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Autore: Francesca_H_Martin    02/08/2016    2 recensioni
"Era come se attraverso un singolo sguardo, un breve momento che sembrava però eterno, il ragazzo fosse riuscito a percepire tutto il dolore che Lydia stava sentendo in quell’attimo.
La guardava con una dolcezza indescrivibile.
La mano fredda di Stiles si spostò velocemente dalla tasca già stracolma del suo cappotto e si posò delicatamente sulla guancia di Lydia, provocandole involontariamente un brivido che le percorse tutta la schiena fino ad arrivare a quelle cicatrici sul collo.
—Lydia non sei più sola. Ci sono io con te, non avere paura. —
Quelle dita affusolate continuavano ad accarezzarla come se fosse un petalo delicato pronto a lasciare il suo fiore."
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kira Yukimura, Lydia Martin, Scott McCall, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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 ANGOLO AUTRICE: Salve a tutti ragazzi! Volevo scusarmi per l'immensa attes questo periodo, tra una cosa e l'altra, non ho avuto proprio tempo di repsirare. SCUSATE SCUSATE SCUSATE. Questo capitolo si chiama "Everything has changed" e si basa sull'omonima canzone di Taylor Swift. Spero che aspettare tutto questo tempo, con questo capitolo definito da me " chiarificatore", proprio per spiegarvi ciò che è successo nella fine del quarto (ma soprattutto il perchè), vi ripaghi di tutto! Un grazie immenso a chi lo leggerà e ancora di più a chi mi farà sapere cosa ne pensa. Per me è importante <3 BUONA LETTURA!

                                                                                      “All I knew this morning when I woke

                                                        Is I know something now, know something now I didn’t before.
                                                                                      And  all I’ve seen since eighteen hours ago
                                                                                      Is green eyes and freckles and your smile
                                                                                  In the back of my mind making me feel like.”
 
 
 Un venticello fresco soffiava delicatamente quel giorno, scompigliando la chioma di quei maestosi alberi e quella cascata di ricci color biondo fragola, sorretti in testa da due mollettine verdi, proprio come il colore dei suoi grandi e profondi occhi.
Aveva lo sguardo fisso su un libro decisamente troppo grande per riguardare qualche argomento di sua competenza, d’altronde frequentava solo la terza elementare.
Lydia, quello era il suo nome. O almeno, secondo le informazioni che aveva ricevuto dopo  una giornata intera di “favori” e “ regali” solo per scoprirlo(come cedere il suo temperino preferito di Spiderman al “signorino odioso-sotuttoio Smith”, come lo chiamava lui ), Stiles pensava fosse quello. Si era dato troppo da fare per ottenerlo, pensare ad un'altra opzione non rientrava per niente nei suoi piani.
“Stiles, invece di creare tutta questa confusione, potresti semplicemente chiederglielo”, gli aveva detto Scott, il suo migliore amico, sorseggiando con la cannuccia un succo alla pesca durante la pausa pranzo.
In effetti, aveva ragione. Solo che…era la prima volta, in otto anni di vita, che vedeva una cosa così bella tanto da mozzargli il fiato e da rendergli quelle guance scherne e bianche, di un rosso acceso. Si era avvicinato la mattina a lei, quando la maestra stava annunciando che avrebbero avuto una nuova compagna di classe e che avrebbero dovuto accoglierla in modo caloroso, ma il suo essere a volte così timido e impacciato gli fece bloccare le gambe come se fossero legate ad un pesante masso e le parole gli morirono in gola, creando solo un leggero e impercettibile sibilo.
D’altronde, come poteva essere il contrario?
Occhi dipinti dal più bravo pittore del mondo, capace di creare quella sorta di sfumature tra il verde e l’ambra, con una piccola aggiunta di screziature d’oro colato, come se fosse la combinazione più perfetta ma allo stesso tempo difficile da riprodurre. Le  davano un senso di forza ma allo stesso tempo di fragilità, celata da quelle ciglia lunghe che creavano ombre armoniose su occhiaie appena pronunciate.
Sorriso da far accapponare la pelle. Quelle labbra carnose riuscivano a raggiungere quasi le orecchie quando rideva di cuore. Le fossette che si creavano poi ai lati della bocca erano decisamente la cosa più dolce che quella bambina, apparentemente fredda e sicura di sé, aveva. Facevano crollare  qualsiasi muro che aveva creato per sembrare dura e indifferente, mostrandola fragile  e vulnerabile.
Pelle pallida come la neve, sulla quale però risaltavano piccole lentiggini color cappuccino, visibili solo a chi davvero prestava attenzione.
Certo che, in un solo giorno conoscere tutti quei dettagli al meglio, come se non avesse fatto altro che guardarla per tutta la vita, era inquietante anche per uno che faceva questo dalla mattina alla sera, aiutando il padre con gli identikit delle persone scomparse, solo per divertimento.
Cogliere anche i più minuscoli particolari era una delle cose che amava di più.
Ora si trovava lì, di fronte a lei, su quell’altalena ormai ferma da troppo, con accanto Scott che lo fissava con una punta di divertimento nello sguardo.
—Sai amico, un giorno lei diventerà la mia ragazza. Ho già un piano. —disse senza toglierle gli occhi di dosso e giocherellando con le dita.
—E sentiamo, qual è questo piano? —Scott sorrise, scese dall’altalena e si avvicinò a Stiles, ponendogli una mano sulla spalla.
—E’ un piano a lunga durata. La conquisterò in dieci anni. Si, dieci. I primi per imparare a conoscerla, anche se da una distanza debita. Quelli intermedi per farmi conoscere a mia volta, per diventare amici. L’ultimo anno di liceo, invece…sarà l’anno decisivo. D’altronde una ragazza del genere non si conquista dall’oggi al domani, non per uno come me almeno. Si, dieci anni dovrebbero bastare.
Scott non aveva mai visto Stiles così serio, lui che non faceva altro che ironizzare e scherzare su tutto. Quello sguardo fiero e sognante, pieno di speranza e forza, gli fece un’immensa tenerezza.
Gli diede una piccola pacca sulla spalla e poi si pose davanti a lui, offuscandogli così la visuale.
—Ce la farai amico. Ce la farai.
 
Stiles aprì gli occhi sorridendo. Nonostante provasse gioia, tristezza e forse anche un pizzico di rabbia per quel che era successo la sera prima, quel sogno che aveva fatto, quel ricordo lontano ma ancora nitido nella sua mente gli aveva decisamente migliorato l’umore.
La prima volta che aveva visto Lydia.
Scese dal letto, indossando quelle comode pantofole color azzurro cielo e guardò accanto a sé, nel posto in cui la ragazza dai capelli biondo fragola fino a poco prima stava dormendo.
Il letto era vuoto.
Senza un perché si chiese dove fosse finita, iniziando a vagare un po’ troppo con la mente, cosa che faceva troppo spesso e che, suo malgrado, lo faceva diventare ancora più ansioso di quanto già fosse.
Prese un profondo respiro e si gettò a capofitto di nuovo su quel letto disfatto, fissando quel soffitto bianco e pieno di crepature a causa dell’umidità.
Stranamente si sentiva diverso; aveva una consapevolezza nuova dopo quella fatidica notte.
Nonostante non fosse avvenuto niente tra loro, Lydia era sveglia.
Lydia non l’aveva respinto come tutte le altre volte. Lydia provava davvero qualcosa per lui.
Tutto soddisfatto si rimise in piedi, prese un  asciugamano e chiuse la porta del bagno alle sue spalle.
Si guardò per un istante allo specchio. Quelle occhiaie profonde che gli incorniciavano lo guardo, dovute alla notte insonne e piena di pensieri che gli frullarono per la testa, non erano state del tutto inutili.
Sorrise di nuovo come un ebete.
Si chiese come poteva sentirsi allo stesso tempo così triste e così felice.
—Aveva ragione Scott. Ce l’ho fatta. Il mio piano dei dieci anni ha funzionato. —
Quasi come una proiezione, gli apparve Lydia al suo fianco. Immaginò quegli occhi verdi che amava tanto, quel sorriso capace di illuminare una stanza intera e quelle piccole lentiggini sparse qui e lì. Si sentiva letteralmente in paradiso.
Riusciva ancora a sentire il caldo respiro sul suo collo, i battiti del suo cuore accelerati. Percepiva ancora quell’aroma di vaniglia dei suoi capelli biondo fragola, come se quell’odore si fosse brutalmente insinuato nelle sue narici e non se ne fosse più andato via.
Ricordò quel piccolo calore che provava alle mani la sera prima, quel senso di paura e di gioia immensa che stava sentendo in quell’attimo. Tutto era di nuovo totalmente perfetto.
Perché però un pensiero cercava di intromettersi prepotentemente nella sua testa? Perché quest’ultimo doveva rovinare tutto? Perché distruggere ogni cosa, distruggere tutto quello che aveva desiderato da quando avesse memoria?
Ricominciò a parlare, tra sé e sé, sentendosi ancora più strano del solito.
—Perché, Lydia…Perché hai finto di dormire? Perché non mi hai detto cosa provi? —
 
 
 
                                                 
 
 
 
 
                                                    “ I just wanna know you better know you better know you better now
                                                     I just wanna know you better know you better know you better now
                                                     I just wanna know you better know you better know you better now
                                                     I just wanna know you know you know you…
                                                    ‘Cause all I know is we said “Hello”
                                                     And your eyes look like coming home
                                                     All I know it’s simple ain’t it? Everything has changed
                                                    All I know is you held the door
                                                   You’ll be mine and I’ll be yours
                                                   All I know since yesterday is everything has changed.”
                                                
 
 
 
Lydia guardava assente il  suo piatto pieno di cibo, che Scott le aveva riempito di nascosto per farla mangiare. Il suo viso pallido e incorniciato dai segni della stanchezza lo avevano fatto preoccupare, d’altronde le era sempre stato vicino nei momenti più difficili. Era sempre stato per tutti una spalla su cui piangere, quella mano tesa che ti tira su per non cadere nel baratro.
Un silenzio tombale regnava in quel tavolo.
Kira fissava il suo ragazzo con un’espressione interrogativa, come se stesse aspettando da lui la risposta eroica per risolvere l’intera faccenda; Scott invece alternava il suo sguardo da Kira a Lydia, da Lydia a Kira. Goccioline di sudore gli scendevano giù dalla fronte corrugata. Sembrava uno di quei cowboy ansiosi di estrarre la pistola prima di un duello mortale.
Solo Danny sembrava felice e spensierato, come se non si fosse accorto di nulla, neanche di quell’atmosfera pesante che li schiacciava come un masso.
Continuava ad ingozzarsi di brioche, una dopo l’altra, prendendo fiato solo per sorseggiare di tanto in tanto il latte bollente contenuto in quell’enorme tazza verde.
Malia lo guardava esterrefatta. Come poteva ingozzarsi in un momento del genere? Ma soprattutto, come faceva a mangiare così tanto?
—Danny, un maiale mangia meno di te. — disse Malia, gettandogli una mollica di pane tra i capelli.
—Stavo notando la stessa cosa. Ma dove la metti tutta questa roba?! —intervenne Scott per smorzare l’imbarazzo e per distruggere quel fastidioso silenzio.
—Se volete proprio saperlo, ve lo dico. — Danny guardò i suoi amici con un’espressione maliziosa in viso, sogghignando sotto i baffi.
—Ahhhh, che schifo Danny! — intervennero le ragazze in coro, tranne Lydia che era assorta nei suoi pensieri.
—Ma cosa andate a pensare, maliziose che non siete altro! — sorrise, poggiando quel piccolo pezzo di brioche che aveva in mano nel piatto. — Intendevo dire che , facendo tanto sport, tutto ciò che mangio va a finire nei muscoli. Infatti guardate qui. —
Ecco cosa intendeva Stiles per “cosa buffa” fatta da Danny con i suoi muscoli.
Li muoveva velocemente senza sforzarsi, come se fosse la cosa più naturale di questo mondo.
—Ora capisco cosa intendeva Stiles. E si, aveva ragione. E’ davvero buffo! — Scott sorrise ma poi rabbrividì al sol pensiero di aver nominato l’amico di fronte alla ragazza dai capelli biondo fragola.
Lei, sentendo quel nome, ritornò improvvisamente alla realtà.
—Scott, dov’è…dov’è Stiles? —
Stiles era appena arrivato e si trovava lì, proprio di fronte a lei. Se ne accorse solo quando finalmente alzò quello sguardo cupo, che in un baleno ritornò sereno solo quando i suoi occhi si specchiarono in quel mare color miele screziato d’oro.
Gli ricordavano tanto il sole in una giornata estiva, la più calda e piacevole che avesse mai visto.
Ad un tratto quelle sensazioni di vuoto e paura erano sparite. Si sentiva finalmente di nuovo viva, a casa. D’altronde le braccia di Stiles lo erano sempre state.
 La sua ancora. Il suo rifugio.
 Lui era la sua casa.
Stiles continuava a guardarla senza dire una parola, immobile.
Gli occhi dei presenti guizzavano da Lydia a Stiles e viceversa, in attesa che uno dei due parlasse.
—Ciao…— disse Stiles, sedendosi nel posto libero accanto a Scott e continuando a tenere gli occhi puntati su Lydia.
—Ciao…— Lydia cercò di sorridere ma tutto ciò che le uscì fu una specie di buffa smorfia.
—Ok, ora che ci siamo salutati tutti, passiamo alle cose serie.— Tutti si girarono verso Danny con uno sguardo da killer pronto a commettere il reato. —Il coach per oggi ha organizzato una specie di caccia al tesoro. “Sarà davvero entusiasmante! Ho pensato io a tutto. I vari indizi, i vari luoghi…O mer… Volevo dire, cavolaccio, ho dimenticato di scriverli sui bigliettini. Tanto ho tutto qui, stampato nella mente.” Prese un sospiro e iniziò a tossire per l’imitazione scadente della voce del coach e dopo un attimo ricominciò a parlare.
 Più o meno queste sono state le sue parole. Poi ha aggiunto, vedendo la mia espressione non tanto entusiasta: “Dici a Mccall e Stilinski che, se vogliono restare in squadra e giocare nella partita di fine anno, muovessero i loro culi e partecipassero! Ovviamente il discorso vale anche per te, big Gym”… quindi, a meno che non vogliate rimanere in panchina, dovrete sorbirvi questo strazio; anzi, dobbiamo.
—A me sembra divertente come idea. — disse Kira —E poi c’è scritto anche sull’opuscolo. —.
—Io passo per oggi. — Lydia aveva pronunciato questa frase con voce tremante. Non sapeva neanche perché quella risposta le fosse uscita così male, con un misto di ansia e paura tra le righe. Si stava maledicendo da sola e sicuramente Stiles, che la conosceva come le sue tasche, avrebbe capito che qualcosa non andava.
Come se non fosse già chiaro a tutti.
Nel momento in cui si soffermò meglio sui volti dei suoi amici, che in quell’istante la stavano fissando con occhi spalancati, ebbe la conferma che ciò che stava tentando di nascondere al meglio dalla sera precedente, era già palesemente noto a tutto il gruppo.
Sapevano del bacio-non bacio con Stiles.
Sapevano anche però che l’aveva rifiutata? Perché non l’aveva baciata? Perché si era fermato? Sapevano che questo suo strano atteggiamento era solo dovuto alla delusione subita?
Lydia, non puoi rifiutare. Sei stata tu a dirci di seguire il programma, o no? — Scott le sorrise. Il suo tono era dolce e gentile, come quello di una nonna premurosa che riempie il nipotino di caramelle solo perché non riesce a dirgli di no.
—Già Lydia… Devi venire per forza! Non accetteremo un no come risposta! — disse Kira, ponendole una mano sulla sua.
—Va bene… mi avete convinta! — gli angoli della bocca di Lydia si alzarono leggermente.
—Ok, allora…ci vediamo qui tra un’ora. A dopo ragazzi. —Scott lo disse alzandosi in piedi e così facendo lo fecero tutti, salutandosi e dirigendosi ognuno nella propria stanza.
 
 
 
 
                                                                                              “And all my walls stood tall painted blue
                                            And I'll take them down, take them down and open up the door for you.”
 
 
 
—Mi dici cosa diamine ti è preso Stiles? Perché no, io non lo capisco! — la voce di Scott aumentava man mano sempre di più.
Si trovava davanti l’armadio della sua camera, con uno sguardo interrogativo a causa della sua indecisione su cosa indossare per la caccia al tesoro che si sarebbe tenuta poco dopo.
Stiles invece era sdraiato comodamente sul suo letto, con un manga in mano e con uno sguardo assente. Erano passati già quaranta minuti dalla colazione e l’unica cosa a cui la sua mente era riuscita a pensare in tutto questo tempo era lei. Lydia. Sempre e solo Lydia.
Stiles ci sei? A cosa pensi? — Scott indossò velocemente una maglia e iniziò a sventolare, quasi come un ventaglio, la sua mano davanti il viso dell’amico. —Stiles, tutto ok? Mi stai facendo preoccupare! —. Il ragazzo finalmente ritornò alla realtà.
—Scott sto bene. Va tutto a meraviglia. Guarda, non ti sembra il sorriso di una persona alla quale va tutto a meraviglia? — Il ragazzo dalla pelle pallida indicò con il dito il sorriso finto che aveva fatto solo per far sentire meglio Scott, il quale però-nonostante sapesse che mentiva-vedendo il modo buffo con cui Stiles alzava gli zigomi, come se potessero arrivare fino al soffitto,  e vedendo quegli occhi che a mano a mano diventavano sempre più chiusi, facendolo sembrare un piccolo asiatico, non riuscì a trattenere una risata.
—Ok, se stai così bene, perché non proferisci parola da circa quaranta minuti, se non di più? Sai, normalmente sei molto…—
—molto logorroico. Già, lo so. Grazie per avermelo ricordato, amico! —
—Sai bene cosa voglio dire. Che ne dici di finire con le chiacchere e passare al vero motivo del perché stai così?…Lydia. — Stiles lo guardò negli occhi e improvvisamente le sue guance si colorarono di un rosa pallido, appena visibile.
—Non capisco a cosa ti riferisci…—
—Stiles, sei il mio migliore amico da una vita e riconosco sempre lo sguardo “allarmeLydia” quando ce l’hai, come ora. In realtà è molto facile intuire quello sguardo, ti si illuminano gli occhi e sembri ancora più rincretinito del normale. — Scott sorrise mentre Stiles lo guardava accigliato. —E poi…Kira mi ha detto tutto… non dormiva, faceva solo finta. Per trattenere l’entusiasmo e per non disturbarvi si è addirittura quasi soffocata con il cuscino. —. Scott sorrise. Stiles, guardandolo negli occhi, vide quel bagliore improvviso che si manifestava ogni qual volta il suo migliore amico parlasse della sua ragazza. Per un attimo gli parve anche di vederla, in quelle pupille. Si chiese se anche Lydia avesse quell’effetto su di lui, se anche il suo sguardo si riempisse di lei ogni qual volta la vedesse o semplicemente ne parlasse.
Una volta, alle elementari, Stiles l’aveva osservata mentre giocava con la plastilina del colore dei suoi capelli e subito la fantasia aveva preso il volo. Iniziò a pensare, con bocca spalancata, se esistesse davvero qualcosa(un colore, un abito, una melodia) che non si intonasse perfettamente con tutto quello che Lydia era.
Riflettendoci su, era arrivato alla conclusione che Lydia si intonava perfettamente con le sfumature di ogni colore perché lei racchiudeva tutte le sfumature del mondo.
Lydia si intonava perfettamente con tutte le melodie dell’universo perché era allo stesso tempo classica e raffinata come una canzone di Mozart, dolce e sensibile come una canzone jazz, forte e determinata come una canzone rock e popolare e estroversa quanto bastava per una canzone pop.
Per lui Lydia era quindi musica, arte. Rappresentava perfettamente una musa ispiratrice, quella per cui i poeti scrivono ciò che scrivono o i pittori dipingono ciò che dipingono. Solo una cosa di inestimabile bellezza avrebbe potuto essere tutto ciò e per lui, Lydia… lo era. Quindi si, probabilmente anche lui aveva ogni qual volta quello sguardo stampato sul volto.
Il ricordo ancora nitido nella sua mente lasciò spazio a un voragine profonda nel suo petto, voragine che si calmò solo quando riuscì con fatica a proferire la prima parola: —Si, ci siamo quasi baciati. —.
Il cuore di Stiles iniziò a battere tanto forte quanto una batteria suonata in pieno concerto. Sentiva il sangue scorrergli nelle vene, il calore che gli attraversava le braccia, per poi arrivare dritto dritto alle guance scherne e, nonostante tutto, una sensazione di leggerezza davvero piacevole da provare.
—Questo lo so, ma… quello che voglio davvero sapere, è…perché non l’hai baciata? Aspetti questo momento più o meno, fammici pensare… da una vita! Si, da una vita rende l’idea. — Scott lo guardava confuso. Il suo sopracciglio destro era leggermente inclinato e si alzava e abbassava velocemente.
—Oh bravo, questa risposta era proprio da me! Sono orgoglioso di te, fratello! “Sarcasm is my only defence”, no? — Stiles cercò invano di cambiare argomento, ma l’espressione impassibile di Scott gli fece sputare il rospo. —Ok, ok! Non l’ho baciata, perché…Era sveglia, capisci? — Il sopracciglio di Scott si inclinò ancora di più.
—E allora? Ancora meglio, no? Vuol dire che prova davvero qualcosa per te, perchè non si è allontanata. Dovresti esserne contento! —
—E invece qui ti sbagli… Pensaci bene. Se era sveglia vuol dire che prova qualcosa per me e se prova qualcosa per me, vuol dire che già lo sapeva, prima di ieri, ma non me l’ha mai detto. —
Scott seguiva il discorso attentamente, fino a che, ad un certo punto, capì l’amico dove voleva andare a parare.
—E se lo sapeva, avrebbe dovuto subito dirtelo e non aspettare un gesto da parte tua, perché sapeva benissimo che sei innamorato di lei dalla fottuta terza elementare…capito. —
—Già. Faccio male a comportarmi in questo modo? Cioè, aspettare una dimostrazione da parte sua, anche se lei è tutto ciò che desidero da sempre? —
—No, Stiles. Non sbagli…è solo che…—
—E’ solo che…sono cambiato. Lo Stiles di un tempo non avrebbe esitato neanche un attimo. Lo Stiles di adesso…diciamo che  ho bisogno di sentirmi unico per lei, capisci? Voglio essere per una volta quello che non fa il primo passo. Ok, forse sto dicendo una marea di cavolate, però per ora la penso così. Anche se lei è, insomma…Lydia. La ragazza dei miei sogni fin da quando ne ho memoria, l’amica per la quale darei la mia stessa vita, la complice dei miei casi irrisolti… Forse siamo destinati ad essere un caso irrisolvibile. — Stiles abbassò lo sguardo, accennando un sorriso triste, debole. Scott si sedette accanto a lui, gli strinse con decisione la spalla e lo guardò dritto negli occhi.
—Tutto ha una soluzione. Ogni caso può essere risolto… Pensa ai tuoi fili. Nonostante siano quasi tutti rossi, con il tempo che ci vuole, quel rosso diventerà verde perché niente è impossibile. Stiles, se non vuoi fare niente in proposito a questa situazione ma vuoi che sia lei a farlo, lo capisco, lascia stare. Certe volte però bisogna mettere l’orgoglio o qualsiasi cosa sia da parte e proseguire, rischiare.
 Ricordati che una situazione impossibile diventa possibile solo se si decide di fare qualcosa a riguardo. —
 
 
 
 
                                                                                            “And all I feel in my stomach is butterflies
                                                                                           The beautiful kind, making up for lost time,
                                                                                          Taking flight, making me feel right
                                                     I just wanna know you better know you better know you better now
                                                     I just wanna know you better know you better know you better now
                                                     I just wanna know you better know you better know you better now
                                                                                        I just wanna know you know you know you.”
 
 
 
Lydia stai benissimo, ora andiamo se no faremo tardi! — disse Kira mentre tirava per il braccio la ragazza dagli occhi verdi, la quale era intenta a ritoccarsi il trucco seduta di fronte quell’enorme specchio della scrivania.
—Ho fatto, stai tranquilla. — la sua voce era quasi un impercettibile sibilo.
Kira si girò immediatamente verso di lei e notò la sua espressione spaventata. Sembrava molto agitata, non aveva mai visto Lydia Martin in quello stato.
—Lydia, stai tremando…—
—Si…Si gela qui, dovrebbero aggiustare l’impianto di riscaldamento. —
Kira la riguardò con un’espressione dolce e comprensiva. Ormai conosceva Lydia, sapeva che una delle cose che la accomunava proprio a Stiles era quella di utilizzare l’ironia come una sorta di armatura, di diversivo per evitare il problema.
—Lo so che è difficile per te parlarne, anzi è difficile confidarti in generale. So anche che…non sono lei, Allison…—
Brividi di freddo percorsero la schiena di Lydia mentre Kira pronunciava quel nome. Era come se quelle sensazioni dolorose e laceranti che aveva provato alla sua morte e che credeva ormai già affrontate, superate, fossero riaffiorate in un batter d’occhi.
—Con questo voglio solo dirti che…Con me puoi parlare di qualsiasi cosa. Puoi sfogarti, se vuoi. Puoi fidarti. —
La ragazza le sorrise dolcemente. In quel preciso istante le ricordò proprio la sua migliore amica, con quegli occhi brillanti e quella sorta di dolcezza nella voce, come se fosse una mamma chioccia pronta a proteggere i suoi piccoli a qualsiasi costo.
Una voce conosciuta le stava ripetendo “diglielo, sfogati, non tenerti tutto dentro” nella sua testa. Era quella di Allison.
Perché però le parole faticavano ad uscire?
“Forza Lydia, parla. Parla. Puoi farcela.”
—Provo qualcosa per Stiles. —.
Le parole uscirono dalla sua bocca come un fiume in piena. Erano restate così tanto dentro di lei, avevano occupato i suoi pensieri così tante volte che ora cacciarle fuori le era suonato strano, come se stesse parlando in una lingua sconosciuta, aliena.
—E perché non l’hai baciato? Perché hai finto di dormire? —
—Perché…Perché avevo paura. —
—Di cosa? —
—Di essere arrivata troppo tardi, di non valerne più la pena. Chi mi da il diritto di piombare così, all’improvviso, e di pretendere che lui mi stia ancora aspettando? —
Lydia abbassò la testa. Una lacrima le solcò il viso, non riuscendo però a compiere l’intero tragitto perché interrotta dal dito di Kira che saliva e scendeva su quella guancia umida.
—Lydia, ti sta ancora aspettando. Non ha mai smesso di aspettarti. —
—E perché allora non mi ha baciata? So che sai tutto, non sono stupida. —
Kira lasciò scivolare la sua mano sul suo fianco e la guardò negli occhi.
—Penso perché aveva paura anche lui, proprio come te. Devi fare assolutamente qualcosa. —.
Lydia si sedette di nuovo sullo sgabello della scrivania e iniziò ad asciugarsi le lacrime, guardandosi allo specchio. Kira le si avvicinò e la guardò attraverso quel vetro ormai opaco per il freddo, ponendole una mano sulla spalla.
—Ti faccio una domanda diretta. Cosa provi davvero per lui? —
—Io…Io…—
Le parole le si bloccarono in gola. Nonostante ci stesse provando con tutta se stessa, la sua bocca era diventata una specie di porta chiusa a chiave, impossibile da aprire e da permettere a quei sentimenti quasi estranei per lei di fuoriuscire sotto forma di sillabe intonate dalla sua voce ormai tremante.
—Non fa niente se non riesci a dirlo. Facciamo anzi un gioco. Dimmi la prima parola che ti viene in mente pensando a Stiles. Quello che senti quando c’è lui. —
La testa della ragazza si riempì di mille parole, ma solo una risaltava in mezzo a quella confusione.
—Salvezza. —Per la prima volta le uscì così spontaneo che si meravigliò di se stessa.
—Stiles mi ha salvata in tutti i modi in cui una ragazza può essere salvata. Mi salva ogni giorno. —
Kira le accennò un mezzo sorriso e le accarezzò i capelli.
—Da come lo dici sembra che con nessuno dei ragazzi con cui sei stata ti sia mai sentita così.—
No… Non in questo modo.
 
 
 
 
                                                                                                             “ Come back and tell me why
                                                                                        I'm feeling like I've missed you all this time
                                                                                                                  And meet me there tonight
                                                                                     And let me know that it's not all in my mind…”
 
 
 
—Che significa che Danny ha deciso le coppie? — uno Stiles particolarmente agitato ruppe il silenzio di quella caffetteria, dove gli unici presenti erano il branco e il coach ubriaco che gesticolava e borbottava cose senza senso ad alta voce.
—Le ho decise io le coppie, qual è il problema? Tu stai con Lydia. Siete o non siete la coppia di detective vincente? — Danny guardava il ragazzo con occhi spalancati.
Perché mai non voleva far coppia con Lydia, quando era stata la cosa che aveva sempre fatto?
Scott guardava Danny con un sorriso strozzato. Come poteva non essersi accorto che tra quei due c’era qualcosa che non andava?
Era assurdo. Danny era assurdo.
—Che c’è… Vuoi cambiare coppia? — continuò Danny, passando lo sguardo da Stiles a Lydia.
La ragazza guardava Stiles con occhi diversi, celati da una punta di tristezza palesemente visibile.
Stiles la guardò a sua volta, pentendosi di aver detto una cosa del genere.
—Non è per Lydia…Non capisco perché debba decidere tu, big Gym. —
Grande Stilinski, fai vedere a quell’ammasso di steroidi chi vale davvero!”
Il coach. Il coach stava davvero tifando per Stiles Stilinski?
Era ubriaco. Decisamente ubriaco.
—Le coppie sono decise, gracilino. — disse Danny con espressione accigliata.
Tutti i ragazzi guardavano la scena ridendo a crepapelle.
—Questo è il primo biglietto. L’ho trovato facilmente, mi è bastato solo seguire il fetore immenso di alcool che emanava. —questa volta a parlare fu Scott, che pose il pezzo di carta a Lydia, sorridendo.
“Il prossimo indizio è vicino. Non è difficile trovarvi un corno di Bicorno o la pelle di Girillacco. Se volete un aiutino, li potete cercare in quello di Piton, nello ‘…………..’.
—Elementare, Watson. Lydia, la parola è sgabuzzino. — Stiles osservava gli altri con sguardo fiero, come se avesse risolto un quesito di enorme importanza. Tutti invece cercavano di trattenere una risata per l’espressione buffa e ridicola che il ragazzo aveva in quel preciso momento.
Perché a Lydia però non faceva ridere? Lo trovava solo adorabile, adorabile con quel mezzo sorriso pronunciato e quel luccichio intenso negli occhi. Più adorabile del solito.
Lydia Martin che pensava certe cose sdolcinate? Sarebbe stata un’utopia solo qualche mese prima. Lydia Martin era cambiata tanto, in tutto. Lydia Martin aveva abbandonato le sue paure e le sue certezze grazie a Stiles. Lydia Martin era una persona completamente nuova.
—La parola davvero giusta, in realtà, sarebbe dispensa. —
A parte per la sua “secchionaggine”. In quello non era per niente cambiata.
Stiles guardò Lydia di sottecchi, con le labbra ridotte a una linea dritta.
Non fare l’Hermione Granger della situazione. Che poi, la cosa che davvero dovrebbe spaventarci è: il coach conosce Harry Potter? E scrive davvero una cosa del genere come indizio? — Stiles rabbrividì al sol pensiero.
—Beh, direi di non pensarci e di andare a cercare il prossimo indizio. — disse Malia, trascinandosi con forza Danny, il quale rideva senza motivo sotto i baffi.
 
“Eccoci allo sgabuzzino dell’hotel”.
Aprirono la porta e di fronte a loro videro un’immensa stanza avvolta dall’oscurità, piena di scaffali ricchi di cianfrusaglie e tavoli ricoperti di polvere.
 Lydia socchiuse gli occhi.
Chiudendoli sempre di più riusciva a captare ogni volta un nuovo dettaglio, come quel vecchio giradischi, oggetto che le faceva ricordare quei balli ottocenteschi o quel simpatico orologio a cucù dal quale un uccellino bianco-blu usciva disturbando la quiete di quel posto.
Se non sapesse di trovarsi di fronte a una semplice dispensa, avrebbe confuso decisamente quel luogo con una biblioteca, soprattutto per l’odore speciale di libri vecchi che emanava.
Aveva sempre amato quel profumo, sin da bambina, quando suo padre si rannicchiava accanto a lei per leggerle le favole della buonanotte.
—Direi che io passo per stavolta. Il buio mi…agita. — Disse Stiles, facendo un passo indietro.
—Oh, ok, ora basta. Sono stufo! — Danny gettò con uno spintone Stiles all’interno della stanza e, di conseguenza, Lydia (con estrema cura  e delicatezza) e rubò la chiave posizionata all’interno per poi chiudere la porta alle loro spalle.
Stiles iniziò a sferrare pugni su quel rettangolo fatto di legno, urlando come un forsennato, mentre Lydia cercava un interruttore, provando a non cascare sulle numerose cose inutili che c’erano.
—Apri la porta Danny! —
—No. Almeno finchè non finite entrambi di fare gli idioti che non siete altro e vi chiarite! Siamo stanchi dei vostri silenzi e di quegli imbarazzanti “hey…ciao”. Resterete qui fino a che tutto non sarà sistemato. E si, so sempre tutto. Faccio solo finta di non vedere. E doppio si, ho inventato io questo biglietto. Come avete potuto credere anche solo per un  momento fosse stato Finstock? Dai…Non ha fantasia! Io invece…forse troppa. — Danny guardò Scott e gli diede una stretta fraterna, simile a quella che si danno dei giocatori di football a fine partita, poi immediatamente si avvicinò alla porta, schiarendosi la voce e pronunciando le parole con troppa enfasi, quasi con quella stessa che utilizzavano nelle frasi ad effetto gli eroi dei film o dei cartoni prima di salvare il mondo dalla sua rovina.
—Ricordate che tutto questo è per il vostro bene. Sono o non sono il co-capitano della vostra ship?
 
   
 
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