Abbandono
Levi osservava il fumo levarsi verso l'alto assieme
alla gigantessa.
Osservò la coltre fumosa ove le anime dei dieci soldati
volontari si erano dissolte per levarsi verso il cielo sospinte dal
vento .
La terra tremava sotto piedi, le mura tremavano, le persone, le cose
vibravano sotto i passi titanici.
La coltre di fumo diventava sempre più fitta e Levi vide
un'altro gigante innalzarsi verso l'alto. Un ruggito
echeggiò, sobbalzò sopra ogni cosa e il mondo
pareva volersi capovolgere.
“ Potrebbe
essere viva” pensò
non credendoci affatto. Osservò da lontano i giganti
rincorrersi e se li immagina, dei pezzi di Lysa stavano sotto le piante
dei loro piedi.
Levi stava a sedere su una cassa di legno con la schiena incurvata
verso il basso e i gomiti poggiati sulle ginocchia. I ciuffi neri
ricadevano sugli occhi, nel campo visivo rientrano soldati esagitati.
Azionarono il 3D per andare verso i giganti con le gambe tremanti ma
con l'animo d'acciaio.
<< Levi >> si voltò e vide Erwin
in piedi, al suo fianco stava Nile a braccia incrociate con le ciglia
corrucciate.
Lo sguardo dell'amico indicò un punto lontano, ove le case
si erano sostituite alle macerie.
<< Lo so che vuoi andare, perciò sbrigati
>>
<< Dove diamine dovrei mai andare? >>
sputò fuori arido. Quanto lo infastidiva il fatto che Erwin
aveva già intuito ciò che stava accadendo nel suo
cuore
<< Lo sai >> disse infine Erwin con tono
solenne.
Uno sbuffo carico di stanchezza escì dalle labbra. Levi non
voleva andare a vedere ciò che restava di Lysa ma doveva
farlo per chiudere definitivamente la faccenda riguardante Erika.
Solamente guardando il corpo privo di vita della giovane avrebbe potuto
dire per sempre addio al suo passato.
Senza dire alcunché si alzò, a passa storpiato si
diresse verso la meta rivelatrice.
. *** .
Due
occhi si spalancarono, si immerssero in una spessa coltre fumosa.
L'aria bruciava, entrava a fatica nei polmoni, questi sembrano
infilzati da tanti piccoli aghi infuocati.
Lysa aprì la bocca e boccheggiò incapace di
trattenere ossigeno. Si sentiva schiacciata e non vedeva nulla. La
terra tremava ma non riusciva a sentire alcun rumore, le sembrava
d'essere all'interno d'una bottiglia e lei era liquido privo di forma e
consistenza. Sentiva solamente una grande pressione che la schiacciava
verso il basso.
Comandò alla mano di muoversi e questa strisciò
piano. La vide scivolare lungo la roccia.
“ allora son
viva “ pensò
con stupore ma il sentimento venne immediatamente sostituito dalla
paura quando avvicinò la mano al proprio volto. Era
scarlatta. Roteò gli occhi all'impazzata e il fumo si
affievolì. Il pavimento sotto stante era scarlatto. Gli
occhi girarono ancora di più e vide braccia, gambe,
articolazioni rosse sparse ovunque.
<< Trevis … >> voleva urlare il
suo nome per farsi sentire dall'amico, ma dalla gola uscì un
misero brontolio.
Comandò a quel corpo di muoversi ma quest'ultimo pareva
essere una massa informe disobbediente. Lente e tremanti le mani si
movimentarono e toccarono roccia dura e aguzza. Gli ci vollero pochi
secondi per realizzare il fatto che era schiacciata sotto un masso.
Prese coscienza del suo corpo e del suo dolore, difatti dalla vita in
giù era bloccata.
Tastò la superficie sovrastante, la graffiò
cercando inutilmente di spostare quello che pareva un blocco roccioso.
“ La mia
strada è stata segnata, morirò qui “ pensò
cercando inutilmente di portare ossigeno ai polmoni.
Rassegnata lasciò le braccia cadere giù, contro
il pavimento tappezzato da pozzanghere scarlatte.
Lasciò le palpebre calare verso il basso, la sua sarebbe
stata una lotta inutile quanto dolorosa. Non ne valeva la pena, lo
sapeva.
Nelle orecchie si ripercuoteva un lungo ronzio, sonoro rimbalzava
contro le pareti del cranio. Quello era il canto della morte, la
incitava ad arrendersi, a calarsi in quel ronzio poiché fra
pochi istanti tutto sarebbe finito. Il mondo sarebbe divenuto un posto
silenzioso privo di colori e rumori. Il canto della fine era
così silente ma al contempo assordante, un rumore che pareva
un ossimoro ma la morte è così per tutti gli
uomini: un ossimoro inconcepibile giacchè noi siamo vita e
non possiamo comprendere la fine di quest'ultima.
Le palpebre calarono ma si riaprirono quando vide due occhi grigi come
i suoi.
“ Il
caporale Levi “ constatò
con apaticità. Vide le sue labbra muoversi ma non
udì alunchè, nemmeno l'uomo più forte
dell'umanità poteva azzittire il canto mortuario.
Vide il suo volto accartocciarsi in mille pieghe.
“ sta
provando compassione per me? “ pensò
non sapendo come interpretare quell'apparizione così
inaspettatata. Quando scomparve dalla sua vista un certo senso di
sollievo si insinuò in lei poiché voleva morire
sola, non voleva essere scrutata da nessuno durante i suoi ultimi
faticosi respiri. Non sarebbe potuta crepare in pace sotto occhi
esterni.
La pressione percepita fino a quel momento svanì, il ronzio
scordante venne sostituito da un urlo, non sembrava appartenere un
umano. Era lungo ed echeggiante, così stridulo che i timpani
presero a bruciare. Lysa si rese conto che quella disperazione non
proveniva da una fonte esterna ma dalla sua gola.
Il corpo divenne una massa solida costituita da dolore.
Respirò a fondo ma i polmoni vennero bloccati.
Inclinò la testa e vomitò sangue.
La mente, il corpo parevano essere impazziti, gli occhi rotearono verso
l'alto e l'ultima immagine che riuscì a identificare fu il
volto del caporale Levi.
. *** .
Levi stava seduto su una sedia a gambe incrociate
con gli abiti impolverati.
Al suo fianco c'èra Lysa sistemata sul letto ospedaliero.
Levi si tastò le mani sporche e colme di graffi. Per salvare
Lysa aveva dovuto sollevare quel pezzo di muro che la comprimeva
impedendole di respirare. Lo aveva sollevato e poi se l'era caricata
sulla spalla con una tale velocità, l'aveva portata dai
soccorritori. Questi l'avevano medicata alla bene meglio, le avevano
fatto sputare tutto il sangue che le impediva di respirare e poi
l'avevano posta su un carro diretto verso il primo ospedale. C'era
salito anche lui, quando arrivarono una squadra di medici la
caricò su una barella per trascinarla in sala operatoria.
Levi aveva atteso ore fino a quando non venne posta nella stanza a fine
operazione.
La mano sporca andò a infossarsi tra i
capelli neri. Era stanco, terribilmente stanco.
Quando era giunto nel luogo in cui Annie s'era tramutata in gigante,
s'aspettava di vedere un pezzo di cadavere e invece non fu
così. Vide una ragazza boccheggiare stancatamene ma era
ancora viva. Quando i suoi occhi si movimentarono … quale
gioia immensa naque nel suo cuore! Una gioia che venne immediatamente
sostituita dal terrore di veder morire la ragazza. Lysa doveva
assolutamente vivere perchè Levi non era disposto ad
aggiungere un altro nome nella lista delle anime scomparse.
Strinse forte le mani callose e ripensò
a quello che aveva provato nello stringerla forte a sé.
Si dimenava urlava di dolore con gli occhi bianchi privi di pupille.
Una persona compassionevole le avrebbe dato un colpo di grazia mettendo
fine a quell'agonia espressa dalle urla agonizzanti, eppure non ci era
riuscito. L'aveva stretta forte a sé trascinandola dai
paramedici. Il suo cuore aveva preso a battere talmente forte che i
rumori erano scomparsi.
Durante tutto il tragitto non riuscì a staccare gli occhi da
quella minuta ragazza ricoperta di sangue, il suo petto scalpitava su e
giù con la stessa cadenza del passo di un cavallo impazzito.
Levi stringeva le braccia attorno ai fianchi per reprimere l'impulso
d'accoglierla tra le sue. Ne era certo, sarebbe morta durante il
tragitto e lui non voleva mollarla neppure per un secondo
finchè il suo corpo era ancora caldo.
Non sapeva spiegarselo, che fosse sua figlia o meno, che fosse figlia
di ERika o no, non voleva perderla di conseguenza non poteva lasciarla
andare.
La
sala dove riposava Lysa era stracolma di letti occupati da altrettanti
soldati. Gli infermieri agitati si movimentano tra gli schiamazzi e le
urla doloranti. Anche quella missione era stata devastante ma questa
volta erano state coinvolti anche i civili, difatti vedeva uomini privi
d'armatura agonizzare.
Vide parecchi giovani, dovevano avere la stessa età di Lysa
e Levi si ritrovò a pensare ai loro padri che se ne stavano
nell'ansia a pregare per la vita del proprio figlio. Fu inevitabile,
cascò nel ricordo di Petra, più precisamente in
quello di suo padre.
Quel giorno gli si era avvicinato con entusiasmo narrando quanto la
ragazza fosse energica, che doveva vivere ancora così tante
avventure. Levi lo ascoltò in silenzio perchè lui
stesso aveva visto quel corpo esamine rotolare via nella landa verde.
Petra era destinata a decomporsi nel verde e non riuscì a
comunicare tale fatto al padre.
Prese
un fazzolletto inumidito dalla tasca, si pulì le mani
impolverate con energia, c'erano delle chiazze vinacce essiccate sui
palmi, erano residui del sangue di lysa.
Strofinò fino a quando non scomparvero.
Gettò nella pattumiera il bavero giallastro e una strana
nausea strinse il suo stomaco.
Sì voltò verso la ragazza, era viva ma ferita.
Le avevano bloccato l'emorragia interna, la gamba sinistra era stata
praticamente frantumata perciò gliela avevano ricostruita
con del metallo, difatti questa era ricoperta da un grande gesso dal
quale uscivano fuori lunghi chiodi.
I medici dissero che sarebbe sopravvissuta, non si sapeva in quale
stato ma il suo cuore continuerà a battere.
La
pelle della ragazza era cerea quanto il lenzuolo sotto al quale
riposava. Grandi chiazze grige ricoprivano il suo volto, sangue secco e
raggrumato era cosparso lungo la fronte. Guardò il volto
macchiato con un certo disgusto, vederla in quello stato feriva il suo
animo, lo sporco presente sul suo volto lo irritava. Allora prese dalla
tasca un altro fazzoletto bianco e con delicatezza passò
lungo il volto.
Riconobbe le labbra formose di Erika, i suoi zigomi alti, le lunga
ciglia scure e poi vide altro.
Lo stracciò passò lungo il profilo di quel naso
posto all'insù, vide delicate sopraccigliare nere e capelli
scuri quanto le ombre della città sotterranea. Quelle
caratteristiche le aveva viste tante volte nel suo stesso riflesso.
Stancamente Levi si risedette sulla sedia e un sospiro flebile
scappò dalle labbra.
Non aveva più alcun dubbio, non conosceva la ragazza eppure
lo sapeva, Lysa era nata da quell'amore impacciato condiviso con Erika
anni fa. Poteva chiedere a Hanji di effettuare qualche accertamento
tramite esami del sangue ma gli parevano così inutili.
Quale paura aveva provato nel vedere Lysa in quello stato e quale
angoscia sentiva nel vederla riversa in quel letto? Le sue ossa erano
stanche e indolenzite ma il suo petto bruciava come se fosse stato
trafitto da una spada infuocata. Da anni non provava una tale
apprensione nei confronti di qualcuno, ogni volta che l'occhio cadeva
su Lysa sentiva il sangue caldo rabbrividire all'interno delle vene.
Poteva costruirsi tutte le scuse mentali possibili ma Lysa era sua
figlia e che razza di padre le era capitato? Un uomo incapace di
manifestare il suo affetto, un uomo talmente ferito e colmo di ombre
che ha bruciato tutta la strada addietro per divenire un soldato
spietato.
“ Che cazzo
di padre potrò mai essere? “ pensò
con una certa rabbia rancorosa e il pensiero cadde su Kenny. Non
l'aveva chiamato mai “padre” eppure di fatto lo era
stato. Lo aveva raccolto dalla strada, gli aveva dato un pugnale in
mano e gli aveva insegnato a sopravvivere a suon di calci e rimproveri.
Quello era l'unico esempio di padre che avrebbe mai potuto mettere in
pratica, ma Lysa non se lo meritava. Nessuno si meritava un padre del
genere. Nonostante il disprezzo nei confronti di Kenny, un dolore allo
stomaco nacque nel rimembrare l'ultimo giorno in cui lo vide.
. * .
Un
vecchio ubriacone l'aveva sbattuto a terra per divertimento. La sua
risata bassa e roca rimbalzò tra le pareti rocciose assieme
a un generale vociare.
Levi cercò d'alzarsi in piedi e per un attimo vide tanti
volti divertiti attorno a sé, vide anche un impermeabile
bianco ma non potè registrare l'immagine poiché
un calcio in faccia annientò ogni possibilità di
rialzarsi. Le risate aumentarono assieme al dolore causato dal calcio.
Sentiva il sangue scorrere e battere veloce lungo le vene e ne era
certo, Kenny era tra quei spettatori ridenti. Un altro calcio
arrivò sulla schiena e un'altra certezza naque: Kenny era
lì e non avrebbe fatto niente per aiutarlo, se la doveva
cavare da solo per dimostrargli che aveva assorbito ogni suo
insegnamento, che non era più un moccioso ingombrante ma un
giovane assassino.
Alzò il volto dal fango sottostante e senza pensare al
dolore, tornò in posizione eretta. Guardò in
faccia il vecchio panzone sdentato che rideva senza ritegno, come se si
trovasse dinnanzi a un piccolo scarafaggio da schiacciare, ma Levi non
lo era affatto. Prese la forza dalla rabbia, dall'orgoglio di
dimostrare quello che era dinnanzi agli occhi del padre e si mosse con
agilità. Colpì le ginocchia grasse per
atterrarlo, scagliò calci e pugni per renderlo silenzioso e
inoffensivo, infine sguainò il pugnale. Sentiva gli occhi di
Kenny addosso perciò pose la lama sulla carotide dell'uomo
morente e urlò parole minacciose piene di Ira, in tal modo
nessun altro si sarebbe avvicinato a lui, nessun altro avrebbe osato
mettere in dubbio la sua forza.
Roteò lo sguardo e nel campo visivo rientrarono volti
stupiti, altri impauriti, altri ancora sconcertati ma di quella nicchia
anonima non gli importava un bel niente. Voleva vedere per una volta
quegli occhi perennemente sprezzanti colmi d'orgoglio. Non s'aspettava
di certo una pacca sulla spalla accompagnata da un commento
approvativo, però non s'aspettava neppure di vedere l'uomo
che l'aveva cresciuto camminare via.
La sua schiena si dirigeva verso la strada opposta alla sua e nella
testa di Levi nacque spontaneamente una domanda: Ho
sbagliato?
Aveva messo in pratica i suoi insegnamenti, s'era difeso massacrando di
botte l'assalitore eppure Kenny scomparve.
Lo ricercò tra le strade buie nella speranza di rivederlo
per caso ma lui s'era dissolto nel nulla. L'aveva abbandonato e il
giovane Levi rimase solo e privo di risposte.
. * .
Lo
aveva abbandonato e per lungo tempo lo aveva segretamente rimproverato
ma con gli anni capì che Kenny gli aveva dato la
possibilità di sopravvivere in quell'inferno roccioso. Che
fosse suo padre o meno, gli aveva regalato tutti gli strumenti
necessari per uscire dalla città sotterranea,
perciò non poteva far altro che provare riconoscenza nei sui
confronti. Nessun legame di sangue li univa dato che mai s'era
dichiarato padre, se n'era andato e Levi non poteva pretendere alcuna
spiegazione per tal fatto. Come poteva rimproverare Kenny in quel
momento? Lui aveva fatto la stessa cosa, aveva abbandonato Lysa.
Quel giorno lontano quando aveva ritrovato il
cadavere di Erika, s'era limitato a consumare la vendetta per poi
seppellire il corpo della giovane. Non aveva minimamente preso in
considerazione il fatto che la donna potesse avere dei legami,
né tanto meno una figlia, per tal motivo non s'era preso il
disturbo di comunicare il decesso della donna. L'aveva seppellita in
silenzio.
Sarebbe dovuto tornare all'alloggio di Erika e magari lì
avrebbe trovato una piccola Lysa impaurita, sola e abbandonata.
“ Che cosa
avrei mai potuto fare?” pensò
Levi. All'epoca aveva in testa un'unica cosa: la cittadinanza e salvare
dalle fogne Isabel e Farlan. Se avesse trovato Lysa? Si sarebbe
comportato come un padre? Sarebbe stato capace d'accollarsi il peso
della sua vita sulle spalle?
Levi non lo sapeva, domande su domande s'accavallavano nella testa e
un'unica certezza s'affermò: lui non poteva essere padre.
Era un criminale violento con le mani sporche di sangue umano, poi era
divenuto un soldato con l'armatura sporca del sangue dei giganti. Il
sangue di questi ultimi evaporava via ma l'odore marcio d'interiora
lacerate rimaneva addosso.
Un assassino non poteva essere un padre, era una contraddizione che non
poteva stare in piedi: l'assassino strappa via la vita, il padre la
dona per poi proteggerla. Lui non apparteneva a quest'ultima categoria,
ne era certo.
Anche senza la sua presenza Lysa era cresciuta bene visto che era
riuscita a sopravvivere nella città sotterranea
perciò anche senza il suo intervento, sarebbe andata avanti.
Levi s'alzò in piedi pronto per camminare via verso la
legione per capire cosa stesse succedendo, l'esercito necessitava della
sua presenza, invece Lysa no. Era cresciuta senza di lui fino a quel
momento, ora mai era grande perciò se la sarebbe cavata
benissimo da sola. Rivelare la paternità sarebbe stato
doloroso per Lysa poiché magari aveva un padre seppure non
biologico al quale era affezionata.
Magari era stata cresciuta da un umo amorevole oppure da un cinico
killer, cosa importava?
Chi diamine era lui per stravolgere questa possibilità?
Nessuno, era solamente un uomo.
Con questa convinzione attraversò i corridoi dell'ospedale
per andarsene via con la speranza di poter scacciare via il desiderio
di rivederla.
Ciao! :)
La storia oramai sta giungendo verso la fine,
mancano un paio di capitoli.
Non ho rispettato perfettamente il filo narrativo del manga ma
nonostante ciò spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Ringrazio tutti coloro che continuano a leggere questa storia, che
commentano, che l'hanno inserita tra le seguite, preferite o ricordate.
Un abbraccio grande
Mistiy
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