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Autore: EllynPhilips    22/07/2016    2 recensioni
Azalea è un'antichissima città isolata dal resto del mondo e invisibile agli occhi di coloro che non vi abitano : è quasi impossibile trovarla se non si è a conoscenza della sua esatta posizione.
Prisca Cavendish appartiene a una delle Quattro famiglie più antiche e potenti della città; fin da piccola lei e gli altri ragazzi delle famiglie sono stati addestrati per proteggere Azalea e tutti i suoi abitanti da una minaccia a Prisca sconosciuta.
Tutto inizia a cambiare quando suo padre le annuncia di aver stretto un accordo con il capo famiglia Driskoll : si legherà a suo figlio il più presto possibile. La ragazza aveva sognato quel momento fin da piccola, ma dopo 10 anni il loro rapporto non è più lo stesso, adesso lui la odia e Azura, la sua migliore amica, è segretamente legata a lui.
Prisca si rende conto che l'unica scelta che le rimane per non incatenare se stessa e i suoi amici a un'eternità infelice e vuota è solo la fuga.
Ma ad Azalea fuggire da una promessa del genere significa solo una cosa : morte.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si irrigidì subito. Non poteva essere. Non poteva essere quella voce. Non poteva essere lui. Era chiaramente uno scherzo della sua mente. Si divertiva a prenderla in giro Il ragazzo guardò spalle di Prisca, guardò lei e scappò. Scosse la testa. Che imbecille. Ma il problema ora non era il ragazzo che se l'era data a gambe levate, ma qualcun alto che era alle sue spalle.
Ti prego, fa che non sia vero. Ti prego. Poi si voltò.
Camron.


Una persona normale sarebbe scappata al suo posto, sapendo cosa significava il suo arrivo.
Morte.
Ma lei no, lei non era una persona normale.
La sua mente, il suo istinto, le dicevano di scappare, di prendere Constant e di fuggire, ma il suo cuore non era della stessa opinione.
Voleva Camron, aveva bisogno di toccarlo, di averlo. Sapeva che queste due cose erano impossibili, ma al suo cuore bastava anche solo guardarlo. Si accontentava di poco. Infondo per tutti quegli anni si era rassegnato solo a quello.
Sentì un dolore al petto. Era una visione incredibile. Lui era li, davanti a lei, i suoi capelli biondi gli frustavano il viso, mossi dal vento, quasi a rallentatore. Sospirò.
Le era mancato così tanto...
Poi si ricordò la promessa che si era fatta, e che aveva fatto. Si era promessa di proteggere Constant con tutta se stessa, e gli aveva promesso di non lasciarsi andare e di combattere, quando si fosse presentata un occasione simile.
Mi dispiace cuore, il tuo tempo si è esaurito...
Strinse i pugni, chiamò a se l'aria e spinse Camron lontano da lei. O almeno ci provò. Anche lui padroneggiava l'aria, e quando lanciò il colpo non si fece cogliere impreparato. La forza con cui le rispose la fece quasi cadere a terra.
Quasi.
Doveva trovare un diversivo. Il modo di distrarlo quel che bastava per scappare.
Chiamò la terra e in un batter d'occhio tra lei e camron si formò una barriera larga tutto il vicolo, a alta...parecchio.
Non poteva fare altro. Non voleva fargli del male, anche se lui era li proprio per quello scopo. La barriera sarebbe rimasta intatta per pochi secondi, ne approfittò per scappare.
Non poteva tornare in discoteca, avrebbe distratto Camron quel che bastava per far scappare Constant e poi...sarebbe accaduto quello che sarebbe accaduto.
"Constant! Constant mi senti?"
"Prisca?"
"Sisi, sono io."
"Che c'è? Dove sei finita?"
"Non c'è tempo. Resta in discoteca. Aspetta 10 minuti, poi vai a prendere la roba alla locanda e scappa. Ti troverò io."
“Ma..."
"Fai come ti ho detto!" Sperò lo facesse davvero.
Fece piovere, sperando che per Camron fosse più difficile captare il suo odore, e scappò veloce tra i vicoli. Quando pensò di essere riuscita a distanziarlo almeno un po, due mani l'afferrarono per il braccio e la spinsero contro il muro.
- Perchè tenti di scappare? Sappiamo entrambi che il più veloce dei due qui sono io. - disse Camron guardandola negli occhi.
- Ma non il più forte. - sussurrò.
La mollò improvvisamente, come se si fosse scottato. - Hai il suo odore addosso. -
- Che cosa? -
- Sai di lui. Del ragazzo con cui sei scappata. Sei intrisa del suo profumo. - disse guardandola in modo strano.
Comunque non erano affari suoi.
- Non sono affari tuoi. -
- Sei scappata per lui, perchè non me l'hai detto? -
- Perchè...perchè non ti ho detto che volevo scappare? Secondo te? Per quale accidenti di motivo sei qui? Per uccidermi. E mi chiedi perchè non te l'ho detto? -
- ...Per ucciderti? - disse sgranando gli occhi.
- Si. Sai, di solito è così che funziona. Altrimenti non mi spiego la tua presenza qui. Ma ti avverto, non ce la farai. Non te lo permetterò, ho fatto una promessa, ed io le mantengo sempre. -
- Non sono qui per ucciderti. -
- Che intendi dire? -
- Voglio aiutarti, voglio proteggerti. - disse dannatamente serio guardandola negli occhi.
- Che cosa?? - Era forse impazzito? Se stava scherzando non era divertente.
- Ris..Credi davvero che dopo una vita ci conosciamo io possa davvero ucciderti? -
No. Non lui, ma la legge si, e lui non infrangeva mai nessuna regola. Lui poteva non volerla uccidere, ma la sua famiglia l'avrebbe fatto, o come minimo ci avrebbe provato.
Lo guardò diffidente. - Perchè dovrei fidarmi? -
- Perchè sono io, non uno sconosciuto. -
- Proprio perchè sei tu sono restia a fidarmi. L'ho fatto troppe volte, e l'unica che ci ha rimesso sono sempre stata io. -
Vide qualcosa incrinarsi nei suoi occhi. Si era offeso? Beh, era la verità. Nel loro rapporto, l'unica che era stata male era lei.
- Mi dispiace, non posso, non questa volta. Non c'è solo la mia vita in gioco. -
- Ris..-
- No. Non chiamarmi così! - urlò. - Ora vattene. -
- Lascia almeno che ti protegga. -
- Non ho bisogno della tua protezione, non ho più 10 anni. -
- Ti prego.- tentò ancora.
Voleva farlo, lo voleva con tutta se stessa. Voleva aggrapparsi a lui, sentirsi dire che sarebbe andato tutto bene, ma non poteva farlo, non se non era sicura al 100% che sarebbe andato davvero tutto bene.
- No. Sono cresciuta. Ho imparato a cavarmela senza il tuo aiuto da quando te ne sei andato. -
- Io..Mi dispiace davvero per quello. Tornassi indietro non lo rifarei. -
Proprio adesso glielo diceva? Ora che era troppo tardi? Magari non lo pensava nemmeno, lo diceva solo per convincerla ad andare con lui. Perchè non ci aveva pensato prima? Era ovvio che le stava mentendo. Altrimenti queste cose gliele avrebbe dette parecchi anni prima, e non adesso.
- Ma l hai fatto. E senza nemmeno darmi una spiegazione. -
- Ho dovuto farlo! -
- Non hai dovuto, hai VOLUTO farlo. -
- Tu non capisci... - disse passandosi una mano tra i capelli e scuotendo la testa.
Lei non capiva?
- Allora spiegamelo! -
- Ho dovuto farlo...Non potevo continuare a starti vicino, non avevi più bisogno di me. - sussurrò senza guardarla negli occhi.
- Io ho avuto sempre bisogno di te! -
- Non avevi bisogno di me come io lo avevo di te. Tu avevi bisogno di un fratello maggiore, e io non ero più in grado di farlo. Non potevo. Non ti volevo più bene come dovevo. -
- Non mi volevi più bene? - sussurrò con voce rotta. - Te ne sei andato senza dire nulla...perchè non mi volevi più bene. -
- No,no,no!- disse subito, mettendole una mano sotto il mento e alzandole la testa. - Non ti volevo più bene come dovevo. Ti volevo troppo bene. Capisci? -
- Non proprio. -
- Avevo paura che il troppo bene che ti volevo si sarebbe trasformato in...qualcosa di più. Non potevo permetterlo. Tu avevi solo dieci anni, che avrei dovuto fare? -
Due sentimenti contrastati le lottavano dentro. La felicità. Aveva detto che si sarebbe potuto...innamorare di lei? E la rabbia, soprattutto quella.
Come si era permesso di andarsene per una cosa smile? Perchè era troppo piccola? Ecco ora dove si trovavano: lui che amava la sua migliore amica Azura, e che era costretto ad ucciderla secondo uno stupido codice.
Era un emerito idiota. Se fosse rimasto tutto questo non sarebbe accaduto.
- Aspettare magari. Aspettare che crescessi. - disse allontanandosi di colpo da lui, dal suo tocco.
- Pensavo mi avresti sempre visto come Cam, il tuo fratellone. Disponibile e protettivo. -
- Certo. Quindi hai preferito ferire me, che te stesso. Mi sembra giusto. - scosse la testa.
Era davvero uno stupido, non aveva mai capito nulla. Lei aveva voluto lui, sempre. A cinque, a dieci, a sedici anni. Sempre.
- Quando da piccola dicevo che un giorno avrei sposato te, lo pensavo davvero. Tu eri il mio passato, il mio presente. Mi sembrava chiaro volerti anche nel mio futuro. Non capisci? C'eri stato sempre e solo tu. Vivevo di te. Respiravo di te.- E poi te ne sei andato solo perchè avevi paura di innamorarti di me, perchè ero troppo piccola? - Come pensi l'abbia presa? -
- Pensi che per me sia stato facile? -
- Si. Ti comportavi come se non te ne importasse niente. Come se per te non valessi nulla. Poi un giorno hai anche iniziato a prendermi in giro, ad umiliarmi davanti agli altri. Volevi farti odiare? Eri sulla buona strada! -
- A quel tempo non facevo altro che pensare a te. Dovevo allontanarti. -
- E ci sei riuscito! Anche molto bene. - Era felice che piovesse, in quel modo le lacrime che le scorrevano dagli occhi sembravano solo gocce di pioggia che si posavano sul suo viso.
- Non ha importanza...-
- Non ha importanza? OSI DIRE CHE NON HA IMPORTANZA?-
- Si che ce l'ha, ma non c'è tempo, cazzo! Arriveranno da un momento all'altro! - Era chiaramente turbato, ma a lei non importava. Era ferita, come poteva dirgli solo dopo dieci anni il motivo del suo allontanamento? Non era nemmeno un motivo valido. Era pressoché ridicolo. Non aveva senso. Perchè allontanarsi da una persona se corri il rischio di innamorartene? Non lo capiva proprio.
- Non mi interessa. Che vengano, sarà peggio per loro.-
Nell'aria si sentì qualcosa vibrare, poi un tintin, tintin. Era il telefono di Camron.
- Il motivo per cui te ne sei andato è...stupido. La verità è che sei solo un fottuto stronzo egoista, che pensa solo a se stesso e alla sua felicità! Se ti fosse importato veramente di me saresti rimasto. - doveva dirlo prima che rispondesse, voleva chiudere il discorso. - Ti odio. - Te l'ho già detto, ma forse non te lo ricordi. - Questa volta non scordarlo. -
Il ragazzo la guardò intensamente per alcuni secondi, indeciso sul da fare. Prisca poteva vederlo chiaramente dalla sua espressione. Era combattuto. Lasciarla andare, non sapendo se l'avrebbe ritrovata o portarla via con la forza, prima che arrivasse il resto della famiglia?
I suoi occhi la percorsero tutta, lentamente, poi si fissarono nei suoi. Come potevano occhi di ghiaccio, come i suoi, incendiarla in quel modo? Il ghiaccio era freddo, duro, mentre lei aveva le gambe molli, riusciva a malapena a reggersi in piedi sotto il peso di quello sguardo e dei sentimenti che lottavano dentro di lei per uscire fuori..
Poi cambiò qualcosa. Capì subito quando il ragazzo prese una decisione. Chiuse gli occhi per un secondo, fece un respiro profondo, poi li riaprì.
- Spero di non pentirmene. - sussurrò più a se stesso che a lei. Ma lo sentì comunque. Poi disse a voce più alta. - Non è finita qui. Ti ritroverò. Ti troverò sempre.-
- Lo so. - disse chiudendo gli occhi.
Quando gli riaprì lui non c'era più. La notte se lo era portato via, e con se tutta la forza che le era rimasta nel corpo.
Crollò a terra. Questa volta l'aveva scampata, evidentemente al telefono era qualcuno di importante. Era stata fortunata. Doveva tornare subito alla locando e scappare il più lontano possibile con Constant.
Camron le aveva fatto una promessa, e non l'avrebbe infranta. Lui le manteneva sempre.
"Non sempre, non sempre..." le ricordò una vocina.
Non aveva tutti i torti.

Non sprecò tempo, corse subito alla locanda, spalancano la porta come un tornado.
C'era solo il proprietario al balcone che la guardava terrorizzato, con una mano posata sul petto. - Accidenti ragazzina, mi hai fatto prendere un colpo!-
- Mi scusi. - Non era sua intenzione spaventarlo in quel modo. Aveva solo fretta. - Il mio amico..- iniziò, ma fu subito interrotta dall'uomo.
- Mi dispiace, ma... - disse sconsolato.
- Non mi dica che gli è successo qualcosa quando è tornato alla locanda! -
- Nono! Niente del genere. Se n'è andato in fretta e furia. E' entrato in un lampo, è corso in camera e in dieci secondi era già fuori! -
- Oh, menomale! - L'aveva ascoltata, bravo Constant.
- Vi siete cacciati in un brutto guaio, eh? -
Prisca si grattò la testa - Una specie...Il mio amico le ha pagato il conto della stanza?-
- Eccome se lo ha fatto! Non ha nemmeno preso il resto. -
- Non ha importanza. -
- Ma con tutti i soldi che mi ha dato potrei aprire una locanda grande il doppio di questa! - disse ridendo, e tirando fuori dalla tasca un gruzzolo di banconote, sicuramente pronto a restituirglielo.
Declinò con un cenno della mano. - Li tenga pure. Mi raccomando solo di una cosa...Non non siamo mai stati qui, se qualcuno le chiede qualcosa, non ci conosce. -
Fece un cenno con a testa. Era meglio per lui, non voleva rischiare che potessero fare del male all'uomo, pensando che avesse delle informazioni su di loro, o sulla loro destinazione.- Un ultima cosa...Da quanto se n'è andato? -
Guardò l'orologio. - Un oretta circa. -
- La ringrazio molto! Ci vediamo. -
- Fate attenzione! - urlò l'uomo, ma lei era già fuori.
Ora il problema era trovare Constant.
Non aveva un telefono, quindi non poteva chiamarlo. Forse poteva provare a captare il suo odore, con un po di fortuna la pioggia che aveva fatto cadere prima non l'aveva del tutto cancellato.
Ispirò profondamente, e lo sentii. Più che odorarlo lo percepì a fior di pelle. Era una sensazione strana, piacevole. Non era certo la prima volta che le capitava. Più che odorare...lei sentiva le cose sulla pelle, non tutto, ma degli odori particolari che non sapeva spiegarsi bene, si. E il suo era uno di quelli.
Sapeva di sole, di caldo. Era come se il sole la stesse riscaldando con i suoi raggi. Per lei Constant sapeva di sole. Seguì quell'odore, quella sensazione fino a quando non sparì del tutto. Si trovava parecchi chilometri lontana dalla locanda da cui era andata via, intorno a lei non c'erano altro che case.
Non sapeva cosa fare ora che l'odore era sparito.
Poi le venne improvvisamente un idea. Lei e Constant erano legati.
Si fermò, chiuse gli occhi e si concentrò. Non si dovette nemmeno sforzare. Era li. Un filo palpabile, quasi invisibile che la collegava a lui.
Allungò una mano e lo toccò. Lo sentì sotto le dita, che vibrava.
"Prisca?"
"Sei tu?" Ce l'aveva fatta davvero? "oddio, grazie al cielo! Dove sei?"
"Ti sto cercando, tu dove sei?"
“All'areoporto." Gli arrivò un immagine. Era l'aeroporto, e la strada per arrivarci.
"Come hai fatto?"
"Non lo so..Ci ho solo pensato."
"Che figata!"
"Già. Poi dovrai spiegarmi come hai fatto a trovarmi in questo modo."
“Arrivo." aprì gli occhi.
Era di nuovo in mezzo a tutte quelle case, il contatto si era interrotto, ma il filo era ancora li, poteva percepirlo all'interno della sua mente. Ci impiegò pochi minuti ad arrivare all'aeroporto, e ancora meno per individuare Constant. Era seduto su una sedia, con dei biglietti in mano. Appena la vide le corse incontro abbracciandola stretta.
- Sono felice che tu stia bene! -
- Anche io. -
- Cosa è successo? - chiese staccandosi un poco.
- Lui...Camron ci ha trovati. -
- Adesso dov'è? - Si guardò intorno, preoccupato che potesse averla seguita.
- Non preoccuparti, se n'è andato. Per ora. -
- Non siamo stati abbastanza prudenti, che mi è saltato in mente? Portarti in discoteca a divertirti? Sono un idiota! Sarebbe potuta andare diversamente, a quest'ora avresti potuto non essere qui! - Era evidente che si sentisse in colpa. Aveva gli occhi stanchi, i capelli scompigliati. Chissà come si era preoccupato non sapendo come stesse lei, o dove fosse.
- Shh. - disse accarezzandogli la testa. - Non è colpa tua. Tu non ha fatto niente. E sto bene, non mi ha fatto niente. Non ha nemmeno cercato di farmi male. Ha detto che voleva proteggermi, e che non era sua intenzione uccidermi. -
- ...Ci hai creduto? -
- Non lo so...Si e no. Ma non potevo rischiare. Come faceva ad assicurarmi al 100% che non ci sarebbe successo nulla? Mi sono fidata già troppe volte di lui... E non è andata mai bene. Non per me. - sussurrò, ripensando a lui. Si intristì immediatamente. - Qual'è la prossima tappa? - disse cercando di sorridere.
Se ne accorse subito. - Tu stai bene? -
- Assolutamente. - mentì.
Era ovvio che non se la fosse bevuta, lo vedeva da come la guardava. Le stava dando solo un po di tempo per riprendersi dal loro incontro, da...lui. Prisca sapeva che il suo cuore non si sarebbe mai ripreso. Erano anni che stava male, non avrebbe fatto altro che peggiorare, ma che poteva farci?
Camron non era mai stato suo, non lo sarebbe mai stato. In questo momento più che mai. Era troppo tardi, se fosse rimasta a casa...No. Sarebbe stato peggio.
E' fuggita per fare un favore a tutti, soprattutto per Camron e Azura. Quando tutto questo sarà finito, e Camron sarà tornato a casa con la sua famiglia lui ed Azura sarebbero potuti stare insieme ed essere felici. Lei si sarebbe fatta una nuova vita, con Constant, lontano dalla città, da loro...dal passato.
Solo se esso avesse smesso di perseguitarla.
- Andiamo in Portogallo. -
- In Portogallo? Così vicino? -
- Si, ma ci staremo solo una notte, all'ultimo momento c'era solo questo disponibile. Staremo una notte in Portogallo e poi ripartiremo subito per l'Islanda. -


Buongiorno lettori! Camron l'ha trovata, e le ha "spiegato", se così vogliamo chiamarlo, il motivo per il quale l'ha lasciata anni prima. A Prisca sembrano scuse che non reggono, e non possiamo che darle ragione. Questo però non cambia il fatto che quello è il passato e le cose, purtroppo, non possono tornare come prima. La nostra protagonista non ha intenzione di tornare indietro. Non cambierebbe niente, dopotutto Camron ha detto che forse si sarebbe potuto innamorare di lei, non che effettivamente si sia innamorato. Prisca l'ha capito bene. Sa che ormai è tardi e il ragazzo appartiene ad Azura.
Che ne pensate?
Aspetto vostre opinioni.
Un bacio,
Ellyn.
   
 
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