Buon
pomeriggio a tutti!
Ecco
a voi il sesto capitolo di Dirty Blood...
Allora,
da questo capitolo si inizia a capire qualcosa in più, in
parte
anche la causa del malessere di Ophelia anche se più che
altro si
capisce che c'è qualcosa di nascosto in lei, e Claire, i
gemelli e
Sargas dovranno ingegnarsi per capire effettivamente cosa.
Viene inoltre presentato un nuovo personaggio, come vedrete sin dalle
prime righe, che credo sarà molto importante per la storia,
o
perlomeno per alcuni aspetti di essa, tra cui le dinamiche fra i vari
personaggi.
Anche
alla fine compariranno due nuovi personaggi che spero di riuscire ad
approfondire di più nel corso dei vari capitoli.
Comunque
sia, spero che questo capitolo sia di vostro gradimento!
Avviso
già da ora che per le prossime due settimane non ci saranno
aggiornamenti (o comunque sarà molto difficile che ce ne
siano)
perché sarò al mare e lì la
connessione è quasi un miraggio. Mi
metterò di impegno però per scrivere il prima
possibile il settimo
capitolo.
Adesso
vi lascio alla lettura, sperando in qualche vostro commento!
Un
abbraccio,
~Sapphire_
~Dirty Blood
Capitolo sei
Angelica
rilesse per l'ennesima volta il biglietto, ormai stropicciato dalle
troppe volte in cui l'aveva torturato e tentato di buttarlo –
puntualmente andava a recuperarlo ogni volta, odiandosi per la
propria debolezza.
Smettila
di comportarti come una bambina e fai il tuo dovere,
si disse nella sua testa.
Ma
il fatto era che non riusciva a spegnere quell'immane desiderio di
rimandare il biglietto dal deficiente che gliel'aveva spedito con
allegato un bel “vaffanculo”.
«Maledetto
Sargas» borbottò a voce bassa, per poi decidersi e
suonare il
campanello della casa dei fratelli Sangster. Dopo una snervante e fin
troppo lunga attesa, acuita dall'essere nervosa di suo, la porta si
aprì rivelando una figura conosciuta.
«Angelica!»
Claire
la guardò sbalordita.
«Ehi,
Claire» fece con un tiepido sorriso «Posso
entrare?»
Dopo
un breve attimo di incertezza l'altra la ragazza si scostò
dalla
porta.
«Sì,
certo, entra pure!»
Angelica
entrò all'interno della casa, conoscendola già.
«Ti
ha mandato lui?»
La
domanda arrivò alle orecchie di Angelica, un poco persa nei
suoi
pensieri, e sentendo le parole dell'altra fece una smorfia.
«Sì,
mi ha mandato Sargas» fece secca «Allora,
dov'è questa ragazza?»
domandò, cambiando argomento in maniera repentina. Angelica
vide
l'altra annuire, come se avesse compreso che la ragazza non volesse
parlare del moro.
«È
in camera, vieni»
Angelica
seguì l'altra per il lungo andito fino ad arrivare a una
stanza
piuttosto spoglia, all'interno della quale, su un grande letto, stava
una giovane ragazza dai capelli biondo miele.
Angelica
la osservò critica: pallida, profonde e violacee occhiaie,
respiro
affannato. Non le servivano i suoi poteri per comprendere che quella
non stesse affatto bene.
«Ehi,
Ophelia, sei sveglia?» Claire chiamò la bionda che
subito aprì gli
occhi, puntando lo sguardo verde dapprima sulla mora, poi su quella
che per lei era una sconosciuta. Angelica contraccambiò lo
sguardo,
osservandola diffidente.
Quindi
era per questa ragazza che Sargas l'aveva chiamata? Chi era? E,
soprattutto, chi era per lui?
«Sì,
sono sveglia» la voce flebile della ragazza emerse dalle
coperte
sotto cui era, facendo quindi avvicinare le due ragazze.
«Chi
sei tu?» quella ragazza, Ophelia, si rivolse direttamente
verso
Angelica, la quale la osservò un poco spiazzata dalla
domanda così
diretta.
«Mi
chiamo Angelica, sono qui per visitarti» rispose.
La
ragazza annuì, ma prima che potesse dire qualsiasi cosa
iniziò a
tossire convulsamente.
«Vedi?
Sta male, eppure non sembra abbia alcunché. Stavamo
ipotizzando una
barriera, non so se te l'ha detto...» spiegò
Claire, e Angelica
notò l'accuratezza con cui evitò di pronunciare
il nome di Sargas.
«Sì,
me l'ha detto. Ma voi non avete trovato nulla, no?»
«Questo
è vero, infatti ci stiamo rivolgendo ad una
specialista» concordò
Claire, facendo un cenno in direzione proprio di Angelica. Questa
annuì.
Un
battito di ciglia e i suoi occhi diventarono bianchi.
«Dio,
avvisatemi prima di farlo, è spaventoso»
mugugnò la ragazza a
letto.
Angelica
la guardò lievemente sbalordita: aveva interpretato male, o
quella
ragazza non era abituata ai loro occhi? Ciò significava che
fosse...
normale?
Lanciò
uno sguardo poco convinto a Claire, la quale sfuggì ai suoi
occhi,
ma decise comunque di esaminare la bionda. Si avvicinò di
più a
lei, scostandole le coperte in modo tale da osservarle il corpo
interamente; Ophelia rabbrividì, ma non si
lamentò.
Lasciò
scivolare i propri occhi lungo la figura dell'altra, cercando di
cogliere prima di tutto segnali di qualsiasi tipo di malattia che
avrebbe potuto affliggere la povera ragazza: nulla, la sua aurea era
perfetta, vivace e brillante, tranne alcune zone più agitate
dovute
all'ansia che la avvolgeva.
«Hai
ragione, non ci sono segni di malattia» disse in direzione di
Claire; l'altra annuì, rimanendo in silenzio e attendendo il
resto
dell'esame.
Angelica
continuò a osservarla: questa volta, però,
dovette concentrarsi
molto di più. Sentì distintamente la massa di
potere che si
riversava nei propri occhi; percepì il calore che aumentava
in essi,
come se pian piano stessero diventando dei carboni ardenti.
Tutto
si fece più intenso sotto il suo sguardo candido: le auree
delle due
persone nella stanza divennero così luminose da diventare
quasi
fastidiose e ogni loro piccola sfumatura o leggero cambiamento
risultavano chiari e lampanti. Il resto della stanza appariva avvolto
da una vaga nebbia luminescente e ogni minimo spostamento, anche
quello della tenda o dell'aria a causa del respiro delle due
ragazze, provocava un conseguente movimento in quella nebbia bianca.
Posò
il proprio sguardo verso la figura di Ophelia, concentrandosi in
maniera tale che tutto il resto della stanza scomparve: erano solo
lei e quel corpo immobile, covo di qualcosa che doveva ancora
scoprire.
La
fissò per alcuni minuti, ma nulla parve uscire allo scoperto.
«Vedi
qualcosa?»
La
voce di Claire le giunse lontana e quasi indistinta, deconcentrandola
un poco. Fece un gesto per zittirla, per poi ritornare alla sua
osservazione.
Nulla.
È strano. Ormai dovrebbe apparirmi qualcosa.
Si
morse un labbro, confusa.
Era
quasi impossibile una cosa del genere; non le veniva in mente nessuno
che potesse applicare una barriera di quella portata –
perché
ormai ne era praticamente certa, era una barriera a nascondere
l'origine del malessere di quella ragazza.
«Forse...»
sussurrò, sovrappensiero.
Le
venne un'idea e sospirò infastidita dal doverla mettere in
atto.
La
massa di forza che aveva concentrato totalmente sui suoi occhi si
spezzò in due, spostandosi lentamente verso il centro della
fronte,
in corrispondenza del terzo occhio. Le costò una fatica
immane e una
concentrazione tale che dovette ringraziare la propria forza mentale
per non svenire – ma, in fondo, proprio per le sue grandi
capacità
era diventata una specialista del terzo occhio nonostante la giovane
età.
La
nuova prospettiva si aprì e le diede un nuovo punto di
vista. A quel
punto la vide.
Era
come una sottile pellicola azzurrina, che avvolgeva il corpo di
Ophelia impalpabile come l'aria; era così sottile e ben
nascosta che
le costò un ulteriore sforzo metterla bene a fuoco.
Eccola.
La barriera.
Vedendola,
un'atroce consapevolezza si fece strada in lei.
Possibile
che...
Allungò
una mano mentre le punte delle dita si illuminavano come le code
delle lucciole e, cercando di comprendere la forza di quella
barriera, tentò di sfiorarla.
Peccato
che, appena la toccò, un dolore – come una scarica
elettrica, ma
molto più forte – le trafisse il braccio per poi
percorrerla lungo
il corpo.
E
gridò.
Ophelia
sobbalzò vedendo quella ragazza – giusto, Angelica
– gridare
così all'improvviso.
Si
alzò di scatto e, così facendo, un'acuta fitta di
dolore la fece
gemere, ma nonostante ciò si costrinse ad allontanarsi dalla
ragazza, spaventata.
Angelica
si accasciò a terra, i capelli rossi che le finirono sul
viso
nascondendo i suoi occhi, e venne immediatamente soccorsa da Claire
che cercò di tirarla sul letto.
Che
diavolo stava succedendo? Perché le sue mani brillavano in
quel
modo? E, soprattutto, perché si era messa a gridare dopo
averla a
malapena sfiorata?
«Angelica!
Angelica, che cosa è successo?»
La
voce di Claire la riportò alla realtà,
allontanandola da quel fiume
di domande che le scorreva in testa.
«Maledizione...»
Angelica masticò fra le labbra quella singola parola,
riprendendosi
e cercando di rimettersi in piedi.
Ophelia
notò che i suoi occhi non erano più bianchi,
bensì del loro colore
originale, un castano scuro che davano una sfumatura fiera e in parte
aggressiva a quella ragazza che – a Ophelia doleva ammetterlo
–
era bella proprio come Claire.
«Che
cos'è successo?» osò infine chiedere la
bionda, arretrando
ulteriormente lungo il letto; ignorò il dolore al costato
che quello
spostamento le provocò.
«Vorrei
saperlo anche io» disse lugubre la rossa.
«Cosa
intendi?» intervenne Claire.
«Intendo»
iniziò Angelica, finalmente in grado di stare in piedi da
sola «che,
anche se non so per quale motivo, questa ragazza ha una barriera
fatta maledettamente bene. Per anche solo notarla ho dovuto ricorrere
al terzo occhio e, appena ho cercato di toccarla per capire come
fosse fatta, mi ha dato una fottuta scarica elettrica»
sibilò.
Allora
era vero. Le era stata messa una barriera.
Ophelia
iniziò a ridere.
Ok,
tutto questo non può essere. Una barriera? Ma stiamo
scherzando?
Credevo fosse solo un modo per prendermi in giro, eppure... Che
diavolo sta succedendo? Perché non ho più il
controllo della mia
vita?
Le
altre due ragazze la fissarono perplesse, ma Ophelia le
ignorò. Era
troppo presa dal constatare cosa le stesse succedendo per poter
notare come stesse facendo la figura della pazza.
Insomma,
non che gliene fregasse molto, sia chiaro, solo che aveva
già dato
una pessima mostra di sé la prima sera, quando aveva avuto
un
attacco isterico in pieno stile, e qualcosa le diceva che gliene
stava per venire un altro.
Si
costrinse a prendere respiri profondi, cercando di riprendere il
controllo di sé, e in parte riuscì nel proprio
intento.
«Si
può fare qualcosa?» riuscì solo a dire,
alla fine.
Angelica
la guardò dubbiosa.
«Non
lo so, che io ricordi non mi è mai capitata una cosa del
genere,
devo consultare dei libri e forse anche qualcuno più
preparato di me
in materia»
«Capisco»
mormorò Ophelia «Ma qualcosa l'avrai pur vista,
no?» insistette.
Voleva
capirci qualcosa, anche se in un frangente del genere non sapeva se
ci sarebbe riuscita.
Vide
la rossa lanciare uno sguardo a Claire in una muta domanda.
«Rispondi.
Non mi interessa se Claire non vuole che io lo sappia, è il
mio
corpo» fece improvvisamente aggressiva.
«Ho
visto una barriera del quinto tipo»
«Uh,
ora capisco tutto» fece sarcastica la bionda. Angelica
sollevò gli
occhi al cielo e a Ophelia venne voglia di insultarla.
Lei
alzava gli
occhi al cielo? E
Ophelia cosa avrebbe dovuto fare, allora? Buttarsi direttamente dal
balcone?
«Ci
sono fondamentalmente cinque tipi di barriere: la prima, quella
mentale, che impedisce che vengano letti i propri pensieri; il
secondo tipo, comunemente chiamato sigillo, che confina tutti i
poteri di una persona; il terzo tipo, quello fisico, che immobilizza
totalmente il corpo; poi la quarta barriera, quella della coscienza,
che ti rinchiude nella tua stessa mente per renderti una marionetta
nelle mani degli altri. E infine il quinto tipo, detto anche
“velo
nascosto”, che occulta totalmente tutto ciò che si
vuole su una
persona: che essi siano altri sigilli, o marchi, o magie di
deperimento. Tutto» spiegò con una strana lentezza
Angelica.
Quelle
informazioni – le prime concrete che le venissero fornite, si
rese
conto – dilagarono nella mente di Ophelia, la quale le mise
al
sicuro nella propria memoria concentrandosi sull'ultima elencata.
Un
“velo nascosto”? Se non fosse che mi trovo in
questa situazione,
mi metterei a ridere. Che nome ridicolo,
pensò.
«E
quindi?» chiese ancora, volendo sapere dell'altro.
«Quindi
è una barriera fatta così bene che non so proprio
chi potrebbe
averla fatta» concluse la rossa.
Ophelia
tacque pensierosa.
«Potrebbe
essere...» si fermò, cercando di focalizzare il
nome «...Lisander?»
fece con tono interrogativo, dubbiosa del nome. In fondo, non era
stato lui a volerla lì? Era l'unica opzione fattibile che le
venisse
in mente.
Vide
subito Angelica gelarsi e stringere le labbra, quasi rifiutandosi di
rispondere.
«Assolutamente
no!» intervenne rapida Claire, facendo distogliere lo sguardo
della
bionda dall'altra.
Ophelia
lanciò un ultimo sguardo alla rossa, esitante, poi si
concentrò su
Claire.
«Perché?»
«Beh,
senza nulla togliere alle straordinarie abilità di
Lisander... Come
forse hai notato, diciamo che ognuno di noi è specializzato
in
qualche cosa. Angelica è una specialista di barriere e
tecniche di
guarigione, per questo lei, a differenza nostra, è stata in
grado di
comprendere ciò che avevi. Lisander non è un
esperto in questi
campi, perciò è molto difficile – direi
praticamente impossibile
– che sia stato in grado di fare una barriera del genere in
modo
così perfetto, rendendola del tutto invisibile»
spiegò Claire
paziente.
Ophelia
annuì, la confusione che iniziava a farsi strada nella sua
mente.
Non
sapeva ancora praticamente nulla di loro e della loro natura,
ma già quelle scarse informazioni che stava ricevendo le
bastavano
per farle venire mal di testa; oltretutto il suo malessere non
aiutava.
Come
richiamato alla mente, le fitte allo stomaco ripresero quasi
più
forti di prima, costringendo la bionda a piegarsi in due nel vano
tentativo di attenuare il dolore.
«Ophelia...»
sussurrò Claire, avvicinandosi a lei, gli occhi che
diventavano
bianchi mentre tentava in qualche modo di alleviarle le sofferenze.
«Io
vado. Cercherò delle informazioni su questo tipo di barriere
e su
come scioglierle, così magari riusciremo ad arrivare alla
fonte del
problema» disse all'improvviso Angelica, improvvisamente
scossa
dall'umore nero in cui sembrava piombata un momento prima.
Ophelia
non la guardò e non le disse nulla, troppo occupata a
cercare di
contenere il proprio dolore.
Per
questo non vide le due ragazze uscire dalla stanza, lasciandola da
sola e dolorante, di nuovo rannicchiata tra le coperte che le davano
un confortante calore. Ma ancora persa nei proprio pensieri.
«Mai
pensato di cambiare sigari?»
Abel
Houbraken si poggiò allo stipite della porta, una smorfia
disgustata
stampata in faccia a causa dell'olezzo spaventoso sparso nell'aria.
«Non
capisci un cazzo» replicò annoiato Amadeus,
lanciando un'occhiata
al proprio sottoposto e continuando ad aspirare quell'orribile
sigaro.
Abel
alzò gli occhi al cielo: che non gli venissero toccate
quelle
schifezze! Chiunque non le apprezzasse – ovvero tutti
– finivano
per essere degli ignoranti con dei gusti di merda. Testuali parole
dello stesso Amadeus.
«Dove
sono Drake e Clay?» domandò poi l'uomo abbandonato
sulla poltrona.
Abel
mosse qualche passo verso la stanza, le mani in tasca mentre cercava
di respirare il meno possibile.
«Stanno
arrivando, credo li abbia fermati Omega» spiegò
sedendosi.
Amadeus
fecce una smorfia.
«E
ora che ha combinato quel coglione?» berciò,
aspirando una sana
boccata di sigaro.
«Non
ne ho idea, ma l'ultima volta che l'ho visto stava leccando il culo
un po' a tutti affinché lo coprissero o qualcosa del genere.
Non
l'ho ascoltato» rispose annoiato.
Amadeus
annuì, spostando poi l'attenzione su dei fogli poggiati
sulla
propria scrivania; iniziò a leggerli ignorando Abel.
Quest'ultimo
guardò di sottecchi l'uomo, continuando a tacere.
«Se
devi dire qualcosa, fallo e smettila di guardarmi in quel modo
inquietante» disse infine l'altro.
Abel
allora puntò sfacciatamente i propri occhi grigi su di lui.
«Ci
hai chiamato per parlarci di Bram, Tyson e Reid?» chiese
allora.
Amadeus
alzò lo sguardo verso di lui; i suoi occhi, privi del bianco
che
contraddistingueva la loro razza, erano castani.
«Cosa
te lo fa pensare?»
Abel
ghignò.
«Forse
il fatto che ti sei incontrato con gli altri due Master e poi sei
andato a parlare con uno della Fazione Nera?»
domandò retorico.
Amadeus
inarcò un sopracciglio.
«Sei
ben informato» considerò.
«Sei
tu che mi hai insegnato a esserlo» rispose mellifluo.
E
in effetti era vero: era stato il suo Master a renderlo uno
specialista dello spionaggio, non doveva di certo meravigliarsi che
fosse a conoscenza di ogni suo singolo spostamento.
Amadeus
sorrise sardonico.
«Questo
è vero» considerò «Sai
qualcos'altro?» chiese.
«Chiacchiere
qua e là...» fece vago, non rispondendo
chiaramente.
Prima
che l'altro potesse fare altre domande, sull'uscio della porta
arrivarono altri due ragazzi.
«Siamo
in ritardo?» domandò Drake, entrando con le mani
in tasca e
guardandosi attorno. Dietro di lui Clay lo seguiva e sbadigliava.
«Come
sempre» rispose pungente Amadeus, mentre Abel guardava
scettico i
loro vestiti disordinati.
Quando
la smetteranno di infilarsi negli sgabuzzini per scopare?,
pensò annoiato, ma tacque.
Notò
però che Clay aveva percepito i suoi pensieri quando gli
venne
lanciata un'occhiata raggelante, che però non gli fece
né caldo né
freddo; gli sorrise candido.
«Qualche
problema?» fece angelico.
«Sì,
la tua testa» rispose Clay, infastidito.
Abel
si limitò a scrollare le spalle, ridendo tra sé.
«Se
avete finito di chiacchierare magari posso dirvi il motivo per cui vi
ho chiamati qui» li richiamò con fastidio Amadeus.
I
tre si voltarono in contemporanea verso il loro Master,
improvvisamente attenti; ad un cenno di quest'ultimo, la porta si
chiuse con un sonoro schiocco.
«Bram,
Tyson e Reid sono morti» fece secco.
Abel
sbadigliò annoiato guadagnandosi un'occhiata da Drake e Clay.
«Abbiamo
saputo» disse solo Clay, iniziando a giocherellare con la
collana
che gli sbucava dalla camicia.
Amadeus
lasciò scorrere lo sguardo su ciascuno di loro.
«Immagino
abbiate saputo che sono stati dei Deviati ad ucciderli»
continuò.
Gli
altri annuirono, cambiando istintivamente il colore dei loro occhi
che divennero bianchi.
«L'altro
giorno mi sono incontrato con Penelope e...» si interruppe,
un
attimo confuso, poi sbuffò «...e Sargas, che sta
sostituendo
Lisander. Abbiamo deciso di consultarci con i Master della Fazione
Nera per vedere se anche loro aveva subito degli attacchi»
«E
avete scoperto che anche loro hanno avuto dei morti tra le loro
file»
terminò per lui Abel.
Sapeva
già buona parte della storia, anche se quest'ultimo
dettaglio lo
aveva saputo soltanto da pochissimi giorni: era riuscito a captare
qualche informazione da dei Grigi, anche se non era riuscito a
capirci di più. Sapeva che a breve Amadeus li avrebbe
chiamati a
rapporto, sapeva anche quale sarebbe stato il loro compito.
«Quindi
ci hai chiamato per investigare?» domandò Drake,
passandosi una
mano tra i capelli mogano, leggermente più chiari della rada
barba
che gli copriva il viso.
«Esatto»
confermò l'uomo, aspirando dal sigaro che ad Abel parve
infinito. Ma
per quanto doveva continuare ad appestare la stanza?
«Perché
non l'hai fatto prima?» chiese Clay, abbandonandosi su
un'altra
sedia e facendo sobbalzare i capelli biondi raccolti in un codino.
«Dovevo
parlarne con gli altri Master. Oltretutto, pare che Sargas non ne
fosse nemmeno a conoscenza, nella loro gens
non ci sono stati morti, quindi dovevo metterlo al corrente»
spiegò.
«E
nella gens di Penelope?» domandò sempre Clay.
«Ne
sono morti quattro» disse freddo Amadeus.
L'occhiata
che fece, nonostante i dreads e l'aria da perenne scazzato che si
ritrovata, gli diede una strana aurea che ricordò ad Abel il
motivo
per cui lui era il Master della loro gens.
Abel
vide Drake che stringeva i pugni.
Tre,
due, uno...
«Quei
schifosi bastardi» sibilò il ragazzo, sbattendo il
pugno sulla
scrivania del capo.
Abel
gli lanciò un'occhiata di sufficienza.
«Datti
una calmata Drake, conserva l'istinto omicida per un altro
momento»
fece annoiato.
Drake
gli lanciò un'occhiata obliqua.
«Come
cazzo fai a essere sempre così fottutamente
calmo?» sibilò
pesantemente infastidito.
Abel
sorrise sarcastico.
«Ma
io mi incazzo qualche volta, sai? Solo per le cose importanti
però,
come il poker, quando finisce l'alcol...» iniziò
ad elencare. Clay
gli lanciò un'occhiataccia, ma avrebbe continuato se non
fosse che
Amadeus intervenne.
«Calmate
il pollaio, idioti» disse «Vi sto dando un ordine:
non mi interessa
dove andiate o cosa facciate, portatemi tutte le informazioni che
potete. E so che voi farete un bel lavoro, vero?»
I
tre ragazzi sorrisero beffardi.
Beh,
non erano il miglior team di spionaggio della Fazione Bianca senza un
motivo, no?