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Autore: Moony_24    18/07/2016    2 recensioni
"Poi guardò di nuovo la luna, e per la prima volta non provò dolore o rammarico nel guardarla, ma in un certo senso era come se la ringraziasse, perché grazie a lei aveva vissuto dei momenti di felicità e spensieratezza, ignaro di ciò che sarebbe successo in futuro, aggirandosi per Hogsmeade e la Foresta Proibita, insieme ad un cane, un cervo ed un topo."
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è la mia prima storia, siate clementi!
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Remus Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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To the moon and back.

Dedicato ad uno dei miei personaggi preferiti,
Remus Lupin.


Erano le 23:30 di una fredda notte di gennaio. Un ragazzo camminava su una stradina di pietre, le mani in tasca, lo sguardo basso. A parte lui, non c’era nessun altro. Le finestre delle case ai lati della strada erano quasi tutte illuminate e dai comignoli usciva del fumo che danzava leggiadro su in cielo per poi disperdersi, trasportato dal vento.
Il ragazzo continuava a camminare, senza sapere bene dove stesse andando, rivolgendo di tanto in tanto delle occhiate alla luna che, quella sera, brillava per metà.
Sarebbero mancati ancora due giorni prima che la luna raggiungesse il suo stato completo, il ragazzo lo sapeva bene, fin troppo bene.
Per una serie di sfortunati eventi, era stato costretto, sin da bambino, ad imparare tutte le fasi lunari ed ad avere un diario su cui, sempre, annottava e faceva il conto di quanto tempo ancora avrebbe dovuto aspettare, prima che la luna decidesse il suo destino.
Sospirò e si sistemò la sciarpa attorno al collo. Indossava un cappotto vecchio, sgualcito, evidentemente modificato, non troppo bene, da incantesimi che il ragazzo aveva cercato di usare per renderlo più “presentabile”.
La sciarpa che indossava aveva i colori rosso e oro, colori che lo portavano a ricordare quelli che per lui erano stati gli anni più felici della sua vita, anni che ora non esistevano più, dissolti anche loro come il fumo che usciva dai comignoli.
All’improvviso si fermò e si mise ad osservare la strada. Quel posto era così familiare per lui. Ci era venuto tante di quelle volte che oramai aveva perso il conto.
La strada era sempre la stessa, le case erano sempre le stesse, gli alberi erano sempre gli stessi; sembrava che nulla fosse cambiato. Non era vero, certo. O meglio: non era vero per lui.
Sì, perché per gli altri cittadini di Godric’s Hollow, quelli che in quel momento erano nelle loro case al calduccio, la vita era sempre la stessa, o forse migliore, dato che la minaccia che incombeva su tutto il mondo sembrava essere svanita.
Per il ragazzo non era così. La minaccia era svanita, era vero, ma da quel 31 di ottobre la vita per lui era diventata grigia e triste, persino più triste di quel periodo della sua infanzia in cui doveva ancora abituarsi all’idea che la sua vita non sarebbe mai più stata la stessa. Era come se un dissennatore lo seguisse ovunque andasse.
Ad un certo punto sorrise. Un sorriso amaro, senza gioia. Sorrise perché pensò che se qualcuno, in quegli anni passati, gli avesse mai detto quello che sarebbe successo non ci avrebbe mai creduto e, anzi, avrebbe pensato che, chiunque egli fosse, si stesse prendendo gioco di lui. Eppure era successo, e a testimaniarlo c’era la statua che sorgeva imponente a metà della piazza, che ora il ragazzo osservava, sempre più malinconico.
Iniziò ad avvertire un fastidioso bruciore agli occhi, avrebbe voluto piangere, ma non lo fece. Sapeva che non sarebbe servito a nulla. Invece, annuì. Annuì guardando la statua che raffigurava il ragazzo coi capelli scompigliati e gli occhiali quadrati. Fu un gesto spontaneo, come un saluto, come se la statua gli avesse detto “non piangere, mi sembri una ragazzina”cosa che, se quel ragazzo raffigurato fosse stato ancora vivo, gli avrebbe certamente detto. Ed era come se lui si fosse limitato a rispondergli con un “va bene”.
Poi guardò di nuovo la luna, e per la prima volta non provò dolore o rammarico nel guardarla, ma in un certo senso era come se la ringraziasse, perché grazie a lei aveva vissuto dei momenti di felicità e spensieratezza, ignaro di ciò che sarebbe successo in futuro, aggirandosi per Hogsmeade e la Foresta Proibita, insieme ad un cane, un cervo ed un topo.
Poi riprese a camminare lungo la strada di Godric’s Hollow, la sua figura illuminata dalla luce lunare.
Non avrebbe mai potuto immaginare che la luna lo stesse osservando, con una sorta di compassione e amore, un amore quasi materno, e che per giunta non fosse sola: insieme a lei c’erano anche due ragazzi, gli stessi raffigurati nella statua, ma loro lo guardavano in modo diverso, con dolore; un dolore dovuto alla consapevolezza di non potergli più parlare, non potergli dire di prendersi cura del loro bambino, di non potergli dire di non avercela con il loro amico: non era colpa sua.
Invece potevano solo guardarlo, come stava facendo la luna.
E sembrava che tutto, in quella fredda notte di gennaio, stesse osservando quel ragazzo così insolito, con il suo abigliamento trascurato, la barretta di cioccolato nella tasca ed il suo piccolo problema di pelo.

 

   
 
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