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Autore: Inevitabilmente_Dea    24/07/2016    1 recensioni
{Threequel di The Maze Runner - Remember}
I Radurai sono riusciti a sopravvivere anche alla Zona Bruciata e hanno conseguito il loro obbiettivo: raggiungere il Porto Sicuro entro due settimane per trovare la cura all'Eruzione. Tuttavia, nonostante all'apparenza sia tutto finito, i Radurai sono stati ingannati nuovamente dalla W.I.C.K.E.D. che ha in serbo per loro un'altra prova. Questa, a differenza delle precedenti, sarà individuale e i ragazzi e le ragazze saranno soli di fronte al pericolo: i Radurai, infatti, vengono addormentati e separati durante il sonno.
Elena viene tenuta in isolamento dalla W.I.C.K.E.D. senza sapere che fine hanno fatto i suoi amici, ma alla fine, dopo una serie di esperimenti viene rilasciata.
Un ultimo ciclo di test e analisi per raccogliere i dati necessari allo sviluppo della cianografia finale.
Dopo di essa, però, toccherà ai Radurai trovare una cura per l'Eruzione, poichè essa non è ancora stato ultimata.
Un'avventura che non ha ancora un fine. Una continua fuga alla ricerca della salvezza.
E se le persone che si credeva di aver perso ritornassero?
E se invece, quelle a cui si tiene di più, andassero perse per sempre?
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jorge, Minho, Newt, Newt/Thomas, Nuovo personaggio, Thomas
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
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Senza neanche bisogno di una parola, io e Newt pensammo la stessa cosa e agimmo di conseguenza. Entrambi ci catapultammo all'avanti, camminando velocemente verso Janson prima che cambiasse discorso ed iniziasse ad ignorarci completamente.
Newt lo raggiunse prima di me e iniziò a fare domande a raffica, spiegando la situazione e pretendendo giustamente delle spiegazioni. Quando raggiunsi entrambi capii che la situazione che si stava andando a creare non era per niente positiva e che Janson non doveva essere dell'umore giusto per discutere un attimo di più.
"Senti, Soggetto A5, te l'ho già detto e te lo ripeto:  siamo stati costretti a isolarlo dal resto dei Soggetti. L'Eruzione è troppo radicata in lui: è diventato pazzo e violento, e perciò pericoloso per voi." spiegò brevemente e senza sentimenti, come se stesse raccontando una favoletta ad un bambino prima della buonanotte.
"Isolato? Non se ne parla. Per quanto mi riguarda, isolarlo non sarebbe la scelta migliore, forse qui con i suoi amici potrebbe..."
"No." sputò secco l'uomo Ratto. "Soggetto A5, obbedisci agli ordini e vatti a sedere oppure..."
"Chiamalo di nuovo Soggetto A5 e giuro che ti spezzo l'osso del collo." sibilai tra i denti, stingendo i pugni e irrigidendo la mascella.
"Come non detto..." disse Janson fingendo di non sentire le mie parole e girandosi a guardare due uomini armati dietro di lui. "Guardie, riportateli a sedere."
I due uomini avanzarono verso di noi e ci misero le mani addosso, costringendoci a girarci e a camminare verso il nostro tavolo. La guardia che aveva scelto me come vittima da punzecchiare mi stava stringendo i polsi in una morsa d'acciaio, sollevandoli più del dovuto e facendomi male. Diedi più volte uno strattone, facendo smorfie di dolore ogni volta che lui aumentava la presa, e cercai di liberarmi. "Posso anche camminare da sola." sputai acida dopo l'ennesimo tentativo fallito.
La guardia, per tutta risposta, mi diede un altro spintone e per poco non caddi all'avanti.
Feci per urlargli di stare più attento quando una mano si fermò sulla mia spalla delicatamente, obbligando la guardia a fermarsi. "Ha detto che può camminare da sola. Lasciala stare." disse una voce fredda e autorevole, con un tono che non ammetteva repliche. La sua voce. 
Alzai lo sguardo per confermare quello che già avevo intuito e mi ritrovai a pochi centimetri dal petto di Stephen che, con uno sguardo d'acciaio aveva incatenato gli occhi della guardia. Nonostante avesse un aspetto debole, sapeva ancora farsi rispettare. Infatti, dopo pochi secondi di scambi di sguardi infuocati, la guardia lasciò la presa dai miei polsi, spingendomi sgarbatamente in avanti.
Non avendo abbastanza terreno per riprendere equilibrio, mi ritrovai catapultata nel petto di Stephen che sembrò riacquistare all'improvviso i riflessi perchè mi afferrò al volo, impedendomi di cadere a terra come un sacco di patate.
"Grazie." sussurrai rialzandomi in piedi e allontanandomi dal ragazzo che ora sembrava tutto meno che malato e debole.
"Ora, immagino che non ci siano altre domande." esordì Janson a gran voce, come se sperasse che qualcuno provasse di nuovo a mettersi contro di lui. Attese qualche secondo e la stanza si riempì di un silenzio disarmante, poi lui continuò. "Come credevo. Mettetevi tutti seduti e attendete il vostro nome. Verrete chiamati per gruppi. La prima persona del gruppo che chiamerò, si alzerà e verrà silenziosamente a prendere le chiavi della propria stanza, poi aspetterà che il resto del gruppo si formi e raggiungerà la stanza scortato da una guardia."
Scossi la testa e cessai di ascoltare le parole pronunciate da quell'essere infimo per concentrarmi su di Newt. Lui era ancora bloccato dalla guardia che lo stava trattando con non poca delicatezza. A forza di spintoni aveva quasi raggiunto il tavolo a cui eravamo seduti prima e probabilmente non lo avrebbe mollato fino a che non si fosse seduto su una delle sedie, ma grazie all'intervento di Minho anche questa guardia mollò, incendiandoli tutti con uno sguardo micidiale.
Mi girai verso Stephen che nel frattempo non aveva smesso di fissarmi, forse per accertarsi che stessi bene. Quando riuscii ad distogliere il suo sguardo dai miei polsi e finalmente riuscii ad instaurare un rapporto visivo, gli feci segno di seguirmi e raggiungere insieme gli altri. "Andiamo?" chiesi indicando i Radurai con il mento.
"I tuoi polsi." disse lui freddo, prendendo le mie mani tra le sue e rigirandole per esaminare meglio i segni rossi che la guardia aveva lasciato.
Sentendomi improvvisamente in imbarazzo e fuori luogo, ritirai le mie mani portandole a grattare il collo, quasi come fosse una scusante per allontanarmi da lui. "Sto bene." sussurrai arrossendo e indietreggiando da lui. "Andiamo?" incalzai nuovamente.
Vidi Stephen irrigidirsi, probabilmente accorgendosi di aver spinto troppo oltre e di avermi messa in imbarazzo, ma poi si rilassò e annuì distratto, seguendomi a ruota verso il tavolino.
Quando raggiungemmo gli altri Radurai mi accorsi che nel frattempo l'Uomo Ratto aveva continuato a parlare e aveva iniziato a chiamare le prime persone delle lista, terminando il primo gruppo. 
"Newt, stai bene?" domandai al ragazzo, vedendolo turbato e arrabbiato. 
"No." rispose lui secco. "Non possono sequestrare le persone in questo modo. Insomma... chissà dov'è Tommy ora. Forse ci stanno mentendo di nuovo e lo stanno sottoponendo ad uno di quei stupidi test!" ipotizzò furibondo, diventando rosso in viso per il nervoso.
"Be' in ogni caso ora non possiamo fare nulla." spiegai. "Ma forse... Questa notte potremmo provare ad andare a cercarlo." proposi fingendomi poco interessata e guardando altrove.
"Sei pazza? E pensi che ci lasceranno uscire dalla porta così semplicemente?" domandò Minho guardandomi con gli occhi a palla. 
"E chi ha parlato di usare la porta?" chiesi io in tutta risposta, ricevendo sorrisetti e occhiolini qua e là. 
"E io che pensavo di conoscerti bene." replicò Minho, sorpreso e fiero di me come se fossi sua figlia. "Mi piaci, Fagiolina. Non finisci mai di sorprendermi."

 

Erano ormai passate ore da quando Janson ci aveva divisi in gruppi. Io ovviamente ero finita in un dormitorio di tutte ragazze ed ero stata l'ultima del Gruppo A ad essere stata chiamata. Mi avevano affidato la chiave della stanza 250 e lentamente le compagne del mio dormitorio mi avevano raggiunta. 

La nostra stanza non era stata semplice da trovare tra tutte, ma alla fine l'avevamo raggiunta scoprendo che in realtà si trovava poco distante da uno spazio mensa che non avevo fino ad ora mai visto. Una volta entrate nella camera, ci ritrovammo inondate da una miriade di colori accesi. Eravamo finite in un enorme dormitorio con una serie di letti a castello allineati lungo una parete. Dal lato opposto c’erano cassettiere e scrivanie. Le finestre coperte dalle tende si intervallavano su ciascuna parete della stanza come in una scacchiera. Osservai il tutto con un silenzioso senso di stupore distante, per quanto la W.I.C.K.E.D. avesse cercato di modellare una stanza in modo che fosse un paradiso tranquillo e ricco di colori allegri, io potevo ancora sentire la tristezza e le menzogne che si nascondevano dietro a quei muri. La stanza era coloratissima e per quanto questo avrebbe dovuto farmi sentire al sicuro e spensierata, in realtà non fece altro che aumentare il mio mal di testa e la nausea. Muri color giallo acceso, coperte rosse, tende verdi. Dopo il grigiore smorto a cui ero abituata – sia nella Radura che nella Zona Bruciata –, era come essere trasportati in un arcobaleno vivente. La vista di quell’insieme di cose – i letti, le cassettiere, tutto fresco e pronto all’uso – mi trasmetteva un senso di normalità quasi opprimente. Troppo bello per essere vero. 
Tutto quel panorama non fece altro che aumentare la mia capacità di vedere meglio attraverso le cose: la W.I.C.K.E.D. stava di nuovo giocando con le nostre menti. Felicità, tranquillità, sapere che tutto era finalmente finito e che eravamo al sicuro. Se credevano che questa volta me la sarei bevuta di nuovi erano solo dei poveri illusi.
"Ehi, intendi restare sulla porta ancora per molto?" 

Una voce acuta perforò i miei pensieri, facendomi cadere nuovamente addosso alla realtà.
"Ehm, no..." biascicai scuotendo la testa e girandomi per chiudere la porta. Quando la mia mano toccò il pomello di essa, una brutta sensazione invase il mio corpo. Avevo il timore di chiuderla. E se poi ci avessero chiuse dentro? Avevamo la chiave, certo, ma se avevo imparato una cosa in quelle settimane era non dare nulla per scontato.
Decisi così di spalancare totalmente la porta e prendere il comodino più vicino per poi trascinarlo fino a incastrare la porta tra il muro e il piccolo mobile.
"Ma che stai facendo?" mi chiese la stessa voce di prima. 
"Sto evitando che ci chiudano dentro." spiegai con tutta la calma del mondo. 
"Lasciala perdere, Avery. Ha vissuto per settimane circondata da dei bestioni in calore con il cervello di un'anatra, non ha idea di cosa sia avere della privacy." rise un'altra ragazza, guardandomi dall'alto verso il basso.

Le puntai contro il dito e poi parlai chiaro e forte: "Non..." mi bloccai e inspirai profondamente. Farmi dei nemici era l'ultima cosa che volevo. "Non parlare male dei miei amici. Non li conosci, ma ti assicuro che sono tutto meno che dei bestioni. E se siamo usciti dal Labirinto come voi, vuol dire che un minimo di intelligenza ce l'hanno."
Senza aggiungere altro mi incamminai verso l'unico letto rimasto libero nella stanza e mi appollaiai sopra di esso, cercando di rilassarmi e di non fare caso a tutti gli occhi puntati su di me.
"Be', se non altro non deve essere stato facile." continuò la ragazza. "Intendo, vivere circondata da ragazzi. Noi ne abbiamo avuto solo uno e credici se ti dico che ci è bastato."
Alzai gli occhi al cielo. Mantenere la calma mi era sempre meno facile. "I miei pive sono bravi ragazzi. Hanno fatto di tutto per proteggermi e farmi sentire a casa, a parte qualche testa di caspio, sia ovvio." spiegai cercando di affogare il pensiero di Glader e Zart.
"Non ho capito neanche una parola di quello che hai detto, ma fingerò il contrario." disse la ragazza. "In ogni caso, mi dispiace se prima ti ho offeso, non era mia intenzione. Ripartiamo dal principio, che ne dici?"
Sospirai e mi alzai a sedere. "Ascoltate. Non ho intenzione di farmi delle nemiche, ma se per questo neanche delle amicizie. L'unica cosa che mi serve ora sono alleati." spiegai tranquillamente. "Non ve ne accorgete? Ci stanno incastrando di nuovo e continueranno a farlo finchè ci berremo le loro cazzate. Dobbiamo trovare un modo per uscire da tutto questo e farlo in fretta." 
"Come se non ci avessimo già pensato. Come pensi di fare?" 
"Innanzitutto devo ritrovare un mio amico poi quando ci sarà l'occasione dovremmo riuscire a prendere il controllo e ribaltare la situazione." dissi grattandomi la testa.
"Un tuo amico? Intendi il biondino?" chiese un'altra ragazza, facendosi improvvisamente più attenta e interessata.

"No, lui è..."
"State insieme giusto? E com'è? Intendo... avere una persona che ti ama e..."
"Livia smettila, la stai mettendo in imbarazzo." replicò la stessa ragazza di prima.
"No, nessun imbarazzo." la corressi, poi mi rivolsi alla ragazzina, che non sembrava avere più di quattordici anni. Ha l'età di Chuckie. Pensai diventando improvvisamente triste. "Sì, stiamo assieme, almeno credo. E, sì, è bello avere qualcuno che ti ama. E' un po' come avere un migliore amico per la pelle."

"Wow..." sospirò lei con occhi sognanti. "Siete carini quando state accoccolati l'uno all'altra."
Arrossi violentemente e distolsi lo sguardo per evitare di farle notare il mio rossore. Biascicai un grazie e poi tornai a concentrarmi su quello che fino a poco fa stavo dicendo.

"Il ragazzo che devo trovare si chiama Thomas e non so perchè l'hanno isolato da noi, ma devo ritrovarlo a tutti i costi." spiegai gesticolando con le mani. "Ed è per questo che ho bisogno del vostro aiuto questa sera."
Alcune ragazze annuirono entusiaste, mentre altre mi guardarono con fare sospetto o titubante. "Dipende da quello che comporta aiutarti." spiegò un'altra ragazza. "Che ne dici Violet?" chiese rivolgendosi alla stessa ragazza con cui stavo parlando precedentemente.
"Dico che non ci costa niente aiutarla." rispose la ragazza chiamata in questione. "Cosa ti serve, ragazza?"
Sorrisi capendo di essere sulla strada giusta e iniziai a spiegare loro il mio piano.

Era ormai mezzanotte passata quando mi alzai lentamente dal mio letto e mi mossi per andare a svegliare le altre ragazze, partendo da Violet. Il suo letto a castello si trovava proprio vicino all'entrata e lo stava dividendo con la ragazza che precedentemente aveva chiamato Livia. Siccome Violet stava dormendo beatamente al piano superiore del letto a castello, decisi di raggiungerla meglio arrampicandomi sulla scaletta. Non appena la scossi leggermente, lei fece un sussulto e mi guardò con occhi assonnati, ma non fece storie e si alzò biascicando alla ragazza sotto di lei di 'alzare il culo'.
Non appena i miei piedi scesero dalla scaletta e toccarono terra, andai dritta all'armadio, aprendo entrambe le ante alla ricerca di qualcosa da infilare sotto le coperte per fingere la mia presenza in caso di un controllo.

Quando le trovai mi rimase solo da cacciarle sotto la coperta del mio letto e cercare di farle assomigliare ad un corpo rannicchiato tra le lenzuola.
Una volta soddisfatta del mio lavoro tornai da Violet e Livia e spiegai loro per la seconda volta il loro incarico, in modo che fosse ben chiaro. "Non addormentatevi per nessun motivo, okay? Chiudete la porta una volta che sono uscita e non la aprite fino al mio ritorno. Barricatela se qualcuno cerca di entrare e se quel qualcuno riesce comunque a fare irruzione, fingetevi addormentate. Se quel qualcuno va verso il mio letto..."
"...Inizio ad urlare e fingere di stare avendo un incubo." concluse Violet, stanca di sentirsi ripetere il piano ancora una volta. "Quando ho attirato la sua attenzione, mi catapulto fuori dal letto fingendo di farmi male per la caduta. Poi mi lamento finchè non si decide a portarmi in infermeria." 
"Giusto." asserii. "E' un piano di sploff, ma è pur sempre un piano."
"Buona fortuna, ti servirà." mi augurò Livia.
"Grazie." le sorrisi. "Violet?"
"Sì?"

"Cerca di non farti troppo male cascando dal letto."
La ragazza fece una risatina e mi ricordò borbottando delle sue micidiali doti da attrice, poi mi seguì fino alla porta, dove mi salutò e mi guardò incamminarmi lungo il corridoio buio e deserto.
Quando sentii la porta chiudersi alle mie spalle, un brivido di freddo mi percorse la schiena. Ora ero sola, inghiottita dal buio più totale.
Mi ero dimenticata di rimettermi le scarpe, perciò i miei piedi erano a contatto con le fredde e dure mattonelle del pavimento.
Feci mente locale e cercai di ricordarmi il numero che Newt mi aveva mimato con le labbra prima di sparire con il resto dei ragazzi, diretto al suo dormitorio. 
Se non mi ricordavo male, la sua stanza era la 368.
Continuai a camminare lentamente fino ad arrivare ad un quadro appiccicato al muro infondo al corridoio che stavo percorrendo. Mi avvicinai incuriosita e notai con sollievo che non si trattava di un quadro, ma bensì di una piantina dell'edificio. 

Rimasi immobile davanti ad essa, dimenticandomi addirittura di respirare finchè non scovai il numeretto 368 e il suo rispettivo corridoio. Cercai di memorizzare la strada che mi divideva da quel dormitorio e poi mi avviai, ripercorrendo lentamente tutte le svolte che dovevo attuare.

Destra, sinistra, di nuovo sinistra e dritta per il corridoio principale, senza svoltare. Arrivata alla fine del corridoio svoltare a destra e subito dopo a sinistra. La stanza è sul lato ovest del corridoio, più o meno verso la fine.
Continuai a ripetermi quella filastrocca mentalmente, cercando di non confondermi e soprattutto di non dimenticare neanche un minimo dettaglio. Il mio senso dell'orientamento era pari a quello di un mammut estinto, figuriamoci in un labirinto di corridoi e svolte.
Ero quasi arrivata a compiere la seconda svolta, quando un rumore alle mie spalle mi fece sussultare e girare di scatto. Una figura nera, alta ed esile mi stava seguendo silenziosamente da non so quando tempo.
Spalancai gli occhi e feci per fuggire, ma le mie gambe si erano paralizzate sul posto, come incollate al pavimento. Vidi la figura accorgersi di essere osservata e bloccarsi di conseguenza, poi dopo un attimo di esitazione riprendere ad oscillare verso di me con un passo felino, ma ora più deciso.
Indietreggiai di un passo e portai le mani in avanti, cercando di frenare la sua avanzata, ma tutto quello che la figura fece fu di prendermi per mano e trascinarmi all'avanti dolcemente.
"Cosa..." sussurrai nel buio. Di certo quella figura non poteva essere quella di una guardia dato che non mi aveva ancora bloccato e riportato al mio dormitorio, ma non poteva neanche essere una ragazza del mio gruppo dato che era troppo alta e priva di forme per essere una donna.
Era anche improbabile che fosse Newt, perchè entrambi eravamo rimasti d'accordo che ci saremmo incontrati nella sua stanza. Anzi, era stato lui a scartare l'idea di raggiungermi assieme a Minho, dato che quest'ultimo era tutto meno che silenzioso. 
"Chi diamine sei?" sussurrai al buio, sentendomi subito dopo una stupida dato che stavo praticamente parlando con il buio. "Non ti vedo."

"Shh, pasticcino, non vogliamo farci scoprire, no?" sussurrò la figura di rimando. Non fu la sua voce profonda o il suo timbro a farmi capire a chi appartenesse quella figura scura, ma più che altro il soprannome che aveva usato.

Conoscevo solo una persona capace di usarlo e dovevo ammettere di essere sorpresa: era l'ultima persona che sospettavo fosse.
"Steph?" domandai sbalordita. "Perchè caspio sei sveglio a quest'ora?"

*Angolo scrittrice*
Ehi stecchi!
Come va?

Scusate tanto per il ritardo, ma questo periodo per me non è dei migliori. Mi sono successe parecchie cose negli ultimi giorni e non sono mai riuscita a trovare un secondo per scrivere. Scusatemi anche per il capitolo schifoso, ma la creatività sembra avermi abbandonata. Spero di riuscire a riprendermi e a ritrovare un minimo di ispirazione. 
Scusate ancora per il ritardo!

Baci,

Inevitabilmente_Dea 

{Capitolo non revisionato}

 
   
 
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