Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Mistiy_Ronny    22/07/2016    2 recensioni
"Levi! " il chiamato arrestò i propri passi ma non si voltò.
" Là fuori, noi due ci rincontreremo sotto al sole " la voce tremante dall'emozione giunse così forte e chiara che non c'era bisogno d'aggiungere alcuna altra parola.
Levi andò avanti e un sorriso tirato si disegnò sul suo volto, voleva credere alla promessa silenziosamente stipulata.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Levi Ackerman, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Abbandono


Levi osservava il fumo levarsi verso l'alto assieme alla gigantessa.
Osservò la coltre fumosa ove le anime dei dieci soldati volontari si erano dissolte per levarsi verso il cielo sospinte dal vento .
La terra tremava sotto piedi, le mura tremavano, le persone, le cose vibravano sotto i passi titanici.
La coltre di fumo diventava sempre più fitta e Levi vide un'altro gigante innalzarsi verso l'alto. Un ruggito echeggiò, sobbalzò sopra ogni cosa e il mondo pareva volersi capovolgere.

 Potrebbe essere viva” pensò non credendoci affatto. Osservò da lontano i giganti rincorrersi e se li immagina, dei pezzi di Lysa stavano sotto le piante dei loro piedi.
Levi stava a sedere su una cassa di legno con la schiena incurvata verso il basso e i gomiti poggiati sulle ginocchia. I ciuffi neri ricadevano sugli occhi, nel campo visivo rientrano soldati esagitati. Azionarono il 3D per andare verso i giganti con le gambe tremanti ma con l'animo d'acciaio.
<< Levi >> si voltò e vide Erwin in piedi, al suo fianco stava Nile a braccia incrociate con le ciglia corrucciate.
Lo sguardo dell'amico indicò un punto lontano, ove le case si erano sostituite alle macerie.
<< Lo so che vuoi andare, perciò sbrigati >>
<< Dove diamine dovrei mai andare? >> sputò fuori arido. Quanto lo infastidiva il fatto che Erwin aveva già intuito ciò che stava accadendo nel suo cuore
<< Lo sai >> disse infine Erwin con tono solenne.
Uno sbuffo carico di stanchezza escì dalle labbra. Levi non voleva andare a vedere ciò che restava di Lysa ma doveva farlo per chiudere definitivamente la faccenda riguardante Erika. Solamente guardando il corpo privo di vita della giovane avrebbe potuto dire per sempre addio al suo passato.
Senza dire alcunché si alzò, a passa storpiato si diresse verso la meta rivelatrice.


. *** .


Due occhi si spalancarono, si immerssero in una spessa coltre fumosa.
L'aria bruciava, entrava a fatica nei polmoni, questi sembrano infilzati da tanti piccoli aghi infuocati.
Lysa aprì la bocca e boccheggiò incapace di trattenere ossigeno. Si sentiva schiacciata e non vedeva nulla. La terra tremava ma non riusciva a sentire alcun rumore, le sembrava d'essere all'interno d'una bottiglia e lei era liquido privo di forma e consistenza. Sentiva solamente una grande pressione che la schiacciava verso il basso.
Comandò alla mano di muoversi e questa strisciò piano. La vide scivolare lungo la roccia.

 allora son viva “ pensò con stupore ma il sentimento venne immediatamente sostituito dalla paura quando avvicinò la mano al proprio volto. Era scarlatta. Roteò gli occhi all'impazzata e il fumo si affievolì. Il pavimento sotto stante era scarlatto. Gli occhi girarono ancora di più e vide braccia, gambe, articolazioni rosse sparse ovunque.
<< Trevis … >> voleva urlare il suo nome per farsi sentire dall'amico, ma dalla gola uscì un misero brontolio.
Comandò a quel corpo di muoversi ma quest'ultimo pareva essere una massa informe disobbediente. Lente e tremanti le mani si movimentarono e toccarono roccia dura e aguzza. Gli ci vollero pochi secondi per realizzare il fatto che era schiacciata sotto un masso. Prese coscienza del suo corpo e del suo dolore, difatti dalla vita in giù era bloccata.
Tastò la superficie sovrastante, la graffiò cercando inutilmente di spostare quello che pareva un blocco roccioso.

 La mia strada è stata segnata, morirò qui “ pensò cercando inutilmente di portare ossigeno ai polmoni.
Rassegnata lasciò le braccia cadere giù, contro il pavimento tappezzato da pozzanghere scarlatte.
Lasciò le palpebre calare verso il basso, la sua sarebbe stata una lotta inutile quanto dolorosa. Non ne valeva la pena, lo sapeva.
Nelle orecchie si ripercuoteva un lungo ronzio, sonoro rimbalzava contro le pareti del cranio. Quello era il canto della morte, la incitava ad arrendersi, a calarsi in quel ronzio poiché fra pochi istanti tutto sarebbe finito. Il mondo sarebbe divenuto un posto silenzioso privo di colori e rumori. Il canto della fine era così silente ma al contempo assordante, un rumore che pareva un ossimoro ma la morte è così per tutti gli uomini: un ossimoro inconcepibile giacchè noi siamo vita e non possiamo comprendere la fine di quest'ultima.
Le palpebre calarono ma si riaprirono quando vide due occhi grigi come i suoi.

 Il caporale Levi “ constatò con apaticità. Vide le sue labbra muoversi ma non udì alunchè, nemmeno l'uomo più forte dell'umanità poteva azzittire il canto mortuario.
Vide il suo volto accartocciarsi in mille pieghe.

 sta provando compassione per me? “ pensò non sapendo come interpretare quell'apparizione così inaspettatata. Quando scomparve dalla sua vista un certo senso di sollievo si insinuò in lei poiché voleva morire sola, non voleva essere scrutata da nessuno durante i suoi ultimi faticosi respiri. Non sarebbe potuta crepare in pace sotto occhi esterni.
La pressione percepita fino a quel momento svanì, il ronzio scordante venne sostituito da un urlo, non sembrava appartenere un umano. Era lungo ed echeggiante, così stridulo che i timpani presero a bruciare. Lysa si rese conto che quella disperazione non proveniva da una fonte esterna ma dalla sua gola.
Il corpo divenne una massa solida costituita da dolore. Respirò a fondo ma i polmoni vennero bloccati. Inclinò la testa e vomitò sangue.
La mente, il corpo parevano essere impazziti, gli occhi rotearono verso l'alto e l'ultima immagine che riuscì a identificare fu il volto del caporale Levi.


. *** .


Levi stava seduto su una sedia a gambe incrociate con gli abiti impolverati.
Al suo fianco c'èra Lysa sistemata sul letto ospedaliero.
Levi si tastò le mani sporche e colme di graffi. Per salvare Lysa aveva dovuto sollevare quel pezzo di muro che la comprimeva impedendole di respirare. Lo aveva sollevato e poi se l'era caricata sulla spalla con una tale velocità, l'aveva portata dai soccorritori. Questi l'avevano medicata alla bene meglio, le avevano fatto sputare tutto il sangue che le impediva di respirare e poi l'avevano posta su un carro diretto verso il primo ospedale. C'era salito anche lui, quando arrivarono una squadra di medici la caricò su una barella per trascinarla in sala operatoria. Levi aveva atteso ore fino a quando non venne posta nella stanza a fine operazione.

La mano sporca andò a infossarsi tra i capelli neri. Era stanco, terribilmente stanco.
Quando era giunto nel luogo in cui Annie s'era tramutata in gigante, s'aspettava di vedere un pezzo di cadavere e invece non fu così. Vide una ragazza boccheggiare stancatamene ma era ancora viva. Quando i suoi occhi si movimentarono … quale gioia immensa naque nel suo cuore! Una gioia che venne immediatamente sostituita dal terrore di veder morire la ragazza. Lysa doveva assolutamente vivere perchè Levi non era disposto ad aggiungere un altro nome nella lista delle anime scomparse.

Strinse forte le mani callose e ripensò a quello che aveva provato nello stringerla forte a sé.
Si dimenava urlava di dolore con gli occhi bianchi privi di pupille. Una persona compassionevole le avrebbe dato un colpo di grazia mettendo fine a quell'agonia espressa dalle urla agonizzanti, eppure non ci era riuscito. L'aveva stretta forte a sé trascinandola dai paramedici. Il suo cuore aveva preso a battere talmente forte che i rumori erano scomparsi.
Durante tutto il tragitto non riuscì a staccare gli occhi da quella minuta ragazza ricoperta di sangue, il suo petto scalpitava su e giù con la stessa cadenza del passo di un cavallo impazzito. Levi stringeva le braccia attorno ai fianchi per reprimere l'impulso d'accoglierla tra le sue. Ne era certo, sarebbe morta durante il tragitto e lui non voleva mollarla neppure per un secondo finchè il suo corpo era ancora caldo.
Non sapeva spiegarselo, che fosse sua figlia o meno, che fosse figlia di ERika o no, non voleva perderla di conseguenza non poteva lasciarla andare.


La sala dove riposava Lysa era stracolma di letti occupati da altrettanti soldati. Gli infermieri agitati si movimentano tra gli schiamazzi e le urla doloranti. Anche quella missione era stata devastante ma questa volta erano state coinvolti anche i civili, difatti vedeva uomini privi d'armatura agonizzare.
Vide parecchi giovani, dovevano avere la stessa età di Lysa e Levi si ritrovò a pensare ai loro padri che se ne stavano nell'ansia a pregare per la vita del proprio figlio. Fu inevitabile, cascò nel ricordo di Petra, più precisamente in quello di suo padre.
Quel giorno gli si era avvicinato con entusiasmo narrando quanto la ragazza fosse energica, che doveva vivere ancora così tante avventure. Levi lo ascoltò in silenzio perchè lui stesso aveva visto quel corpo esamine rotolare via nella landa verde. Petra era destinata a decomporsi nel verde e non riuscì a comunicare tale fatto al padre.


Prese un fazzolletto inumidito dalla tasca, si pulì le mani impolverate con energia, c'erano delle chiazze vinacce essiccate sui palmi, erano residui del sangue di lysa.
Strofinò fino a quando non scomparvero.
Gettò nella pattumiera il bavero giallastro e una strana nausea strinse il suo stomaco.
Sì voltò verso la ragazza, era viva ma ferita.
Le avevano bloccato l'emorragia interna, la gamba sinistra era stata praticamente frantumata perciò gliela avevano ricostruita con del metallo, difatti questa era ricoperta da un grande gesso dal quale uscivano fuori lunghi chiodi.
I medici dissero che sarebbe sopravvissuta, non si sapeva in quale stato ma il suo cuore continuerà a battere.


La pelle della ragazza era cerea quanto il lenzuolo sotto al quale riposava. Grandi chiazze grige ricoprivano il suo volto, sangue secco e raggrumato era cosparso lungo la fronte. Guardò il volto macchiato con un certo disgusto, vederla in quello stato feriva il suo animo, lo sporco presente sul suo volto lo irritava. Allora prese dalla tasca un altro fazzoletto bianco e con delicatezza passò lungo il volto.
Riconobbe le labbra formose di Erika, i suoi zigomi alti, le lunga ciglia scure e poi vide altro.
Lo stracciò passò lungo il profilo di quel naso posto all'insù, vide delicate sopraccigliare nere e capelli scuri quanto le ombre della città sotterranea. Quelle caratteristiche le aveva viste tante volte nel suo stesso riflesso.
Stancamente Levi si risedette sulla sedia e un sospiro flebile scappò dalle labbra.
Non aveva più alcun dubbio, non conosceva la ragazza eppure lo sapeva, Lysa era nata da quell'amore impacciato condiviso con Erika anni fa. Poteva chiedere a Hanji di effettuare qualche accertamento tramite esami del sangue ma gli parevano così inutili.
Quale paura aveva provato nel vedere Lysa in quello stato e quale angoscia sentiva nel vederla riversa in quel letto? Le sue ossa erano stanche e indolenzite ma il suo petto bruciava come se fosse stato trafitto da una spada infuocata. Da anni non provava una tale apprensione nei confronti di qualcuno, ogni volta che l'occhio cadeva su Lysa sentiva il sangue caldo rabbrividire all'interno delle vene.
Poteva costruirsi tutte le scuse mentali possibili ma Lysa era sua figlia e che razza di padre le era capitato? Un uomo incapace di manifestare il suo affetto, un uomo talmente ferito e colmo di ombre che ha bruciato tutta la strada addietro per divenire un soldato spietato.

 Che cazzo di padre potrò mai essere? “ pensò con una certa rabbia rancorosa e il pensiero cadde su Kenny. Non l'aveva chiamato mai “padre” eppure di fatto lo era stato. Lo aveva raccolto dalla strada, gli aveva dato un pugnale in mano e gli aveva insegnato a sopravvivere a suon di calci e rimproveri. Quello era l'unico esempio di padre che avrebbe mai potuto mettere in pratica, ma Lysa non se lo meritava. Nessuno si meritava un padre del genere. Nonostante il disprezzo nei confronti di Kenny, un dolore allo stomaco nacque nel rimembrare l'ultimo giorno in cui lo vide.

. * .


Un vecchio ubriacone l'aveva sbattuto a terra per divertimento. La sua risata bassa e roca rimbalzò tra le pareti rocciose assieme a un generale vociare.
Levi cercò d'alzarsi in piedi e per un attimo vide tanti volti divertiti attorno a sé, vide anche un impermeabile bianco ma non potè registrare l'immagine poiché un calcio in faccia annientò ogni possibilità di rialzarsi. Le risate aumentarono assieme al dolore causato dal calcio.
Sentiva il sangue scorrere e battere veloce lungo le vene e ne era certo, Kenny era tra quei spettatori ridenti. Un altro calcio arrivò sulla schiena e un'altra certezza naque: Kenny era lì e non avrebbe fatto niente per aiutarlo, se la doveva cavare da solo per dimostrargli che aveva assorbito ogni suo insegnamento, che non era più un moccioso ingombrante ma un giovane assassino.
Alzò il volto dal fango sottostante e senza pensare al dolore, tornò in posizione eretta. Guardò in faccia il vecchio panzone sdentato che rideva senza ritegno, come se si trovasse dinnanzi a un piccolo scarafaggio da schiacciare, ma Levi non lo era affatto. Prese la forza dalla rabbia, dall'orgoglio di dimostrare quello che era dinnanzi agli occhi del padre e si mosse con agilità. Colpì le ginocchia grasse per atterrarlo, scagliò calci e pugni per renderlo silenzioso e inoffensivo, infine sguainò il pugnale. Sentiva gli occhi di Kenny addosso perciò pose la lama sulla carotide dell'uomo morente e urlò parole minacciose piene di Ira, in tal modo nessun altro si sarebbe avvicinato a lui, nessun altro avrebbe osato mettere in dubbio la sua forza.
Roteò lo sguardo e nel campo visivo rientrarono volti stupiti, altri impauriti, altri ancora sconcertati ma di quella nicchia anonima non gli importava un bel niente. Voleva vedere per una volta quegli occhi perennemente sprezzanti colmi d'orgoglio. Non s'aspettava di certo una pacca sulla spalla accompagnata da un commento approvativo, però non s'aspettava neppure di vedere l'uomo che l'aveva cresciuto camminare via.
La sua schiena si dirigeva verso la strada opposta alla sua e nella testa di Levi nacque spontaneamente una domanda: Ho sbagliato?
Aveva messo in pratica i suoi insegnamenti, s'era difeso massacrando di botte l'assalitore eppure Kenny scomparve.
Lo ricercò tra le strade buie nella speranza di rivederlo per caso ma lui s'era dissolto nel nulla. L'aveva abbandonato e il giovane Levi rimase solo e privo di risposte.

. * .


Lo aveva abbandonato e per lungo tempo lo aveva segretamente rimproverato ma con gli anni capì che Kenny gli aveva dato la possibilità di sopravvivere in quell'inferno roccioso. Che fosse suo padre o meno, gli aveva regalato tutti gli strumenti necessari per uscire dalla città sotterranea, perciò non poteva far altro che provare riconoscenza nei sui confronti. Nessun legame di sangue li univa dato che mai s'era dichiarato padre, se n'era andato e Levi non poteva pretendere alcuna spiegazione per tal fatto. Come poteva rimproverare Kenny in quel momento? Lui aveva fatto la stessa cosa, aveva abbandonato Lysa.

Quel giorno lontano quando aveva ritrovato il cadavere di Erika, s'era limitato a consumare la vendetta per poi seppellire il corpo della giovane. Non aveva minimamente preso in considerazione il fatto che la donna potesse avere dei legami, né tanto meno una figlia, per tal motivo non s'era preso il disturbo di comunicare il decesso della donna. L'aveva seppellita in silenzio.
Sarebbe dovuto tornare all'alloggio di Erika e magari lì avrebbe trovato una piccola Lysa impaurita, sola e abbandonata.

 Che cosa avrei mai potuto fare?” pensò Levi. All'epoca aveva in testa un'unica cosa: la cittadinanza e salvare dalle fogne Isabel e Farlan. Se avesse trovato Lysa? Si sarebbe comportato come un padre? Sarebbe stato capace d'accollarsi il peso della sua vita sulle spalle?
Levi non lo sapeva, domande su domande s'accavallavano nella testa e un'unica certezza s'affermò: lui non poteva essere padre. Era un criminale violento con le mani sporche di sangue umano, poi era divenuto un soldato con l'armatura sporca del sangue dei giganti. Il sangue di questi ultimi evaporava via ma l'odore marcio d'interiora lacerate rimaneva addosso.
Un assassino non poteva essere un padre, era una contraddizione che non poteva stare in piedi: l'assassino strappa via la vita, il padre la dona per poi proteggerla. Lui non apparteneva a quest'ultima categoria, ne era certo.
Anche senza la sua presenza Lysa era cresciuta bene visto che era riuscita a sopravvivere nella città sotterranea perciò anche senza il suo intervento, sarebbe andata avanti.
Levi s'alzò in piedi pronto per camminare via verso la legione per capire cosa stesse succedendo, l'esercito necessitava della sua presenza, invece Lysa no. Era cresciuta senza di lui fino a quel momento, ora mai era grande perciò se la sarebbe cavata benissimo da sola. Rivelare la paternità sarebbe stato doloroso per Lysa poiché magari aveva un padre seppure non biologico al quale era affezionata.
Magari era stata cresciuta da un umo amorevole oppure da un cinico killer, cosa importava?
Chi diamine era lui per stravolgere questa possibilità? Nessuno, era solamente un uomo.
Con questa convinzione attraversò i corridoi dell'ospedale per andarsene via con la speranza di poter scacciare via il desiderio di rivederla.


Ciao! :)

La storia oramai sta giungendo verso la fine, mancano un paio di capitoli.
Non ho rispettato perfettamente il filo narrativo del manga ma nonostante ciò spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Ringrazio tutti coloro che continuano a leggere questa storia, che commentano, che l'hanno inserita tra le seguite, preferite o ricordate.

Un abbraccio grande
Mistiy




   
 
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