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Autore: Walpurgisnacht    21/07/2016    1 recensioni
Allora ragazzi, vi capita mai di avere idee folli su cui vi sale un hype incontrollabile e che DOVETE mettere per iscritto? Ecco, se vi è successo sapete cosa è passato per la testa mia e della mia socia. Spiegazioni sul crossover e altri tecnicismi nel primo capitolo.
Aggiornamenti settimanali, due a botta. Numero finale di capitoli: ventuno.
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Un aereo cade. Nove ragazzi ammaccati si leccano le (piccole) ferite e cercano di capire come andarsene da quel posto dimenticato da chiunque.
Sul serio, non c'è nessun tizio psicopatico che vuole farli giocare alla sua personalissima versione de La Ruota della Fortuna.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quando la trovò era seduta in fondo alle scale, al piano terra.

Makoto raccolse tutto il coraggio che aveva e le si avvicinò: “Fukawa-san?”

Se lei l’aveva sentito non lo diede a vedere. Continuò a singhiozzare dandogli le spalle.

“Fukawa-san, ascoltami” ripeté, superandola e piazzandosi davanti a lei. Era un bel rischio se Zero aveva ragione, ma non importava: in quel momento Fukawa aveva bisogno di qualcuno che le desse fiducia.

“Perché sei scappata così?” chiese. “Ora tutti crederanno alle baggianate di Zero e-”
“N-Non sono baggianate.”

“Come…?”
“NON SONO BAGGIANATE!” urlò lei, disperandosi e tirandosi le trecce. “M-Mi dispiace, mi dispiace, MI DISPIACE! I-Io non ho mai voluto fare del male a nessuno, davvero, ma lei mi obbliga! Mi obbliga a farlo, io non voglio ma non ho altra scelta!”
“C-che vuol dire che sei obbligata? Chi è lei?”

Touko alzò il viso bagnato di lacrime verso Makoto: “G-Genocider…”
“M-Ma Genocider sei… sei tu?” balbettò, temendo di scatenare la sua apparente furia omicida, ma lei si limitò a scuotere la testa: “S-Sì e no… s-soffro di p-personalità multipla” disse, tirando su col naso “c-credo che sia nato tutto dai m-maltrattamenti delle mie madri… poco dopo ho c-cominciato ad avere dei blackout, avevo b-buchi di ore in cui non ricordavo n-niente. E p-poi… poi ha cominciato a comunicare con me.”

“Comunicare? Come?”
“C-Con dei bigliettini… all’inizio non v-volevo crederci, pensavo f-fosse qualche altro scherzo crudele fatto da r-ragazzi delle altre classi, invece…” sospirò, lasciando intendere che quell’incubo era più che reale. “E p-poi c’è questo” disse, e si alzò facendo una cosa che prese Makoto di sprovvista: si tirò su la gonna.

“F-Fukawa-san, c-cosa stai…!” balbettò cercando di coprirsi gli occhi, ma le parole gli morirono in gola quando vide ciò che lei voleva mostrargli: sulla sua coscia, all’altezza delle mutandine, c’erano dei kanji.

“S-Sono i nomi delle sue vittime” spiegò Touko, “ogni volta che uccide un ragazzo i-incide il suo nome sulla mia gamba… con una delle sue forbici.”
A Makoto mancò la terra sotto i piedi: tutto ciò era orribile, e quasi sperò si trattasse di un’altra atroce trovata di Zero… ma lei era ancora lì davanti a lui, la gonna alzata e i nomi ben visibili.

“F-Fukawa-san… io non so cosa dire.”

La vide chiudere gli occhi, forse temendo che l’avrebbe maltrattata come praticamente chiunque aveva fatto prima di allora.

“Mi dispiace che tu abbia sofferto così tanto. Nessuno se lo merita, nemmeno tu!”

Lei lo guardò sconvolta e a Makoto si strinse il cuore: le reazioni di Touko erano dolorose da vedere, era evidente che non era abituata ad essere trattata da essere umano.

E la bellissima idea di Zero l’ha gettata di nuovo nel terrore.

“Fukawa-san” disse, prendendole le mani “io ti credo. So che non saresti mai capace di fare qualcosa del genere di tua volontà, ti ho vista tremare per colpa della scala buia, ho parlato con te. Sono certo che tu non sia cattiva e ti prometto che convincerò tutti gli altri.”

Lei deglutì: “D-Davvero?”
“Davvero. Non sei sola, Touko.”

Lei gli strinse le mani e pianse di nuovo, e Makoto si augurò che avesse riacquistato un po’ di fiducia nei suoi confronti.

“N-Naegi-kun?”
“Sì?”

“P-Possiamo restare qui un altro po’? V-Vorrei riuscire a calmarmi prima… prima di affrontarli tutti.”

Makoto le sorrise: “Certo che sì.”

 

*

 

“Ma quanto ci stanno mettendo?”
“Secondo voi Naegi-kun è ancora vivo?”
“Nel peggiore dei casi avremmo dovuto sentire le urla.”
“Grazie del dettaglio splatter, Ikusaba. Ce la fate a rimanere seri e soprattutto a non giocare a chi punta il dito contro Fukawa più in fretta?”

Il rimarco di Kirigiri bastò a zittire tutti, e lei sbuffò. Lanciò una rapida occhiata verso la porta.

Però dove diavolo sei, Naegi-kun? Vuoi darla vinta a tutti?

Quando lo vide riapparire dalle scale si trovò a tirare un inaspettato sospiro di sollievo.

Gli si accalcarono tutti attorno ma lui fece cenno di stare buoni per un attimo: “Allora, da dove comincio… ho parlato un po’ con Fukawa-san.”
“E…?”
“E purtroppo quanto ha detto Zero è vero. Ma!” urlò, cercando di sovrastare la marea di “Io lo dicevo!” del resto della classe, e Kyouko gli diede una mano: “Ragazzi, fate silenzio! Lasciatelo continuare” disse, e gli fece un cenno d’assenso con la testa. Lui ringraziò e prosegui: “Dicevo… Zero ha detto la verità, ma ha omesso un particolare: Fukawa-san soffre di personalità multipla a causa degli abusi subiti da piccola. Non può controllare ciò che Genocider fa quando… quando è sveglia” disse, non del tutto sicuro dei termini da usare “ma mi ha spiegato che salta fuori solo quando vede sangue o starnutisce.”
“Quindi… se non la mettiamo a contatto con sangue o polvere o altre sostanze che possano causarle uno starnuto dovremmo essere al sicuro?” chiese Togami, e Makoto annuì: “Sì. Lei stessa mi ha detto che qui finora non ha mai sentito il bisogno di starnutire, per cui almeno da questo punto di vista il problema non si pone. Non dovrebbe, almeno. Per quanto riguarda il sangue, beh… speriamo che non debba vederne nemmeno una goccia.”

Kyouko sembrò soddisfatta dalla risposta, e ad una rapida occhiata anche il resto della classe sembrava più convinto. Naegi rincarò la dose: “Davvero ragazzi, ho parlato parecchio con Fukawa-san da quando siamo chiusi qui e sono sicuro che non farebbe del male a una mosca di sua spontanea volontà. Lei è… terrorizzata. E urlarle contro come è successo prima di sicuro non la aiuta.”

Anche in quel caso la classe convenne che il discorso di Naegi aveva senso, e alla fine Kyouko chiese: “Ma dov’è lei, adesso?”

“Eh? Oh! Fukawa-san” disse Makoto, voltandosi verso l’entrata “vieni avanti dai, non succede nulla.”
Poco dopo Touko fece capolino da dietro la porta, apparentemente ancora agitata, ma sembrò convincersi quando Naegi le tese la mano.

A quanto pare riesci a compiere veri miracoli, Naegi-kun.

A prescindere da tutto il resto, era una scena deliziosa vederli camminare mano nella mano. Significava che lei, pur con tutte le sue paturnie e i traumi e quant’altro, pareva fidarsi abbastanza di lui. Era una cosa importante… e bella.

“Come va, Fukawa-san? Un po’ meglio?” le chiese per tastare il terreno.

“...i-insomma… ma Naegi-kun… mi a-aiuta molto…”.

“Non faccio nulla di che, su”.

“Non è vero, Naegi-kun. Sei davvero bravo in queste cose”.

Distolse lo sguardo, probabilmente imbarazzato dal complimento.

“Quindi ci assicuri che il tuo alter ego si manifesta solo in determinate condizioni?”.

“S-Sì, non v-viene mai… fuori s-senza una s-spinta esterna…”.

“È già qualcosa. Ascolta, mentre eravate via si è proposto di perquisirti. Giusto per assicurarci che tu non abbia addosso degli oggetti pericolosi, magari presi da Genocider a tua insaputa. Sei d’accordo? Possiamo procedere?”.

La ragazza si ritrasse istintivamente, intimorita. Poi, dietro anche l’incoraggiamento del solito Makoto, accettò la condizione: “In… in e-effetti… c-capisco perché… vogliate f-farlo…”.

“So che non è molto delicato nei tuoi confronti e mi scuso a nome di tutti, però vorremmo poter essere certi di non correre alcun rischio non necessario”.

“C-Certo…”.

Alla Kibougamine piace fare incetta di casi umani, considerato il background di alcuni di noi. Ma lei batte tutti da quel punto di vista. Poveretta, ha avuto una vita davvero difficile. Ora tanti suoi comportamenti mi sono dolorosamente chiari.

“Oogami, se vuoi fare gli onori di casa…”.

“Va bene”.

“Perché proprio Sakura?” chiese Aoi, a quanto sembrava non troppo convinta della scelta.

“Le alternative migliori sono Oowada e Ikusaba. Il primo è fuori discussione semplicemente per il fatto che è un omaccione grosso e cattivo e non sta bene che metta le mani addosso a una signorina. La seconda avrebbe probabilmente il tatto di un carro armato. Correggetemi se sbaglio”.

Nessuno, escludendo i diretti interessati che si erano detti offesi dai rimarchi poco gentili di Kirigiri, ebbe da contestare.

Bah. Che vi offendiate o meno sapete che ho ragione.

L’atto in sé fu questione di pochi minuti e diede esito negativo. Non c’era una sola possibile arma sulla persona di Touko Fukawa.

“Questo mi fa onestamente piacere” commentò ancora Kirigiri “L’essere più sicuri ci permetterà di trattarti con meno diffidenza”.

“B-Bene…”.

“L’unica cosa a cui dobbiamo fare attenzione adesso è la presenza di possibili agenti esterni che ti possano provocare uno starnuto… e il sangue”. L’ultima parte di questa frase venne accolta da un brivido generalizzato, perché chiaramente l’apparizione di quel liquido avrebbe significato che qualcosa era andato tremendamente storto.

“Ora che l’incidente con Fukawa si può dire più o meno chiuso, con grande gioia di tutti, avrei una cosa da dire” si intromise Togami.

“E cioè?”.

“Guardate un po’ cosa abbiamo trovato la stessa Fukawa, Kirigiri e io nella stanza 7”.

Tirò fuori la fotografia.

E come facilmente pronosticabile la scoperta suscitò irrequietezza.

“Chi diavolo è quella? Perché sta in una nostra foto di gruppo di quarta elementare?”.

“Non ne ho idea!”.

“Neppure io. Quella faccia mi è totalmente estranea”.

“Cos’altro abbiamo di sconosciuto, oltre a quella faccia?”.

“Un nome…”.

“Ed entrambe le cose appartengono a una persona di sesso femminile. Vi scatta un collegamento?”.

“Kirigiri, vorresti dire che quella bambina… sarebbe Junko Enoshima?”.

“È possibile. Naturalmente non vi è alcuna certezza per ora, siamo sempre nel campo delle ipotesi. Ma converrete con me che al momento è l’eventualità più probabile”.

“Avrebbe senso, già. Un volto sconosciuto si assomma a un nome sconosciuto”.

“Non possiamo esserne sicuri!”.

“Certo che non possiamo, non ancora. Ma si torna alla solita obiezione allora: Zero ci lascia indizi a casaccio senza alcun nesso logico ad accomunarli”.

“Io sono convintissimo che questa sia Enoshima, anche se non mi so spiegare la sua presenza lì…”.

“Nessuno ne dubitava, Ishimaru. Ci mancava giusto che tirassi fuori la Cabala e la cospirazione ebreo-massonica”.

“Il problema” ragionò Togami “è capire perché nessuno di noi si ricorda di questa bambina, senza stare a calcare troppo la mano sulla sua identità. Perché, anche non fosse questa Junko Enoshima, la foto parla chiaro: ha frequentato almeno una classe con tutti noi e nessuno ha la minima cognizione di lei. C’è sempre la possibilità che sia un fotomontaggio, ma… non so, non mi convince. Kirigiri?”.

“Dando per buona l’intenzione di Zero di non sviarci, non posso che ritenere reale quanto troviamo in giro per questo posto. Quindi consiglierei, se non dovessero emergere elementi contrastanti, di considerare quella bambina dai lunghi codini come la fantomatica Junko Enoshima”.

“Ci sarebbe anche un’altra cosa…”.

“E cosa, Togami?”.

“Vediamo se sei con me: hai notato qualcosa di strano nel comportamento di Zero?”.

“Uhm…”.

La Posa Kirigiri che Pensa™ lasciò i presenti in sospeso. Dopo un paio di minuti giunse la risposta: “No, non direi. Perché me lo chiedi?”.

“Perché io sì, l’ho notato”.

“E cosa, Togami? Cosa?”.

“Puoi anche non assordarmi Oowada, l’avrei detto comunque. Ho come la sensazione… non è facile da spiegare, ma mi sembra che Zero… sia incostante”.

“Incostante in che senso?”.

“Nel senso che non avrebbe una personalità ben definita: a volte è quasi giocherellone, altre brutale e diretto. Nel messaggio a me rivolto, fra quelli che abbiamo trovato nella stanza 7, mi scriveva con tono sarcastico, pungente. Quando ci ha intimato di uscire pareva una di quelle persone che non spreca una sola parola di troppo. È quantomeno curioso”.

“Ora che ci faccio caso” si inserì Asahina “questa cosa ha senso. Quando mi ha obbligata a rivelare il mio segreto, presenti Sakura e Ikusaba, suonava come un bambino che si stava divertendo a fare un brutto scherzo a un amichetto. D’accordo che la voce distorta non aiutava, ma la vena quasi sadica risaltava abbastanza. Nel caso di Oowada e Ishimaru invece è stato molto più sbrigativo e dritto al punto, arrivando addirittura a narcotizzare il nostro prefetto preferito”.

“Stareste cercando di farmi capire… che Zero in realtà è più di una persona?”.

“O questo o soffre di personalità multipla” rispose Togami “ma a questo punto sono più portato a credere che siano più persone… data la grandezza di questo posto, la mole di indizi sparsa in giro e tutte queste trappole complesse, mi sembra più plausibile.”

Il resto della classe annuì, chi borbottando qualcosa sul fatto che Zero poteva essere il nome di un gruppo terroristico, chi negando quella possibilità. In tutto questo Kyouko notò come Fukawa si fosse allontanata da loro, sedendosi alla scrivania con un libro in mano e immergendosi nella lettura. Fece per avvicinarsi e dirle di riunirsi al gruppo, ma sentì qualcuno afferrarle il braccio: “Lasciala stare, Kirigiri-san”

Si voltò verso Naegi, stranamente serio in volto. “Abbiamo detto che siamo più tranquilli dopo la perquisizione, non ha motivo di stare in disparte” disse lei, ma il ragazzo si dimostrò irremovibile: “È comunque ancora molto scossa, non è facile per lei” bisbigliò Makoto “lasciamole un po’ di tempo per calmarsi. Tanto è solo a qualche metro da noi, e se si tratta di ripeterle eventuali punti del nostro discorso posso farlo io dopo.”

Kyouko lo osservò pensierosa: “Te la sei proprio presa a cuore.”

Lui si strinse nelle spalle: “È che… è sempre stata tanto sola, trattata male da tutti. Hai sentito cosa le succedeva a casa, no? E Togami-san sembra essersi svegliato solo adesso” rispose tutto d’un fiato. “Io voglio… voglio solo aiutarla, e al momento sembra ci stia riuscendo. E poi così mi posso rendere utile a qualcuno…”

C’era qualcosa di strano in quell’ultima frase di Makoto, una sorta di malinconia che le fece suonare un campanello d’allarme. Ma non ebbe tempo di approfondire perché il resto della classe li richiamò a gran voce. Makoto sorrise e si voltò verso di loro.

Hmm.

Si riunì anche lei agli altri e Togami li aggiornò: “L’unica cosa che vi siete persi è che mentre eravamo nella stanza 7 loro non hanno trovato nulla qua fuori.”
“È vero?” chiese lei, e le facce infelici dei compagni furono la conferma: “Abbiamo guardato ovunque ma non è saltato fuori nulla, né altri pezzi di giornale o strani indovinelli con bottoni e combinazioni” spiegò Mondo, allargando le braccia “niente di niente. Sembra quasi che queste stanze siano qui solo per bellezza.”

Kyouko inarcò un sopracciglio: “Sai Oowada, potresti aver ragione.”
“Che? Davvero?”

La Detective cominciò a camminare in circolo, gesticolando: “Più guardo queste stanze più mi sembrano… finte, per così dire. Come se fossero state create ad arte, aggiunte in un secondo momento. Non so se mi spiego.”

“Intendi dire che qualcuno ha rimaneggiato gli interni di questo posto per farceli trovare così come li vediamo adesso?” chiese Togami, e lei annuì: “Sì, queste in particolare, lo studio medico e la stanza della bambina: se ci pensate bene non sono in linea con il resto dell’arredamento, che era elegante ma meno… specifico.”

“In effetti…”

“Ora che me lo fate notare” intervenne Sakura “anche la stanza numero 2 stona con gli altri ambienti: a che cosa dovrebbe servire un poligono di tiro, qui?”

Tutti convennero che la disposizione delle stanze e quel particolare arredamento suonassero ancora più strani adesso; erano ancora intenti a fare ipotesi quando Kyouko notò Makoto voltarsi: si girò anche lei e vide Touko dietro di lui.

“Qualcosa non va, Fukawa-san?”
“N-No, però… credo di aver trovato qualcosa che potrebbe essere r-rilevante” e mostrò loro un libro.

“Campi morfogenetici? E cosa sarebbero?” chiese Makoto, leggendo la pagina indicata dalla Scrittrice. A quel punto anche tutti gli altri si erano avvicinati a loro, spinti dalla curiosità.

“Non era una sorta di pseudoscienza?” disse Togami. “Mi pare parlasse di informazioni propagate tra vari soggetti da questi ipotetici campi invisibili.”
Touko annuì, ma gli altri non sembravano particolarmente convinti: “Scusate, non ho idea di cosa state parlando” ridacchiò Aoi, seguita a ruota da Oowada e Ishimaru.

“Fukawa, puoi spiegarci meglio?” chiese Kyouko, e per un attimo la ragazza sembrò andare di nuovo nel panico. Poi iniziò a parlare e sembrò a tutti una persona diversa: “Si chiama teoria della risonanza e dei campi morfici, secondo cui ogni individuo può sintonizzarsi con la memoria collettiva della specie, contribuendo allo sviluppo di quella stessa specie e creando quindi una sorta di risonanza tra singoli individui e gruppi — etnie, razze, famiglie nel caso degli esseri umani. In pratica è come se ci si potesse passare informazioni tramite questo campo invisibile, raggiungibile solo tramite il cervello.”

“Uh… credo di essermi perso ad individuo” commentò Mondo, e Touko si mordicchiò un labbro: “Hmm, c-come posso spiegarlo meglio” si grattò una guancia, poi aprì il libro ad una pagina specifica: “Ok, in questo libro c’è un esempio più pratico: anni fa, in Gran Bretagna, un’emittente tv locale fece un esperimento per un programma” spiegò, “mandarono due foto a piccoli gruppi di persone sparsi in tutto il mondo, in zone dove la tv e quel programma nello specifico non potevano arrivare. Le due foto erano modificate e i soggetti (una donna con un cappello e un cane) difficili da individuare, ma una volta scoperti era impossibile non notarli. Comunque, in tutto avevano un gruppo di circa mille persone, e quando mostrarono loro le foto chiedendo cosa ci vedevano, i risultati furono questi: il 9,2% di persone disse di aver visto la donna con il cappello nella prima immagine, mentre il 3,2% vide il cane nella seconda. Due giorni dopo andò in onda il programma tv” fece una breve pausa per riprendere fiato, poi proseguì: “e fecero vedere la foto del cane con relativa soluzione.”
“E…?” chiesero in coro, e lei fece un mezzo sorriso: “I produttori avevano stimato che sarebbe stato visto da almeno 200,000 spettatori, e che quindi il numero persone a conoscenza della soluzione fossero almeno 200,000. Poco tempo dopo l’esperimento venne ripetuto in aree dove la tv e la radio non esistevano, su un gruppo di meno di 850 persone, e nessuna delle quali aveva preso parte al primo test.”
“I risultati quali furono?” chiese Kyouko, ora decisamente incuriosita.

“Il 10% del gruppo individuò la donna con il cappello nella prima foto, mentre il cane nella seconda venne notato dal 9,2%.”

“Un aumento piccolo ma significativo” rifletté Kirigiri, e Touko annuì: “Assolutamente, soprattutto se pensiamo che nessuno di quel gruppo aveva partecipato al primo esperimento. Se lo prendiamo per buono avvalorerebbe la teoria dei campi morfogenetici.”
“Quindi… il secondo gruppo avrebbe ottenuto l’informazione attingendo a quel campo e alle conoscenze pregresse del primo gruppo” disse Togami. “Interessante, ma penso siano solo teorie senza fondamento.”
“Probabilmente, ma” contestò Touko “converrai con me che ha punti in comune con gli indizi che abbiamo trovato qui: il libro più avanti paragona queste teorie alla telepatia, ovvero trasmissione di informazioni tramite il pensiero. E finora tutto ciò che Zero ha voluto dirci riguarda esperimenti psichici.”
“Come le carte di Zener” intervenne Makoto, e Kyouko aggiunse: “E il libro che tu, Fukawa, avevi trovato nella prima stanza, L’Uomo che Fissa le Capre.”

Touko annuì.

Kyouko lasciò gli altri a discutere della spiegazione di Fukawa, riflettendo su quanto emergeva da quegli indizi. Esperimenti su bambini, presunti poteri psichici, test con le carte di Zener, campi morfogenetici… se tutto questo è vero, e la Kibougamine è coinvolta, parliamo di un insabbiamento senza precedenti.

Si voltò nuovamente verso il gruppo: “Direi che Zero ci sta puntando sempre di più verso la strada degli esperimenti” disse, e non mancò di notare un soddisfatto Ishimaru la cui faccia sembrava dire “Io ve l’avevo detto.”
“C’è però una cosa che ancora mi sfugge” parlò ancora Oowada, “Fukawa… quand’è che hai smesso di balbettare?” e lei arrossì fino alle orecchie: “M-Mi succede quando sono c-concentrata su qualcosa c-che mi i-interessa particolarmente” disse, ovviamente balbettando.

“Ok, il discorso sui campi morfosblurb è molto interessante e per nulla incomprensibile. Ho seguito tutto con estrema attenzione e capendo ogni singola parola. Ora che facciamo?” chiese Mondo mentre si grattava la testa.

Kyouko lo guardò e gli rispose: “Adesso come adesso, acquisiti questi nuovi elementi, direi che possiamo procedere oltre. D’altronde qua non c’è altro di utile, mi pare di aver capito, e a ben guardare non abbiamo avuto il tempo di esplorare per bene la stanza 7 ché Zero ci ha cacciati subito. Che dite?”.

Il consenso generale approvava la proposta, pertanto si diressero in direzione della porta numerata.

 

*

 

Touko Fukawa sentiva l’esigenza di parlare.

Non con chiunque, figurati. Non è mai stata il tipo che ciarla per il puro gusto di farlo. E anche lo fosse stato non aveva quasi mai nulla di valido da dire… e nessuno con cui poterlo fare.

Ma quel caso era diverso.

L’impellente necessità di raccontare quanto accaduto nella stanza 7 con Togami le premeva sulla nuca come un martelletto.

S-Strano. Non mi è mai capitato prima d’o-ora.

Se voleva sfogarla c’era una sola persona adatta allo scopo. Quindi, durante il percorso, si avvicinò a Makoto, lo afferrò per la manica e gli disse di rallentare il passo.

“Mh? Fukawa-san, tutto ok?”.

“Sì s-sì, tutto ok. Volevo… se non ti s-scoccia, Naegi-kun… volevo… parlarti di una c-cosa…”.

Lui sorrise, quel sorriso che stava lentamente imparando ad accettare: “Ma certo, Fukawa-san! Dimmi tutto”.

“I-Immagino ti sarai chiesto… perché T-Togami… Byakuya-sama… si s-sia comportato… così p-prima…”.

“In effetti sì, il dubbio mi era venuto. Gli avete fatto bere una pozione cambia-personalità là dentro?”.

La ragazza ridacchiò alla battuta, poi scosse la testa: “N-No. È che probabilmente… lui c-ci ha salvato la vita… a me e a Kirigiri…”.

“Eh? Stai scherzando? Parliamo dello stesso Byakuya Togami... il Super Erede con la Super Arroganza, almeno prima di tutto ‘sto casino?”.

“G-Già. Ora, non p-possiamo esserne sicure ma… è arrivato a c-chiedermi per favore di dargli il cryptex…”.

“Il cosa?”.

“Il cryptex… non i-importa, lascia stare…”.

“No no, spiegami! Non so cos’è un cryptex, ma il resto della storia mi incuriosisce molto!”.

Si fermò, facendo in modo che anche lui facesse lo stesso. Era… meno facile di quanto aveva preventivato e non si sapeva spiegare bene il perché.

Le ci volle qualche secondo per trovare le parole migliori: “I-In pratica… avevamo questo aggeggio da a-aprire… e lui sapeva la s-soluzione… ha cercato di prendermelo dalle m-mani… prima con il suo solito t-tono autoritario, poi… quando h-ha visto che non volevo c-cedere… è ricorso alle maniere g-gentili… credo fosse per via di q-quanto c’era scritto sul suo b-biglietto…”.

“Biglietto? Avevate i foglietti personalizzati?”.

“Sì. Ce n’era u-uno… per tutti noi… con sopra i n-nomi. Non s-sappiamo cosa ci f-fosse sul suo, Zero ci ha i-imposto l’obbligo di non dirlo ad alta voce… ma e-evidentemente non dovevamo e-essere noi ad aprire il cryptex…”.

“Oh. Dici che fosse questo il motivo?”.

“P-Possibile…”.

Per un istante lui si mise a pensare, quasi stesse collegando dei puntini che a Touko non dicevano nulla da separati. Poi, mentre le faceva cenno di riprendere il cammino, disse: “Sai, credo… credo che quella fosse la sua prova, se diamo per buono che ce ne debba essere una per tutti noi. Vedo delle somiglianze con quanto ha dovuto fare ai suoi fratellastri, non ti sembra?”.

Uhm.

A guardarla meglio aveva senso: così come era dovuto giungere da solo al traguardo per l’eredità della Zaibatsu facendo metaforicamente fuori gli altri concorrenti, così aveva dovuto scavalcare loro due nel procedimento col cryptex. Tutto sommato tornava.

“F-Forse hai ragione, Naegi-kun”.

“Oh Fukawa-san, non ho avuto occasione di fartelo presente prima ma non sai quanto sono felice di sentirti usare il -kun con me. Con tutto quello che ci hai raccontato e la faccenda di Genocider dev’essere difficile… che dico, difficilissimo per te avere tutta questa fiducia in qualcuno. Santo cielo, hai una storia tragica e mi dispiace davvero tanto per quanto ti è accaduto…”.

Una piccola parte della sua testa fece i salti di gioia nel sentirlo parlare così. Era davvero il primo, e fino a pochissimo tempo prima l’unico, essere umano a trattarla in maniera decente. Umana, appunto.

Non seppe trattenersì e lo abbracciò. Qualche lacrima sfuggì al suo controllo e le colò sulle guance.

“Fukawa-san! Che c’è, che hai?”.

“N-No, n-niente…”.

Lui ricambiò l’abbraccio: “Coraggio, non fare così. Il peggio è passato. Hai visto, anche gli altri hanno capito quante ne hai passate e sembrano disposti a venirti incontro. Sei fra amici ora, oserei dire che persino Togami-san col suo nuovo corso non è un caso irrecuperabile. Capisco che sia complicato per te, ma prova a lasciare socchiusa la porta ai confini del sole… ehm, del cuore”.

Si staccarono. L’ennesimo sorriso che le regalò la fece stare bene come raramente si era sentita in vita sua.

“C-Ci proverò…”.

“Hai solo da guadagnarci. Dai, ora raggiungiamoli che siamo rimasti indietro”.

“O-Ok”.

La strada era obbligata, quindi pericolo di perdersi non ce n’era.

Quando rientrarono nella stanza arredata come la camera da letto di una bambina zuccherosa ebbero una brutta sorpresa: il resto del gruppo era piantato, chi sdraiato sul letto con le gambe per aria (Asahina! Un po’ di pudore, svergognata!), chi appoggiato svogliatamente al muro con le braccia conserte e chi fermo a fissare il soffitto.

“Beh? Non c’era bisogno di aspettarci” esordì Naegi.

“Non era la nostra prima intenzione, difatti” gli rispose Ishimaru “Solo che Zero ci ha imposto l’alt finché Fukawa-san non fosse rientrata nei ranghi”.

“Uh? I-Io? Perché?”.

“Non ce l’ha spiegato”.

“Ve lo spiego adesso”. Ormai solita voce dall’alto. Era lui. O loro?

“Adesso cosa vuoi, bastardo di uno psicopatico?” ruggì Oowada.

“A cuccia, maltese troppo cresciuto. Al momento non mi interessi. L’oggetto dei miei attuali desideri ha fatto da poco la sua comparsa, vero dolce Touko?”.

C-Cosa puoi volere ancora da me? Hai g-già rivelato l’esistenza di Genocider, non c’è nulla di peggio…

“Cara, perché non apri l’armadio in fondo? Quando l’avrai fatto tirerai fuori la cassetta di legno, non ti puoi sbagliare, e la aprirai”.

Ovviamente l’attenzione si concentrò su di lei. Altrettanto ovviamente prese a tremare.

Si fece forza ed eseguì gli ordini.

Dentro la scatola…

Zero, ti odio. Ti odio con tutta me stessa.

   
 
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