranno decidere se uscire a combattere, ma i loro genitori dovranno essere d’accordo. Se glielo vietano, allora dovranno restare a casa, e non dare altre preoccupazioni. Al contrario, non dovranno dare impiccio a nessuno e cercare di non distrarre gli altri mentre combattono. E sappiano che lo fanno a loro rischio e pericolo. Tutte le persone con poteri magici se ne vadano direttamente a casa, senza avvisare nessuno e non escano per nessuna ragione. Tu, Corallina, che sei la più veloce a nuotare tra tutti noi, vai dal fabbro e digli di preparare in fretta tutte le spade che può, poi torna  a casa. Ma non nuotare sopra i tetti delle case, rimani bassa in modo che non ti vedano da lontano. Io andrò ad avvertire il presidente del Consiglio di Guerra che deciderà una strategia, poi passerò in tutte le vie per accertarmi che ognuno sia stato avvertito. Tutto chiaro? Potete andare. - Alla fine tutti iniziarono ad uscire, Corallina fu la prima, ed Acqua si accodò agli altri per poter dare una mano.
- E tu dove credi di andare?  - Celeste la tratteneva per un braccio.
- Voglio dare una mano, mi sembra il minimo. Sono pronta a combattere.  -
- Ma allora non mi hai sentito? Ho detto che tutte le persone con poteri magici devono sparire dalla circolazione!  -
- Mi dispiace, ma non ho intenzione di farlo. E poi sono in grado di difendermi e anche di abbattere i nemici grazie ai miei poteri. Vi sarei d’aiuto! -  protestò la principessa, che voleva assolutamente prendere parte al combattimento.
- Ci saresti solo d’impiccio e attireresti sempre più nemici. Non solo hai i poteri più potenti di tutti, ma sei anche membro della famiglia reale. Vuoi crearci dei problemi in più?  -
- Posso occuparmi anche dei nemici che arrivano in più, non ti preoccupare, ormai i miei poteri li so usare e anche bene!  - rispose Acqua spazientita
- Sì, ma contro i poteri di Darcon non servirebbero a nulla. Ti disintegrerebbe in due secondi netti, prima che tu possa fare qualsiasi mossa. E può fare incantesimi talmente potenti che i tuoi non servirebbero a nulla. Sparisci, torna al castello, anzi, vai direttamente sulla Terra. Non causarci altri problemi. E ora vado, ho altre cose più urgenti a cui pensare. - E detto ciò, sparì dalla scuola, lasciando Acqua sola, perché ormai tutti erano già andati. Le parole della ragazza l’avevano ammutolita, aveva parlato con tanta foga, convinzione e rabbia da intimorirla. Ma cosa avrebbe dovuto fare? Certo, per quanto le scocciasse ammetterlo, Celeste aveva ragione. E probabilmente sarebbe stata più utile tutta intera e dopo la battaglia. Con un sospiro, fece per toccare la pietra sul suo bracciale, ma si accorse con sorpresa di non averlo più. Lo aveva lasciato sulla scrivania, quella mattina, mentre aspettava Corallina. “E adesso?” pensò. Proprio in quell’istante si sentì un gran boato e il clangore delle spade fuori dalle mura.
- Accidenti, sono arrivati prima del previsto!  - disse un uomo per strada e si affrettò a raggiungere il luogo della battaglia. Acquamarina continuò a pensare a cosa poteva fare e provò a trasferirsi sulla Terra col pensiero, ma non ci riuscì. Così si rese conto che l’unica possibilità era quella di tornare al castello, prendere il braccialetto e tornare a casa. Uscì in fretta dal tempio e cominciò a camminare verso il palazzo, nascondendosi dietro i muri per non farsi notare. Era circa a metà strada, girò verso destra e vide un bambino in fondo alla strada. Cosa ci faceva ancora in giro? Ma poi vide un uomo che usciva da una porta con fare circospetto e pensò che fosse suo padre, dato che appena vide il bambino, sorrise. Acqua adesso era a metà tra i due e vide chiaramente che l’uomo stava aprendo le braccia per far avvicinare il bambino, ma nel suo sorriso c’era qualcosa di strano. Era maligno. Appena la ragazza se ne rese conto, dalle braccia protese dell’uomo partirono delle scariche di lampi rossastri e i suoi occhi neri e opachi risplendettero di quel colore. Acqua realizzò in pochi secondi che quell’uomo era un Cavaliere Mutaforme infiltrato nel villaggio. La saetta rossastra andava velocemente verso il bambino, che nel frattempo era scoppiato a piangere chiamando la mamma, e Acqua non ebbe neanche il tempo di pensare. Fece la prima cosa che le saltò in testa e si buttò tra il bambino  e la saetta colorata per proteggerlo. Capì di aver fatto centro quando sentì una fitta di dolore lancinante alla gamba, dove probabilmente l’aveva colpita l’incantesimo. L’urto la sbalzò all’indietro, facendola cadere. La sua testa sbatté forte sul selciato della strada e lei vide nero. L’ultima cosa che sentì prima di perdere i sensi fu una spada che cozzava rumorosamente contro qualcosa di metallico.
   
 
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