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Autore: Marty_199    21/07/2016    1 recensioni
"Ma tu chi sei che avanzando nel buio
della notte inciampi nei miei più segreti
pensieri?"
William Shakespeare, Romeo e Giulietta.
***
Alice Blain ha diciotto anni e frequenta il college, è una ragazza con molta fiducia nel suo futuro e nei propri sogni, con una passione innata per la letteratura. La sua famiglia l'ha sempre sostenuta e amata, proprio come Nathan, suo fratello, adottato all'età di sette anni.
Nathan ha ventuno anni, frequenta l'ultimo anno di college ed è pronto per l'università, sa di avere alle spalle un trauma da dimenticare, perché prima dell'arrivo dei Blain la sua non era un'infanzia facile. Ma sa anche che i Blain hanno portato con sé, ciò che per lui è la più grande forma di dolore e amore, sua sorella Alice.
Ma se un sentimento proibito si accendesse tra i due? L'amore non bada alla legge, alle regole o al momento, e i due si ritroveranno a tenere per loro questo sentimento, superando i confini causati da un solo, semplice cognome, e il dolore provocato da un evento che stravolgerà le loro vite... e potrebbe comportare delle conseguenze. Ma queste saranno in grado di separarli?
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest | Contesto: Scolastico, Universitario
Capitoli:
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CAPITOLO 2

ALICE

Non appena le porte furono aperte e i professori e bidelli addetti alla salvaguardia dei ragazzi fecero cenno alla folla di entrare e dirigersi verso le rispettive aule di lezione, Alice corse nella sua classe allontanandosi da Bruce, consapevole che se avesse continuato a stare con lui avrebbe finito per non entrare più.
I corridoi erano come sempre identici all’anno prima, il pavimento pulito, anzi lucido, doveva essere stato pulito da poco meno di un’ora.
Povera bidella”.
Pensò Alice, consapevole che dopo un’ora di lavoro tutto quel pulito sarebbe scomparso sotto i piedi e le cartacce dei ragazzi presenti nella scuola. Le finestre filtravano la luce del sole, illuminando il tutto senza il bisogno di una qualsiasi luce artificiale, infatti le luci sul soffitto erano ancora spente del tutto.
Una volta nella sua aula trovò la maggior parte dei posti occupati, i banchi allineati perfettamente nelle loro file e puliti come non mai, anche quello sarebbe presto sparito.
Con un sospiro di sollievo notò che il suo posto vicino la finestra non era occupato, una figura maschile allampanata e dai capelli castani sedeva al banco vicino il suo.
Sorridendo prese a passare tra i banchi, mentre i pochi compagni già presenti chiacchieravano tra loro creando un sottofondo di parole confuse e incomprensibili. Una volta davanti il suo banco si mise seduta facendo sobbalzare Harry.
«Cavolo Alice, mi hai fatto prendere un colpo.»
La ragazza rise, guardando il suo migliore amico e trovandolo un minimo diverso.
«Sei fin troppo facile da spaventare Harry.»
Fin da quando era piccolo era stato soprannominato da tutti “Harry Potter”, non solo perché il suo nome riprendeva l’eroe magico creato dalla Rowling ma anche, e sopratutto, per il suo aspetto simile all’attore che lo aveva interpretato nei film.
Harry era magro, snello e con un filo di muscoli addetti alla sua corporatura, portava gli occhiali fin da piccolo e i genitori, forse quasi per dispetto, quando aveva compiuto dieci anni avevano fatto sì di comprargli un paio di occhialoni tondi dalla montura scura. Da qualche anno se li era tolti comprandosene un paio quadrati e che gli conferivano un’aria molto più da professorino. Che era quello che Harry voleva, Alice non aveva mai scordato la spiegazione che gli aveva dato riguardo la scelta di quegli occhiali. Nel suo futuro harry si vedeva dentro Oxford o dentro una delle grandi università dell’Inghilterra dietro una cattedra ad impartire lunghe lezioni circondato dal tempo uggioso della nazione che tanto lo affascinava.
Alice ce lo vedeva, in un piccolo appartamento tutto suo e con sempre un ombrello scuro dietro, con gli angoli dei capelli castani arricciati dall’umidità.
Lo aveva sempre invidiato per la sua certezza in cosa volesse essere in futuro, Alice più ci pensava e più spingeva il suo sguardo avanti, più la sua mente si apriva su di un buco nero colmo di possibilità e allo stesso tempo di niente.
Tornò a guardarlo riprendendosi dai suoi pensieri e da dietro la montatura degli occhiali si nascondevano due occhi cerulei e limpidi che la guardavano con sempre quella nota di curiosità.
Harry non aveva mai nascosto alla sua migliore amica di essere bisessuale, anche se Alice sosteneva che la maggiore preferenza del suo amico tendesse verso i maschi, una sola ragazza fino a quel momento era riuscita a piacergli, ed era stata lei. Non gli aveva mai parlato di altre, in compenso aveva tirato fuori molti nomi maschili.
«Questo può solo voler dire che eri con la testa da qualche altra parte... a cosa pensavi?» il leggero rossore sugli zigomi del suo amico fu più che sufficiente come risposta.
«Jack Marchal.»
«Dimmi che scherzi» Alice avrebbe creduto che il suo migliore amico le rispondesse con, “al fatto che siamo appena tornati e ci aspetta una lezione” o roba simile, invece era di nuovo con la testa altrove, rivolta verso qualche ragazzo. Sapeva essere così diligente, attento e allo stesso tempo così superficiale e lascivo, un connubio che alla fine in
realtà lo rendeva quasi equilibrato.

Era solito che Harry prendesse cotte per ragazzi decisamente indisponibili, lui era solito osservarli da lontano, da dietro le quinte, quasi sperasse in un intervento divino che puntualmente non si presentava ed Harry rimaneva nell’ombra. Si era infuriata col suo migliore amico più volte di quante ricordasse, tuttavia cominciava a credere che oltre alla timidezza nel suo comportamento ci fosse uno schema, un’idea forse; prima o poi qualcuno avrebbe osservato lui e notato i suoi sguardi, lo avrebbe visto.
Almeno lei si era convinta che quella era una delle principali motivazioni, forse semplicemente Harry non sapeva ancora scegliersi le persone giuste.
«Alle elementari ci conoscevamo, eravamo amici. Sai di quelli che si scambiano sempre le figurine e le macchinette» ad Harry si illuminarono gli occhi, quasi fosse perso nei suoi ricordi.
«Per prima cosa dovrai riprendere a parlarci nuovamente, il fatto che vi siate già incontrati aiuta ma Harry» Alice lo osservò, scostandosi una ciocca scura dietro l’orecchio, «macchinine...figurine...davvero tutto molto carino ma non credo che basti, dovrai trovare un altro modo di iniziare la conversazione.»
Si bloccò, guardando Harry mentre scuoteva forte la testa con negazione ai suoi consigli. Alcune ciocche castane gli scivolarono davanti gli occhi.
«Lo so sai, sono incapace ma non fino a questo punto. E in ogni caso non gli parlerei affatto, all’epoca non era altro che un bambino paffutello simile a molti altri, ora è uno dei ragazzi più popolari del college, nonché capitano della squadra di football, io nemmeno esisto nei suoi ricordi!»
Alice storse in naso, Jack Marchal non le era mai piaciuto più di tanto, non che lo avesse mai conosciuto di persona ma i suoi modi e la sua fissa per il football e per le ragazze che andavano a vederlo lo dipingevano come il ragazzo in piena consapevolezza della sua popolarità e del suo fascino. Sarebbe stata ben felice di tenere lontano Harry da lui.
Ma vedere il suo migliori amico gettare la spugna per l’ennesima volta cominciava a farsi ripetitivo. C’erano sicuramente mali maggiori di quel ragazzo.
Fece spallucce mentre sistemava ciò che necessitava sul banco.
«Potresti verificarlo...»
«No. Guarda cambiamo discorso, come vanno le cose tra te e Bruce?»
Alice lanciò un’occhiata storta al suo compagno di banco, che si sistemò gli occhiali sul naso fingendo di non aver notato il suo rimprovero silenzioso .
« Bene suppongo.»
« Supponi?.»
Alice fece spallucce, tirando fuori dallo zaino il suo piccolo astuccio verde e il quaderno degli appunti, aspettando qualche minuto per rispondere.
«Da qualche giorno litighiamo.»
Gli rispose con tono fermo ma tranquillo, con sua sorpresa si accorse di non aver dato una particolare nota di importanza alla frase.
Harry sospirò, posando i suoi occhi cerulei sul quaderno aperto davanti a sé.
«Per cosa?»
«Niente di importante in realtà...» Alice non finì di spiegare, in realtà non sapeva ancora bene che cosa dovesse spiegare, si era detta che quei giorni gli sarebbero serviti per pensare ma alla fine non ci aveva pensato troppo, e ora la cosa cominciava a pesargli. Avrebbe certamente dovuto dare più importanza alla sua relazione.
«La negazione è la prima fase» annuì Harry, facendola sospirare con frustrazione.
«Smettila.»
«Ma è così, se litigate c’è un motivo e se la cosa continua deve esserci qualcosa di grosso alla base, le piccole litigate sono solo piccole micce che diventeranno un fuoco enorme quando uscirà fuori il vero problema.»
Alice lo fissò, mentre nell’aria il brusio teneva compagnia alle loro chiacchiere.
«Oh, non sapevo di aver chiesto la seduta dallo psicologo.»
«Meglio, dal tuo migliori amico, che vede più cose d te, nonostante a portare gli occhiali sia io.»
Il brusio si abbassò gradualmente mentre la porta si apriva e il professore entrava nell’aula mettendo a tacere tutti gli alunni e salvando Alice dal vicolo cieco nel quale si era cacciata.
Durante la lezione Alice fissò fuori la finestra volando con la mente oltre le mura e oltre i vetri che la rinchiudevano lì, immaginò dove potesse essere Nathan.
Era strano, essendo una ragazza fidanzata e per questo classificata tra le ragazze innamorate, i suoi pensieri sarebbero dovuti essere diretti a Bruce, il suo ragazzo. Ma Nathan aveva sempre occupato parte dei suoi pensieri, era il suo fratellone, non di sangue ma non le era mai importato. Era e sarebbe sempre stato il ragazzo che sapeva non l’avrebbe mai lasciata, che l’avrebbe protetta, era la persona che conosceva di più a al mondo ma allo stesso tempo anche la più sconosciuta... di lì a qualche tempo i suoi comportamenti gli sfuggivano.
Era diventato distante, sembrava allontanarla sempre più mentre lei gli si avvicinava.
Ma forse era tutta una sua immaginazione, era normale che volesse un po' più di distanza, era più grande, più popolare e in cerca di divertimento come qualsiasi altro ragazzo della sua età. Alice si convinse che il motivo era solo quello.
Al suono della campanella che segnava la fine dell’ora, Alice chiude il quaderno, accorgendosi di aver preso pochi appunti.
Il professore seguente era di storia e come suo solito sarebbe arrivato un quarto d’ora dopo il suono della campanella.
Alice stava per mettersi a chiacchierare col suo vicino di banco, quando una figura femminile e piena di curve le si parò davanti. Non doveva alzare lo sguardo per sapere chi era, Jessica Chantal, ragazza dai capelli di un misto tra il rosso e il castano chiaro, occhi scuri, quasi neri, piena di carattere e fiducia in se stessa.
«Alice tuo fratello è tornato? Sai non l’ho intravisto tra la folla di ragazzi.»
Alice storse appena il naso fingendo un sorriso cortese, ovvio che non era interessata a lei ma al suo affascinante e palestrato fratello, Nathan aveva una mezza storia con la sua compagnia di classe, ma Alice non aveva mai capito quanto importante fosse. Ammesso che lo fosse anche un minimo.
In realtà non nutriva antipatia contro di lei, gli era semplicemente indifferente. Certo forse nella maggiore non gli piaceva ma non poteva certo farsi piacere tutti solo per il buon cuore che suo padre le aveva sempre ripetuto di dover avere.
In più non riusciva a nascondere il pizzico di invidia che le bruciava dentro nel vedere che il suo seno era il doppio del suo, lo avrebbe tanto voluto anche lei, invece era da quando aveva quattordici anni che il suo seno si era bloccato e non si era ancora arresa a quell’idea.
«Certo, ma dubito che sia nella sua classe, sarà in giardino o in camera, sai col casino che si è avuto oggi molti ragazzi non sono venuti alle lezioni» Alice notò bene che dopo averle dato le informazioni che le servivano, Jessica non stava più ad ascoltarla e fissava il vuoto con espressione pensierosa.
Alice poteva quasi leggere i suoi pensieri, non che fossero difficili da immaginare: “quando posso andare a trovarlo?” o magari: “scappo dalla classe e vado ora?”. Dovevano limitarsi a quelli.
«Okay» si allontanò dal banco riavvicinandosi alle sue amiche della fila opposta a quella di Alice, leggermente infastidita.
Jessica non era stupida, né un gallina senza cervello, anzi i suoi voti erano molto buoni, ma sapeva atteggiarsi come un’insopportabile reginetta superficiale delle volte. Era bella e di certo nella vita avrebbe fatto carriera, non era una persona completamente insopportabile, sapeva rivelarsi anche lei piacevole delle volte, con chi voleva ovvio.
Alice sosteneva dentro di sé che lei e quella ragazza erano semplicemente incompatibili, non avrebbero potuto mai fare amicizia o avere magari una vera conoscenza, una ragione in più era il fatto che andasse a letto con Nathan, non sapeva spiegarsi il motivo ma conoscere la ragazza che di notte condivideva il letto di suo fratello le risultava ancora fastidioso. Non che fosse la prima, ma proprio per quello, non aveva avuto relazioni di amicizia con le altre, perché con Jessica avrebbe dovuto fare un’eccezione?
Forse era perché non la sopportava, Nathan aveva fatto il classico prendendosi Jessica come ragazza/non ragazza, Alice conosceva tutte le amiche e gli amici di Nathan e più o meno tutti gli erano simpatici, pochi erano quelli che preferiva non vedere, ed era certa che quando Nathan le avrebbe presentato la sua ragazza, una vera ragazza affermata come sua fidanzata, sarebbe stata più che felice di diventarle amica.
Ma era strano, non riusciva a pensare a quel futuro giorno senza una punta di invidia a colpirle il petto.
Quella ragazza si sarebbe presa le sue future attenzioni, lo avrebbe certamente allontanato da lei, ed Alice non sapeva immaginarsi un futuro con Nathan lontano, era qualcosa che le bruciava dentro e le infiammava il sangue causandole una sensazione poco piacevole allo stomaco.
Nathan era il ragazzo che il mondo stesso le aveva regalato, non era nato con lei, si era unito alla sua famiglia e alla sua vita quasi d’impatto.
Quando Harry la chiamò toccò a lei sobbalzare, colta nel mezzo di pensieri che non aveva ancora realizato per davvero.
«Adesso credo che fossi tu quella persa nei suoi pensieri, sempre Bruce…?»
Alice rimase in silenzio per qualche secondo, «Sì...Sì.»

   
 
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