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Autore: QWERTYUIOP00    22/07/2016    1 recensioni
Dopo la caduta di Bravil, Titus Mede è finalmente pronto per iniziare la rivolta che lo porterà sul trono imperiale, ma la sua ascesa sarà duramente ostacolata dal monarca al potere Thules, immerso nei giochi di potere della Città Imperiale.
Terza storia della serie "Downfall"
Genere: Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Downfall'
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Dopo aver raccolto un’altra ascia da terra, Jaeger diede ordine ai suoi uomini di passare avanti per fermare l’avanzata dell’esercito nemico, che in quel momento sembrava inarrestabile.
Lui andò nella direzione opposta, verso le retrovie, verso il fianco destro, lungo il crinale dal quale cominciava un declivio e, arrivatovi, si voltò per osservare il campo di battaglia.
“Non c’è speranza” pensò spiazzato “è questione di poco, un’ora, forse”
L’esercito nord, seppure abbattuto, continuava a combattere fieramente facendo costare il più possibile al nemico ogni metro di terreno conquistato; i Redguard si erano ripresi dallo stato nel quale erano precipitati, e cominciavano a conquistare anch’essi terreno, mentre l’armata di Skyrim si ritrovava sempre più schiacciata, e vicina alla disfatta.
-Bisogna agire- si disse con mente lucida, uscendo da quello stato di impotenza –rischio di perdere tutto, tutto, tutto il lavoro fatto…-
Prese per il braccio un guerriero che gli era appena passato di fianco.
-Trovami il re- gli ordinò –devo parlargli. Svelto, forza!-
Una volta che il soldato fu partito, Jaeger incitò ancora una volta i suoi uomini a resistere, per poi controllare che il messaggero stesse realmente andando a contattare il re.
Una decina di cavalieri nemici irruppe in quel momento nell’ala, travolgendo quattro uomini.
-Serrate i ranghi! Fermateli!- urlò  Jaeger mentre, dopo aver opportunamente preso la mira, scagliava una delle sue asce contro un nemico rimasto fermo, il quale, colpito al torace, lasciò andare la spada e, gettandosi all’indietro, cadde da cavallo.
L’animale impazzì e cominciò a scalciare in tutte le direzioni provocando la rottura di un paio d’ossa prima di essere abbattuto.
Recuperata l’arma, il Nord si lanciò contro un cavaliere che passava proprio in quell’istante, conficcando le due asce nel costato del cavallo, che, rallentando di colpo, cadde, scagliando in avanti il soldato.
Quello, ripresosi dall’urto, si rialzò e, sguainata la spada, attaccò Jaeger con un paio di fendenti seguiti da un affondo, che venne schivato dal Nord con un balzo laterale.
L’Imperiale, per non farsi cogliere alla sprovvista, si ritirò con sorprendente agilità, riprendendo la posizione di guardia iniziale.
Dopo qualche secondo fu Jaeger a fare la prima mossa.
Dopo aver sollevato il braccio sinistro per sferrare un colpo ed essersi accertato che il nemico stesse assumendo una posizione difensiva, col braccio destro scagliò l’altra ascia, la quale andò a conficcarsi nel piede dell’Imperiale, che non ebbe abbastanza tempo per gridare e togliere la lama da suo stivale.
L’ascia presente nella mano sinistra calò,  non fermata dalla spada del nemico, il cui braccio, in uno spasmo di dolore, si era abbassato.
L’acciaio si conficcò nel collo del soldato con tanta violenza da penetrare la cotta di maglia e la carne viva, rimanendovi anche dopo che il soldato, lanciato un ultimo grido, cadde all’indietro, morto.
Raccolte le due armi, il Nord, guardandosi attorno, poté osservare con piacere che l’assalto della piccola squadra di cavalleria era fallito; dei nemici rimaneva soltanto un uomo appiedato, che, camminando all’indietro per allontanarsi dai guerrieri di Skyrim, si stava inavvertitamente avvicinando a Jaeger.
Il Nord non si fece scappare l’occasione.
A passo felpato si avvicinò alle spalle del nemico e, dopo un giro su se stesso per caricare il colpo, impegnò tutta la forza del suo braccio per conficcare l’ascia nel corpo dell’ignaro nemico.
La lama passò da parte a parte il collo e, per un breve attimo, testa e corpo rimasero impilati ancora una volta, per poi cadere, separati,  sulla soffice neve macchiata di striature scarlatte.
Jaeger emise un urlo di esultanza, che fu riprodotto dai suoi uomini, per poi ordinare loro di riprendere le posizioni mentre lui si sarebbe allontanato per qualche minuto.
Aveva riconosciuto il cavallo di Re Geimund e gli stava andando incontro.
-Che cosa c’è, Jaeger?- chiese il Re dei Re- Non ho molto tempo per parlare, il fronte sta cedendo- 
“Oh lo credo che non hai molto tempo per parlare, dopo averci cacciato in questa trappola mortale” sibilò tra sé e sé il Nord, rispondendo: -Maestà, come avete detto, il fronte sta cedendo. Dopo che si saranno ricongiunti con i Redguard e avranno diviso il nostro esercito a metà sarà solo questione di tempo. Ora è solo questione di tempo-
-Cosa state insinuando?- domandò con voce fredda Geimund, facendo compiere un giro del cavallo attorno al suo interlocutore.
-La battaglia è persa, maestà- dichiarò senza mezzi termini quello –Lo sapete benissimo. Un’ora, e Titus Mede potrà sfondare liberamente i cancelli di Bruma mentre a noi resteranno soltanto i corvi e questo terreno ghiacciato-
-Occupati di mantenere la posizione- sibilò il re incitando il cavallo a partire, quando Jaeger impugnò al volo le redini, trattenendo lo stallone.
-Pensate che ignorare il problema migliorerà la situazione?- disse guardando il sovrano dritto negli occhi – Pensate che nelle ballate verrete ricordato meglio? Come il comandante senza paura? Dov’è finito il re indeciso sull’andare o no in guerra per il trono imperiale proprio per il rispetto che egli provava per i propri uomini?-
-Che cosa, esattamente, mi state chiedendo di fare, soldato?- continuò gelido Geimund.
-Sto soltanto dicendo che, nella mia umile opinione, voi preferireste essere ricordato piuttosto come il comandante che salvò i propri uomini, o magari addirittura…-
-Stai insinuando che dovrei arrendermi?!- tuonò il re –Jaeger, lascia andare le redini, è un ordine. Ho un esercito da guidare-
-Signore, riponete la vostra corazza d’onore e lasciate parlare il vostro fedele consigliere, e magari potreste anche accontentare le vostre ambizioni- dichiarò l’ufficiale –Potete essere ricordato come il comandante che salvò i propri uomini… e vinse la battaglia. Sfidate a duello, ora, su questa stessa piana, Titus Mede per decidere chi dei due sia il più adatto ad aspirare al trono. Mede può essere, come non essere, un uomo d’onore… ma se vuole mantenere il rispetto che i suoi vassalli nutrono… dovrà accettare la sfida-
Jaeger lasciò la briglia.
Re Geimund rimase a fissarlo.
 
 
 
Un’ambasciata, recante uno stendardo bianco fu mandato.
La proposta venne ascoltata, e accettata.
Come grazie ad un incantesimo, in tutta la piana i combattimenti cessarono e i soldati volsero lo sguardo per terra, sulla candida distesa di neve martoriata da cadaveri e sangue.
In silenzio, alcuni morti cominciarono ad essere raccolti, i feriti assistiti.
Al centro della piana, si raccoglievano i resti di gran parte dei due eserciti, in un'unica massa indefinita, al cui centro vi era uno spiazzo circolare.
Gran parte dei combattenti si era radunata lì, per vedere chi sarebbe stato il vincitore di quella cruenta battaglia, mentre altri gruppi sparsi di soldati, a cui ormai non importava più, giravano per la piana, in cerca di conoscenti, di parenti, di amici, coi quali fino a poche ore prima avevano riso insieme, avevano condiviso razioni di cibo, o un’intera vita.
Al centro dello spiazzo circolare vi erano i due pretendenti all’avida mano della corona: Titus Mede, composto, intento a guardare il terreno o a sussurrare parole, probabilmente preghiere, e Re Geimund, fiero e, al tempo stesso, insicuro, mentre continuava a posare lo sguardo sui propri uomini o sul suo nemico.
Dopo qualche minuto di studio reciproco, i due sfidanti estrassero contemporaneamente le proprie armi:  I Il Nord impugnava uno spadone d’acciaio della Forgia Celeste, sulla cui lama correvano striature azzurre, frutto dell’incantamento di gelo, mentre l’Imperiale reggeva la sua katana dorata.
Dopo un breve fendente di prova contro l’aria, Geimund si slanciò in avanti con un affondo seguito da altri due fendenti laterali, opportunamente schivati da Mede, che, cogliendo la scarsa difesa presentata dalla posa del nemico alla fine dell’attacco, mulinò la lama Akaviri per poi attaccare dall’alto verso il basso, cercando di colpire la spalla del nemico.
Ma quello, riconoscendo i movimenti, riuscì a prevenire la decapitazione frapponendo lo spadone.
Le due lame cozzarono producendo un acuto stridio, mentre gli sfidanti insistevano nel bloccare l’uno la spada dell’altro.
Le venature azzurre dello spadone lampeggiavano vistosamente.
Il Coloviano, cogliendo al volo l’occasione, tirò un calcio al Nord, che, per non cadere, dovette mettere le braccia in avanti.
L’Imperiale ritentò il colpo verticale, che Geimund riuscì a schivare all’ultimo grazie ad una capriola.
Una volta rialzatosi, il Re dei Re di Skyrim si slanciò in avanti di corpo, riuscendo a far cadere a terra Mede, al quale sfuggì l’arma, che cadde due metri più a sinistra.
Riuscendo a strisciare, il Coloviano raggiunse appena in tempo la katana, riuscendo a parare il violento colpo che Geimund si apprestava a infierire.
Lo sgradevole suono acuto quella volta rimase nell’aria per qualche secondo, mentre le lame delle due armi vibravano sensibilmente.
Titus Mede, rialzatosi, assunse la posizione di guardia, fissando il nemico.
Entrambe le braccia del Re dei Re di Skyrim si alzarono, il corpo scattò in avanti, la bocca emise un urlo; si avvicinava sempre di più all’Imperiale, sempre di più vicino, sempre più...
Rapidissimo, il fendente passò quasi non visto dai soldati spettatori.
Con una rotazione da sinistra verso destra, dal basso verso l’alto, la katana dorata si insinuò sotto le braccia del Nord, che cominciavano a scendere per vibrare il colpo.
Sempre più vicino…
La lama dorata colpì tra le giunture del gomito, passò la cotta di maglia, la pelle, i muscoli, disintegrò l’osso, e uscì dall’altra parte.
Il braccio mozzato di Re Geimund si librò nell’aria per un secondo, per poi cadere sulla soffice neve, con ancora l’elsa dell’arma in pugno.
Le grida di dolore e i fiotti di sangue che uscivano dal braccio mozzato invasero la piana, mentre il Re dei Re di Skyrim, gettatosi a terra, si contorceva invocando aiuto.
Silenzioso e freddo, Titus Mede prese per i capelli la testa del nemico con la mano sinistra, sollevandola, mentre con la destra passò la lama lungo il collo, recidendolo completamente.
Il busto tornò a terra, quella volta senza convulsioni, mentre la testa rimaneva appesa in aria, la faccia pietrificata per l’eternità in una smorfia di dolore.
Il silenzio cadde nella piana.
Tutti guardavano Titus Mede, che ancora reggeva con la mano sinistra il capo dello sconfitto.
-Per i Nove Divini- sussurrò Jaeger, immobile –questa è la fine-
 
 
 
Jaeger si inginocchiò, come il resto dell’esercito Nord che non aveva intrapreso il ritorno a Skyrim, dopo la disfatta.
La maggior parte dei guerrieri, seguendo il senso dell’onore che nella loro cultura aveva così tanta importanza, non si era voluta sottomettere a Titus Mede, mentre gli atri, quasi la metà dell’esercito, quelli più come Jaeger, non si fecero troppi problemi.
Almeno, finché erano nell’esercito, potevano contare su pasti giornalieri garantiti e i morsi della fame, che l’inverno avrebbe portato, sarebbero stati attenuati.
Le nere volute di fumo provenienti dai bracieri che si alzavano nel cielo plumbeo descrivevano ampi archi all’altezza dei merli delle mura.
Dopo il giuramento, i Nord si alzarono e fu il turno delle guardie di Bruma a inginocchiarsi, giurando fedeltà al conquistatore.
Dopo la morte di Geimund, e la fine della battaglia, la contessa Narina Carvain aveva tentato una strenua resistenza, che molti si sarebbero affrettati a dichiarare “orgogliosa” o “fiera”.
Per Jaeger, semplicemente “vana”.
Tutti i vassalli di Mede erano presenti alla scena, ad eccezione di Arriana Valga, che in quel momento riposava nel castello a causa di un malessere, e sorridevano soddisfatti, consci del fatto che non rimaneva loro che un ultimo scontro, quello definitivo.
Nonostante il conte di Kvatch godesse, in quel momento, del supporto di tutte le provincie e delle contee di Cyrodiil, la partita non era ancora finita.
Il monarca Thules teneva ancora la Città Imperiale, e aveva ancora al suo comando le Legioni Imperiali che, a detta egli esploratori, si stavano radunando in quel momento alla capitale.
Dopo la fine del giuramento, le compagnie vennero sciolte e i nobili si ritirarono nel castello di Bruma, dove passarono la notte.
Il mattino seguente fu richiamato l’intero esercito pronto per la partenza.
-Si parte per la capitale!- gridavano i soldati.
“Chissà quanti ci arriveranno effettivamente, alla capitale” pensava Jaeger.
L’armata di Titus Mede, rinforzata dall’esercito di Skyrim e dalla guarnigione di Bruma lasciò la città per la quale così tanti soldati erano morti, dirigendosi verso sud.
A poco a poco, le montagne cominciarono a svanire, le distese innevate divennero più rade, per poi scomparire, il gelido vento invernale lasciò il posto ad una fresca brezza.
Raggiunta la pianura, gli alberi cominciarono a presentarsi più frequentemente, e l’esercito entrò nella Grande Foresta.
E, poco dopo aver superato il limite della foresta, appena dopo che le prime linee dell’esercito si fossero ritrovate circondate dagli alberi, la contessa di Chorrol cadde da cavallo.
Subito un’intera compagnia la circondò, cercando di capire se fosse rimasta ferita.
Titus Mede si fece strada nella folla e Jaeger, sfruttando il corridoio creatosi per il comandante, si infilò anch’egli nel gruppo.
-Non sarei dovuta andare a Bruma- rantolò con voce soffocata Arriana Valga, sorridendo, nonostante il dolore –la mia salute non è più quella di una volta-
-Necessita di cure immediate- decretò il comandante di Chorrol, un certo Bittneld –col vostro permesso, maestà, ho intenzione di riportarla a Chorrol. Non siamo molto lontani-
-Valga sarebbe orgogliosa della tua fedeltà- ribatté Mede, senza neanche guardare il proprio interlocutore negli occhi –ma voglio aiutare come posso. Ci penseranno i miei uomini di Kvatch a portarla a Chorrol, vero Savlian?-
Il comandante della guarnigione di Kvatch fece un rapido inchino.
-Bene- decise Titus Mede –portati tre uomini, non di più. Non possiamo permetterci di perdere altri soldati-
“Complimenti” pensò Jaeger ironico “in questo modo ti assicuri che gli uomini di Chorrol ti seguano e non si ritirino all’ultimo, nel momento decisivo. Ma usare come ricatto una donna in fin di vita… sei proprio senza cuore”
La contessa venne messa sul cavallo del capitano Savlian Matius, che si allontanò in fretta dall’esercito, seguito da due imperiali, un uomo e una giovane donna, e un ragazzo bretone.
   
 
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