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Autore: Walpurgisnacht    26/07/2016    1 recensioni
Allora ragazzi, vi capita mai di avere idee folli su cui vi sale un hype incontrollabile e che DOVETE mettere per iscritto? Ecco, se vi è successo sapete cosa è passato per la testa mia e della mia socia. Spiegazioni sul crossover e altri tecnicismi nel primo capitolo.
Aggiornamenti settimanali, due a botta. Numero finale di capitoli: ventuno.
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Un aereo cade. Nove ragazzi ammaccati si leccano le (piccole) ferite e cercano di capire come andarsene da quel posto dimenticato da chiunque.
Sul serio, non c'è nessun tizio psicopatico che vuole farli giocare alla sua personalissima versione de La Ruota della Fortuna.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Nella scatola in fondo all’armadio c’erano tre contenitori divisi in scomparti con su scritte le iniziali dei giorni della settimana. Touko li riconobbe subito anche senza aprirli: erano portapillole, di quelli usati per il dosaggio degli antidepressivi.

Maledetto Zero…

Prendendoli in mano notò che solo tre dei sette scomparti erano stati riempiti.

“Immagino tu li conosca bene, Super Scrittrice. Ora che li hai presi, danne uno alle persone tra i presenti di cui ti fidi di più.”
N-No… non posso!

“Ma che stronzata è questa?”

“Hai finito di accanirti su di lei?!”

Zero non sembrò curarsi delle proteste: “Non provare a tirarmi scherzi, so con chi hai legato di più tra loro. Io vedo tutto. Una mossa falsa e l’ago avvelenato non scatterà solo dal tuo braccialetto.”

Impossibilitata a fare diversamente, Touko si limitò a spartire i tre portapillole: ne diede uno a Naegi, chiedendogli perdono con lo sguardo, mentre il secondo andò a Kirigiri; il terzo fu per Byakuya, tra lo stupore di tutti (compreso quest’ultimo).

“Brava ragazza, vedo che ci siamo capiti” gracchiò ancora Zero, “ora signori, siete pregati di aprire i portapillole e versare il loro contenuto sul palmo della vostra mano. Ben visibile, mi raccomando.”

I tre fecero quanto ordinato e in meno di un secondo si ritrovarono un pugno di pillole in mano.

“Cosa sono queste?” chiese Togami, e dall’altoparlante arrivò una risata: “Pillole, come puoi ben vedere. Riguardo alla loro natura… diciamo solo che la nostra Fukawa le conosce fin troppo bene, non è così?.”

Touko si sentì mancare la terra sotto i piedi: non solo le aveva fatto raccontare la sua miserabile vita con dovizia di particolari e aveva spifferato a tutti di Genocider Syo, adesso tirava fuori anche questo?!

Perché? C-Cosa ho fatto peggio degli altri?!

“Bene Touko. Questa è la tua prova: scegli tra le pillole quelle che prenderai tu e quella che darai ai tuoi… amici. Le conosci bene, soprattutto i loro effetti collaterali. Sta a te decidere se vale la pena sacrificarti per loro o se, in fondo, la solitudine rimane la tua compagna preferita. Prenditi tutto il tempo che vuoi, io rimango qui a guardarti.”

Questo era il suo inferno personale, si disse. Non poteva essere diversamente.

Sperò per un istante che qualcuno facesse qualcosa, persino che Zero si palesasse lì in mezzo a loro e la uccidesse sul colpo, perché di certo avrebbe sofferto meno.

Gli altri si limitavano a fissarla attoniti e impotenti: Kirigiri e Togami avevano le loro solite facce impassibili (ma persino lei poteva notare gocce di sudore sulle loro tempie), mentre Naegi… lui era tranquillo, apparentemente. Quando incrociò il suo sguardo addirittura le sorrise: “Non è colpa tua, Fukawa-san.”

Lei deglutì, e fece l’unica cosa che le sembrava sensata: si avvicinò a loro e con calma scelse le pillole, lasciando i tre ragazzi con in mano una sola pillola bianca.

“Hai fatto la tua scelta. Dentro l’armadio ci sono diverse bottigliette d’acqua: usatele per mandare giù le vostre pillole. A te, Touko, ne servirà un po’ di più” rise Zero, e Ishimaru dovette tener fermo Oowada, impaziente di distruggere l’altoparlante per il solo gusto di indispettire il loro carceriere.

Fukawa si limitò a fare quanto detto e porse agli altri tre le bottigliette, tenendone una per sé, osservandoli mentre ingoiavano le loro pillole.

Mi dispiace. Vi prometto che finirà presto pensò, e fece altrettanto, per poi sedersi sul letto.

Dopo qualche minuto di silenzio Zero parlò di nuovo: “A quanto pare la nostra fujoshi ha voluto immolarsi per voi. Godetevi le vostre aspirine e fate ciao ciao a Touko Fukawa.”

“C-Cosa? Che vuol dire?” chiese qualcuno, forse Aoi, ma non ci fu risposta.

“Fukawa-san! Fukawa-san, cos’hai?!”

“M-Mi spiace, Naegi-kun” disse, mentre il mondo attorno a lei cominciava a farsi offuscato e sentiva le palpebre e il corpo diventare più pesanti.

Sentì qualcuno sorreggerla per le spalle e chiederle cos’aveva ingerito.

“F-Fluoxetina… paroxetina… duloxetina…” biascicò, “sono… sono tutti antidepressivi…” disse, mentre sentiva le forze venir meno.

Poco a poco tutto divenne buio.

 

*

 

Antidepressivi.

L’unica cosa che Byakuya sapeva di quel genere di farmaci era che servivano a curare la depressione e che potevano avere gravi effetti collaterali, che a quanto pare stava osservando in diretta.

“Fukawa-san! Rispondi!”

È priva di sensi a causa delle pillole. Dobbiamo farla vomitare.”

Non stava neanche ascoltando Naegi e Kirigiri discutere: senza nemmeno rendersene conto, Byakuya si avvicinò a Fukawa e le prese la mano tra le sue. Un gesto istintivo, per nulla ragionato e totalmente estraneo a lui, ma in quel momento la sua testa formulava un solo (altrettanto strano) pensiero: Non fare scherzi, Touko. Non provare a lasciarci le penne.

Poco dopo sentì qualcuno spostarlo quasi di peso: “Ci pensiamo io e Sakura-chan.”

“S-Siete sicure?” balbettò Ishimaru.

“Più o meno” fu la poco rassicurante risposta di Oogami, e Togami non poté fare a meno di intervenire: “Che vuol dire più o meno?!”

“Sono nozioni di primo soccorso” spiegò Aoi, “di solito questa viene usata per gli avvelenamenti… immagino che questo lo si possa considerare un avvelenamento.”
“E in ogni caso non abbiamo altre opzioni” concluse Sakura, poi si rivolse all’amica: “Ok, io la reggo da dietro, tu mettile le dita in gola per indurre il vomito. Vedi se in quell’armadio ci sono fazzoletti e magari un contenitore…”

La Super Nuotatrice obbedì, e con un po’ di fortuna trovò i fazzoletti e un cestino per la carta da usare come contenitore per il vomito.

In tutto quel trambusto Byakuya si sentiva inutile: i suoi compagni sembravano sapere cosa fare, persino quelli che non stavano facendo nulla sapevano di doversi fare da parte e lasciare spazio alle compagne. Solo lui non riusciva a muoversi da lì, per ragioni che non riusciva a comprendere.

Perché l’hai fatto?

“Perché…” sussurrò, “perché hai fatto una cosa così… stupida?”

“Proprio non capisci, Togami-san?”

Makoto, dietro di lui, lo guardava con un sorriso amaro in volto. Gli diede una pacca sulla spalla (alla quale Byakuya non reagì), poi lo costrinse a scansarsi per lasciare posto a Sakura: “Bene, e ora la parte difficile…”

Non fu un bello spettacolo: sulle prime non successe nulla e per un attimo tutti temettero il peggio; poi Touko reagì e vomitò le pillole dentro il secchio (Aoi ritrasse la mano per un pelo). Quando ebbe finito la adagiarono sul letto e le ripulirono il viso.

Sakura si passò le mani sul volto provato: “Direi che ora non ci resta che aspettare.”

“Signori” annunciò improvvisamente Mukuro “non so voi, ma io comincio a essere stanca. Proporrei di riposarci un po’ mentre attendiamo il ritorno di Fukawa fra i vivi. Magari stabiliamo dei turni, che non si sa mica mai cosa può succedere a nove ragazzi addormentati”.

“Sai che non è una cattiva idea, Ikusaba? Sono stanco anch’io” concordò Mondo, per poi aggiungere “E… quanto tempo è che siamo qui?”.

Non gli si seppe dare una risposta precisa. Si stimò circa una giornata e mezza, forse di più.

“Non vorrei che cominciasse a presentarsi la questione «cibo»” disse Kyouko, provocando un brivido di paura in più di uno dei presenti.

“Speriamo davvero di no” fu lo spaventato augurio di Makoto.

“Sto sveglio io” disse Togami, prendendo per l’ennesima volta in contropiede tutti gli altri. Era sua ferma intenzione essere vigile quando Fukawa si sarebbe riavuta. “Naegi, per il primo turno fammi compagnia”.

“Ma…”.

“Non era un invito”.

“Argh. Forza e coraggio, Naegi-kun!” lo prese in giro Asahina mentre cercava di sistemarsi alla meno peggio per terra.

Con la sua più sconsolata faccia da “ma perché capitano tutte a me?”, il Fortunello andò a porsi vicino all’Erede.

Tempo quindici minuti e gli altri sei dormivano come sassi. Alcuni di loro avevano optato per tornare nella stanza coi divanetti per questioni di spazio e comodità. Le due sentinelle invece rimasero accanto a Touko.

“Se non altro sei ancora uguale in qualcosa, Togami-san…” iniziò Naegi senza alcuna istigazione esterna.

“Cosa intendi?”.

“Che è stranamente confortante vederti capace di essere come sei sempre stato. Nell’ultima ora, o quanto è stato, sembravi tutt’altra persona”.

“Oh. Immagino ti riferisca alla mezza scenata che ho tirato fuori di là”.

“Anche. Vedi, Fukawa-san mi ha raccontato di quel che è successo nella stanza 7…”.

Ma bene. Da quando quella lì è diventata una comare chiacchierona?

“Cosa ti ha detto esattamente?”.

“Di cosa hai fatto con la storia del cripto, cructo, come caspita si chiama quel robo…”.

“Cryptex, si chiama cryptex. Eccellente, ora sono ben tre le persone che hanno materiale per prendermi in giro da qui al 2070”.

“Non vedo perché dire così, Togami-san. Hai fatto la cosa giusta là dentro. C’era un possibile pericolo per Fukawa-san e Kirigiri-san e hai scelto di aiutarle. Ti fa onore… e forse c’è speranza anche per te”.

Il rimarco lo irritò, ma nonostante tutto capiva abbastanza da comprenderne il motivo. Quel che non capiva…

“Naegi”.

“Sì?”.

“Quanto hai detto prima, sul fatto che…”.

“Vorresti che ti spiegassi perché Fukawa-san ti ha scelto come persona di cui si fida? Guarda che non è difficile. Lo puoi capire da te”.

“Se lo sapessi non te lo starei chiedendo, ti pare?”.

“E suvvia, non farti fermare da così poco. Hai di fronte a te un problema e devi trovare il sistema per risolverlo. Avanti, datti da fare. In caso di domande… io sono qui”.

“Vuoi farmi da Socrate? Cos’è, sono finito in una tragicommedia di Ionesco?”

“Di chi? E chi è Socrate?”.

“Kami, sei veramente un ignorante. Non importa, non devi capire. Ciò che devi fare è dirmi quella cosa”.

Al che Makoto inclinò la testa e prese a guardarlo con la faccia da beota: “Sul serio non lo capisci? Sul serio?”.

“No, per finta. Se ti chiedo lumi evidentemente… che ti devo dire, sarò un cretino!”.

L’altro si sbatté la mano sulla fronte e la lasciò scivolare lenta lungo tutto il suo volto: “Sai che la definizione, in questo momento, ti calza piuttosto bene?”.

Al che Byakuya gli diede le spalle, dichiarandosi ufficialmente offeso.

“Occavolo. No dai, non fare così. E va bene, va bene. Te lo dico”.

Ebbe di nuovo la sua attenzione in circa quattro secondi.

“Certo che tutto questo è ridicolo…”.

“Probabile. Ora sputa il rospo”.

“Santo cielo Togami-san, Fukawa-san è innamorata di te!”.

“E con ciò?”.

“Come «e con ciò»? Credi che circa una decina d’anni di infatuazione possano essere cancellati da un pomeriggio storto, specie dopo che per una volta ti comporti davvero come il suo cavaliere bianco? Quella ragazza dipendeva quasi fisicamente da te, non le può passare così in fretta e in maniera tanto netta. Diavolo, nonostante il modo assurdo e ingiustificato con cui l’hai sempre trattata probabilmente darebbe la vita per te! Quasi l’ha fatto poco fa!”.

Byakuya credette di avere un’allucinazione uditiva: queste parole, pronunciate con fervore, gli suonarono come se fossero uscite direttamente dalla bocca della diretta interessata.

Era inquietante.

“Hai la tua spiegazione, Togami-san. Soddisfatto?”.

“...”.

“Che c’è ora? Perché mi guardi in quel modo?”.

“...”.

“Non ci posso credere! La rivelazione ti ha sconvolto fino a questo punto? Ma sei vero? Come hai fatto a sopravvivere fino ad oggi in queste disgraziate condizioni?”.

“...”.

Un attimo di pausa.

“No ok, scusa. Sono stato cattivo gratuitamente. Avrei dovuto comprendere che, se davvero hai cominciato ad aprirti un po’ di più… e la cosa ha dei contorni abbastanza inverosimili, ma il discorso di Fukawa-san sulla stanza 7 era sin troppo onesto… dicevo, se davvero hai cominciato questo percorso non devo essere io ad aggredirti. Ti chiedo scusa”.

“...scuse accettate. E ricambiate”.

“Uh? Perché ti scusi con me?”.

“Perché sei stato… gentile a soddisfare la mia curiosità, pur non avendone reale motivo”.

Fosse stato qui ora papà mi avrebbe appena diseredato, consegnandomi al vicolo più sporco della città.

“Mi ha fatto piacere esserti utile. D’accordo che come tuo solito hai avuto la delicatezza di un bulldozer quando l’hai chiesto, ma non è neanche giusto pretendere troppo in così poco tempo. È una strada che prevedo dura, la tua”.

“Adesso ti lanci in un’imitazione della Pizia? Allegria”.

“Di chi? Insomma Togami-san, piantala di parlare ainu! Non ti seguo!”.

“Tutt’al più sto parlando greco, sia ora e sia prima con Socrate. Lasciamo perdere. Visto che pensi abbia un cammino difficile di fronte a me… suggerimenti?”.

E dalla precedente incredulità Makoto Naegi passò allo stupore più puro: “Stai… chiedendo consiglio… A ME?”.

“A te. È evidente che hai più esperienza di me nel campo”.

“Non è poi così difficile, lasciatelo dire. Senza offesa”.

“Nessuna offesa. Se ora volessi aiutarmi…”.

“Oh porca miseria, smettila di spiazzarmi. Mi togli la facoltà di comporre frasi sensate”.

“Va bene, va bene”.

“Devo darti una dritta, dunque?”.

“Potresti, sì”.

Lo vide fermarsi per riflettere. Quando finalmente riaprì la bocca...

“Ok, forse ci sono. Anche se… cavolo…”.

“Che hai? Perché tentenni?”.

“Ecco… forse… potresti, non so… prendere esempio…”.

“Naegi, se questo è un gioco a premi in cui devo indovinare la parola successiva sappi che non sono mai stato bravo. Non farmi perdere tempo”.

Makoto si indicò con l’indice della sinistra.

“Da te? Dovrei prendere esempio… da te?”.

L’altro appariva imbarazzato e si limitò a un sì fatto con la testa, per poi aggiungere: “Magari… ecco, forse non sono… l’esempio migliore… ma io ci provo sempre… e poi è più facile farsi… amare che farsi odiare…”.

“Beh” rifletté Byakuya ad alta voce “in realtà non è una così cattiva idea. Sei sempre benvoluto e ben accetto da tutti, potrebbe anche funzionare”.

“Sì… insomma… tu stesso hai detto… che ho più esperienza di te…”. Era ormai rosso in faccia, ma Togami pensò non fosse il caso di farglielo notare e tirò dritto: “L’ho detto e non lo nego, è palesemente vero. Allora credo di dovermi abbeverare alla tua fonte di saggezza, sensei”.

La reazione di Makoto fu quella che si può avere quando ti esplode un piccolo fuoco artificiale proprio davanti, con tanto di saltino all’indietro: “Mi hai… appena chiamato… sensei?”.

“Tranquillo, non si ripeterà. E anzi, se qualcuno dovesse far parola di questo incidente e di come mi sono rivolto nei tuoi confronti poco fa… beh, ti sarà difficile trovare un lavoro anche presso i ratti di fogna”.

“Nonononono non lo dirò ad anima viva o morta o X!”.

“Sarà meglio”.

Silenzio.

“Naegi, grazie per la chiacchierata. Credo di cominciare a intravedere il perché della fiducia che Fukawa sembra riporre in te”.

“Almeno sono utile a qualcuno oltre a lei. È una piccola soddisfazione…”.

Ehi, che strana sensazione mi è appena arrivata contro lo sterno. È come se lui… non credesse davvero alle sue ultime parole.

Mi starò sbagliando. Decifrare gli stati d’animo altrui è ancora al di là del mio attuale livello di preparazione. Fukawa insegna.

 

*

 

La notte -o quella che credevano essere tale, vista l’assenza di orologi funzionanti e finestre- passò relativamente tranquilla tra un cambio di guardia e l’altro, compreso quello in cui un incarognito Mondo (nervoso perché era stato svegliato) dovette far compagnia ad un eccitatissimo Ishimaru (esaltato all’idea di compiere un dovere da Prefetto e rendersi utile).

Quando si svegliò per la seconda volta, Mondo si alzò in silenzio per non disturbare gli altri, in particolare Fukawa che più di tutti aveva bisogno di riposare, ma quando sbirciò nella stanza in cui l’avevano lasciata la trovò seduta sul letto intenta a mangiare qualcosa da una latta.

“E quella dove l’hai trovata?”

La sua comparsa prese alla sprovvista la povera Touko, che per un pelo non si fece andare di traverso quello che sembrava essere mais; di fianco a lei c’erano altre due scatolette, di cui una vuota.

“S-Scusa, non volevo spaventarti!” disse lui “Ma non credevo ci fosse cibo in questo posto!”
Lei si ricompose quasi subito: “N-Non fa niente… comunque ho t-trovato un sacco di c-cibo in scatola stipato dentro i m-mobili della stanza s-sette.”

“Un posto strano dove nascondere cibo” disse lui, grattandosi la testa, e Touko gli diede ragione: “In effetti… m-ma avevo fame e mi s-sentivo ancora debole” balbettò “e le scatolette n-non sono scadute, né sembrano essere state m-manomesse in qualche modo… quindi ho s-semplicemente smesso di farmi domande.”
Mondo annuì: “Sì, mi sembra sensato. E poi se Zero avesse voluto farci fuori ha avuto una marea di occasioni per farlo, figurarsi se va ad avvelenare delle scatolette di fagioli” disse. “Anzi, a questo punto direi che posso servirmi!”

Trovò così tanto cibo in scatola in quella stanza che gli venne naturale chiedersi se quel posto non fosse stato usato anche di recente: la data di scadenza delle lattine era per l’anno successivo, quindi pensò che forse qualcuno era stato lì nei mesi passati, al massimo un anno prima. Il problema era perché. Scrollò le spalle, preferendo farlo presente a Kirigiri quando si fosse svegliata: afferrò un paio di scatolette di pesce e tornò da Touko, sedendosi per terra accanto al letto.

“Aaaah buon appetito!” cantilenò, aprendo senza troppa difficoltà la latta; Fukawa gli indicò anche dei cucchiai di plastica riposti nello stesso armadio in cui avevano trovato l’acqua, poi aggiunse: “C-Certo che il pesce a colazione non è p-proprio il massimo” commentò lei, e Mondo pensò che probabilmente si stava sforzando di fare conversazione e sembrare più aperta. Apprezzò decisamente lo sforzo e stette al gioco: “Beh, non è che il mais sia proprio la colazione dei campioni” chiosò, addentando dell’anguilla (sì, non era esattamente il massimo da mangiare al mattino presto) “senza contare che, per quel che ne sappiamo potrebbero essere le quattro del mattino.”

“I-In effetti…”
“E poi tranquilla, sono abituato a fare colazione con roba ben peggiore!”

“T-Tipo?”
“Oh non so, resti di pizza, sushi, ramen precotto… no non ridere, sono serissimo!” disse fingendosi piccato, ma in realtà sollevato dal modo in cui Fukawa ridacchiava delle sue disgrazie culinarie: quella ragazza ne aveva passate così tante che era davvero un miracolo se riusciva ancora a rivolgere la parola a qualcuno.

“Sai, mi sembra che tu stia meglio” disse, “è bello vederti su di morale.”

Lei arrossì violentemente, balbettando qualcosa sul non essere vero e che non doveva mentire. Mondo le diede una pacca sulla spalla (che per poco non la uccise): “Dico sul serio! Se sei riuscita a fidarti di Naegi puoi cominciare a fidarti anche del resto di noi, no? C’è speranza per tutti, persino quella pigna in culo di Togami sembra aver riacquistato la salute mentale…”

“Guarda che ti sento!”

“Chissenefrega!”

Notò con piacere come Fukawa stesse ridacchiando a quello scambio di battute con lo Scion, invece di difenderne la dubbia integrità morale.

Punto tuo Fukawa, tutto tuo.

Pensò ironicamente che tutto lo schifo a cui Zero li stava sottoponendo li stava avvicinando come classe e migliorando come persone. Fottiti bastardo aggiunse mentalmente.

“Yawn, buongiorno… il vostro scambio di carinerie mattutine mi ha svegliato” bofonchiò un assonnato Makoto, e anche lui ricevette una solidale (e mortale) pacca sulla spalla: “Per farmi perdonare ti svelerò un segreto: nella stanza 7 c’è cibo in scatola per un esercito!”
“Eeeeh?”
“Dico davvero! L’ha trovato Fukawa poco fa.”
“Grande! Vado ad avvisare gli altri!”

Pian piano tutti tornarono nel fatato mondo della coscienza, anche se alcuni ebbero il cattivo gusto di lamentarsi per l’assenza di un bagno dove potersi lavare. Fra questi, constatò con sorpresa Mondo, c’era pure Ikusaba.

Immagino che fosse abituata ad andare in guerra truccata di tutto punto. Non ci sono più i mercenari sporchi e puzzolenti di una volta.

Diedero fondo alla scorta di cibarie, strafogandosi per quanto potevano. Chiaramente avrebbero mangiato di meglio anche alla mensa dei poveri all’angolo della strada, ma nelle loro condizioni non potevano proprio permettersi di fare gli schizzinosi.

Quando ebbero finito Touko si alzò di scatto dalla sua posizione seduta urlando: “Cavolo, m-mi stavo dimenticando di una c-cosa importante!”.

“Cosa Fukawa-san, cosa?”.

“Prima, con tutta la storia di G-Genocider, mi sono scordata di d-dirvelo. Nella stanza 7 c’era una s-scala che saliva…”.

“Wow. Allora non siamo del tutto bloccati qui!”.

“No, direi di no. Naturalmente me n’ero accorta anch’io, ma volevo aspettare un po’ per rivelarlo”.

“Ti sembra il momento adatto per le scenate da star del palcoscenico, Kirigiri-san?”.

“Prima o dopo sarebbe cambiato poco, Naegi-kun. E comunque lascia a una ragazza i pochi vezzi che si può permettere in questo postaccio”.

“Avanti piccioncini, non state lì a tubare! C’è una scala da salire!”.

“...ti odio, Oowada-san”.

“Non è vero e lo so. Tu non odi nessuno, non ne sei capace”.

“Ma… ma bubi, ecco!”.

Ci voleva, si disse. Quel quarto d’ora di relax ci voleva proprio. Da troppo non si erano trovati nelle condizioni adatte per scherzare fra di loro come dei marmocchi dispettosi.

La cappa di pesantezza che fino a quel momento li aveva soffocati si era incrinata sotto il suono delle loro risate.

Speriamo duri. Piantala di dirmi che non sarà così, vocina del cazzo dentro la mia testa.

Riuscirono a organizzarsi quel tanto che bastava per procedere, non prima di aver dovuto sradicare Ishimaru che sembrava intenzionato a rimanere lì dov’era e ingozzarsi come un maiale.

Passarono quindi per la famosa stanza 7, dove alcuni temerari ebbero la tentazione di prendere i foglietti ancora abbandonati sul tavolo e leggerli tutti. L’intervento di Zero, piuttosto irato, li fece desistere subito.

“Ecco, c-ci siamo” disse Touko indicando la scala.

Salirono.

Di fronte a loro una specie di spiazzo senza alcun particolare che risaltasse.

E sul muro più vicino una porta numerata.

Numero 5.

“Altro gettone altro giro” cantilenò Mondo senza entusiasmo. Cominciava a non sopportare più quegli ostacoli dipinti di rosso.

“Molto bene. Fuori le calcolatrici mentali” ordinò Kirigiri.

Ma chi me lo fa fare, che in matematica sono sempre rimasto sotto al 40? Lascio volentieri il compito a te.

“Il nove è neutro, quindi Ikusaba potrebbe entrare con Asahina e Oowada… o con Naegi e Fukawa”.

“Altre combinazioni sono…”.

“Solo un secondo, Ishimaru” si intromise Togami.

“Uh? Cosa?”.

“Proporrei di non contare Fukawa, almeno per stavolta. Penso si meriti un po’ di tregua”.

Il coretto degli “Oooooooh” fu abbastanza assordante.

Porca puttana, non lo riconosco davvero più. Non mi dirai che presto non potrò più chiamarlo Scion di ‘Staceppa?

“Nel caso tu te la sentiresti, Fukawa-san?”.

“S-Scusate ma… Byakuya-sama non d-dice bugie. Onestamente p-preferirei di no”.

“Comprensibile. E sia, per stavolta sei esonerata. Allora…”.

“Vado io” si propose Mondo. Alla fine non gli pesava troppo, e così facendo risparmiava a tutti tempo e calcoli.

“Oowada è volontario. Questo restringe il campo a, come ho detto, Asahina e Ikusaba… a me e Fukawa, che però scartiamo… e a Ishimaru e Naegi. Chi fra voi quattro vuole accomodarsi?”.

“Dai, mi sacrificherò per la patria” annunciò la Nuotatrice con finta solennità. A Mondo fece piacere notare come, al contrario della prima volta in cui le era toccato, Asahina sembrava molto più a suo agio nel farsi avanti.

“Ikusaba? Ti va bene?”. Una scrollata di spalle le rispose ampiamente.

“Prego signori, la palla è vostra”.

I tre fecero tutte le procedure di rito ed entrarono.

   
 
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