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Autore: BebaTaylor    07/08/2016    0 recensioni
Richard e Rosalie. Sposati con due bambini, sono considerati da tutti la coppia perfetta.
Meredith e Albert. Migliori amici.
Richard e Meredith. Lui lavora nella ferramenta di lei, lei è la sua amante.
Albert. Innamorato da sempre di Meredith.
Rosalie, moglie tradita e all'oscuro del tradimento.
«Credo che dovremmo rimanere qui un po', almeno fino a quando non smette di piovere.» esclamò Richard guardando la pioggia scrosciante. Si alzò in piedi e fece alzare anche Meredith, le sistemò la coperta sulle spalle e fecero il giro della carrozza, si sedettero fra il perno centrale e un cavallo.
L'abbracciò e sistemò la coperta sulle loro spalle. «Mi dispiace.» si scusò nuovamente. «Sono geloso.» sussurrò e le baciò la nuca.
«Come facevi a sapere che ero qui?» chiese Meredith posando la testa sulla spalla di Richard e chiuse gli occhi quando vide un lampo.
«Perché ti conosco.» rispose lui, «Era l'unico posto dove potevi essere.»
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo Venticinque
Epilogo

Due anni e mezzo dopo.
Meredith strinse la mano di Jackson, «Adesso fai il bravo, vero?» domandò dopo essersi inginocchiata.
«Sì, mamma.» mormorò il bambino.
Lei sorrise e gli scostò i capelli dal viso, «Bravo, tesoro.» disse, «La mamma ha portato il tablet, così puoi guardare i cartoni mentre aspettiamo che arrivi da mangiare, okay?»
Il bambino annuì ancora e Meredith gli baciò la fronte per poi alzarsi in piedi. Caleb, che era andato a posteggiare l'auto, li raggiunse all'ingresso del ristorante. I tre entrarono e un cameriere li condusse a un tavolo quadrato. Il bambino si sedette sul rialzo che Caleb aveva portato con sé.
«I cartoni, mamma.» esclamò il bambino dopo aver ordinato, «Lo hai promesso.» disse.
Meredith sorrise, afferrò il tablet e lo accese, selezionò uno dei video salvati e lo fece partire, per poi passare il tablet al bambino, che lo afferrò con un gridolino. «Shh, abbassa la voce.» mormorò e alzò il viso e si bloccò nel vedere Albert: non lo vedeva da più di tre anni. Sapeva che si era trasferito e che era in contatto con Greg ma ritrovarselo lì davanti, così all'improvviso, la fece quasi vacillare. Ricordò i bei momenti passati insieme, le serate fatte di chiacchiere, dvd, pizza e poc corn. Poi ricordò cosa le aveva fatto e distolse lo sguardo. Non l'avrebbe mai perdonato, neppure in mille anni.
«Meredith?» la chiamò Caleb, «Tutto bene?»
Lei si riscosse, «Sì, scusa.» sorrise, «Stavo pensando.» disse.
Caleb sorrise, «Eri così assorta...» commentò.
Meredith guardò suo figlio, «Davvero?» rise e lanciò una breve occhiata ad Albert, accorgendosi della ragazza al suo fianco. Era bionda, con grandi occhi azzurri e Meredith pensò che le assomigliasse.
«È lui?» mormorò Caleb, guardando nella stessa direzione di Meredith, «Albert.»
«Già.» sospirò lei.
«La bionda ti assomiglia.»
Meredith fissò Caleb, «Dici?» domandò e guardò Jackson.
«Sì.» disse Caleb, «Ti assomiglia.» esclamò, «Stessi capelli, colore degli occhi uguale, naso praticamente identico, lineamenti simili...» scrollò le spalle.
Meredith annuì poi vide il cameriere avvicinarsi con gli antipasti, «Jackson, basta cartoni.» disse e afferrò il tablet, mise in pausa il video e bloccò lo schermo, per poi infilarlo in borsa.
Il bambino protestò, per poi smettere quando Caleb posò nel suo piatto un po' di gamberetti e salsa rosa.
Il pranzo trascorse tranquillo e, quando ordinarono il dolce, Meredith prese Jackson per condurlo al bagno — aveva iniziato a ripetere come un mantra: “Devo fare pipì, mamma. Mi scappa la pipì, mamma.”
Cinque minuti dopo, mentre spiegava per l'ennesima volta che bisognava lavarsi le mani altrimenti non avrebbe mangiato il dolce, la porta dell'anti bagno si aprì. Meredith girò la testa e rimase un attimo bloccata nel vedere Albert.
Anche lui la fissò, sorpreso, «Meredith...» soffiò.
«Ciao.» esclamò lei e tornò a guardare il bambino, impedendogli di bagnare il ripiano di marmo che circondava il lavandino, «Come va, Albert?» domandò.
«Bene.» disse lui, «Tu?» chiese, «È tuo figlio?» domandò e Meredith annuì, «Ti somiglia.» disse.
Meredith rimase un attimo ferma, si riscosse, afferrò alcune salviette di carta e asciugò le mani di Jackson, che continuava a chiedere “Chi è? Chi è?”
«Un amico.» rispose. «Un vecchio amico.» si corresse. «Ciao, Albert.» disse spingendo il bambino verso la porta, «Sono contenta che stai bene.» aggiunse e uscì, ripetendo a Jackson di non correre.
Ritornò al tavolo, trovando i dolci su di esso. «Li hanno appena portati.» le sorrise Caleb, trattenendo le domande che voleva farle: “Hai visto Albert? Ci hai parlato? Cosa ti ha detto? Cosa ti ha fatto?”, invece si limitò ad aiutare Jackson a salire sulla sedia, «Mangia piano.» gli ricordò.
Il bambino annuì, afferrò la forchetta e la infilzò nel tiramisù, facendo grattare i rebbi contro la ceramica del piatto.
«È una forchetta, non una zappa.» rise Meredith, «Fai piano, tesoro.» disse e si bloccò, sentendosi osservata. Spostò lo sguardo e vide che la ragazza in compagnia di Albert la stava fissando.
La guardò anche lei e l'altra distolse lo sguardo.
«Tutto bene?» le domandò Caleb
Lei annuì e prese un ciuffo di panna, «Sì.» disse, «Non sopporto che qualcuno mi fissi, lo sai.»
Caleb rise, «Lo so.» disse, «Sei stanca?» domandò.
Meredith scosse la testa, «No.» sbuffò, «E non continuate a chiedermelo, che ho già partorito una volta.»
Caleb le strinse la mano, «L0 so, ma non riesco a fare a meno di preoccuparmi.»
«Ho partorito una volta più di te.» rise Meredith e divise a metà una delle palline del profiterole. «Dai, tanto al negozio ci bada Tim.» esclamò, «Io vado lì solo per controllare.»
Caleb annuì, «Lo so ma non posso fare a meno di preoccuparmi.» sorrise.
Lo fece anche Meredith, felice che qualcuno si preoccupasse per lei. Dopo aver incontrato uomini stupidi — Albert che aveva tradito la sua fiducia e Richard che non aveva le palle per lasciare la moglie — era felice di aver trovato Caleb, che l'amava e glielo aveva dimostrato in tutti i modi possibili — e continuava a farlo. Ma la cosa più importante era che Caleb amava Jackson come se fosse suo figlio. E lo era, in effetti, pensò Meredith mentre mangiava il dolce. Era Caleb il padre di Jackson, fine della questione.


«Jackson...» sospirò Meredith, «Stai buono.» disse, «Papà arriva subito.» esclamò afferrando la mano del figlio mentre con l'altra si toccava piano la pancia — era incinta di appena quattro mesi —, non sapeva di che sesso fosse ma desiderava che fosse una bambina: le sarebbe piaciuto tanto avere una bambina a cui pettinare i capelli, fare le trecce e vestire con abiti carini. Voleva qualche vestitino rosa in mezzo all'azzurro, verde e blu degli abiti di Jackson. Voleva qualche bambola fra le palle, le macchinine radio comandate e i camion di suo figlio.
«Meredith.»
Lei si girò e fissò Albert. «Ciao.» disse.
«Lei è Marylin.» esclamò lui, indicando la ragazza al suo fianco.
Meredith la osservò per qualche secondo, «Meredith.» si presentò, «Lui è Jackson.» indicò il bambino, che si avvinghiò alle sue gambe.
«È la mia fidanzata.» disse Albert.
Meredith annuì piano, «Mi fa piacere.» commentò e si disse che quella ragazza le assomigliava parecchio, anche se non era bionda naturale: la donna osservò quel centimetro scarso di ricrescita scura, «Da quanto vi conoscete?» domandò.
Albert scrollò le spalle, «Quasi tre anni.» rispose. «L'ho incontrata appena mi sono trasferito.» disse.
Meredith annuì ancora e vide Caleb dietro Albert, che li fissava, «Papà.» trillò il bambino staccandosi da Meredith. Caleb lo prese in braccio.
«Lui è Caleb.» esclamò Meredith, «Mio marito.» disse e guardò Albert che fissava Caleb.
I due uomini si squadrarono per qualche secondo, poi Albert allungò una mano e strinse quella dell'altro.
«Meredith, andiamo?» chiese Caleb. Lei annuì, salutò Albert e si allontanò. Per un momento, un singolo istante, aveva temuto che Albert insultasse Caleb o che lui prendesse a pugni il suo ex migliore amico; invece non era successo nulla di tutto ciò.
«Stai bene?» domandò Meredith mentre si avvicinavano all'auto.
«Certo.» rispose lui, «Tutto okay.» disse, «Perché?»
Meredith scrollò le spalle e aprì la portiera posteriore. «Niente, mi era sembrato che volessi prendere a pugni Albert.» disse.
Lui rise, «Lo avrei fatto prima, quando ci siamo conosciuti.» disse. «Ma adesso... adesso no.» sorrise sistemando Jackson sul seggiolino auto e allacciandogli le cinture di sicurezza. «Anche se avrei voluto chiedergli se si è scelto quella tizia solamente perché non può avere te.» disse e chiuse la portiera, per poi aprire quella del lato passeggero.
«Grazie.» fece Meredith, «Non pensiamoci più, okay.» disse e abbracciò Caleb, per poi baciargli le labbra, «Andiamo?» soffiò.
«Sì.» rispose lui e salì in auto, dicendosi che doveva dimenticare quell'incontro. E che doveva trattenersi dall'andare da Albert, stringergli la mano e ringraziarlo per la stronzata che aveva fatto, perché ciò gli aveva permesso di frequentare Meredith. O forse sarebbe successo ugualmente, non lo sapeva.
Quello di cui era certo era che l'amava, amava Jackson e il bambino che Meredith portava in grembo.

***

«Jackson!» esclamò Meredith, «Lascia quella palla, non è tua.» disse fissando il bambino, che guardò la palla verde che stringeva fra le mani, la lasciò andare e trotterellò fino alla madre, seduta su una panchina. Si arrampicò accanto a lei.
«Gelato?» pigolò il bambino.
«Solo se fai il bravo.» sorrise lei baciandogli la testa, mentre con l'altra mano si toccava il ventre prominente.
«Io sono bravo.» replicò Jackson, «Per favore» disse toccando il viso della madre «mammina.» mormorò spingendo in fuori le labbra.
Meredith sorrise e lo strinse a sé, gli scompigliò i capelli biondi e gli baciò la fronte, «E va bene.» sospirò, «Vai a chiamare papà.» disse.
Il bambino — che ormai aveva tre anni e mezzo — emise un urletto di gioia, schizzò giù dalla panchina e corse verso Caleb, poco distante, che stava parlando con un ex compagno di università; gli afferrò i jeans e tirò, «La mamma dice che devi darmi il gelato.» disse quando Caleb abbassò lo sguardo. Meredith ridacchiò e si alzò con un gemito, la mani sul ventre prominente e raggiunse i due.
Erano passati due anni da quando aveva incontrato Richard per l'ultima volta, poco lontano da quel parco. Ogni tanto il suo ex le tornava in mente, sopratutto per il modo in cui aveva trattato Jackson, prima non credendo che esistesse, poi ignorandolo e poi cercando di portarglielo via per cambiare idea subito dopo.
«Mamma!» strillò Jackson, «Mamma, muoviti!» gridò, «Voglio il gelato!»
«Arrivo.» sorrise lei, scacciando il pensiero di Richard dalla mente, «Non urlare.» disse.
Il bambino le afferrò la mano, mentre con l'altra continuava a stringere due dita del padre.
«Sei stanca?» domandò Caleb.
«No.» rispose Meredith, «Va tutto bene, rilassati,» disse, «Sono solo di ventotto settimane.» sospirò, «Non devo mica partorire domani.» gli ricordò.
«Mammina.» esclamò il bambino, «Posso avere la panna?» domandò, fissando la madre con gli occhioni blu sgranati, «Mammina.»
Meredith gli sorrise, «Certo, tesoro.» rispose.
Caleb rise, «Anche la mamma vuole la panna.» disse, «Non può negartela.»
Meredith sbuffò e si guardò attorno, «Non è vero.» disse, «Io sono incinta, ho le voglie.» si giustificò.
«L'altro giorno hai montato mezzo litro di panna e lo hai fatto al mattino. Alla sera era già finita.» rise lui.
Il bambino li osservò con curiosità, «Mammina, ci sediamo fuori?» chiese indicando i tavolini all'esterno della gelateria, sotto dei grandi gazebi con la struttura di legno. I tre si sedettero a uno dei tavolini e Meredith si sfiorò di nuovo la pancia. Era una bambina quella che sentiva muoversi e scalciare ed era felicissima.
Ordinarono tre coppe di gelato — con la panna montata — e Jackson andò a guardare la vasca con i pesci rossi nell'attesa, sotto lo sguardo vigile dei genitori.
«Emily! Chris!»
Meredith si raggelò nel sentire la voce e girò piano la testa, strinse i braccioli della sedia alla vista di Rosalie che spingeva un passeggino gemellare con dentro due bambini di un anno scarso. Dietro di lei c'era Richard, gli occhi segnati dalle rughe, la stempiatura che avanzava sempre di più e almeno una ventina di kg di troppo. «Jackson, vieni qui, tesoro.» esclamò quando si accorse che Richard l'aveva vista.
Il bambino corse da lei e l'abbracciò, per poi scoccarle un bacio sulla pancia; Meredith rise e gli scompigliò i capelli, «Siediti, fra poco arriva il gelato.» disse.
Il bambino si arrampicò sulla sedia, «Arriva?» domandò battendo le mani sul ripiano del tavolo, «Arriva? Arriva? Quando arriva?»
«Smettila.» disse Caleb, «Non fare così.» gli fermò le mani, «Aspetta un attimo.» esclamò. Jackson sbuffò ma smise di fare rumore.
Meredith girò la testa e vide che Richard e la sua famiglia si erano seduti accanto a loro, si disse che la bambina doveva avere sui nove anni, mentre il bambino circa sette. Richard sembrava avere cinquant'anni invece di trentacinque. Era invecchiato moltissimo da quando l'aveva visto l'ultima volta, quasi tre anni prima. Rosalie, invece... bhe, lei sembrava più giovane. “Forse è merito del botox.” pensò Meredith.
«Tesoro?»
Meredith fissò Caleb, «Sì?» fece e guardò Jackson che cercava di scendere dalla sedia, «Fermo.» disse, «Guarda, la cameriera ci porta i nostri gelati.» esclamò. Il bambino emise un urletto di gioia e si rimise seduto, la schiena dritta e le manine che sfioravano il tavolo.
La cameriera portò i gelati e il bambino la ringraziò per poi afferrare la cialda e mangiarla, «Mangia piano.» mormorò Meredith, «Jackson...» soffiò e sentì gli occhi di Richard sulla schiena. Si domandò perché la stesse guardando, si chiese se l'avesse riconosciuta. Alla fine si disse che non gliene fregava più niente. Era lui ad aver perso qualcosa, non lei. Richard l'aveva persa e aveva perso la possibilità di fare da padre a Jackson.
Si voltò e lo fissò a sua volta; Richard distolse lo sguardo, puntandolo sul tavolo.
«Richard!» esclamò Rosalie, che si era accorta della ragazza che stava guardando suo marito — e pensò di averla già vista, ma non ricordava dove — «Controlla i bambini.» ordinò, «Io vado in bagno.» disse, «Ordinami la coppa Choco Deluxe.» esclamò alzandosi in piedi, facendo stridere le gambe della sedia di metallo contro la pavimentazione del dehor della gelateria.
Mentre la moglie era via e i figli più grandi litigavano a causa di chi dovesse usare il tablet e i gemelli se ne stavano tranquilli nel passeggino, Richard osservò Meredith. Una parte di lui non l'aveva dimenticata, una parte di lui continuava ad amarla e a pentirsi di non aver divorziato da Rosalie quando era ancora in tempo. Fissò la sua ex amante imboccare il bambino e ridere per poi toccarsi la pancia, mentre l'uomo di fronte a loro gli scattava una foto.
“Avrei potuto esserci io, lì con loro.” pensò, si accorse che Emily stava per colpire il fratello con uno schiaffo e si riscosse, «Bambini!» esclamò, «Smettetela, subito!» ordinò. I bambini si calmarono e lui riuscì a farsi dire quali gelati volessero. Quando ritornò Rosalie, si era già scordato di Meredith.

***

La vecchia giostra — quella in cui aveva baciato Meredith per la prima volta e dove avevano fatto l'amore — era come la ricordava, anche se era stata restaurata.
Adesso era in funzione, con la musica e le luci accese, con i cavalli, carrozze e vecchie auto riportate all'antico splendore da un accurato restauro.
«Guarda quella stronza.» sputò Rosalie, «Passa avanti.» disse, «Ehi, tu, figlia di puttana!» gridò, «Fai la fila.»
La ragazza si girò e lo fece anche l'uomo accanto a lei, «Veramente il carosello è della mia famiglia.» esclamò lui.
Richard rimase rigido nel vedere Meredith. “Alla fine è riuscita ad avere la giostra.” pensò. “Ha una bella famiglia, ciò che voleva.” si disse. Sospirò e spinse i bambini a salire, ora che la giostra si era fermata. Sistemò i gemelli in un auto e rimase lì inginocchiato accanto alla vecchia auto rossa. Lo sapeva che i gemelli non erano suoi. Sapeva che Rosalie l'aveva tradito, e che era tornata da lui solo perché Richard aveva comprato un biglietto fortunato della lotteria — aveva vinto il secondo premio.
Rosalie era tornata da lui, scusandosi e sorridendo e facendo promesse. Quello che Rosalie non sapeva era che sarebbe stato il padre di Richard ad amministrare la vincita e che avrebbe dato a loro duemila dollari al mese.
Rosalie l'aveva presa malissimo, un'offesa alla sua persona, però era rimasta perché era sempre meglio di niente. Anche se avere tutti quei soldi in mano sarebbe stato stupendo, dopo tutto quello che Richard le aveva fatto passare.


Richard spinse il passeggino verso l'unica panchina libera, mentre Emily e Chris facevano cinque giri consecutivi sul carosello e Rosalie si era allontanata per parlare al cellulare. Sospirò e guardò quei bambini che non gli assomigliavano per nulla ma che amava con tutto il cuore.
Rivedere Meredith era stata una sorpresa ma sapeva che non poteva tornare indietro. E comunque Meredith era sposata — aveva notato l'anello all'anulare sinistro — e sembrava felice con quel tipo, che in quel momento sosteneva il bambino, in groppa a uno dei cavalli della giostra.
Richard percepì qualcuno sedersi accanto a lui e voltò il capo, «Meredith.» soffiò.
«Richard.» disse lei massaggiandosi la pancia.
«A quando il lieto evento?» domandò, distogliendo lo sguardo dalla pancia di Meredith.
«Due mesi.» rispose lei. «Vedo che hai allargato la famiglia.» commentò.
Richard sospirò, «Sì.» disse, «Loro sono Adam,» indicò il bambino a sinistra «e Dylan.» indicò l'altro.
Meredith annuì, «Come va?» chiese, più per educazione che per vero interesse.
«Bene.» rispose lui, «Potrebbe andare meglio.» sospirò.
Meredith non disse nulla e guardò Jackson che si divertiva, che batteva le manine e che si teneva saldamente alle redini di finto cuoio. «Problemi con tua moglie?» domandò.
Richard scrollò le spalle, «Anche.» rispose, «In generale.» disse e si chinò per recuperare un pupazzo che Adam aveva fatto cadere.
«Immagino che abbiate cambiato casa, ora che siete in sei.» buttò lì Meredith, lo sguardo su suo figlio, le mani sulla pancia.
Richard, invece, continuava a fissarla, «Bhe sì.» disse, «Stavamo stretti.» esclamò, «Viviamo in una villa con cinque camere da letto.» continuò a parlare dopo un attimo di silenzio, «A Rosalie piaceva tanto.»
Meredith tacque, «Capisco.» disse e si alzò in piedi. «Arrivederci.» esclamò e fece un paio di passi in avanti, si voltò e fissò Richard, «I gemelli non ti somigliano per niente.» esclamò, girò la testa e camminò fino a suo marito e suo figlio, lasciandosi il suo passato alle spalle.
Sorrise abbracciò Jackson, sussurrandogli che lo amava, baciò le labbra di Caleb, sorridendogli con dolcezza per poi dirgli che la bambina voleva, assolutamente e categoricamente, pizza per cena.
Caleb rise e prese il bambino fra le braccia. I tre si allontanarono, sotto lo sguardo di Richard, che si pentiva sempre di più, per tutto quello che aveva fatto e per quello che non aveva avuto il coraggio di fare.

***

«Che ne dici di Charlene?»
«Cosa?» domandò Caleb uscendo dal parcheggio della pizzeria d'asporto.
«Il nome per la bimba.» sbuffò Meredith stringendo la presa sul cartone della pizza gigante.
Caleb scrollò le spalle, «È un bel nome.» disse, «Possiamo pensarci.»
Meredith sorrise e voltò la testa, fissando Jackson, «Ehi, amore.» soffiò, «Che ne dici se la sorellina la chiamiamo Charlene?» chiese, «Ti piace?»
«La sorellina mi porta la macchina che posso guidare?» domandò Jackson
Caleb rise, «Sì, ometto, la porterà.» rispose.
«Allora mi piace.» esclamò il bambino.
Meredith sorrise e guardò davanti a sé, fissando la strada. Sì sentì più leggera dopo aver rivisto Richard: aveva capito di non aver perso nulla. Anzi, aveva guadagnato un marito meraviglio, un bambino stupendo e un'altra creatura in arrivo.
Aveva dei genitori che non vedevano l'ora di diventare di nuovo nonni per la terza volta — anche suo fratello era diventato padre tre mesi prima, aveva degli amici meravigliosi.
Aveva tutto quello che poteva desiderare.
Non avrebbe più gridato un “Ti prego, resta.” a nessuno.
Sapeva che Caleb sarebbe rimasto accanto a lei.
Ed era questo quello che voleva. Essere felice.
E lo era.

Eccoci qui! E anche questa storia, dopo tre anni e sette mesi, si è conclusa.
Grazie a chi ha letto la storia e a chi la leggerà, a chi mette la storia in una delle liste, a chi ha commentato.
Grazie mille! Passate nel mio progilo, magari ci sono altre storie che potrebbero interessarvi!

   
 
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