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Autore: QWERTYUIOP00    26/07/2016    1 recensioni
Dopo la caduta di Bravil, Titus Mede è finalmente pronto per iniziare la rivolta che lo porterà sul trono imperiale, ma la sua ascesa sarà duramente ostacolata dal monarca al potere Thules, immerso nei giochi di potere della Città Imperiale.
Terza storia della serie "Downfall"
Genere: Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Downfall'
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I rami spogli degli alberi ondeggiavano lievemente, cullati dal vento.
Guardando a sud si riusciva a intravedere l’ammasso grigio scuro di nuvole che si avvicinava a grande velocità.
-Tra non molto comincerà a piovere- commentò con voce amara S’Virr, fermandosi a prendere fiato.
-Non credo arriverà qui prima che tramonti il sole- ribatté il primate Tersitus, scrutando l’orizzonte.
Erano da giorni che camminavano verso nord e ormai avevano abbandonato le tranquille acque del Niben e del Lago Rumare.
Erano completamente circondati da alberi, erano da giorni che non incontravano anima viva.
Il sacerdote si sedette su un sasso.
-Tra poco arriveremo al Priorato di Gottlesfont, un monastero un tempo glorioso, ma che adesso non è che una pallida imitazione di ciò che era un tempo- disse –le sorelle che vi risiedono non dovrebbero aver problemi ad ospitarci per una notte-
-E poi?- chiese S’Virr.
-Poi?- rispose Tersitus –Poi, ripartiremo-
“Per dove? Per dove?!” pensò il Khajiit “Dove sto andando? Che cosa sto facendo?”
Tsavi non gli era più riapparsa, né in sogni, né nella memoria, da quell’ultima volta.
Tentava e tentava, ma il vuoto gli riempiva la mente; la notte non dormiva, di giorno era stanco, cominciava a perdere appetito.
Ma il ricordo di ciò che, dopo tanto tempo, aveva rivisto, sulla riva del Lago Rumare, era bastato.
Si era aggrappato a quel momento, nella sua testa si era fatta strada l’idea che quella fosse la via giusta… eppure Tsavi non appariva.
Al suo posto, S’Virr non riusciva a pensare a nessun altro che ad Arriana Valga, contessa di Chorrol.
Aveva ancora con sé la lettera, la lettera scritta dalla contessa alla figlia, la lettera che era stata la causa del massacro di Leyawiin, della morte di Tsavi, di Marius Caro, dell’amputazione della coda...
Il Khajiit tremò per un attimo, nel ripensare a quei momenti.
-Dovremmo ripartire- decise il primate, alzandosi.
S’Virr annuì, e i due si rimisero in marcia.
Dopo un’ora di cammino, come previsto dal sacerdote, giunsero ai resti del Priorato di Gottlesfont: una piccola cappella, una capanna di legno col tetto di paglia e un orticello.
Una donna Imperiale, vestita con una veste verde e il cappuccio abbassato, stava zappando il terreno.
-Salute, stranieri- disse quella, vedendo arrivare i due, lasciando l’attrezzo per terra –come mai passate da queste parti? Verso nord, incontrerete soltanto guerra, morte e devastazione-
-Salve, sorella- si presentò l’Imperiale – il mio nome è Tersitus, un tempo priore di Bravil… e questo mio compagno nonché mio accolito, si chiama… Ma’Dran. Siccome questi, purtroppo, non sono più luoghi sicuri come un tempo, ed è in arrivo un temporale, vorremmo sapere se fosse possibile ripararci sotto il vostro tetto, per questa notte-
-Suppongo non ci siano problemi- rispose cordiale la sacerdotessa – io sono Sorella Astinia. Entrate, entrate pure, Sorella Lyra sta preparando la cena. Bisogna avvertirla-
-Grazie di cuore, sorella- rispose il sacerdote – che i Nove vi proteggano-, per poi accogliere l’invito ad entrare nella capanna.
Dopo che le presentazioni vennero fatte, Terentius chiese il permesso di andare a pregare nella cappella, chiedendo a S’Virr se volesse accompagnarlo, ma il Khajiit rifiutò.
Il falso accolito uscì dalla capanna, e andò a sedersi ai piedi di un albero, per riprendersi dalla lunga camminata.
Scrutando il lavoro di Sorella Astinia, poté notare che questa gli lanciava qualche occhiata severa.
Vedere un accolito che rifiuta l’invito di un primate a pregare insieme soltanto per riposare doveva essere sembrato alquanto strano.
“Che pensino quello che vogliono” si disse a denti stretti S’Virr “che scoprano la mia identità, che lo riferiscano alle guardie. Renderebbe tutto soltanto più facile”
 La cena fu pronta appena prima che il temporale si fosse abbattuto sul priorato.
Tutti e quattro erano al caldo, nella capanna, mangiando un minestrone di verdure coltivate nell’orto e qualche pezzo di formaggio di capra, accanto al focolare.
-Dove siete diretti?- chiese Sorella Lyra, sorridendo –Le regioni del nord in questo momento sono pessime mete, con tutti gli scontri che si stanno verificando…-
-Hammerfell- rispose cordialmente il priore –vi sono tanti piccoli paesi nel deserto Alik’r che necessitano dei Nove, in questo momento, e, inoltre, per ora dal punto di vista militare pare essere una zona tranquilla-
-Ah, su questo non so se si possa contare- commentò Sorella Astinia –Quale provincia, quale contea è veramente sicura? Adesso pare che la guerra si muoverà di nuovo a sud… e passeranno di qua, questo è certo-
-Ci sono novità da Bruma?- domandò Tersitus curioso.
-Oh, non avete sentito?- s’intromise Sorella Lyra –Titus Mede ha vinto la battaglia, e ha tra le sue file, adesso, anche i guerrieri di Skyrim e la guarnigione di Bruma-
-E adesso pare che dalla Città Imperiale stiano per partire le legioni- aggiunse Astinia –da queste parti potrebbe esserci una cruenta battaglia tra non molto… speriamo l’ultima. Chiunque sia il vincitore. Ormai al popolo non interessa più chi sarà l’imperatore; al popolo importa soltanto che la guerra finisca-
-Quindi… Titus Mede sta andando a sud con il suo esercito?- chiese Tersitus, dopo aver brevemente lanciato un’occhiata a S’Virr, finendo la sua porzione di minestrone.
Da fuori si sentì il rumore di un tuono che aveva colpito non molto lontano dal priorato, poi tornò il picchiettio delle gocce d’acqua sul tetto di paglia, rumore al quale ormai si erano abituati.
-Sì- confermò Sorella Lyra –saranno a tre giorni da qui, più o meno. Non sono ancora arrivati a Chorrol-
Fu il turno del Khajiit a lanciare un’occhiata all’Imperiale, soffermandosi per più di qualche secondo.
-Il vostro accolito non è un tipo molto loquace, non è vero?- scherzò Sorella Lyra, passando a raccogliere le ciotole.
-È una persona molto riservata- rispose sorridente il primate, alzandosi.
-Se non vi dispiace, vorrei andare a pregare con lui nella cappella- aggiunse.
-Niente affatto- risposero in coro le due sacerdotesse.
Tersitus e S’Virr, una volta che furono usciti dalla baracca, si diressero il più velocemente possibile verso la piccola costruzione in pietra che riprendeva lo stile delle grandi cappelle nelle principali città di Cyrodiil, mentre venivano punzecchiati da una miriade di fini gocce di pioggia.
Una volta entrati, cercarono nel migliore dei modi di asciugare le vesti, poi si diressero verso l’altare.
Il primate si inginocchiò e chiuse gli occhi.
Dopo qualche attimo di esitazione, il Khajiit seguì l’esempio del suo “maestro”.
-Non sono ancora arrivati a Chorrol- osservò l’Imperiale –se domani ci sbrighiamo, potremmo arrivarci prima di loro e partire prima che essi possano addirittura vedere le mura-
-La zona sarà comunque molto sorvegliata- ribatté S’Virr –ogni guardia sarà attentissima in fatto di avvistamenti di Khajiit senza coda-
-Probabilmente tutti pensano che tu ti sia subito diretto a sud, ad Elsweyr. Alla tua patria in cerca di rifugio, non di certo a nord, no di certo verso coloro che più ti stanno cercando- disse il sacerdote.
-C’è un’altra questione-  dichiarò l’”accolito” –se stiamo veramente andando verso Hammerfell, Chorrol è l’ultimo centro abitato in quella direzione. Non possiamo attraversare i Monti Jerall e ritrovarci nel deserto Alik’r senza adeguate provviste-
“Che cosa sto facendo?” si chiese “devo allontanarmi al più presto da questa contea, perché sto tentando di trattenerci?”
Ma lasciò la domanda in sospeso. La risposta era alquanto evidente.
Lei sarebbe passata da Chorrol, e lui sarebbe stato là, ad aspettarla.
Per quanto ne sapeva, quella sarebbe stata la sua unica possibilità.
Scacciò in fretta il pensiero.
-Hai ragione- convenne Tersitus – e tornare indietro è troppo pericoloso. C’è una grotta, non molto lontano dalle mura. Potrebbe fare al caso nostro, mentre io vado in città a prepararci adeguatamente per il viaggio. Tu potrai aspettare là-
“Stupido, stupido!” si disse S’Virr “Questo è uno sbaglio colossale, me lo sento!”
Rientrarono nella baracca, dove dormirono fino al mattino seguente.
Appena dopo l’alba, i due ringraziarono le due sacerdotesse e si incamminarono verso Chorrol, dove arrivarono a metà del pomeriggio.
A ovest, non molto distante dalla città, vi era una miniera abbandonata, una volta covo di goblin.
La resero la loro dimora, dove S’Virr avrebbe dovuto aspettare nascosto mentre Tersitus andava in città comprando e barattando per acquisire ciò di cui avevano bisogno per il viaggio.
Ma S’Virr non riusciva a passare le ore in quella caverna.
Un macigno gli pesava sul cuore, sentiva il bisogno di pensare alla propria vendetta, e al tempo stesso cercava ogni modo possibile per non pensarci.
“Prima o poi l’esercito di Mede passerà di qui” pensava “prima o poi lei arriverà”
Ormai il volto Tsavi non gli attraversava più la mente, non lo visitava più nei sogni. Quell’apparizione in riva al Lago Rumare non doveva essere stata altro che una coincidenza.
“Come può aiutarmi un viaggio ad Hammerfell?” si diceva la notte, mentre il primate dormiva, ignaro dei pensieri del compagno “Che cosa mi aspetta, là?”
“Il perdono?” si rispondeva da solo, allo stesso tempo non sicuro del senso di ciò di cui stava parlando.
“E a cosa mi serve il perdono? Perdono?!”  ribatteva “Sono io il malvagio, ora? Dopo tutto ciò che è successo… io mi devo giustificare? E a chi?”
Tutti interrogativi che rimanevano senza risposta, così come la sua vita rimaneva senza risposta.
“Io non sono il cattivo, qui” si diceva per addormentarsi “Io… non… faccio male alle persone innocenti, non le ferisco…  sono loro, loro…”
Loro chi?
“Alessia Caro, Arianna Valga, Marius Caro, Titus Mede, i soldati di Leyawiin, gli uomini, gli Dei…”
Era come se tutto il mondo si stesse divertendo a giocare con la vita di S’Virr.
“Ma io… io… che cosa ho fatto? Che cosa ho fatto?!” gridava silenziosamente avvolto nella leggera coperta “Tsavi… lei che cos’ha fatto? Tutto… tutto questo perché?”
Perché Alessia Caro e Arriana Valga erano quelle malvage.
Lui?
Lui era quello che doveva sconfiggerle, scacciarle dal mondo, nonostante si ritrovasse contro tutti; lui doveva fare il suo dovere.
Per proteggere le persone innocenti, come lui.
“Sì” si diceva “Sì. Tutto questo mi è successo… perché io possa impedire che questo succeda ad altri. Sì, sì”
E, insieme alla fine del discorso, arrivava il sonno.
Il secondo giorno il Khajiit volle andare a raccogliere della legna, per poter osservare meglio la zona.
Stette via tutta la mattinata, ma nulla era in vista.
Al ritorno, Tersitus volle sapere il motivo del ritardo, ma la fretta di svolgere le commissioni non gli permise di andare in fondo alla faccenda.
-Domani partiremo- annunciò prima di dirigersi in città –di’ pure addio a questa terra-
Eppure S’Virr era sicuro che il sacerdote sospettasse qualcosa.
Poco dopo che l’Imperiale fu partito, il Khajiit tornò fuori, rimanendovi tutto il pomeriggio.
Alla sera, un gruppo di quattro cavalieri, ed un’anziana donna che pareva in fin di vita, arrivarono, fermandosi davanti al Priorato di Weynon, il piccolo monastero ormai abbandonato che ospitava un ordine di seguaci di Talos.
S’Virr si avvicinò di soppiatto.
Quella donna…
Quell’anziana donna…
Possibile?
Quello che sembrava il capo del gruppo la teneva tra le braccia, agitandola e assicurandosi che fosse ancora viva, poi, quando la porta del Priorato si aprì urlò.
Il Khajiit si era avvicinato abbastanza per sentire.
-È la contessa! Sta morendo! Ha bisogno di cure immediate!- urlò il capitano, per poi ordinare al più giovane del gruppo, probabilmente un Bretone o un Imperiale, di andare ad avvertire il castello delle condizioni della contessa.
La dona venne portata dentro l’edificio.
S’Virr non credeva ai propri occhi.
La contessa, soltanto tre soldati e un monaco.
Esitò per qualche istante; pensò a Tersitus, a Tsavi, al Lago Rumare…
-Devo farlo-  si disse, facendo un profondo respiro, stringendo col pugno destro l’elsa della spada e dirigendosi verso la porta.
Tre colpi. Dopo qualche secondo, un Imperiale venne ad aprire.
-Scusate- disse il Khajiit in un falso tono affabile –è… è vero? C’è la contessa lì dentro?-
-Questo non è affar tuo- ribatté duramente l’altro.
-Oh… quanto ti sbagli…- sibilò con un sorriso S’Virr sguainando la spada e bucando da parte a parte il petto dell’altro, prima che quello potesse mettere mano all’arma.
Il soldato emise un rantolo soffocato, per poi cadere in avanti.
Una giovane Imperiale, quasi una ragazzina, gridò vedendo la scena, ma, dopo un attimo di choc, sguainò la propria arma e si gettò all’assalto.
Il Khajiit alzò la spada, parando il colpo, per poi indietreggiare.
L’urlo di prima aveva attirato l’attenzione del capitano, che non aveva tardato a fare capolino in cima alle scale dell’edificio.
S’Virr ringhiò facendo una finta a destra, per poi colpire la spada della nemica a sinistra con tanta forza da farla volare dall’altra parte della stanza e ferendo il braccio dell’Imperiale, che subito cerco di tamponre la ferita, trattenendo il dolore.
Il Khajiit, con un manrovescio, scaraventò violentemente la ragazza per terra, per poi avanzare verso le scale.
Il capitano si affrettò ad impugnare l’arma e lo scudo, scendendo i gradini.
-La pagherai, mostro- latrò avvicinandosi all’avversario.
-È proprio il motivo per cui sono qui- ribatté quello, assumendo una posizione di guardia –per farla pagare ad un mostro-
-Credi davvero di potercela fare?- sbuffò l’Imperiale –Presto tutte le guardie di Chorrol saranno qui-
-Me ne sarò già andato per quel tempo- dichiarò S’Virr – e se così non fosse… almeno avrò completato il mio dovere-
Il capitano mulinò la spada, per poi attaccare dando un colpo di scudo, che il Khajiit fu abbastanza abile da schivare indietreggiando, riuscendo anche all’andare al contrattacco con un affondo, che penetrò nella spalla sinistra del nemico.
Quello gemette, ma riuscì a sopportare il dolore e a tirare un calcio all’avversario e, fattolo cadere, tirò un fendente trasversale verso il basso.
La punta della lama riuscì a squarciare i muscoli più superficiali del polpaccio di S’Virr, che gridò per il dolore causato dalle ferite alla gamba del massacro di Leyawiin che si stavano riaprendo.
Con un formidabile, scatto, il Khajiit riuscì ad alzarsi e a passare all’offensiva al meglio delle sue capacità.
Dopo cinque fendenti parati, la difesa dell’Imperiale cominciò a cedere, finché la lama di S’Virr non si riconficcò nella spalla sinistra del capitano, andando, quella volta, più in profondità, squarciando i pettorali e arrivando al cuore.
-Savlian!- gridò la ragazza imperiale, tentando di avvicinarsi strisciando e cercando di contenere il dolore, sia fisico che emotivo.
Dopo un rapido sguardo confuso, il Khajiit salì le scale ed entrò nella stanza dove era tenuta la contessa.
L’anziana donna era stesa su un letto, completamente coperta dalla trapunta, la pelle era di un pallido malsano, e si udivano i faticosi rantoli provenienti dalla sua piccola bocca semiaperta.
Ai piedi del letto, il monaco implorava pietà.
-Abbiate pietà! Per la contessa, per ciò che rappresenta, per i Divini e questo posto! Sono solo un umile servo di...- frignava con le mani congiunte, non rivolto agli dei, ma a S’Virr.
-Vattene- lo interruppe quello con voce secca –non voglio doverlo ripetere-
Ma il monaco, proprio mentre pareva sul punto di andarsene, tirò fuori un pugnale e tentò di avventarsi addosso al Khajiit, che, riuscì miracolosamente a schivare l’attacco e facendo cadere a terra l’anziano nemico.
-I miei giorni da Blade sono passati da tempo, suppongo…- sussurrò il vegliardo mentre S’Virr lo immobilizzava e impugnava il pugnale.
-In ogni caso, finiscono ora- rispose il Khajiit, ficcando la punta della lama nel collo del monaco e lasciandola lì, mentre si alzava.
Dopo due passi, raggiunse il letto, sul quale Arriana Valga lo stava guardando, impotente, ma, sorprendentemente per S’Virr, calma.
-Mi ci è voluto tanto per arrivare qui, ma ce l’ho fatta- ringhiò il Khajiit –Ho ucciso tuo nipote, ho ucciso tua figlia, ho ucciso la tua scorta… e adesso sono qui-
-Fa quello per cui sei venuto, allora- rispose con estrema fatica la contessa di Chorrol.
-Ci puoi giurare- sibilò l’assassino, per poi prendere la donna per i piedi e trascinarla giù dal letto di forza, facendole sbattere la testa per terra.
Poi, dopo aver estratto il pugnale dalla gola del monaco, la accoltellò ripetutamente al petto, continuando anche dopo che la scomparsa dei segni vitali.
Fradicio di sangue, S’Virr si alzò in piedi.
-È fatta- disse ad alta voce, con tono sereno –è fatta-
Chiuse gli occhi, e non vide nulla.
-È fatta- ripeté – doveva accadere. Ora è fatta-
“E ora?” pensò subito.
Scendendo le scale, rimase per qualche secondo ad osservare la ragazza imperiale, che piangeva e lo malediceva, accanto al corpo del capitano.
Quell’immagine lo lasciò turbato per qualche secondo, e il pensiero di uccidere l’ultimo testimone non lo sfiorò nemmeno.
Guardando dritto davanti a sé avanzò a passi veloci, per quanto glielo permettesse la gamba, fino alla porta, rimasta aperta per tutto il tempo.
Sulla soglia, si voltò.
Non riusciva a non pensare a quella scena, vi era qualcosa lì che lo sconvolgeva, qualcosa che non capiva.
Si voltò di nuovo.
-È fatta- ripeté ad alta voce, con tono più deciso, ma al tempo stesso, più duro.
“E ora?”
 
 
   
 
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