Un’anima
attraverso il tempo
Mani insanguinate
“Allora
com’era Praga?”
“Niente
male, di sicuro piove meno che a Londra. Il dottor Havěl è stato
davvero gentile e non ti dico la sua faccia quando ha trovato la stanza degli
archivi esattamente dove gli avevo detto.” Beth
sorrise al fratello mentre si toglieva la giacca zuppa di pioggia.
“Da
quanti anni ci lavorava? Cinque?”
“Sì
e se non fosse stato per la mia visitina nel 1623 la starebbe ancora cercando,
dovrebbe dire grazie a Gertrud Böhm.”
“Beh,
grazie Gertrud, allora!”
“Hai
trovato quello che mi serve?” Chiese poi Beth, impaziente.
“Sei
appena tornata da un volo in aereo e vuoi già ripartire.”
“Ovviamente!
Solo che non mi servirà il biglietto questa volta.”
“Ma
non abbiamo ancora appurato se hai creato dei danni nella linea temporale o se,
più banalmente, l’allucinogeno abbia effetti nefasti sul tuo corpo.”
“Smettila
di fare il fifone Danny.”
“Non
è questione di fifa!” Rispose lui, offeso, allora Beth
gli sorrise.
“Andiamo
fratellone, abbiamo tra le mani qualcosa di unico, magnifico ed enorme!
Dobbiamo testare i miei limiti, dobbiamo capire fino a dove posso spingermi e
per quanto tempo posso rimanere in trance.”
“Sì…
ma…”
“Lo
so, lo so, sei un medico e...”
“Non
è questione di essere un medico e di aver fatto voto di non arrecare mai danno,
anche se potrebbe effettivamente essere quello, è per il fatto che sei mia
sorella! La mia sorellina! I nostri genitori sono morti e io devo occuparmi di
te.” Beth lo raggiunse comprendendo che non era uno dei
suoi soliti momenti di preoccupazione, era seriamente in ansia per lei.
“Andrà
tutto bene, quei funghi hanno sballato giovani per generazioni, di certo non
sono il massimo, ma ne vale la pena.” Posata una mano sulla sua spalla lo guardò
con un sorriso dolce. “E ci sei tu accanto a me, cosa posso desiderare di
meglio?” Il giovane sospirò, poi sorprendendola la abbracciò. “Andrà bene.” Gli
disse ancora lei e allora Danny la lasciò andare.
“Va
bene, ma solo una visita veloce, stasera voglio presentarti una persona.” Beth rimase di stucco.
“Una
persona?”
“Sì,
una ragazza che ho conosciuto al lavoro.”
“Stai
scherzando? Hai conosciuto una ragazza e me ne parli solo ora?” La giovane gli
diede un pugno giocoso sulla spalla. “Danny ha la ragazza, Danny ha la
ragazza.” Iniziò a cantilenare ridendo e ricevendo uno sguardo di rimprovero
dal fratello.
“Sei una bambina, altro che farti
viaggiare nel tempo!” A quelle parole Beth smise di
netto con una finta espressione spaventata sul volto. I due fratelli si
guardarono per un istante e poi scoppiarono a ridere.
Dieci minuti dopo Beth
si stese sul letto.
“Davvero?” Chiese Danny notando la
t-shirt che aveva indossato per l’occasione.
“Non ti piace?”
“Hai comprato una maglietta con su
scritto: Non sono mica morta. Sei seria?”
“È una citazione di nonnina Weatherwax.”
Il ragazzo scuotendo la testa iniziò a
posarle gli elettrodi sulla fronte e sul cuore poi accese i diversi monitor che
aveva nella stanza. Poco distante vi era anche un’unità di rianimazione, Beth non la guardò neppure, aveva iniziato la profonda
respirazione che era il preludio della trance.
“Ho trovato dei funghi nuovi,
dovrebbero essere più forti, visto che volevi andare più indietro.” Ad un suo
cenno le posò l’inalatore sulla bocca.
“Comunque la strega di Pratchett aveva un biglietto con quella scritta.” Puntualizzò
Danny facendola sorridere. “Due respiri profondi, molto bene, cinque, quattro,
tre…” La sua voce si perse nel buio.
***
Beth aprì
gli occhi ispirando l’aria fresca di una bella giornata d’autunno. Come prima
cosa si guardò, era un bambino, di circa sette anni. Non era sicura di chi si
trattasse, la sua anima si era incarnata centinaia di volte e malgrado lei
finisse spesso negli stessi individui non le era mai successo di avere un’età
così giovane.
“Magister lectio te manet.” Il suo
cervello incespicò un istante poi quello del suo ospite la aiutò e lei tradusse
le parole latine: il maestro la stava aspettando per una lezione. L’uomo che
l’aveva interpellata era un giovane monaco e lei intuì che doveva essere finita
molto indietro nel tempo. Medioevo forse. La rivelazione l’elettrizzò, non era
mai andata così lontano. Seguì l’uomo per uno stretto sentiero tra gli alberi ritrovandosi
ad osservare un imponente edificio di pietra. Un monastero di certo, ma di
quale regione? Cercò di memorizzare i dettagli, un edificio del genere forse
esisteva ancora nel suo presente, avrebbe potuto cercarlo con Google, con un
po’ di fortuna avrebbe trovato il nome nella mente della sua precedente
incarnazione. Mentre l’idea la faceva sorridere nella sua testa si fece buio.
***
“Dovevi
lasciarmi più tempo…” Si bloccò. Non era nel suo letto. Davanti a lei si
stagliava una scena orribile: suo fratello era a terra, un rivolo di sangue che
gli scendeva dalla fronte. “Danny!” Esclamò raggiungendolo e piegandosi su di
lui, la mente in subbuglio, il cuore che batteva veloce nel registrare il volto
pallido del fratello e la brutta ferita che sembrava non smettere di
sanguinare.
“Mani
in alto!” L’urlo la colse completamente di sorpresa. “Butta il coltello!
Subito!”
Beth si era
voltata, davanti a lei c’era un poliziotto che le puntava contro la pistola.
Quando l’uomo pronunciò le ultime parole gli occhi le scesero a guardare ciò
che stava stringendo: un pugnale dalla foggia antica. Con orrore Beth lo lasciò cadere, l’arma era rossa di sangue così come
le sue mani.
“Cosa
è successo?” Chiese al poliziotto. Suo fratello gemette accanto a lei e Beth tornò a guardarlo. “Danny, Danny, stai bene?” Il
giovane aprì gli occhi, ma lei non ebbe il tempo di vedere altro perché il
poliziotto approfittando della sua distrazione le saltò addosso schiacciandola
a terra e girandole le braccia dietro la schiena.
“Mio
fratello, aiutatelo! Cosa è successo?” Il poliziotto la ignorò parlando alla
radio e qualche minuto dopo degli infermieri entrarono nella stanza mentre lei
veniva trascinata fuori e messa su una macchina.
“Buona
sera.”
“Finalmente!
Come sta mio fratello?” Erano due ore che aspettava in quella stanzetta anonima
e stava impazzendo dalla paura. Aveva già chiesto informazioni ai due tecnici
che però dopo averle fatto un prelievo di sangue e raccolto dei campioni di
quello che aveva sulle mani, se ne erano andati senza dirle niente.
“Lei
è Beth Sanderson?”
“Sì.”
Disse esasperata. “Ora ditemi come sta Danny.” L’uomo alzò gli occhi dalla
cartellina, fissandola.
“Se
la caverà.” Beth sentì la tensione scemare, in quelle
due ore era riuscita solo a pensare al volto esangue di suo fratello. “Non
posso dire altrettanto della signorina Logan.”
“Non…
non conosco nessuna Logan.” Il poliziotto cercò con molta calma nella sua
cartellina, estraendo una foto e passandogliela. Era una ragazza giovane, dal
sorriso affascinante e dai vivaci occhi verdi. “No, non la conosco. Cosa le è
successo?”
“Ne
è sicura?”
“Sì,
ne sono sicura.” Confermò lei, sempre più perplessa. L’uomo non annuì, ma cercò
un’altra immagine che le mise davanti.
“Cosa
mi dice di questo?” Beth guardò il pugnale che
ricordava pieno di sangue nel suo pugno.
“Ce
l’avevo in mano quando l’agente è entrato in casa mia.” Affermò con un brivido.
“Non
lo aveva mai visto prima?” Il poliziotto le presentò altre tre immagini che
erano ingrandimenti del pugnale e mostravano le particolari rune incise su di
esso. Improvvisamente Beth ricordò.
“Oh…
era al museo, a Praga. Il dottor Havěl ne andava fiero, diceva che era un
oggetto unico, un suo ritrovamento in un sito…” Cercò di ricordare. “Celtico,
sicuramente pre-romano.”
“Come
spiega di averlo in suo possesso?”
“Non
lo so.”
“Ne
è stato denunciato il furto questa mattina.” La informò. “Lei era a Praga
questa mattina, dico bene?” Stava consultando i suoi dossier e Beth annuì non appena lui la guardò di nuovo. “L’avete
rubato voi?”
“No!”
Esclamò allora Beth. “Certo che no!”
“E
lo avete usato per uccidere la fidanzata di vostro fratello?”
“Cosa?”
L’accusa la lasciò senza fiato. Uccidere? L’agente aveva detto uccidere?
L’uomo
rimase a fissarla e allora lei scosse la testa.
“No!
No, ero nella mia stanza, stavo…” Si bloccò, poi riprese in fretta. “Riposando,
il viaggio in aereo mi aveva stancato e mio fratello voleva farmi conoscere una
persona, così sono andata di sopra a stendermi. Quando mi sono svegliata sono
scesa in cucina e ho trovato Danny svenuto. Infine il poliziotto mi ha
arrestata.”
“Fa
uso di sostanze stupefacenti?” Beth aprì e chiuse la
bocca, era chiaro che l’uomo non aveva creduto ad una parola di quello che
aveva detto.
“Sì.
Funghi, a volte, mi aiutano a rilassarmi.” Ammise, conscia che avrebbero
comunque saputo la verità.
“Possono
creare stati di allucinazioni e alterare la memoria.”
“Lo
so, ma…” Il poliziotto la ignorò, facendo invece un cenno verso la parete a
specchio. Qualche minuto dopo portarono uno schermo con un lettore dvd.
“Sono
le riprese di questa sera, della sua camera.” Beth si
morse un labbro, sarebbe stato difficile spiegare perché suo fratello la
monitorasse e drogasse, probabilmente avrebbe avuto dei guai al lavoro. Allo
stesso tempo però quelle riprese avrebbero mostrato che lei non si era mossa
dal letto.
Una
piccola vocina nella testa di Beth bisbigliò che lei
si era svegliata in cucina, eppure non l’ascoltò.
Il
video iniziava con lei che posava la valigia a terra. L’uomo lo accelerò e
molto velocemente Beth si vide mentre si sdraiava e
suo fratello le fissava l’apparecchiatura di monitoraggio.
“Ho
dei disturbi del sonno, Danny sta facendo dei test.” Cercò di spiegare, ma
l’agente non fermò il video fino a quando lei non si alzò dal letto. Beth sbatté le palpebre. Stava parlando con suo fratello,
poi si alzava e usciva dalla visuale della telecamera. Il poliziotto bloccò lo
schermo e le indicò l’ora segnata nell’angolo.
“18.36.
Ha dormito dieci minuti.”
“Io…”
Beth continuava a fissare lo schermo, incapace di
comprendere.
L’agente
rimise play, avanzò fino alle 20.00 poi riportò il video a velocità normale e
lei ricomparve nello schermo, si piegò sulla valigia, la aprì e ne estrasse
qualcosa.
Beth
sentiva il cuore batterle nel petto mentre un orrendo sospetto si faceva spazio
nella sua mente. Quando la donna sullo schermo si voltò nella mano teneva un
pugnale. Lo stesso pugnale che ora vedeva in foto davanti a lei.
“Non
è possibile.” Affermò, la voce che tremava.
“Si
riconosce nello schermo?”
“Sì,
ma quella non posso essere io.” L’agente spense il video e segnò le sue
risposte.
“Abbiamo
finito.” Disse, alzandosi e tendendole il foglio. “Le dispiace firmare la sua
deposizione?”
“Aspetti,
non capisco, ha parlato di una donna uccisa, come è successo?” Il poliziotto la
fissò qualche istante poi scosse la testa sospirando.
“Lei
è una brava attrice oppure ha dei gravi disturbi psicotici.”
“La
prego!” Lo supplicò allora lei.
“Abbiamo
ricevuto una chiamata alle 20.02. Un vicino aveva sentito delle urla provenire
da casa sua. Quando la pattuglia è arrivata ha trovato la signorina Patty Logan
morta nel soggiorno, il cappotto ancora sulle spalle. Pugnalata. Mentre Danny
Sanderson, probabilmente fuggito davanti alla furia dell’omicida, era giunto
fino alla cucina prima di essere raggiunto, colpito violentemente alla fronte e
reso incosciente. Su di lui, l’agente ha trovato il presunto e probabile
artefice del crimine che ha ammanettato e arrestato.” Estraendo l’immagine del
pugnale dalla cartellina gliela mostrò ancora una volta. “Arma del delitto.”
Poi estrasse una seconda foto, questa volta una di Beth.
“Assassino.”
“No…”
Mormorò lei che aveva ormai capito la situazione, ma che si rifiutava ancora di
accentarla.
“Mi dispiace signorina Sanderson, ma le prove parlano da sole, questo colloquio è stato solo una formalità.” Disse l’uomo prima di andarsene e lasciarla sola.