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Autore: Sapphire_    31/07/2016    0 recensioni
Nella New York del ventunesimo secolo, Ophelia Winston è una diciannovenne con una vita piuttosto comune, con gli alti e bassi come tutti. Almeno fino a quando tre tizi dall'aria sospetta non la rapiscono (o salvano, a detta loro) e la portano alla sede di una delle due principali fazioni dei cosiddetti Malus Sanguis. E Ophelia si rende conto che avrebbe dovuto riconsiderare la sua visione di quotidianità.
Dal testo:
«Guardala: già dalla faccia si capisce che è fastidiosa. E poi mi spiegate perché sono stato io quello a doverla recuperare? L'idiota mi ha pure morso!» continuò lamentoso quel Nicky, Domi, o come cavolo si chiamava, iniziando a sventolare la mano ferita su cui spiccavano rossastri dei segni di denti.
«Tu mi stavi quasi impedendo di respirare» intervenne furente Ophelia.
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buon pomeriggio a tutti!
Ecco a voi il sesto capitolo di Dirty Blood...
Allora, da questo capitolo si inizia a capire qualcosa in più, in parte anche la causa del malessere di Ophelia anche se più che altro si capisce che c'è qualcosa di nascosto in lei, e Claire, i gemelli e Sargas dovranno ingegnarsi per capire effettivamente
cosa. Viene inoltre presentato un nuovo personaggio, come vedrete sin dalle prime righe, che credo sarà molto importante per la storia, o perlomeno per alcuni aspetti di essa, tra cui le dinamiche fra i vari personaggi.
Anche alla fine compariranno due nuovi personaggi che spero di riuscire ad approfondire di più nel corso dei vari capitoli.
Comunque sia, spero che questo capitolo sia di vostro gradimento!
Avviso già da ora che per le prossime due settimane non ci saranno aggiornamenti (o comunque sarà molto difficile che ce ne siano) perché sarò al mare e lì la connessione è quasi un miraggio. Mi metterò di impegno però per scrivere il prima possibile il settimo capitolo.
Adesso vi lascio alla lettura, sperando in qualche vostro commento!
Un abbraccio,

~Sapphire_





~Dirty Blood



Capitolo sei

Angelica rilesse per l'ennesima volta il biglietto, ormai stropicciato dalle troppe volte in cui l'aveva torturato e tentato di buttarlo – puntualmente andava a recuperarlo ogni volta, odiandosi per la propria debolezza.
Smettila di comportarti come una bambina e fai il tuo dovere, si disse nella sua testa.
Ma il fatto era che non riusciva a spegnere quell'immane desiderio di rimandare il biglietto dal deficiente che gliel'aveva spedito con allegato un bel “vaffanculo”.
«Maledetto Sargas» borbottò a voce bassa, per poi decidersi e suonare il campanello della casa dei fratelli Sangster. Dopo una snervante e fin troppo lunga attesa, acuita dall'essere nervosa di suo, la porta si aprì rivelando una figura conosciuta.
«Angelica!»

Claire la guardò sbalordita.
«Ehi, Claire» fece con un tiepido sorriso «Posso entrare?»
Dopo un breve attimo di incertezza l'altra la ragazza si scostò dalla porta.
«Sì, certo, entra pure!»
Angelica entrò all'interno della casa, conoscendola già.
«Ti ha mandato lui?»
La domanda arrivò alle orecchie di Angelica, un poco persa nei suoi pensieri, e sentendo le parole dell'altra fece una smorfia.
«Sì, mi ha mandato Sargas» fece secca «Allora, dov'è questa ragazza?» domandò, cambiando argomento in maniera repentina. Angelica vide l'altra annuire, come se avesse compreso che la ragazza non volesse parlare del moro.
«È in camera, vieni»
Angelica seguì l'altra per il lungo andito fino ad arrivare a una stanza piuttosto spoglia, all'interno della quale, su un grande letto, stava una giovane ragazza dai capelli biondo miele.
Angelica la osservò critica: pallida, profonde e violacee occhiaie, respiro affannato. Non le servivano i suoi poteri per comprendere che quella non stesse affatto bene.
«Ehi, Ophelia, sei sveglia?» Claire chiamò la bionda che subito aprì gli occhi, puntando lo sguardo verde dapprima sulla mora, poi su quella che per lei era una sconosciuta. Angelica contraccambiò lo sguardo, osservandola diffidente.
Quindi era per questa ragazza che Sargas l'aveva chiamata? Chi era? E, soprattutto, chi era per lui?
«Sì, sono sveglia» la voce flebile della ragazza emerse dalle coperte sotto cui era, facendo quindi avvicinare le due ragazze.
«Chi sei tu?» quella ragazza, Ophelia, si rivolse direttamente verso Angelica, la quale la osservò un poco spiazzata dalla domanda così diretta.
«Mi chiamo Angelica, sono qui per visitarti» rispose.
La ragazza annuì, ma prima che potesse dire qualsiasi cosa iniziò a tossire convulsamente.
«Vedi? Sta male, eppure non sembra abbia alcunché. Stavamo ipotizzando una barriera, non so se te l'ha detto...» spiegò Claire, e Angelica notò l'accuratezza con cui evitò di pronunciare il nome di Sargas.
«Sì, me l'ha detto. Ma voi non avete trovato nulla, no?»
«Questo è vero, infatti ci stiamo rivolgendo ad una specialista» concordò Claire, facendo un cenno in direzione proprio di Angelica. Questa annuì.
Un battito di ciglia e i suoi occhi diventarono bianchi.
«Dio, avvisatemi prima di farlo, è spaventoso» mugugnò la ragazza a letto.
Angelica la guardò lievemente sbalordita: aveva interpretato male, o quella ragazza non era abituata ai loro occhi? Ciò significava che fosse... normale?
Lanciò uno sguardo poco convinto a Claire, la quale sfuggì ai suoi occhi, ma decise comunque di esaminare la bionda. Si avvicinò di più a lei, scostandole le coperte in modo tale da osservarle il corpo interamente; Ophelia rabbrividì, ma non si lamentò.
Lasciò scivolare i propri occhi lungo la figura dell'altra, cercando di cogliere prima di tutto segnali di qualsiasi tipo di malattia che avrebbe potuto affliggere la povera ragazza: nulla, la sua aurea era perfetta, vivace e brillante, tranne alcune zone più agitate dovute all'ansia che la avvolgeva.
«Hai ragione, non ci sono segni di malattia» disse in direzione di Claire; l'altra annuì, rimanendo in silenzio e attendendo il resto dell'esame.
Angelica continuò a osservarla: questa volta, però, dovette concentrarsi molto di più. Sentì distintamente la massa di potere che si riversava nei propri occhi; percepì il calore che aumentava in essi, come se pian piano stessero diventando dei carboni ardenti.
Tutto si fece più intenso sotto il suo sguardo candido: le auree delle due persone nella stanza divennero così luminose da diventare quasi fastidiose e ogni loro piccola sfumatura o leggero cambiamento risultavano chiari e lampanti. Il resto della stanza appariva avvolto da una vaga nebbia luminescente e ogni minimo spostamento, anche quello della tenda o dell'aria a causa del respiro delle due ragazze, provocava un conseguente movimento in quella nebbia bianca.
Posò il proprio sguardo verso la figura di Ophelia, concentrandosi in maniera tale che tutto il resto della stanza scomparve: erano solo lei e quel corpo immobile, covo di qualcosa che doveva ancora scoprire.
La fissò per alcuni minuti, ma nulla parve uscire allo scoperto.
«Vedi qualcosa?»
La voce di Claire le giunse lontana e quasi indistinta, deconcentrandola un poco. Fece un gesto per zittirla, per poi ritornare alla sua osservazione.
Nulla. È strano. Ormai dovrebbe apparirmi qualcosa.
Si morse un labbro, confusa.
Era quasi impossibile una cosa del genere; non le veniva in mente nessuno che potesse applicare una barriera di quella portata – perché ormai ne era praticamente certa, era una barriera a nascondere l'origine del malessere di quella ragazza.
«Forse...» sussurrò, sovrappensiero.
Le venne un'idea e sospirò infastidita dal doverla mettere in atto.
La massa di forza che aveva concentrato totalmente sui suoi occhi si spezzò in due, spostandosi lentamente verso il centro della fronte, in corrispondenza del terzo occhio. Le costò una fatica immane e una concentrazione tale che dovette ringraziare la propria forza mentale per non svenire – ma, in fondo, proprio per le sue grandi capacità era diventata una specialista del terzo occhio nonostante la giovane età.
La nuova prospettiva si aprì e le diede un nuovo punto di vista. A quel punto la vide.
Era come una sottile pellicola azzurrina, che avvolgeva il corpo di Ophelia impalpabile come l'aria; era così sottile e ben nascosta che le costò un ulteriore sforzo metterla bene a fuoco.
Eccola. La barriera.
Vedendola, un'atroce consapevolezza si fece strada in lei.
Possibile che...
Allungò una mano mentre le punte delle dita si illuminavano come le code delle lucciole e, cercando di comprendere la forza di quella barriera, tentò di sfiorarla.
Peccato che, appena la toccò, un dolore – come una scarica elettrica, ma molto più forte – le trafisse il braccio per poi percorrerla lungo il corpo.
E gridò.

Ophelia sobbalzò vedendo quella ragazza – giusto, Angelica – gridare così all'improvviso.
Si alzò di scatto e, così facendo, un'acuta fitta di dolore la fece gemere, ma nonostante ciò si costrinse ad allontanarsi dalla ragazza, spaventata.
Angelica si accasciò a terra, i capelli rossi che le finirono sul viso nascondendo i suoi occhi, e venne immediatamente soccorsa da Claire che cercò di tirarla sul letto.
Che diavolo stava succedendo? Perché le sue mani brillavano in quel modo? E, soprattutto, perché si era messa a gridare dopo averla a malapena sfiorata?
«Angelica! Angelica, che cosa è successo?»
La voce di Claire la riportò alla realtà, allontanandola da quel fiume di domande che le scorreva in testa.
«Maledizione...» Angelica masticò fra le labbra quella singola parola, riprendendosi e cercando di rimettersi in piedi.
Ophelia notò che i suoi occhi non erano più bianchi, bensì del loro colore originale, un castano scuro che davano una sfumatura fiera e in parte aggressiva a quella ragazza che – a Ophelia doleva ammetterlo – era bella proprio come Claire.
«Che cos'è successo?» osò infine chiedere la bionda, arretrando ulteriormente lungo il letto; ignorò il dolore al costato che quello spostamento le provocò.
«Vorrei saperlo anche io» disse lugubre la rossa.
«Cosa intendi?» intervenne Claire.
«Intendo» iniziò Angelica, finalmente in grado di stare in piedi da sola «che, anche se non so per quale motivo, questa ragazza ha una barriera fatta maledettamente bene. Per anche solo notarla ho dovuto ricorrere al terzo occhio e, appena ho cercato di toccarla per capire come fosse fatta, mi ha dato una fottuta scarica elettrica» sibilò.
Allora era vero. Le era stata messa una barriera.
Ophelia iniziò a ridere.
Ok, tutto questo non può essere. Una barriera? Ma stiamo scherzando? Credevo fosse solo un modo per prendermi in giro, eppure... Che diavolo sta succedendo? Perché non ho più il controllo della mia vita?
Le altre due ragazze la fissarono perplesse, ma Ophelia le ignorò. Era troppo presa dal constatare cosa le stesse succedendo per poter notare come stesse facendo la figura della pazza.
Insomma, non che gliene fregasse molto, sia chiaro, solo che aveva già dato una pessima mostra di sé la prima sera, quando aveva avuto un attacco isterico in pieno stile, e qualcosa le diceva che gliene stava per venire un altro.
Si costrinse a prendere respiri profondi, cercando di riprendere il controllo di sé, e in parte riuscì nel proprio intento.
«Si può fare qualcosa?» riuscì solo a dire, alla fine.
Angelica la guardò dubbiosa.
«Non lo so, che io ricordi non mi è mai capitata una cosa del genere, devo consultare dei libri e forse anche qualcuno più preparato di me in materia»
«Capisco» mormorò Ophelia «Ma qualcosa l'avrai pur vista, no?» insistette.
Voleva capirci qualcosa, anche se in un frangente del genere non sapeva se ci sarebbe riuscita.
Vide la rossa lanciare uno sguardo a Claire in una muta domanda.
«Rispondi. Non mi interessa se Claire non vuole che io lo sappia, è il mio corpo» fece improvvisamente aggressiva.
«Ho visto una barriera del quinto tipo»
«Uh, ora capisco tutto» fece sarcastica la bionda. Angelica sollevò gli occhi al cielo e a Ophelia venne voglia di insultarla.
Lei alzava gli occhi al cielo? E Ophelia cosa avrebbe dovuto fare, allora? Buttarsi direttamente dal balcone?
«Ci sono fondamentalmente cinque tipi di barriere: la prima, quella mentale, che impedisce che vengano letti i propri pensieri; il secondo tipo, comunemente chiamato sigillo, che confina tutti i poteri di una persona; il terzo tipo, quello fisico, che immobilizza totalmente il corpo; poi la quarta barriera, quella della coscienza, che ti rinchiude nella tua stessa mente per renderti una marionetta nelle mani degli altri. E infine il quinto tipo, detto anche “velo nascosto”, che occulta totalmente tutto ciò che si vuole su una persona: che essi siano altri sigilli, o marchi, o magie di deperimento. Tutto» spiegò con una strana lentezza Angelica.
Quelle informazioni – le prime concrete che le venissero fornite, si rese conto – dilagarono nella mente di Ophelia, la quale le mise al sicuro nella propria memoria concentrandosi sull'ultima elencata.
Un “velo nascosto”? Se non fosse che mi trovo in questa situazione, mi metterei a ridere. Che nome ridicolo, pensò.
«E quindi?» chiese ancora, volendo sapere dell'altro.
«Quindi è una barriera fatta così bene che non so proprio chi potrebbe averla fatta» concluse la rossa.
Ophelia tacque pensierosa.
«Potrebbe essere...» si fermò, cercando di focalizzare il nome «...Lisander?» fece con tono interrogativo, dubbiosa del nome. In fondo, non era stato lui a volerla lì? Era l'unica opzione fattibile che le venisse in mente.
Vide subito Angelica gelarsi e stringere le labbra, quasi rifiutandosi di rispondere.
«Assolutamente no!» intervenne rapida Claire, facendo distogliere lo sguardo della bionda dall'altra.
Ophelia lanciò un ultimo sguardo alla rossa, esitante, poi si concentrò su Claire.
«Perché?»
«Beh, senza nulla togliere alle straordinarie abilità di Lisander... Come forse hai notato, diciamo che ognuno di noi è specializzato in qualche cosa. Angelica è una specialista di barriere e tecniche di guarigione, per questo lei, a differenza nostra, è stata in grado di comprendere ciò che avevi. Lisander non è un esperto in questi campi, perciò è molto difficile – direi praticamente impossibile – che sia stato in grado di fare una barriera del genere in modo così perfetto, rendendola del tutto invisibile» spiegò Claire paziente.
Ophelia annuì, la confusione che iniziava a farsi strada nella sua mente.
Non sapeva ancora praticamente nulla di loro e della loro natura, ma già quelle scarse informazioni che stava ricevendo le bastavano per farle venire mal di testa; oltretutto il suo malessere non aiutava.
Come richiamato alla mente, le fitte allo stomaco ripresero quasi più forti di prima, costringendo la bionda a piegarsi in due nel vano tentativo di attenuare il dolore.
«Ophelia...» sussurrò Claire, avvicinandosi a lei, gli occhi che diventavano bianchi mentre tentava in qualche modo di alleviarle le sofferenze.
«Io vado. Cercherò delle informazioni su questo tipo di barriere e su come scioglierle, così magari riusciremo ad arrivare alla fonte del problema» disse all'improvviso Angelica, improvvisamente scossa dall'umore nero in cui sembrava piombata un momento prima.
Ophelia non la guardò e non le disse nulla, troppo occupata a cercare di contenere il proprio dolore.
Per questo non vide le due ragazze uscire dalla stanza, lasciandola da sola e dolorante, di nuovo rannicchiata tra le coperte che le davano un confortante calore. Ma ancora persa nei proprio pensieri.

«Mai pensato di cambiare sigari?»
Abel Houbraken si poggiò allo stipite della porta, una smorfia disgustata stampata in faccia a causa dell'olezzo spaventoso sparso nell'aria.
«Non capisci un cazzo» replicò annoiato Amadeus, lanciando un'occhiata al proprio sottoposto e continuando ad aspirare quell'orribile sigaro.
Abel alzò gli occhi al cielo: che non gli venissero toccate quelle schifezze! Chiunque non le apprezzasse – ovvero tutti – finivano per essere degli ignoranti con dei gusti di merda. Testuali parole dello stesso Amadeus.
«Dove sono Drake e Clay?» domandò poi l'uomo abbandonato sulla poltrona.
Abel mosse qualche passo verso la stanza, le mani in tasca mentre cercava di respirare il meno possibile.
«Stanno arrivando, credo li abbia fermati Omega» spiegò sedendosi.
Amadeus fecce una smorfia.
«E ora che ha combinato quel coglione?» berciò, aspirando una sana boccata di sigaro.
«Non ne ho idea, ma l'ultima volta che l'ho visto stava leccando il culo un po' a tutti affinché lo coprissero o qualcosa del genere. Non l'ho ascoltato» rispose annoiato.
Amadeus annuì, spostando poi l'attenzione su dei fogli poggiati sulla propria scrivania; iniziò a leggerli ignorando Abel. Quest'ultimo guardò di sottecchi l'uomo, continuando a tacere.
«Se devi dire qualcosa, fallo e smettila di guardarmi in quel modo inquietante» disse infine l'altro.
Abel allora puntò sfacciatamente i propri occhi grigi su di lui.
«Ci hai chiamato per parlarci di Bram, Tyson e Reid?» chiese allora.
Amadeus alzò lo sguardo verso di lui; i suoi occhi, privi del bianco che contraddistingueva la loro razza, erano castani.
«Cosa te lo fa pensare?»
Abel ghignò.
«Forse il fatto che ti sei incontrato con gli altri due Master e poi sei andato a parlare con uno della Fazione Nera?» domandò retorico.
Amadeus inarcò un sopracciglio.
«Sei ben informato» considerò.
«Sei tu che mi hai insegnato a esserlo» rispose mellifluo.
E in effetti era vero: era stato il suo Master a renderlo uno specialista dello spionaggio, non doveva di certo meravigliarsi che fosse a conoscenza di ogni suo singolo spostamento.
Amadeus sorrise sardonico.
«Questo è vero» considerò «Sai qualcos'altro?» chiese.
«Chiacchiere qua e là...» fece vago, non rispondendo chiaramente.
Prima che l'altro potesse fare altre domande, sull'uscio della porta arrivarono altri due ragazzi.
«Siamo in ritardo?» domandò Drake, entrando con le mani in tasca e guardandosi attorno. Dietro di lui Clay lo seguiva e sbadigliava.
«Come sempre» rispose pungente Amadeus, mentre Abel guardava scettico i loro vestiti disordinati.
Quando la smetteranno di infilarsi negli sgabuzzini per scopare?, pensò annoiato, ma tacque.
Notò però che Clay aveva percepito i suoi pensieri quando gli venne lanciata un'occhiata raggelante, che però non gli fece né caldo né freddo; gli sorrise candido.
«Qualche problema?» fece angelico.
«Sì, la tua testa» rispose Clay, infastidito.
Abel si limitò a scrollare le spalle, ridendo tra sé.
«Se avete finito di chiacchierare magari posso dirvi il motivo per cui vi ho chiamati qui» li richiamò con fastidio Amadeus.
I tre si voltarono in contemporanea verso il loro Master, improvvisamente attenti; ad un cenno di quest'ultimo, la porta si chiuse con un sonoro schiocco.
«Bram, Tyson e Reid sono morti» fece secco.
Abel sbadigliò annoiato guadagnandosi un'occhiata da Drake e Clay.
«Abbiamo saputo» disse solo Clay, iniziando a giocherellare con la collana che gli sbucava dalla camicia.
Amadeus lasciò scorrere lo sguardo su ciascuno di loro.
«Immagino abbiate saputo che sono stati dei Deviati ad ucciderli» continuò.
Gli altri annuirono, cambiando istintivamente il colore dei loro occhi che divennero bianchi.
«L'altro giorno mi sono incontrato con Penelope e...» si interruppe, un attimo confuso, poi sbuffò «...e Sargas, che sta sostituendo Lisander. Abbiamo deciso di consultarci con i Master della Fazione Nera per vedere se anche loro aveva subito degli attacchi»
«E avete scoperto che anche loro hanno avuto dei morti tra le loro file» terminò per lui Abel.
Sapeva già buona parte della storia, anche se quest'ultimo dettaglio lo aveva saputo soltanto da pochissimi giorni: era riuscito a captare qualche informazione da dei Grigi, anche se non era riuscito a capirci di più. Sapeva che a breve Amadeus li avrebbe chiamati a rapporto, sapeva anche quale sarebbe stato il loro compito.
«Quindi ci hai chiamato per investigare?» domandò Drake, passandosi una mano tra i capelli mogano, leggermente più chiari della rada barba che gli copriva il viso.
«Esatto» confermò l'uomo, aspirando dal sigaro che ad Abel parve infinito. Ma per quanto doveva continuare ad appestare la stanza?
«Perché non l'hai fatto prima?» chiese Clay, abbandonandosi su un'altra sedia e facendo sobbalzare i capelli biondi raccolti in un codino.
«Dovevo parlarne con gli altri Master. Oltretutto, pare che Sargas non ne fosse nemmeno a conoscenza, nella loro gens non ci sono stati morti, quindi dovevo metterlo al corrente» spiegò.
«E nella gens di Penelope?» domandò sempre Clay.
«Ne sono morti quattro» disse freddo Amadeus.
L'occhiata che fece, nonostante i dreads e l'aria da perenne scazzato che si ritrovata, gli diede una strana aurea che ricordò ad Abel il motivo per cui lui era il Master della loro gens.
Abel vide Drake che stringeva i pugni.
Tre, due, uno...
«Quei schifosi bastardi» sibilò il ragazzo, sbattendo il pugno sulla scrivania del capo.
Abel gli lanciò un'occhiata di sufficienza.
«Datti una calmata Drake, conserva l'istinto omicida per un altro momento» fece annoiato.
Drake gli lanciò un'occhiata obliqua.
«Come cazzo fai a essere sempre così fottutamente calmo?» sibilò pesantemente infastidito.
Abel sorrise sarcastico.
«Ma io mi incazzo qualche volta, sai? Solo per le cose importanti però, come il poker, quando finisce l'alcol...» iniziò ad elencare. Clay gli lanciò un'occhiataccia, ma avrebbe continuato se non fosse che Amadeus intervenne.
«Calmate il pollaio, idioti» disse «Vi sto dando un ordine: non mi interessa dove andiate o cosa facciate, portatemi tutte le informazioni che potete. E so che voi farete un bel lavoro, vero?»
I tre ragazzi sorrisero beffardi.
Beh, non erano il miglior team di spionaggio della Fazione Bianca senza un motivo, no?

  
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