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Autore: Emmastory    21/07/2016    4 recensioni
Esisteva il regno di Aveiron. Fiorente sin dalla notte dei tempi, era governato da un Re e da una bellissima regina, scomoda all'intero regno. Scosso da una tragedia, ospita ancora i suoi abitanti, ridotti alla fame, al freddo e alla povertà. La colpa è da imputarsi a uomini e donne chiamati Ladri, e prima che il regno soccomba alle loro continue razzie, qualcuno deve agire. Rain è una ragazza sola, figlia di un amore che le genti definiscono proibito. Gli incubi la tormentano assieme ai ricordi del suo passato, e con il crollo della stabilità che era solita caratterizzare le sue giornate, non le resta che sperare.
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Le-cronache-di-Aveiron-I-mod
 
 
Capitolo IX

Gocce di pioggia e memoria

Rimanendo sveglia per l’intera notte, mi ero data da fare, impegnandomi per ricordare tutto quello che avevo dimenticato per colpa della mia stupida amnesia. Una condizione di cui soffrivo da giorni, e che desideravo unicamente veder scomparire. In ginocchio di fronte a quello che era il mio letto, svuotai lo zainetto che avevo con me, e fissando ognuno degli oggetti che conteneva, speravo di far tornare a galla i miei ricordi. Per pura sfortuna, il mio piano parve fallire, e addormentandomi, dovetti desistere. Mi svegliai solo la mattina dopo. Il sole era già alto nel cielo, e malgrado la lunghezza e il freddo dell’inverno, la bianca neve iniziava a sciogliersi. Ero impegnata ad ammirare il panorama visibile dalla finestra della mia stanza, e improvvisamente, la porta si aprì. “Ben svegliata.” Mi disse Basil, entrando e facendo il suo ingresso sulla scena. “Dormito bene?” mi chiese poi, curioso. “Come mai prima d’ora.” Risposi, mentendo e vergognandomi come un’ignobile ladra. Alcuni secondi passarono, e notando lo stato in cui la camera si trovava, Basil non potè fare a meno di chiedermelo. “Cos’è questo disordine?” “ Scusa, è colpa mia, stavo cercando una cosa.” Risposi, mentendo spudoratamente per la seconda volta. Guardandomi, Basil rimase in silenzio, ma improvvisamente, un particolare parve attirare la sua attenzione. Avvicinandosi a me, prese delicatamente il mio ciondolo fra le dita, iniziando quindi ad esaminarlo. “Carino.” Commentò, lasciando sfuggire un nuovo sorriso. In quel preciso istante, posai lo sguardo su quel sobrio ninnolo, e un’improvvisa fitta di dolore alla testa mi sconvolse. Evitando di scompormi, riuscii a controllarla, e sorridendo a mia volta, lo ringraziai del complimento. Il silenzio calò nella stanza per alcuni preziosi secondi, allo scadere dei quali, una ragazza a me simile fece la sua comparsa sulla scena. “Chi è lei?” chiese, rivolgendosi a Basil e parendo sconvolta dalla mia presenza. “Samira, lei è nostra ospite. L’ho soccorsa giorni fa salvandola da uno svenimento, ma ha perso la memoria. Non ricorda nulla.” rispose lui, guardandola con aria seria e conservando la segreta speranza di essere riuscito a soddisfare la sua curiosità. “Piacere.” Disse poi quest’ultima, tendendomi la mano perché gliela stringessi. Seppur con una vena di riluttanza nei movimenti, decisi di farlo, e nello spazio di un momento, la sua attenzione si concentrò su qualcos’altro. Anche lei aveva notato il mio ciondolo, e guardandolo, sorrise. “È bellissimo.” Questo il suo semplice commento, che riportandomi alla realtà, mi spinse a pronunciare una frase sulla quale non ebbi alcun controllo. “Grazie, è un regalo del mio Stefan.” Dissi, pronunciando quel nome con una calma e una compostezza quasi disumane. Non ero ancora guarita dalla mia amnesia, e non sapevo perché, ma ero certa che dietro quel nome si celasse una persona a dir poco stupenda. Tacendo, mi concessi del tempo per pensare, ma a causa della mia nera e cattiva sorte, la mia concentrazione si spezzò come una robusta ma ormai consunta corda. “Hai per caso detto Stefan?” si informò Samira, guardandomi con aria confusa e al contempo interrogativa. “Sì, perché?” chiesi, ponendole a mia volta una domanda. “Credo di conoscerlo.” Replicò lei, facendosi improvvisamente seria. “Corri a chiamarlo, e subito.” Le ordinò Basil, indicando con un dito la porta di casa ora chiusa. A quelle parole, la ragazza non rispose, e obbedendo, sparì dalla nostra vista. Spostando il suo sguardo dalla porta al mio viso, Basil mi guardò, e riportandomi nella stanza che mi lasciava pazientemente occupare, si sedette al mio fianco. “Parlami di Stefan.” Pregò, sperando in tal modo di riuscire ad agevolare il ritorno alla mia mente dei ricordi che credevo di aver smarrito per sempre. Inizialmente spiazzata da quella richiesta, non seppi cosa dire, ma respirando a fondo, mi decisi a parlare. “Non so molto di lui, ma questo ciondolo è un suo regalo.”  Dissi, per poi scivolare nel silenzio e studiare l’espressione ora dipinta sul suo volto. “Cos’altro? Lo credi un amico?” indagò poi, sempre più preso dalle mie parole. Guardandolo, notai che pendeva letteralmente dalle mie labbra, e parlando con me stessa, mi convinsi di poterlo definire un vero amico. Subito dopo, tornai a concentrarmi su quella domanda, e concedendomi del tempo per pensare, sentii uno sorta di strano colpo al cuore. Da quel momento in poi, mi scoprii incapace di tenere a freno la lingua. “Non ne sono sicura, ma guardando questo ciondolo… So che mentirei se lo dicessi. Fra tutte le persone che ho incontrato, lui è stato l’unico a pronunciare parole bellissime, a stringermi e perfino baciarmi. Non è un mio amico, è molto di più ed io lo amo.” Un discorso completo, che fluendo chiaro dalle mie labbra, trovò la libertà grazie alla mia voce, e raggiunse le orecchie di tutti i presenti. Voltandomi, notai che Samira ci aveva raggiunti, e in quel preciso istante, una voce conosciuta solleticò il mio udito. “Era proprio quello che volevo sentire, amore mio.” Queste le poche parole pronunciate dal mio nuovo interlocutore, che spostando lo sguardo, scoprii essere colui che amavo. “Stefan! Gridai, chiamandolo per nome e alzandomi in piedi al solo scopo di lanciarmi fra le sue braccia. Accogliendomi con calore, mi abbracciò tenendomi stretta a sé, e non curandosi della situazione, lasciò che un nuovo bacio unisse le nostre labbra. “Credevo di averti perso.” Mi disse, con la voce tremante e rotta dall’emozione. “Tu non mi perderai mai.” Risposi, continuando a guardarlo con gli occhi di chi ama davvero. Un sorriso si dipinse quindi sul mio volto, e prendendogli la mano, pronunciai l’unica frase che nonostante la mia amnesia, non avevo dimenticato. “Andiamocene insieme.” Soffiai con dolcezza, rimembrando quindi l’amore provato dai miei genitori e la fiducia che nutrivano l’uno nell’altra. Limitandosi ad annuire, Stefan mi guardò, e voltandosi, guadagnò al mio fianco la porta di quella casa. Subito dopo, ci ritrovammo all’esterno, e stringendo la sua mano con forza ancora maggiore, mi sentii al sicuro. Camminando, non proferii parola. Concedendomi tuttavia del tempo per pensare, imparai una preziosa lezione. La vita ci intrappola in un mosaico di emozioni prima che riusciamo a uscirne, e dopo quanto era accaduto, avrei letteralmente voluto vivere per sempre. Intanto, il mio luminoso sorriso non accennava a spegnersi. Finalmente, ero felice. Ero riuscita a riavere i miei ricordi, e solo grazie al mio tanto amato Stefan, ero stata bagnata da gocce di pioggia e memoria.
   
 
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