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Autore: Inevitabilmente_Dea    03/08/2016    1 recensioni
{Threequel di The Maze Runner - Remember}
I Radurai sono riusciti a sopravvivere anche alla Zona Bruciata e hanno conseguito il loro obbiettivo: raggiungere il Porto Sicuro entro due settimane per trovare la cura all'Eruzione. Tuttavia, nonostante all'apparenza sia tutto finito, i Radurai sono stati ingannati nuovamente dalla W.I.C.K.E.D. che ha in serbo per loro un'altra prova. Questa, a differenza delle precedenti, sarà individuale e i ragazzi e le ragazze saranno soli di fronte al pericolo: i Radurai, infatti, vengono addormentati e separati durante il sonno.
Elena viene tenuta in isolamento dalla W.I.C.K.E.D. senza sapere che fine hanno fatto i suoi amici, ma alla fine, dopo una serie di esperimenti viene rilasciata.
Un ultimo ciclo di test e analisi per raccogliere i dati necessari allo sviluppo della cianografia finale.
Dopo di essa, però, toccherà ai Radurai trovare una cura per l'Eruzione, poichè essa non è ancora stato ultimata.
Un'avventura che non ha ancora un fine. Una continua fuga alla ricerca della salvezza.
E se le persone che si credeva di aver perso ritornassero?
E se invece, quelle a cui si tiene di più, andassero perse per sempre?
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jorge, Minho, Newt, Newt/Thomas, Nuovo personaggio, Thomas
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Dopo essere rimasta qualche secondo a fissare la porta chiusa del dormitorio di Newt e Minho, decisi che era ora di andarmene e tornare nella mia stanza, prima che il sonno mi cogliesse impreparata e mi facesse addormentare in piedi.
Ripresi così a camminare svogliatamente per i corridoi bui, accompagnata solamente dal rumore dei miei respiri, mischiato a quello dei miei passi. Stranamente mi ricordavo abbastanza bene la strada e per le prime svolte il mio senso dell'orientamento sembrò finalmente voler collaborare, ma dopo poco la memoria di fece confusa e mi ritrovai in un corridoio che non mi sembrava di aver mai percorso prima.
Mi guardai attorno spaesata e spaventata. E se non fossi riuscita a tornare in tempo? Okay, Elena... Calmati. Hai tutta la notte per ritrovare la tua camera. Pensai, respirando pesantemente per tranquillizzarmi. 
Decisa a non perdermi d'animo girai su me stessa e iniziai a ritornare sui miei passi. Continuai così fino a che non trovai un corridoio che mi sembrò abbastanza familiare - cosa alquanto difficile da dire data la somiglianza di tutti i corridoi - e da lì ripresi il cammino. Pensai a tutte le svolte che avevo fatto fino a quel momento e cercai di ricordarmi tutto il percorso che mi ero ripetuta per arrivare fino alla camera dei ragazzi. Da lì sarebbe bastato semplicemente rifarlo al contrario e invertire le svolte a destra con quelle a sinistra.
Mi sembra che fosse qualcosa tipo: destra, sinistra e... di nuovo sinistra? No, no forse era destra. Allora... mi ricordo che alla fine dovevo percorrere tutto un corridoio, senza svoltare. Poi, arrivata alla fine del corridoio dovevo andare a... destra, sì a destra e poi a sinistra. Quindi io in breve ho... Svoltato a destra, poi a sinistra e ho percorso il corridoio. Fino a qui ci sono. Poi? Dove devo andare? Destra? Sinistra? E se le provo entrambe e poi decido? Magari dovrei ricominciare da capo e...
"Ti sei persa?" chiese una voce alle mie spalle, scaraventandomi fuori dai miei pensieri e facendomi saltare sul posto dallo spavento. "Tranquilla, sono solo Stephen!"
Roteai gli occhi al cielo e mi portai una mano al cuore per poi sentirlo battere velocemente contro il mio palmo aperto. "Ma ti sei bevuto il cervello, testa di caspio?" gli sussurrai arrabbiata, agitando in aria un braccio.
"Scusami ma ti ho visto passare di qui tre volte, ho pensato che avessi bisogno di aiuto." mi spiegò lui semplicemente.
"Ma che... Ma tu non eri tornato al dormitorio?" chiesi basita, guardandomi attorno per capire da dove era potuto apparire.
"No. In realtà ho fatto un giretto, non ho ancora sonno." si giustificò, allungando una mano nella tasca.
"In un'altra occasione ti picchierei, ma si da il caso che tu ora mi serva. Quindi prima ti sfrutto e poi ti picchio. Ottimo. Adoro questo piano." borbottai avvicinandomi a lui.
"Be' se la metti così posso sempre..."
"Stavo scherzando." ammisi, sottolineando l'ovvio. "Muoviti perchè io a differenza tua ho sonno."
"Agli ordini, pasticcino." replicò lui, squadrandomi da capo a piedi. Mi rivolse un sorrisetto malizioso e poi mi sorpassò, iniziando a camminare tra le tenebre.
Scossi la testa e mi limitai a seguirlo senza fare domande. Ultimamente si stava comportando in modo strano. Be' a dire la verità anche nella Zona Bruciata era strano e lunatico, ma da quando lo avevo visto in quello stato pietoso nella Sala dei Tavoli, avevo capito che qualcosa non andava.
"Tu che esperimento hai dovuto affrontare?" chiesi dal nulla, accorgendomi solo dopo aver pronunciato l'ultima parola di aver fatto un grosso errore. Lo vidi bloccarsi e irrigidirsi: la sua schiena ora era dritta e potevo vedere i muscoli tremare - non capii se per rabbia o tensione -sotto la maglietta. I suoi pugni si chiusero su sè stessi e anche se una mano era infilata nella tasca potevo capire che si stava conficcando le unghie nella pelle, come se si stesse trattenendo dal fare qualcosa.
Quando alla fine parlò, non si girò completamente, ma voltò solo metà volto nella mia direzione. "Non ho voglia di parlarne." disse a denti stretti, con la mascella serrata.
"Okay, scusa. Era pura curiosità." mi giustificai, temendo che potesse passare da una semplice espressione di rabbia e fastidio ad una vera e propria sfuriata nei miei confronti. "E' solo che dopo l'esperimento ti ho visto... come dire... debole. Ecco, sembrava avessi visto un fantasma e così mi sono preoccupata."
"Non hai motivo di preoccuparti. Ora sto bene." disse secco, per poi continuare a camminare silenziosamente.
Lo seguii nell'ombra, senza proferire parola. Probabilmente il suo esperimento doveva essere stato talmente traumatico da non volerne neanche parlare o forse si trattava semplicemente di una cosa personale.
Sapevo che non avrei dovuto sentirmi ferita, in quella circostanza, ma il modo in cui mi aveva risposto sommato al fatto stesso che non voleva confidarsi con me, in un modo o nell'altro mi aveva scosso e forse anche ferito. Probabilmente per lui non ero un'amica così importante o fidata come credevo di essere. Insomma, credevo che dopo tutto quel tempo passato insieme a lui nella Zona Bruciata ci fossimo avvicinati, che fossimo diventati amici. Di certo avevamo imparato a conoscerci ed io avevo avuto la possibilità di imparare ad apprezzare ogni suo lato -dato che nella Zona Bruciata lui era l'unica compagnia umana di cui disponevo -, persino quelli peggiori, e ad accettarli. Lo avevo perdonato ogni volta che aveva fatto il cretino e anche ogni volta che pensavo che si fosse finalmente aperto con me, quando invece non aveva fatto altro che raccontarmi bugie. Avevo persino dimenticato il fatto che avesse tradito la mia fiducia quando avevo scoperto che in realtà era lui a lanciare tutte le scariche elettriche, perchè sapevo che era stato obbligato a farlo se voleva proteggere le sue sorelle.
Le sue sorelle! Non mi aveva più parlato di loro da quando eravamo tornati alla W.I.C.K.E.D., forse ancora non gli avevano dato la possibilità di incontrarle o forse...
Un'idea mi perforò la mente, facendomi sentire immediatamente stupida e incapace. Avrei dovuto capirlo prima che la sua cera da morto vivente non era dovuta al suo esperimento, ma probabilmente riguardava le sue sorelle. Ma che motivo aveva la W.I.C.K.E.D. di far loro del male? Stephen aveva eseguito gli ordini alla perfezione! 
"Steph?" domandai, accorgendomi solo in quel momento di aver smesso di camminare e di essere perciò rimasta indietro rispetto al ragazzo.
Quest'ultimo infatti si fermò, ma non si voltò a guardarmi, probabilmente perchè aveva compreso a che conclusione ero arrivata.
"Stephen dove sono le tue sorelle?" domandai, andando direttamente al punto.
Lo sentii sospirare pesantemente e poi si grattò il collo. Vidi le sue spalle chinarsi all'avanti, come se stessero cedendo ad un peso portato troppo a lungo. "Non lo so."
"Cosa..?" mi mossi in avanti senza neanche pensarci troppo. In un attimo mi ritrovai davanti al ragazzo, ancora con la testa china al pavimento e una mano sugli occhi. Cautamente portai la mia mano sulla sua e la allontanai dal suo volto delicatamente, come se stessi maneggiando un oggetto di porcellana. "Stephen, guardami. Devono pur averti detto qualcosa riguardo a..."
"No. Te l'ho già detto." mi corresse lui, alzando gli occhi su di me e lanciandomi un'occhiata furibonda. "Credi che non ci abbia provato a cercarle? Credi che le abbia semplicemente dimenticate o che quando Janson ha finto di non sapere di cosa stessi parlando io abbia semplicemente rinunciato? Credi veramente che non abbia tentato in tutti i modi, uhu? Pensavi che me ne stessi veramente fuori dalla mia stanza perchè non avevo sonno? Be' no. Non dormo ormai da giorni perchè ho paura che la W.I.C.K.E.D. abbia fatto loro qualcosa. Non le vedo da settimane e nessuno vuole dirmi dove sono o come stanno." si sfogò. "E per di più si divertono a giocare con il mio cervello." disse ridendo istericamente e puntandosi il dito alla tempia così violentemente che sembrò quasi volesse farsi male. "Vuoi sapere in cosa consisteva il mio esperimento? Bene, te lo dirò. Quando mi sono svegliato mi sono ritrovato in una stanza tutta bianca: le pareti, il pavimento, tutto bianco eccetto un muro ricoperto completamente da una finestra. Non appena mi sono affacciato ad essa ho capito che si proiettava su un'altra stanza ed è a quel punto che le ho viste: tutte e tre stese sui lettini e un branco affamato di scienziati chino sopra i loro corpi; li ho visti cosa stavano facendo, gli stessi esperimenti che facevano su di noi, a quanto pare si sono trovati delle nuove cavie."
Non appena Stephen finì di raccontare, abbassai lo sguardo ai miei piedi, senza sapere cosa dire e sentendomi maledettamente in colpa per averlo obbligato a parlarmene. "Stephen... Io..."
"Io non... Io non capisco dove ho sbagliato." bisbigliò, più a se stesso che rivolto a me. "Ho fatto tutto quello che mi hanno chiesto! Tutto!" parlò alzando sempre di più il tono di voce, fino ad arrivare ad urlare l'ultima parola.
"Steph, calmati..." gli suggerii preoccupata, guardandomi attorno.
"No! No! No!" bisbigliò lui, con il tono di voce incrinato. "E' tutta colpa mia! Loro avevano bisogno di me e io le ho deluse..."
Mi morsi il labbro, non sapendo nè cosa dire nè cosa fare. Mi limitai a fare un passo avanti e attendere in silenzio che si calmasse. Di certo le mie parole fino a quel momento non avevano fatto altro che peggiorare la situazione e forse in certi casi avrei dovuto imparare a starmene semplicemente zitta ad ascoltare.
Vidi il ragazzo portarsi entrambi le mani a coprire il viso e solo dopo alcuni secondi capii che stava cercando di nascondere il fatto che stesse piangendo. Vidi la sua schiena sobbalzare ad intervalli irregolari e sentii il rumore suo respiro strozzato e umido affievolito dai palmi premuti contro la faccia.
Senza pensarci troppo su, agii in modo naturale, così come avrei voluto che qualcuno avesse fatto se fossi stata io la persona in crisi, da consolare. Mi mossi cautamente vicino a lui e allungai le braccia verso il suo busto, ancora titubante della mia scelta. Poi lo circondai con un mio abbraccio, stringendolo delicatamente tra le mie sottili braccia. Ero molto più bassa rispetto a lui e così mi ritrovai ad appoggiare la mia testa sul suo addome. Chiusi gli occhi e attesi in silenzio che si calmasse.
Dopo pochi minuti sentii i singhiozzi affievolirsi per lasciare spazio al suo tirare su col naso. Pochi istanti dopo le sue mani scivolarono via dal suo viso per posarsi pesanti sulle mie spalle. Sentii le sue dita scivolare fino a trovare le scapole sulla schiena e qui aggrapparsi alla mia maglietta, tirandomi di più a sè e facendo del mio debole abbraccio una stretta ferrea.
Rimanemmo così per diversi minuti, senza sentire la necessità di parlarci o di dare spiegazioni. Per la prima volta da quando lo avevo conosciuto, Stephen non stava nascondendo le sue emozioni dietro ad uno spesso strato di orgoglio e distaccata freddezza.

Dopo l'abbraccio con Stephen il ragazzo se ne era rimasto muto per tutto il tragitto, fino ad arrivare alla sua porta di dormitorio, che scoprii essere poco prima della mia. Quando il ragazzo si infilò la mano in tasca e cavò la piccola chiave, io mi fermai ad osservare con freddezza e finto interessamento il piccolo numero nero appiccicato sopra la porta. Tre piccole cifre che rilessi come minimo dieci volte prima che Stephen riuscisse ad infilare per bene la chiave nella serratura - dato il buio persistente attorno a noi non era semplice vedere bene - per poi aprire una fessura nella porta. Solo quando lo vidi togliere la mano dalla maniglia, incrociai titubante il suo sguardo. Cosa dovevo dire a quel punto? Buonanotte? Ci vediamo? Sicuro che sia tutto a posto? O forse un mix? Ad esempio 'spero tu ora stia meglio, passa una buona notte'? 
"Allora..." sussurrò lui, interrompendosi con un colpo di tosse probabilmente per riempire il vuoto di parole tra di noi. "Grazie." sputò fuori alla fine, biascicando con le parole come se non me le volesse far sentire. Osservai attentamente la sua faccia, ma dato il buio non vidi altro che i suoi grandi occhi bianchi. Eppure sapevo che stava arrossendo per l'imbarazzo, si poteva sentire dal modo in cui parlava. 
"Figurati." risposi io, altrettanto imbarazzata, sentendomi fuori posto.
Lui annui e mi salutò con la mano. Mi girai e feci per andarmene, quando decisi che ciò che avevo detto non era abbastanza e che sapevo di poter fare di meglio. Mi voltai all'istante, cogliendolo proprio nell'attimo in cui stava per chiudere la porta.
"Steph?" sussurrai al buio, pregando che non fosse troppo tardi.
Il ragazzo riaprì immediatamente la porta, come se non aspettasse altro che un mio richiamo. "Sì?"
"Le troveremo, te lo prometto." non attesi neanche una sua risposta e decisi di girarmi e andarmene per la mia strada. Forse avevo sbagliato a dirgli quella frase? Forse lo avevo fatto tornare triste o magari...
"Ele!" mi voltai di scatto, sorpresa di sentirlo pronunciare il mio nome in quel modo. "Grazie veramente per tutto. Buonanotte."
Sorrisi nel buio e arrossii. Lo salutai con la mano e poi mi girai, finalmente felice e soddisfatta di come tutto si era concluso per il meglio.

   
 
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