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Autore: visbs88    02/08/2016    1 recensioni
Gli ultimi giorni di un viaggio al confine tra mostri ed esseri umani.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Easley, Priscilla, Raki
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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2. The line

 

Grazie mille, signori! Buona cena!”.

L'ingenuità umana era appiccicosa come miele: molto difficile togliersela dalla mente, una volta che se ne avesse avuto anche solo il più piccolo assaggio.

Easley aveva iniziato a impararlo solo di recente, in verità – Raki, in quanto bambino, non aveva suscitato le stesse impressioni, anni prima; per di più, era stato un caso isolato in un passato lontano, quando una guerra aperta e insanguinata ancora occupava la sua quasi completa attenzione. Ma tutti quegli uomini, tutte quelle donne, tutte quelle persone che avevano vissuto un'intera esistenza nel terrore degli Yoma e nel sospetto l'uno dell'altro nei tempi più bui, come potevano essere tanto ciechi? E riuscire a farsi scappare auguri così ridicoli e infelici – “Buona cena”?

L'avrebbe trovato delicatamente, sottilmente, beffardamente divertente, se solo la fame non fosse stata un tale tormento.

– Ehi – lo chiamò Raki, alle sue spalle, mentre camminavano per una stradina silenziosa ormai quasi buia nell'imbrunire inoltrato. Easley si fermò, ma non si voltò subito.

Abitazioni cittadine ammassate l'una sull'altra, come se la pietra e un focolare fossero davvero sufficienti a sconfiggere l'orrore di un destino bendato; i campi al di fuori del paese; le foreste; il silenzio rotto dal gocciolio di un ruscello e dall'eco delle voci dietro di lui. Il suo sguardo cercò un orizzonte invisibile e vi si aggrappò, i sensi tesi al massimo; ma... no.

Non c'erano. Non vicine, non ancora. Ma lontane abbastanza, oppure...?

Raki lo affiancò – un movimento tradito dal clangore all'interno della pesante borsa che aveva insistito di portare sulle proprie spalle. Easley colse l'espressione felice e insieme timorosa sul suo volto con la coda dell'occhio.

– Io... grazie. Sul serio.

Appiccicoso. Talvolta pungente.

A dire il vero, solo quel ragazzino, per quanto lontano mille miglia dal poterlo eguagliare in un combattimento di scherma malgrado gli anni di esercizi e insegnamenti, era in grado di graffiare davvero il suo petto con parole tanto semplici – “Grazie”. Come se Easley avesse bisogno di quel denaro per sé, come se la sua generosità fosse stata senza pari.

Ma il miele, oltre a essere viscoso, pareva che fosse anche dolce, sebbene lui non ricordasse: c'era qualcosa di piacevole nell'educata, fervente, affettuosa spontaneità di quella sentita gratitudine. Quel sorriso nel vedersi in uno specchio poco prima, quello che un adolescente umano avrebbe dovuto concedersi più spesso, aveva costretto le labbra di Easley a curvarsi a propria volta quasi senza che il loro proprietario se ne accorgesse.

In quel momento, si limitò a scuotere appena la testa.

– Figurati – rispose, calmo – Sai di stare esagerando, vero?

Raki aprì la bocca per ribattere, ma non trovò le parole e la richiuse. Cercò di rivolgergli un'occhiata d'accusa, un po' addolorata, un po' insistente, ma Easley la trovò solo buffa.

Era cresciuto. Era maturato. Ma era ancora così giovane.

Di tanto in tanto, in momenti come quello, il vento sussurrava quanto la vita fosse stata ingiusta con lui – e Easley non si era opposto, anzi, forse lo aveva e lo stava ancora trascinando più in basso. Ma d'altra parte la vita non era mai giusta, e malgrado questo quegli occhi limpidi come un cielo in primavera non si erano ancora offuscati: erano diventati più consapevoli, più profondi, più calmi, ma non oscuri. E non c'era stata molta scelta – non dopo che Priscilla lo aveva assegnato a quel suo greve ruolo, senza rendersene davvero conto.

Easley sospirò, per sgombrare la propria mente.

– Andiamo. È ora di trovare un posto per la notte.

 

Tale luogo si rivelò essere un'ampia camera all'ultimo piano di una locanda nel cuore della città. L'edificio era più alto della media, e dalla finestra aperta spirava una brezza fresca che Easley apprezzò fin dal primo istante, insieme alla vista di montagne lontane. Per il resto, poco la distingueva da locali in cui fossero stati in passato: c'erano solo un largo letto, mobili di legno, semplici vasi di fiori, un paio di divani, un armadio, e un tavolo per la cena, che fu servita poco dopo il loro arrivo.

L'oste era un altro di quegli uomini gentili e cortesi di cui quel paese sembrava colmo. Nel bussare alla loro porta ed entrare nella stanza, portò con sé un vassoio con tre piatti carichi di cibo fumante e una caraffa d'acqua.

Easley non poteva impedirsi di trovare quei momenti un poco irritanti, specie da quando aveva smesso di nutrirsi, ma, allo stesso tempo, vedere genuino sollievo ed entusiasmo apparire sul volto di Raki rendeva la pena molto più leggera.

– A voi, signori – stava dicendo l'uomo stempiato, con allegra educazione, mentre distribuiva i piatti di fronte ai propri tre ospiti. Priscilla non alzò nemmeno quel suo sguardo vuoto, mentre Easley forzava un perfetto sorriso di circostanza, ignorando l'aria appena confusa che l'umano aveva quando lo guardava. Probabilmente per quelli della sua specie non era ancora abbastanza caldo per rimanere a torso nudo, ma lui aveva deciso di non curarsene, e non sarebbe tornato indietro.

Perlomeno, Raki adempì il maniera impeccabile al proprio naturale compito.

– Grazie mille! – esclamò, impugnando già la forchetta, gli occhi pieni di quella sua brillante, chiara, tipica gioia di quando era davvero rilassato – Sembra delizioso!

– Oh, grazie a voi, grazie a voi – ribatté subito il locandiere, con modestia, prima di lanciare un'altra occhiata a Easley e assumere un'aria... preoccupata? Cosa...? – Pare che abbiate davvero bisogno di un buon pasto, figlioli. Chiamatemi, se desiderate di più.

Oh, quello.

Il ventre scavato, le costole troppo evidenti.

Se solo quell'umano avesse saputo la verità. Se solo fosse stato a conoscenza del perché Priscilla era così minuta, di cosa fosse stata prima di rimpicciolirsi a quel punto. Se solo avesse sospettato di essere decisamente più invitante di qualsiasi poltiglia di patate o bicchiere di vino.

Anche il sorriso di Raki aveva vacillato, e Easley era spiacente, per questo – per averlo portato a raffreddare quella sua espressione gentile. Per doverlo costringere a parlare con quella vaga tensione nella voce.

– Lo faremo – stava rispondendo, con cortesia, ma un poco più distaccato – Grazie ancora di cuore.

– Di nulla, giovanotto, di nulla. Buon appetito.

Easley si sentì sollevato quando l'uomo se ne andò. Si appoggiò allo schienale della sedia, incrociando le braccia sul petto. Aveva abbastanza preoccupazioni anche senza ficcanaso altruisti; per di più, anziché iniziare a mangiare di buon gusto come al solito, Raki parve inghiottire il primo boccone di malavoglia. E nell'istante in cui si lasciò sfuggire un'occhiata ferita e colpevole verso di lui, si smascherò.

Easley piegò la testa un poco di lato, una molle, stanca curiosità nello sguardo. Un'altra caratteristica decisamente peculiare degli esseri umani era quella loro incrollabile testardaggine. O determinazione, comunque la si volesse chiamare.

Non che Raki facesse complimenti in continuazione, o che non fosse capace di accettare la natura delle creature a cui si accompagnava. Ma rimaneva qualcosa di difficile con cui vivere – un dilemma. Era bravo a ignorarlo, o così Easley pensava, ma bastava poco a riportare mille incertezze in superficie.

– Il problema è qualcosa che non abbiamo mai discusso, o dovrò ripetermi?

Raki gli lanciò un'occhiata quasi storta, ma Easley non se la prese. Sapeva che la propria leggerezza, la propria indifferenza, la propria ironia ferivano il ragazzo; allo stesso tempo, però, non sapeva come altro cercare di rassicurarlo – senza intristirlo, senza assumere un'aria grave che non gli apparteneva.

Il silenzio e l'immobilità che erano calati nella stanza furono rotti dal tintinnio della forchetta che Raki abbandonò sul piatto. Easley dovette fare del proprio meglio per non alzare gli occhi al cielo, mentre quelle iridi un po' sofferenti, un po' dolci e un po' serie si fissavano su di lui in una sorta di dolente accusa.

– Prova ancora – disse il giovane, a bassa voce – Per favore.

Easley scosse la testa.

C'era dello straordinario, in quella forza di volontà, ma non era sufficiente a piegare la natura.

Aveva tentato, l'aveva fatto davvero – non aveva mai osato toccare verdure o pane, ma perlomeno aveva chiesto bistecche poco cotte, carne al sangue: rivoltanti. Un singolo, piccolo boccone bruciava nel suo stomaco con più furia della fame stessa, e dell'orgoglio insultato. L'aveva spiegato, ma Raki non voleva rassegnarsi; curioso come non mettesse la stessa pressione su Priscilla. C'erano ovvie ragioni di timore e pericolo, certo, ma Easley ne sospettava di più profonde, ed esse mettevano il suo petto a disagio: il cuore di Raki era così gentile. La sua natura umana, la pietà nel vedere un fisico assottigliarsi a poco a poco, pur sapendolo essere quello di un demone, erano così intense. La taglia di Priscilla non faceva la stessa impressione.

Il legame tra di loro era un inganno, un'illusione. A cui entrambi si aggrappavano con troppa forza.

– È come se stessi svanendo, Easley. Devi davvero mandare giù qualcosa.

Così tanta angoscia. Ma un mostro non sarebbe stato tale se non fosse stato in grado di sorridervi di rimando.

– Cominciando da chi? – chiese, con amara, delicata ironia – Da te?

Raki non mostrò paura nemmeno per un singolo istante. Solo il tormento di una questione assolutamente irrisolvibile, per la sua coscienza.

Era coraggioso. Era eccezionale, a ben pensarci.

In realtà, la sola idea di alzare un dito su di lui metteva a Easley i brividi e la nausea. Non avrebbe mai potuto. Ma la beffarda, apparente crudeltà di quelle parole non era stata priva di scopo, ed entrambi ne erano consapevoli.

Volere il bene di un Risvegliato era augurarsi che massacrasse innocenti. Eppure, quel Risvegliato era un maestro, una guida, un protettore – qualcuno che, nelle più fredde notti d'inverno, aveva lasciato che un ragazzino trovasse riparo al di sotto del suo mantello, scaldandolo nel suo sonno. Dal momento in cui avevano donato la propria fiducia l'uno all'altro, avevano dovuto accettare un compromesso eternamente bruciante, l'unica soluzione, che tuttavia implicava che entrambi rinunciassero a qualcosa – al cibo da una parte e alla generosità dall'altra, ed Easley cercava solo di spingere Raki ad adempire alla propria parte, perché quel suo animo troppo prezioso non soffrisse. Ferirlo per portarlo ad affrontare la verità e a piegarvisi: cos'altro poteva funzionare?

Easley gli lanciò un'ultima occhiata eloquente, e quindi si alzò dal tavolo e si allontanò verso la finestra. Forse così la pressione sarebbe diminuita un poco, sperava mentre si sedeva sul davanzale, appoggiando la schiena allo stipite, incurante di quanto lo spazio fosse stretto, puntando lo sguardo nel cielo ormai buio.

In effetti, la situazione si alleggerì: sentì Raki riprendere a mangiare, con quello che pareva un appetito rassegnato, ma appetito nondimeno. Era certo che quella stessa scena avrebbe potuto ripetersi mille e mille volte, senza che il ragazzo potesse mai essere convinto del tutto, ma almeno per una serata fare leva sul peso della realtà aveva ancora funzionato.

Comunque, la verità era che tutto quello sarebbe finito in fretta. Molto in fretta.

Le sentiva.

Strisciavano in lontananza.

Venivano per lui.

Raki era pronto, ormai. E lui non poteva rischiare di metterlo in pericolo per un proprio capriccio.

Era tempo.

Tempo: un'altra parola interessante. Languire per secoli per poi riassaporare la battaglia e la vita, avere un tocco di calore che mai avrebbe sospettato di poter provare di nuovo – tutto in quelli che alla fine non erano che pochi attimi, in confronto a quanto a lungo aveva vissuto. Lasciare andare aveva un sapore spiacevole, ma era inevitabile. Si chiese se dovesse avvisare Raki quella sera, ma scelse di non farlo: il ragazzo già sapeva che il momento era vicino, benché non fosse a conoscenza del vero perché, del vero pericolo.

Per un'ultima notte potevano ancora fingere, si disse Easley, mentre il vento accarezzava i suoi capelli bianchi come neve, sciolti sulle sue spalle e sul suo petto. Poteva aspettare che Raki finisse, che l'oste comparisse per sparecchiare e augurasse loro la buonanotte; lasciarlo coricarsi nel letto insieme a Priscilla, avvolgendola nelle coperte come un vero fratello maggiore; sorridergli appena dalla finestra e invitarlo a dormire senza preoccuparsi di lui; donargli la gioia di addormentarsi privo almeno del timore di essere abbandonato, sperando che nessun incubo turbasse quel suo cuore gentile.

   
 
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