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Autore: BebaTaylor    02/08/2016    1 recensioni
Lindsay, Ryan e tutti gli altri tornano, dopo Straight Trough my heart. Ma scordatevi le atmosfere divertente della storia precedente.
Perché le persone crescono, i rapporti cambiano e si evolvono, perché c'è sempre chi non capisce, chi pensa al successo e lo vuole anche a costo di distruggere la felicità degli altri, ignorando le tante lacrime versate.
Risate, lacrime — tante — e dolore. I nostri saranno in grado di superare tutto quanto?
Attenzione: nella seconda parte del settimo capitolo ci sono vaghissimi accenni di lime slash.

«Ryan!» strilla Lindsay quando, del tutto casualmente, le tocco il sedere.
«Che c'è?» domando, «Non ho fatto niente.»
Lei mi fissa e sbuffa, «Lo sai cosa hai fatto.» dice, «Mi hai toccato il culo.» sibila.
Le sorrido, «Non l'ho fatto apposta.» dico. Lindsay sbuffa e si volta, dandomi le spalle e fissando la fila di persone davanti a noi. Stiamo andando a New York, ed è inutile dire che Liam è felice di passare del tempo con Svetlana, poi andremo in Europa, per la promozione dell'album. Prima tappa: Dublino. Credo che mi sfonderò di Guinness.

La presentazione fa schifo, scusate. Giuro che la storia è molto meglio!!
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'In a World Like this'
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We Start Over

Tre
Larger Than Life
*** There are prices to fame, alright ***



È quando arriviamo davanti alle nostre stanze che capisco che qualcosa non va, perché Svetlana entra nella stanza di Lindsay, invece che andare in quella che dovremo dividere io e Liam. «Tesoro?» mormoro, «Linds?» dico e lei si gira, «Cosa... perché?»
«Ho sonno.» borbotta lei, «Buona notte.» sbadiglia.
«Ciccina.» dice Liam, «Non dormi con me?» chiede con la stessa faccia di un cane che non mangia da tre giorni.
«Oh, ma smettetela.» borbotta Lindsay appoggiandosi alla porta, «Sono stanca per fare qualsiasi cosa che non sia schiantarmi nel letto.» dice, «Io e Svetlana andiamo a dormire.» aggiunge con un altro sbadiglio, «Buona notte.» dice e ci chiude la porta in faccia.
«Ma... Ciccina.» soffia Liam e si gira, fissandoci, «Lindsay ci ha chiuso la porta in faccia.» esclama, come se non riuscisse a capacitarsi di una cosa del genere.
«Ragazzi.» sospira Carl, «Andate a dormire e non rompete le palle.» borbotta, «Ora, prima che vi prenda a calci.»
Carl ordina, noi eseguiamo.
Entriamo nelle nostre stanze e poso immediatamente l'orecchio sulla parete che divide la nostra stanza da quella di Linds e Svetlana. Cavolo, non sento nulla, a parte mormorii incomprensibili! Afferro uno dei due bicchieri di vetro e lo appoggio al muro, per poi accostare l'orecchio al fondo del bicchiere. Oh, così va già meglio: sento ancora poco e male, ma qualche parola la capisco; Svetlana chiede in prestito la crema a Lindsay perché la sua non la trova... nel beauty valigia? Ah, forse non trova il beauty nella valigia. Sì, dev'essere così.
«La pianti di fare il maniaco?»
Mi giro verso Liam, «Senti chi parla,» mormoro «taci che io non ho cercato di infilare una mano nelle mutande di Lindsay mentre eravamo sull'aereo.»
Liam avvampa e borbotta che va in bagno, così torno a spiare la mia ragazza. Le due si scambiano la buona notte e poi c'è solo silenzio.
Sistemo il bicchiere al suo posto e mi siedo sul letto, attendendo che Liam si decida a uscire dal cesso.
Ho sonno anche io e sto per farmela addosso.
Venti minuti dopo mi rigiro nel letto per l'ennesima volta. Non riesco ad addormentarmi, anche se ho un sonno pazzesco. Mi manca Lindsay, anche se è a quattro metri da me.
Quand'è stata l'ultima volta che abbiamo dormito separati? Quand'è stata l'ultima volta che mi sono addormentato senza stringere Linds fra le mie braccia?
Non lo ricordo. Ah, sì, quando Svetlana è venuta a Miami per il suo compleanno. Ecco, sì.
Mi giro verso Liam, che dorme, stringendo il cuscino e muovendo piano la bocca. Posso scommettere quello che volete, ma sono sicuro che sta mormorando il nome di Svetlana.
Chissà come dorme la mia Lindsay... di sicuro sarà tutta raggomitolata su se stessa, i capelli sparsi sul cuscino... Dio, come mi manca.
Ryan, rilassati, chiudi gli occhi e dormi! Conta le pecore, quello che vuoi, ma dormi, che ne hai bisogno!

***

Guardo la roba che ho messo sul vassoio, chiedendomi se basterà per Lindsay. Non vuole la tipica colazione irlandese, ma un cappuccino, un succo d'arancia, quattro fette pane tostato, burro, marmellata di frutti di bosco e quella alla pesca e un bicchiere d'acqua frizzante. Ah, vuole anche un cornetto al cioccolato. Per me ho preso un cappuccino, una fetta di pane tostato, burro e marmellata di fragole.
Porto il vassoio al tavolo e mi siedo accanto a Lindsay, che parlotta con Svetlana. «Ce ne hai messo di tempo!» mi dice.
«C'era gente.» sospiro passandole il cappuccino, «Non potevo mica passare davanti solo perché tu hai fame.» esclamo.
Lei sbuffa e afferra la tazza, mangia la schiuma e ci mette lo zucchero, «Cosa facciamo, visto che abbiamo la giornata libera?» chiede prendendo una fetta di pane.
«Guinness Storehouse.» risponde Chris con la bocca piena di salsiccia.
«Non ti pare di esagerare?» chiedo, «Non sono neppure le dieci!» sbotto, «E, considerando il fuso orario, da noi sono circa le sei del mattino.» faccio notare.
Jake apre la bocca, scrolla le spalle e sorride, «Dov'è la Guinness Storehouse?» domanda, ignorando quello che ho appena detto. «È una buona idea!»
«Qui.» risponde Chris, mostrandogli il telefono,«St James Street.» dice, «Eddai, Ryan, possiamo andarci per pranzo.» esclama guardandomi.
Non replico, visto che sono tutti d'accordo con lui, pure Carl. No, diciamo la verità: anche io voglio andarci!

***

Non avrei mai immaginato che Dublino potesse essere così bella e piena di fascino. Le porte sono tutte colorate, la gente è simpatica e non ti guarda come se volessi scipparle le mutande.
«Scattaci una foto.» mi ordina Lindsay porgendomi il suo cellulare.
Siamo sul O'Connel Bridge e le due guardano il Liffey che corre sotto di noi, ridacchiano, si girano verso di me, si abbracciano. «Pronte?» chiedo e Lindsay risponde di sì. Così scatto la foto.
«Grazie.» soffia Lindsay riprendendosi il cellulare. La bacerei qui, adesso... peccato non possa. Stupide regole.
Attraversiamo il ponte, arrivando in Abbey Street e un gruppo di ragazze ci fissa, uno per uno, prima di spalancare la bocca.
«Oh, Dio.» mormora una di loro.
Oh, ci hanno riconosciuto! È una cosa a cui non mi abituerò mai ma che fa sempre piacere.
«Possiamo?» pigola quella di prima, «Siamo vostre fan, per favore!» supplica, gli occhi spalancati.
«Certo.» rispondo lanciò una breve occhiata a Lindsay che, però, non mi guarda, perché è concentrata su... su... sulla borsa di una delle ragazze.
Facciamo le foto con queste quattro ragazze, che avranno al massimo vent'anni e loro sorridono felici.
«Possiamo fare una foto con voi?» chiede la ragazza che ha parlato prima guardando Lindsay e Svetlana.
«Con noi?» squittisce Linds, «Oh, certo.» annuisce. Il cellulare della nostra fan finisce nelle mani di Carl che scatta la foto. Ci salutiamo e ognuno prosegue per la sua strada.
«Stai gongolando.» dico a Lindsay raggiungendola, mentre proseguiamo sulla Abbey, siamo così vicini che le nostra braccia si sfiorano.
«Ma no.» replica lei, lo sguardo che corre sulle vetrine. Merda, non pensavo che ci fossero così tanti negozi! «È una tua impressione.» dice.
«Tu sei felice quando vogliono fare le foto anche con te.» esclamo ma lei mi ignora, dirigendosi verso un negozio di borse. E ti pareva che non lo scegliesse come prima tappa, ovviamente Svetlana la segue.
«Ci hanno lasciato qui!» si lamenta Liam.
«Lo sapevamo che sarebbero entrate nel primo negozio di loro interesse.» dice Carl, «Vado a dire loro che andiamo avanti.» aggiunge, «State qui, buoni e a cuccia.» dice e sparisce nel negozio.
Sbuffo e infilo le mani nelle tasche, Carl appare dopo pochi minuti. «Andiamo.» esclama, così avanziamo, fissando distrattamente le vetrine. Lindsay e Svetlana ci raggiungono dopo ben venti minuti, tre sacchetti per una.
«Linds!» esclamo, «Quanta roba hai preso?» chiedo, «Se continui così ora che torniamo a casa avrai almeno due valigie in più!»
Lei ride, «Eddai,» dice «non è vero. Sono solo due cosine...» scrolla le spalle, ci supera ed entra in un altro negozio.
«Io non l'aiuterò a chiudere la valigia, sia chiaro.» borbotto.
«Sì che lo farai.» ride Aaron, «E l'aiuterai pure a portarla in giro.»
Lo fisso e sospiro. Ha ragione.
«Ho ragione, vero?» ride lui.
Io non rispondo, così vado avanti di qualche passo. Credo che sarà una lunga giornata... di shopping.

«Andiamo alla Guinness Storehouse? Eh, ci andiamo?» trilla Jake, che forse si è scolato un paio di pinte di nascosto.
«Con tutta la loro roba?» dico e indico i sacchetti che Lindsay e Svetlana stringono. Saranno almeno quindici. A testa. «Io non faccio il facchino!» esclamo e incrocio le braccia.
«Torniamo in albergo il tempo per posare i sacchetti, poi filiamo alla Guinness Storehouse.» esclama Carl, «Dio, ogni tanto siete infantili come bambini dell'asilo.» borbotta.
«Portami un paio di sacchetti, per favore.» soffia Lindsay guardandomi.
«Ho già i miei.» le faccio notare sventolando i tre sacchetti.
«Per favore.» continua lei e mi sfiora il braccio mentre andiamo verso l'hotel — per fortuna è a due passi — «Ryan...» dice, «Pecorella.» mormora.
«Non chiamarmi così.» dico, «Per favore.»
Lei mi porge qualche sacchetto e sorride, «Dai, per favore... pecorella.» mormora e vedo Jake girarsi e guardarci. «Guarda che lo dico più forte.» continua Lindsay, così afferro i sacchetti.
«È un ricatto.» borbotto e lei sorride, vittoriosa.
In pochi minuti siamo in hotel, saliamo al nostro piano — il quarto — e seguo Lindsay nella sua — nostra? — camera. Mentre lei posa i sacchetti sul letto, io li lascio sul mobile vicino alla porta chiusa.
«Andiamo?» dice lei, guardandosi allo specchio e sistemandosi il ciuffo che le cade sulla fronte e le copre l'occhio destro.
«Sì.» dico, le afferro un polso e l'abbraccio, «Sei una ricattatrice.» soffio sul suo collo mentre la spingo verso la porta.
Lei ride, «Non è vero.» dice.
«Sì, invece.» la bacio mentre la sua schiena tocca il legno della porta. Da quanto non la baciavo? Da quando siamo usciti dall'hotel di New York. Un giorno fa? Quindici ore fa? Con il fuso orario ho perso il conto. Ma non m'importa di sapere da quanto non la bacio o la stringo a me, so che è passato troppo tempo. Lindsay mi stringe, mi afferra i capelli e si preme contro di me.
«Vi muovete?» esclama Carl da fuori la porta, «Qua c'è un bambino impaziente!»
Mi stacco da Lindsay, «Continuiamo dopo.» mormoro.
Lindsay sorride e mi spinge via, «Sono indisposta, ricordi?»
Sospiro, «Ah, già.» dico, «Che palle.» mormoro.
«Andiamo?» esclama Jake quando siamo in corridoio.
«Sì.» risponde Carl.

***

Il pomeriggio trascorre come la mattinata: passeggiate fra le vie dublinesi, shopping... solo che adesso, ad ogni angolo che svoltiamo, ci sono nostre fans che vogliono abbracci, foto, autografi, numeri di telefono...
«C'è una tizia che mi continua a mandare Tweet.» dice Svetlana mentre ci infiliamo in una caffetteria per uno spuntino, «Vuole che la segua.» aggiunge, «Aspettate... mi ha mandato cento tweets?» squittisce.
«È la fama, tesoro.» ride Lindsay. «Io ne ho una che vuole che gli faccia gli auguri in ritardo, anche se il suo compleanno è stato due settimane fa.» sospira mentre ci sediamo.
«Io non sono famosa!» esclama Svetlana e strappa il menu dalle mani di Aaron, che la fissa, sorpreso. «Dovrebbero mandarli a voi,» ci indica «non a me!»
«Lo fanno anche con mio fratello.» esclama Chris, «Alcune ragazze, appena menzioni un amico o un parente, partono in quarta con il follow e i tweets di richieste di essere seguite.»
Svetlana apre la bocca, «Ah.» dice, «Mi adatterò.» esclama, «Anche perché mi dicono sempre quanto sia carina e gentile.» gongola.
«Quello si chiama fare le leccaculo.» ride Jake, «È perché vogliono che tu le noti, che ti dicono tutte quelle cose carine.»
«Lei è veramente così.» esclama Liam.
«Smettetela.» sibila Carl e basta guardarlo per capire che è un'ordine e che dobbiamo eseguirlo senza se e senza ma.
Guardo Linds, che se ne sta comodamente seduta sulla poltroncina, il menu fra le mani, «Voglio la crema di caffè.» dice, chiude la lista e la posa sul tavolo, gira il viso verso di me e mi sorride. E io voglio baciarla. Adesso, anche se l'ho fatto poche ore fa. Perché l'amo, perché è bellissima.
E perché e mia.

E questo è Croke Park Stadium?
Dio mio, è enorme!
«È grande.» commenta Svetlana.
«È uno degli stadi più grandi d'Europa.» dice Jake, «Ci hanno suonato anche gli U2 e i Westlife.»
«I Westlife?» dico, «E chi sono?»
Jake mi guarda come se fossi un'imbecille, «Una boy band irlandese.» risponde, «Si sono sciolti nel 2012, dopo quattordici anni di attività.» spiega, «Unico gruppo non inglese ad avere avuto sette album e quattordici singoli al numero uno delle classifiche inglesi.» continua.
«Hai mangiato la loro biografia?» ride Lindsay ma lo so che si sta chiedendo chi sono questi tizi. E me lo chiedo anche io, per aver suonato in uno stadio così grande devono essere bravissimi.
«E comunque domani mattina abbiamo l'intervista con uno di loro.» esclama Jake, «Dio, siete proprio ignoranti!» sbotta, «Nicky Byrne, il Nicky Byrne show.»
Ah. Okay. Tutto bene, almeno incontreremo uno che ha cantato in questo stadio.
Riprendiamo i nostri giri e, qualche metro dopo, incontriamo altre fans, che strillano e urlano e quasi ci assordano.
«Facci la foto.» esclama una di loro, porgendo l'Iphone a Lindsay che la guarda, «Adesso.» ordina la tizia.
Lo so che Lindsay vorrebbe spaccarle la testa. Sobbalzo, quando una di loro mi ficca la mano nella tasca posteriore dei jeans per poi stritolarmi una chiappa.
«Possiamo avere i vostri numeri di telefono?» chiede la tizia di prima.
«No.» rispondo, «Mi dispiace.»
Quella fa una smorfia quasi offesa, «Dai, non li diamo a nessuno.»
«No.» dice Carl. «Se lo facciamo con voi lo dovremo fare con tutte.» aggiunge, «No. Mi dispiace ma è così.»
Le ragazze se ne vanno, offese per il rifiuto.
Ad ogni angolo, ad ogni via che percorriamo, qualcuno ci vede, ci riconosce e ci ferma.
È tutto così... strano, così... folle.

✨✨✨

Deglutisco mentre fisso la lunga fila di ragazze che sono in attesa che inizi la signing session. Sono centinaia e si estendono come un lungo serpente gigante, che corre lungo il negozio di cd e dvd.
«Quante sono?» mormoro senza staccare gli occhi dalla finestrella. Per fortuna è una di quelle finestre-specchio: io posso vedere loro, ma loro non possono vedere me: e per fortuna, aggiungerei. Sono matte.
Stamattina, quando siamo usciti dall'albergo, abbiamo trovato almeno una trentina di ragazze, che si sono fiondate su di noi urlando e gridando e agitandosi come se avessero il fuoco sotto i piedi. Alcune di loro piangevano, singhiozzando come neonati.
Anche adesso riesco a vedere un paio di ragazze che piangono, abbracciate alle amiche.
«Quasi quattrocento.» risponde uno dei bodyguard. È alto almeno due metri e largo altrettanto, con muscoli enormi e mani come grosse come pale da neve. «Me lo ha detto una delle guardie del negozio.» aggiunge Junior — così si chiama, grattandosi distrattamente il teschio con le tibie incrociate che spuntano dalle orbite vuote e dalla bocca spalancata —, che ha tatuato sul bicipite destro.
«Ah.» commento. Quattrocento? Dio, non finiremo mai!
«E fuori ce ne saranno un altro centinaio.» continua Junior, anche se noi lo chiamiamo J.
Deglutisco e bevo un sorso di caffè. «Sono tante.» soffio.
J ride, «Già.» concorda, «Vado al mio posto.» dice e se ne va.
Torno dai ragazzi, che sono nella saletta dove firmeranno gli autografi, ignari di quanta gente ci sia là fuori. «Siete pronti?» chiedo e tutti rispondono, in coro, di sì. E sembrano sul serio pronti!
Beati loro, io sono terrorizzata!
Le prime cinquanta ragazze si comportano bene, certo, alcune di loro piangono, tremano e balbettano emozionate. Cose normali, insomma. È il gruppo successivo di dieci ragazze che è fuori di testa: la prima, la numero cinquantuno, entra lanciando un urlo beduino e si butterebbe su Liam se un altro dei gorilloni non la fermasse e la respingesse, facendola tornare al suo posto.
«State calme.» esclamo, stringendo la cartellina al petto. «Calma.»
La scimmia urlatrice mi fissa come se volesse ammazzarmi e guarda di nuovo Liam, che la fissa con gli occhioni sbarrati. Poveretto, si starà cagando sotto, quella sembra davvero pazza, appena scappata da... da... Dio, esisterà anche qui un'ospedale psichiatrico, perché al momento mi viene in mente solo il Bellevue, a New York.
«Calma.» ripeto ma quelle continuano a gridare, ad abbracciarli come se volessero ficcarsi nelle loro mutande e le odio, le odio e le odio ancora di più. E le odia anche Svetlana, che sta stringendo i braccioli di legno della sedia dove è seduta come se volesse strapparli da lì e magari usarli sulle teste di quelle oche starnazzanti.
«E che cazzo, volete stare calme?» sbraito, «Un altro urlo e vi sbatto fuori, interrompo tutto quanto e vado a dire a quelle che sono qui fuori che la colpa è vostra!» dico. «Quindi adesso chiudete quella cazzo bocca!»
Mi fissano tutti quanti, sorpresi dallo sfogo, compresa Svetlana, che si affretta a stringermi la mano.
Fortunatamente le ragazze tacciono, tranne la prima ragazza, la scimmia urlatrice, che mi guarda come se, oltre a volermi fare fuori, volesse ridurmi anche in minuscoli pezzetti.
Dio, sarà una lunga giornata...

***

Usciamo dal negozio dopo tre ore e passa. Sono distrutta, non ho più voce e mi fa male tutto, perché ho tenuto i muscoli costantemente tesi, specialmente dopo che una ragazza si è gettata su Aaron, saltando il tavolo, strillandogli una proposta di matrimonio — “Vuoi sposarmi? Oh, andiamo dal giudice a sposarci!” —, abbracciandolo e baciandolo sulle labbra. Che poi ragazza è un eufemismo: avrà avuto almeno trentacinque anni abbondanti.
«Andiamo in albergo?» sbadiglia Jake, «Dio, sono state matte.» sospira mentre siamo in auto.
Concordo.
Senza contare quando siamo usciti dal retro: altro che cento ragazze, erano almeno il doppio! E ovviamente hanno urlato appena ci hanno visto, alcune di loro hanno cercato di buttarsi sotto le macchine e così ci abbiamo impiegato un'eternità per fare i cinque metri scarsi che servivano per uscire dal parcheggio. Una di loro si è premuta così tanto contro il finestrino dalla mia parte che la sua faccia era tutta distorta. Ovviamente non ha smesso di urlare, neanche quando era spiaccicata contro l'auto.
«Sì.» rispondo, «Poi vediamo cosa fare.» dico, «Più che altro vediamo cosa dice Carl...» sospiro e mi appoggio contro Ryan, che mi bacia la testa e stringe la mano.
«Tutto okay?» chiede Ryan guardando Aaron.
«Certo.» replica l'altro, «Anche se una tizia ha cercato di infilarmi la lingua in bocca e rapirmi per sposarmi.» esclama con sarcasmo. «Ma non si vergogna?» geme.
«È la fama, tesoro.» ridacchia Ryan e lo prenderei a sberle se solo non fossi così esausta.
«È la fama un cazzo.» ribatte Aaron, seduto davanti a noi, che cerca di spingere via Jake che si sta appisolando, «Anche tu ti sei cagato sotto quando quella ti ha detto che si sarebbe fatta tutte le tappe europee e che voleva fare la stessa cosa con il tour.» dice.
«Non è vero.» squittisce Ryan. «E poi non sa mica dove abito!»
«Ha ragione lui.» sbadiglio, «Ti sei spaventato.» dico e lui sbuffa.
«Che palle che siete.» borbotta quell'idiota del mio ragazzo, «Dai, a Chris è andata quasi peggio!» ride, «Quella voleva soffocarlo con le sue tette.»
«Erano rifatte.» faccio notare, «E Chris aveva la faccia di uno che voleva fuggire in Antartide.»
Ryan mi abbraccia e io poso la fronte contro la sua spalla. Ho così tanto sonno...
«Dormi?»
Apro gli occhi e lo fisso, «No.» rispondo e sbadiglio. «Quasi.» ammetto.
Ryan sorride, «Lo sapevo.» dice, gongolando.
Alzo gli occhi al cielo e fisso Jake, seduto davanti a noi, che si sta praticamente sdraiando sul sedile, con la testa posata sulle ginocchia di Aaron, che non fa nulla, troppo stanco o sconvolta dalla proposta di matrimonio.  Chissà cosa avrebbe fatto Melanie se fosse stata lì con noi! Probabilmente avrebbe cercato di affogare la pazza in un bicchiere di plastica... riderei se non fossi così stanca.
Arriviamo in albergo, ci fiondiamo nelle nostre stanza e, mentre Ryan si chiude nel bagno, io mi sdraio sul letto e controllo il cellulare. Dovrei anche caricare le foto sulla pagina Facebook del gruppo ma sono troppo stanca.
«Oh.» faccio, quando vedo che qualcuno a filmato la proposta di matrimonio e l'ha condivisa. Seguo il link che mi porta a una pagina Facebook creata da alcune fans, l'unico commento al video è: “È stato esilarante... ma povero Aaron xD”
Guardo il video, rivedendo la scena di poche ore prima; passo ai commenti e il primo che mi capita sotto gli occhi è quello di Melanie La Piaga Psicopatica. Scrive: “Povero il mio Aaron! Io quella la uccido! L'ammazzo! Come si permette? Lui è mio amico! E poi tutte quelle troie che si sono fatte le foto con Ryan... lui è mio! Ama me! Me e solo me! Non lo devono toccare!”
Niente, Melanie è davvero, ma davvero imbecille.
Leggo le risposte al suo commento: “Sei invidiosa; Non offendere, stupida!; Tu sei di Miami e li puoi vedere quando vuoi, hai venti foto con lui, di cosa ti lamenti?”
«Non starai guardando porno gay, vero?»
«Io non guardo porno gay.» replico senza fissare Ryan, «Imbecille.»
Lui ride e si siede accanto a me, si è fatto anche la doccia, ha i capelli ancora bagnati, «Che guardi?» chiede.
Giro il cellulare verso di lui, che lo prende. «È una scema.» sospira e mi guarda, sorridendo, «Tu li guardi, i porno gay.» dice, «Ammettilo, Linds.»
«Io non li guardo!» esclamo.
«E allora perché sei diventata rossa?» ride lui toccandomi una guancia, «Basta che lo ammetti, è una cosa normale... o guardi solo porno etero?» ride di nuovo e lo prenderei a schiaffi, «Sei stata tu a dirmelo.»
Dio, è vero. Ho ammesso di aver visto dei porno. «Non ho mai visto porno gay.» ripeto. «È vero!» esclamo.
Ryan ride, posa il cellulare sul comodino, «Bugiarda.» dice.
Io alzo gli occhi al cielo, «Il bagno è praticabile o è una camera a gas?»
«Vai pure.» replica lui, «Io mi rilasso un attimo.»
Gli do un bacio veloce, mi alzo e mi ficco in bagno. Quando ne esco, neanche dieci minuti più tardi, dopo essermi fatta una doccia veloce — non ho lavato i capelli — Ryan è ancora sdraiato sul letto, la mano sinistra sulla pancia, la destra sotto la testa. «Ryan?» chiamo ma lui non mi risponde, così mi avvicino al letto, ci salgo e gattono fino a lui. Dorme. Sembra così carino e innocente in questo momento. Gli occhi chiusi, le labbra morbide, il respiro regolare.... bacio la sua fronte e mi trascino giù dal letto, esco dalla stanza e vado in quella di Carl. Busso.
«Non ti azzardare a montare l'armadio!» sbraita lui al telefono mentre apre la porta, «Annie, tesoro mio, capisco che...» sospira.
«La macchina fotografica.» dico e lui annuisce, spalanca la porta e lo vedo andare verso il mobile della tv.
«Annie, sei incinta, per l'amor di Dio! Non fare sforzi!» dice lui prendendo la reflex, «Lo monto io, giuro.» borbotta, mi dà la macchina fotografica, sospira e chiude la porta.
Torno nella mia stanza e passo la seguente mezz'ora a caricare le foto su Facebook, chiamando l'album “Signing session, Dublino, Martedì 5 Maggio 2015”
Aspetto che tutte le foto sia caricate e condivido l'album, aggiungendo un paio di ringraziamenti. Immediatamente, iniziano a fioccare i “mi piace” e commenti.
E adesso? Sono quasi le sei. Inizio ad avere un po' di fame... svogliatamente guardo Facebook, poi passo a Youtube, alla ricerca di qualche video divertente. Ne trovo un paio di gattini: in uno un gatto insegue come un pazzo un topino radiocomando. Il topolino corre sotto al tavolo e alle sedie, gira attorno alle gambe di esse, sfreccia per la cucina e il gatto, un micino tutto rosso, lo insegue senza sosta. Poi il topino gira, passa fra le gambe del gatto che quasi salta in aria dalla spavento.
Poi c'è un video di un cane che vuole assaggiare il cibo del gatto, infila il muso nella ciotola blu e il gattino reagisce: inarca la schiena, soffia e allunga una zampetta bianca, spingendo via il cane che lo guarda quasi deluso, prima di accucciarsi accanto alla ciotola.
Poi qualcuno bussa alla porta. Mi alzo dalla comoda poltroncina e apro. È Carl. «Scendiamo a cena fra mezz'ora.» dice, «Poi fate quel che volete, ma ricordate che partiamo domani pomeriggio per Londra.»
Annuisco, lo ringrazio e mi volto verso Ryan che ancora dorme. Chiudo piano la porta e vado verso il letto. «Ryan.» chiamo, «Ryan, svegliati.» dico e lo scuoto piano. «Ryan.» sbotto, «Svegliati!» dico ma lui non si muove, così gli tocco le gambe, salendo piano dal ginocchio, sfiorando piano la coscia e stringendola ogni tanto, «Ryan...» cantileno, toccando il bottone dei jeans, «Ryan...» poso una mano proprio lì, «Su, ti stai perdendo il divertimento!»
«Piantala.» biascica lui, ancora mezzo addormentato.
«Fra mezz'ora si cena.» dico accoccolandomi su di lui. Ryan mi abbraccia, stringendomi forte.
«Okay.» soffia, gli occhi ancora chiusi, «Adesso mi alzo.» mormora e apre gli occhi. «Quanto ho dormito?» sbadiglia, mettendosi seduto.
«Una mezz'ora.» rispondo scendendo dal letto. 
Lui sorride e mi abbraccia, «Stanca?» chiede e mi bacia la testa, «Linds!» esclama e mi accorgo che fissa il portatile aperto sul tavolino tondo, «Se guardi dei porno sei obbligata a dirmelo così li guardiamo insieme!» dice.
«Non stavo guardando porno!» dico spingendolo via, «Idiota!» sbotto quando lui ride, «Smettila.» squittisco, «Vai a prepararti, o vuoi uscire così, pecorella?» chiedo e gli tocco i capelli, infilando le dita fra di essi.
Lui sbuffa, «Vado, vado.» dice, «E non chiamarmi pecorella.» borbotta e va in bagno.
Sospiro, torno al tavolino e spengo il portatile, infilo le scarpe — delle semplice converse grigio scuro — e vado in bagno.
«Dovresti bussare, sai?» commenta Ryan, le mani sporche di gel fra i capelli.
«Veramente questa stanza è a nome mio.» faccio notare e mi guardo allo specchio. «Guarda che pelle secca...» mormoro. Prendo il tubetto di crema idratante e me ne spalmo un po' sul viso, facendola assorbire completamente mentre Ryan continua con la sua opera, nemmeno fosse un'operazione a cuore aperto! «Hai finito?» commento.
«No.»
«Vanno bene così.»
«No.»
«Ryan...» sospiro, «Vai bene così.» dico, «Sul serio.» gli sorrido prima di lavarmi le mani.
«Non sono ancora perfetto.» dice lui prendendo altro gel.
Sbuffo, alzo gli occhi al cielo e prendo la spazzala. Ho un ragazzo che passa più tempo di me a sistemarsi i capelli.
«Adesso sono perfetto.» dice Ryan. «Pronta?» chiede, «Linds, ci stai mettendo troppo!» ride.
Non rispondo e continuo a pettinarmi, così evito di spaccargli la spazzola in testa. «Sì.» dico posando la spazzola sul ripiano.
«Bene.» dice lui e mi abbraccia, mi solleva e mi posa sul ripiano di marmo che circonda il lavandino.
«Guarda che se si spacca pago io, eh!» dico ma Ryan mi ignora e mi bacia il collo. «Ryan...» soffio mentre mi alza piano la maglia ma lui mi ignora e continua a baciarmi.
«Zitta.» soffia sulle mie labbra, «Abbiamo tempo.» mormora.
«Lindsay!» Carl bussa alla porta, «Pronta?»
«Sì!» rispondo a voce alta, «Un secondo!» dico e guardo Ryan, «Abbiamo tempo, eh?» rido e abbasso la maglia, scendo dal mobile e fisso Ryan, «Andiamo, prima che ci lasci qui.» dico, recupero borsa e cellulare. Ryan mi segue e usciamo in corridoio, dove incontriamo gli altri. Scendiamo di sotto, al piano terra, dove si trova il ristorante.
Ci accomodiamo a un tavolo tondo, mi ritrovo seduta fra Ryan e Svetlana e ordiniamo la cena.
Dio, questa è l'ultima sera in Irlanda, domani pomeriggio saremo a Londra e non ci fermeremo nemmeno per respirare: la sera del nostro arrivo abbiamo un'intervista radiofonica, il giorno dopo un'altra e poi un'intervista per la tv, poi ci sarà la signing session, poi un'altra intervista, il mattino seguente apparizione tv e poi prendiamo l'aereo per... per... per boh, me ne sono scordata. Ah, andiamo a Monaco di Baviera. Almeno credo. O è Copenaghen?
«Tutto bene?» mormora Ryan fissandomi.
Annuisco e sorrido, «Sì.» rispondo e lui mi stringe piano la mano e sorride per poi voltare la testa verso Jake e parlare con lui.
«Dopo dove andiamo?» domanda Aaron.
«Temple Bar, ovviamente.» annuisce Chris. «Venire a Dublino e non andarci è un sacrilegio!» dice.
«Altra birra?» commenta Carl. Chissà se ha convinto Annie a non montare l'armadio... «Domani abbiamo un aereo da prendere.» ci ricorda.
«Ci restiamo un paio d'ore.» replica Chris, «Un paio di pinte al massimo!» dice, «Per favore.» mormora sgranando gli occhi e sbattendo quelle ciglia lunghissime che si ritrova.
Carl sospira, «E va bene.» acconsente, «Ma per mezzanotte dovete ritornare tutti in albergo, possibilmente non ubriachi.» dice.
Noi giuriamo che a mezzanotte saremo nelle nostre stanze e che non berremo molto.

***

«Dobbiamo tornare in albergo.» biascico mentre ci avviamo verso il secondo — o è il terzo? — pub della serata.
«Sono le undici e mezza.» dice Aaron , «Abbiamo tempo.» scrolla le spalle.
«Già.» dice Jake, «Un'altra birra e poi andiamo in albergo.» ride.
Così entriamo in un altro pub, ci accomodiamo a un tavolo e ordiniamo un altro giro di Guinness e delle olive ascolane, e beviamo e ridiamo ancora.

***

Dio, che mal di testa! Ma quanto ho bevuto? Gemo e rotolo su un fianco, fermandomi appena in tempo, giusto a un paio di centimetri dalla fine del materasso. «Ryan?» chiamo a bassa voce, «Ryan?»
«Sono qui.» dice lui spalancando al porta del bagno, «Come stai?» chiede, «Vuoi l'aspirina?» domanda.
«Shh.» faccio chiudendo gli occhi, «Parla piano, ho mal di testa.» pigolo. «Che ore sono?» chiedo e faccio l'enorme sforzo di mettermi seduta.
«Nove meno un quarto.» risponde Ryan porgendomi un bicchiere d'acqua e una pastiglia, «Carl è già sveglio, vuole che scendiamo per le nove e un quarto.»
Inghiotto la pasticca e sospiro, «Ma la colazione in camera no?» biascico.
Ryan mi scosta i capelli dal viso e sorride, «Dillo a lui.» dice e mi bacia la fronte, «Vai a farti una doccia, dopo ti sentirai meglio.» esclama.
Annuisco piano perché mi sembra di avere una mandria di gnu impazziti che gira nel mio cranio, così mi trascino fuori dal letto, vado in bagno e mi ficco sotto alla doccia — che poi è anche una vasca da bagno — e mi siedo sulla ceramica mentre l'acqua calda scivola sul mio corpo.
Altro che un'aspirina, qui ci vuole l'intera confezione!
Esco dal bagno un quarto d'ora dopo, le punte dei capelli bagnati. Ryan è seduto sul letto, l'Iphone in mano. «Come ti senti?» domanda.
«Come Mufasa dopo essere stato travolto dagli gnu.» dico e mi avvicino a lui, «Quanto ho bevuto?» domando stringendomi nell'accappatoio.
Ryan sorride, «Non ricordi nulla?»
Non ricordo... cosa? Cosa ho combinato? «No.» squittisco, «Che ho fatto?» chiedo, «Ryan!» esclamo e me ne pento subito, perché una fitta di dolore mi attanaglia la testa.
Lui ride e mi fa sedere sulle sue gambe, «Niente di che.» dice e mi baia il viso, «A parte che ti sei messa a strillare che siamo degli incoscienti perché era mezzanotte e dieci e noi dovevamo essere già in albergo.»dice.
Oh mio Dio. «L'ho fatto?» pigolo e nascondo il viso contro il suo collo.
«Sì.» ride lui sfiorandomi la schiena, «Non ricordi?»
Scuoto la testa.
«Proprio niente?»
Lo fisso, «Ryan... che ho fatto?» sussurro. Non avrò vomitato nel cestino, vero?
«Nulla di che...» risponde e scuote le spalle e lo prenderei a sberle, perché ride mentre io sono in piena ansia. Cosa cazzo ho combinato? Non mi sarò messa a cantare in ascensore, vero? «Nulla di che, a parte avermi spinto sul letto, dicendo che lo volevi fare tutta la notte per poi addormentarti di botto.»
Cosa? Che cosa ho fatto?
«Mi sono addormenta mentre lo facevamo?» squittisco e odio la mia voce stridula.
Ryan mi fissa per un lungo istante, «Linds...»
«Linds un cavolo, dimmelo!» sbotto e lui ride, «Ryan.»
«Eravamo sdraiati, tu sopra di me, mi stavi baciando il collo e ti sei addormenta.» ride lui.
Ah. Ah, meno male.
«Dai,» Ryan mi bacia la fronte «vai a vestirti, altrimenti Carl si incazza sul serio.»
Annuisco e mi alzo piano, lentamente mi vesto, sentendo che il mal di testa mi sta lentamente abbandonando.

Perché non possiamo stare tranquilli nemmeno mentre aspettiamo di imbarcarci? Perché? Se sento un altro strillo giuro che picchio qualcuno. E in più c'è un'allegra famigliola — madre, padre, figlio e figlia — che fanno un casino infernale, o meglio: i bambini si rincorrono, facendo lo slaom fra le valige e le persone, urlando peggio delle fangirls qui presenti, che sono attaccate ai ragazzi come delle cozze.
«Li ammazzo.» soffia Svetlana al mio orecchio.
«Chi?» sbadiglio.
«Tutti quanti.» risponde lei, «Cominciando dai genitori delle piccole pesti.» sospira, «I miei non mi avrebbero mai permesso di correre per l'aeroporto.» dice a voce alta, «Mi avrebbero preso a schiaffi se avessi osato allontanarmi da loro.» continua, «Idioti!» sbraita quando il bambino le urta il bagaglio a mano.
Fisso l'indemoniato che continua a correre e mi chiedo se ci sia un'esorcista fra i presenti, chissà, magari un po' d'acqua santa può calmare i due ragazzini.
Finalmente chiamano quelli che devono salire in business class, così ci lasciamo dietro le fans che strillano, attirandosi occhiatacce e  ci allontaniamo dai due piccoli diavoli travestiti da bambini dell'asilo.
Prendiamo posto sull'aereo — io accanto al finestrino, ovviamente —, «Prima o poi lo lascerai a me.» dice Ryan sedendosi al mio fianco.
«Solo nei tuoi sogni.» ribatto mettendomi comoda.
«Nei miei sogni tu fai altro...» soffia lui al mio orecchio.
«Ryan.» squittisco, «Ti pare il caso?» mormoro.
Lui ride, «Almeno finire quello che hai iniziato ieri sera.» scrolla le spalle.
«Cosa?» domanda Chris, seduto accanto a Ryan, «Cosa?»
«Niente.» Ringhio allacciando la cintura, «Non sono affari tuoi.» borbotto.
Chris ridacchia, «Tanto Ryan me lo dirà.»
Io li guardo entrambi, «No che non lo farà, altrimenti vi ritroverete fra le voci bianche.» li minaccio. Loro due ridono, 'sti scemi, «E non ridete.»
«Oh, Linds, sai che non lo farò.» dice e mi sorride.
«Lo spero bene.» dico e quasi strillo quando l'aereo inizia a rullare, così mi aggrappo alla mano di Ryan e inspiro profondamente, cercando di calmarmi.
Chiudo gli occhi e mi ripeto che sarà un viaggio brevissimo, che fra poco avrò i piedi di nuovo posati sul terreno e non a chissà quante miglia dal suolo.
L'unico problema, al momento, sono le fan psicopatiche che viaggiano su questo aereo. Nessuno di loro è nella business class ma appena scenderemo ci salteranno addosso. Gli salteranno addosso. Squittendo, urlando, allungando braccia e labbra, alla ricerca di baci e abbracci. E magari altro.
Dio, come farò a mantenere la calma? Fino a quando ci sarà Svetlana avrò qualcuno con cui sfogarmi... ma dopo?
Dopo dovrò fare scorpacciate di Malox.
«Mi stai stritolando la mano.»
Guardo Ryan e poi le nostre mani: effettivamente gli sto ficcando le unghie nel dorso. «Scusa.» dico e allento la presa.
Ryan sorride, «Prima o poi mi spacchi la mano.»
Alzo gli occhi e sbuffo, guardo fuori dal finestrino e mi impongo di rilassarmi.
Come se fosse facile!
Inspiro lentamente, guardo le nuvole e cerco di calmarmi.
«Tutto bene?» soffia Ryan nel mio orecchio, le labbra così vicine che potrebbe baciarmi tranquillamente.
«Sì.» rispondo senza guardarlo.
«Ti amo.» sussurra, così piano che forse me lo sono immaginato.
Giro la testa e lo vedo, fisso i suoi occhi azzurri e sorrido. «Anche io.» soffio e gli tocco la mano, ancora posata sul bracciolo, con due dita. Ryan sorride e mi prende la mano, stringendola appena.
Inspiro, mi sistemo meglio contro il sedile e mi godo il resto del viaggio.



Salve! Scusate il ritardo, ma mi sono dimenticata di postare -.-
Per quanto riguarda il fatto che le fans seguino anche Svetlana su Twitter... è vero, succede, l'ho visto con i miei occhi. Basta che il cantante/attore/quello che è posti una foto menzionando un amico/cugino/fratello/quello con profilo twitter che subito le fans pigiano il bottone "segui" e inizino a menzionaralo per poi esultare quando questi ricambiano il follow o mettono fra i preferiti il tweet o fanno RT. Sì, è da folli.
Anche per quanto riguarda il chiedere "Say me happy bday?" c'è gente che inizia TRE SETTIMANE prime e va avanti anche fino al ese dopo, quando gli auguri non hanno più senso. Sì, c'è gente che lo fa. Sì, c'è gente che invia centinaia di tweet per questo motivo. Gente folle, sul serio.
Bhe, vi saluto e posterò il capitolo 4 entro fine settimana.
Grazie a chi legge e chi mette la storia in una delle liste.
Ricordate che i commenti sono sempre graditi, anche se negativi!

   
 
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