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Autore: Yavanna97    08/08/2016    2 recensioni
"Ma,ma tu sei di fuoco!?"
"Ti sbagli,Mastro Hobbit,io SONO il Fuoco!"
Alhara dei Cinerei, metà Haradrim e metà Demone di fuoco, è il decimo membro della Compagnia dell'Anello. Acuta,testarda e particolarmente incline all'insubordinazione,custodisce in sé un potere immenso e terribile capace tanto di creare quanto di distruggere. La sua storia si intreccerà irrimediabilmente con le vicende dei Nove Compagni e porterà Alhara a crescere e a combattere per le persone che ama, a sconfiggere i suoi demoni, a dimostrare che le donne sanno essere forti e combattive quanto gli uomini e perché no anche a trovare l'amore.
Questa è la storia della Stirpe di Fuoco, i cui membri influenzeranno e cambieranno per sempre la storia di Arda...
STORIA ATTUALMENTE IN REVISIONE
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2

“Fantastico! Non ho niente da mettere!” sbuffò Alhara chiudendo in malo modo il coperchio dell’elaborata cassapanca lignea. Mancavano più di due ore al Consiglio e all’ansia si erano aggiunte anche una buona dose di nervosismo e preoccupazione: per gli uomini della Terra di Mezzo le donne non dovevano interessarsi di politica, figurarsi partecipare ai Consigli! L’Haradrim aveva paura di essere derisa o insultata e il vestiario, di cui si era raramente curata, era diventato improvvisamente importante: doveva sembrare dignitosa, regale e degna di rispetto. Stanca di quelle inutili riflessioni decise di ricorrere ad un abito tipico della sua gente, semplice e comodo, che aveva trovato in fondo alla cassapanca. Indossò il tutto: un’ampia gonna dai colori caldi e una maglia di una tonalità leggermente più chiara che lasciava scoperto l’addome, aggiunse anche un paio di bracciali che erano finiti tra le sue cose e si posizionò davanti al grande specchio. Aveva raccolto i lunghi e ricci capelli neri in un kitengedagli intensi colori e aveva contornato i grandi occhi scarlatti con un sottile strato di kohl2 . Restò qualche secondo a fissare la sua immagine riflessa, poi prese una lunga stola bruna e vi si avvolse sospirando: aveva intravisto, quella mattina mentre era alla disperata ricerca di un abito, un volto tristemente noto e ne temeva il confronto. Decise che avrebbe cercato Mithrandir per proporgli di andare insieme al Consiglio, si riteneva una donna indipendente e forte ma non stupida: in un mondo d’uomini era sempre meglio circondarsi di amici ed alleati fidati e Mithrandir lo era.

Percorse di gran carriera il dedalo di atri e corridoi che caratterizzavano la Reggia fino a sbucare in uno dei giardini dove, su una panca in pietra, era seduto lo Stregone. Era intento a fumare una delle sue pipe preferite e sentendo arrivare la giovane donna si voltò salutandola. Alhara constatò che non era cambiato di una virgola, lo stesso abito grigio, lo stesso cappello a punta grigio e lo stesso bastone nodoso. Solo il viso portava impresso il passaggio del tempo: aveva qualche ruga in più e i vispi occhi azzurri celavano una strana inquietudine. “Alhara, non ti vedevo indossare un abito così elegante dal giorno dell’incoronazione! Assomigli molto a tua madre, lei sarebbe fiera di te!” esclamò allegro Gandalf, l’Haradrim sorrise riconoscente e prese posto vicino a lui. “Cortese come al solito, ma non sono qui per farmi adulare. Ho visto molti volti sconosciuti giungere a Imladris per il Consiglio e non solo: il principe di Bosco Atro è qui- restò un attimo in silenzio mentre inconsciamente si sfiorava il collo dove, nascosta dalla stola, si trovava una lunga cicatrice- Mithrandir ho paura della reazione che avrebbe vedendomi. Né lui né io abbiamo dimenticato cosa successe quella notte, quante vite furono spezzate. Non voglio rivivere quel dolore.” Finì in un sussurro la donna, lo sguardo triste e le mani che tremavano impercettibilmente. Gandalf smise di fumare e prese le mani della giovane tra le sue. Alhara ne aveva passate tante, forse troppe per quella giovane età ma era riuscita sempre a rialzarsi e a trarne il meglio, degna erede di una casata potente, avrebbe compiuto grandi imprese. Sorrise tra sé e lasciatele le mani si alzò. “Non angustiarti troppo, ciò che è stato non può essere cambiato e lo sai. Pensa, invece, a quanto potrai fare per il futuro. La tua storia è appena cominciata Alhara dei Cinerei, la Mezzodemone.” Concluse sibillino. L’Haradrim si alzò a sua volta e posizionatasi dinanzi a lui, lo fissò a lungo negli occhi e chiese:”Non mi inganni, Stregone, c’è qualche cosa che ti turba,non è così?” “Hai ragione,non ti si può proprio nascondere niente!- rispose il mago abbozzando un sorriso poi tornò subito serio e riprese- Saruman, la guida del nostro ordine, ci ha tradito e ora è dalla parte del Nemico. Sarà un fattore da non sottovalutare in questa guerra.”finì assorto Gandalf. Alhara lo guardò, appoggiò una mano sulla sua spalla, come a trasmettergli tutto il suo sostegno e si incamminarono silenziosi verso l’interno della Reggia.

Si diressero verso la sede del Consiglio: una grande terrazza in pietra circondata da alberi e statue da cui si poteva godere della vista di tutta Imladris. Per l’occasione erano state disposte circolarmente, intorno al massiccio tavolo di pietra, una ventina di elaborate sedie lignee occupate da rappresentanti di tutte le razze della Terra di Mezzo e il grande trono reale dove Sire Elrond Mezzelfo avrebbe presieduto l’assemblea. Mithrandir prese posto vicino allo Hobbit che Alhara ricordò chiamarsi Frodo Baggins. Sembrava ancora più piccolo e indifeso in quel contesto, la giovane gli sorrise per incoraggiarlo e lui rispose riconoscente. L’Haradrim, invece, si accomodò vicino ad un giovane uomo dal portamento dignitoso e autoritario, indossava abiti semplici ma regali e il suo viso giovane sembrava tuttavia tradire un’anima antica, allo stesso modo i suoi occhi verdi celavano una profonda tristezza dietro l’apparente imperturbabilità. “Aragorn, siano lodati i Valar, mi ero preoccupata! ” esclamò la donna riconoscendo un altro volto amico. Il Ramingo le sorrise e posando lo sguardo sulla delegazione degli Elfi di Bosco Atro replicò:” Ho avuto giornate peggiori. Tuttavia non dovresti preoccuparti per me: ho visto il suo sguardo appena sei giunta qui.” Alhara si incupì e rivolse la sua attenzione ai presenti, c’erano tutti: dai Nani piccoli, tozzi e dalle lunghe barbe, agli Elfi alti, fieri e dall’esistenza millenaria, agli Uomini, la sua razza, che spesso si erano rivelati deboli ed suscettibili al fascino del potere. I suoi occhi scarlatti si spostarono sugli Elfi di Bosco Atro ed incrociarono quelli azzurri del principe di quel reame. “Legolas Verdefoglia”, quel nome uscì dalle sue labbra come un sussurro e l’elfo in questione le lanciò un’occhiata carica d’astio e di risentimento. Niente era cambiato.

Appena tutti ebbero preso posto Elrond risoluto parlò: “Stranieri di remoti paesi, amici di vecchia data. Siete stati convocati per rispondere alla minaccia di Mordor. La Terra di Mezzo è sull'orlo della distruzione. Nessuno può sfuggire. O vi unirete o crollerete. Ogni razza è obbligata a questo fato, a questa sorte drammatica- fece una pausa per far assimilare ogni parola, riprese- Porta qui l'Anello, Frodo.” Lo Hobbit si alzò titubante ed appoggiò sul tavolo di pietra un piccolo anello d’oro, poi lesto tornò al suo posto. Mormorii e brusii si sollevarono da ogni delegazione, nessuno poteva credere che quello fosse davvero l’Unico Anello anche se tutti ne percepivano il malsano potere. Un uomo dall’aspetto regale zittì i rappresentanti della sua razza e parlò con una nota di eccitazione nella voce scura: “Questo è un dono. Un dono ai nemici di Mordor. Perché non usare l'Anello? A lungo mio padre, Sovrintendente di Gondor, ha tenuto le forze di Mordor a bada. Grazie al sangue del nostro popolo, tutte le vostre terre sono rimaste al sicuro. Date a Gondor l'arma del nemico. Usiamola contro di lui!” concluse alzandosi in piedi per dare maggior enfasi alle sue parole. Alhara scosse la testa, era chiaro come il sole: l’Anello non avrebbe mai agito contro il suo stesso creatore, anzi, avrebbe condotto l’uomo di Gondor alla morte . “Non potete servirvene. Nessuno di noi può. L'Unico Anello risponde soltanto a Sauron. Non ha altri padroni.” Esclamò stizzito Aragorn quasi dando voce ai pensieri della giovane. A quella risposta Boromir, l’uomo che aveva parlato prima, lo trapassò con lo sguardo e asserì con disprezzo che un Ramingo non avrebbe mai compreso tali cose. L’Haradrim si alzò in piedi di scatto e fissato negli occhi l’uomo, difese l’amico con fermezza:” Non è un semplice Ramingo. Lui è Aragorn, figlio di Arathorn. Si deve a lui la vostra alleanza” Spostato lo sguardo si accorse che anche Legolas aveva avuto la sua stessa reazione. Boromir li fissò entrambi e rivolse l’attenzione all’uomo:” Aragorn? Questo è l'erede di Isildur?” “Ed erede al trono di Gondor” finì per lui il principe del Reame Boscoso. L’uomo guardò un’altra volta il Ramingo, affermò che a Gondor non serviva un re e si sedette. Aragorn si rivolse ad Alhara e a Legolas parlando in elfico e facendo segno di placare gli animi. Detto ciò lo Stregone diede man forte all’erede di Isildur affermando che nessuno poteva servirsi di quell’Anello. “Non esiste altra scelta: l’Anello deve essere distrutto.” Concluse solenne il sovrano di Gran Burrone, subito dalla delegazione dei Nani uno di loro scattò in piedi e brandendo una pesante ascia si avventò sul manufatto. L’arma non scalfì l’oggetto, anzi essa si ruppe in mille pezzi scaraventando il nano all’indietro. Elrond scosse la testa sconsolato e allargando le braccia come per circondare tutte le razze parlò:” L'Anello non può essere distrutto qui, Ghimli figlio di Gloin, qualunque sia l'arte che noi possediamo. L'Anello fu forgiato tra le fiamme del monte Fato. Solo lì può essere annientato. Dev'essere condotto nel paese di Mordor e gettato nel baratro infuocato da cui è venuto. Uno di voi deve farlo.” A quelle parole Alhara sgranò gli occhi vermigli: Mordor era sicuramente l’ultimo posto dove sarebbe voluta andare e dopo ciò che il giorno prima il sovrano le aveva riferito, era ancor meno propensa. Dal brusio di sottofondo si udì la voce di Boromir: ”Non si entra con facilità a Mordor. I suoi Cancelli neri sono sorvegliati da più che meri Orchi. Lì c'è il Male che non dorme mai e il grande Occhio è sempre all'erta. È una landa desolata, squassata da fiamme, cenere e polvere. L'aria stessa che si respira è un'esalazione velenosa. Neanche con diecimila uomini sarebbe possibile. È una follia.” Concluse non riuscendo a trattenere una nota di paura. Alhara si sporse verso l’uomo di Gondor e ribatté celando a stento l’irritazione:” Non avete sentito ciò che ha detto re Elrond?! L’Anello deve essere distrutto!” Boromir corrugò le folte sopracciglia bionde, si avvicinò alla donna sovrastandola con la sua figura e la schernì dicendo:”Da quanto le fanciulle partecipano ai Consigli? Non dovresti neanche essere qui, non hai una casa e un marito a cui badare, donna?” “E dalle tue parole suppongo che sarai tu a portare l’Anello.” Rincarò la dose Legolas con un sottile ghigno. ”Sarò morto prima di vedere l'Anello nelle mani di un Elfo! Nessuno si fida di un Elfo!” si intromise irato Ghimli. Nel mentre Aragorn aveva scostato in malo modo Boromir dall’Haradrim esclamando:” Come osi parlarle così. Lei è una donna di sangue reale! Alhara dei Cinerei, figlia di Huruma il Giusto, sultana del Raj e principessa di D’hira!” “Ma non capite? Mentre bisticciamo fra noi, il potere di Sauron si accresce! Nessuno può sfuggirgli! Sarete tutti distrutti!” gridò Gandalf cercando di far tornare il silenzio ed anche un minimo di buonsenso all’assemblea che si era alzata e dispersa. Nessuno, nella confusione generale di urla ed offese si era accorto che il piccolo Hobbit si stava avvicinando al tavolo catturato dall’immagine dell’Anello in preda alle fiamme e da oscure parole. Notando come quel manufatto avesse influenzato tutti i presenti, sospirò con rassegnazione ed armato di un nuovo coraggio parlò:” Lo porterò io! Lo porterò io! Porterò io l'Anello a Mordor. Solo... non conosco la strada.”finì in un sussurro. La voce di Frodo ebbe il potere di far cessare ogni litigio, tutti si girarono verso di lui. Gandalf, che aveva temuto quella conclusione, si voltò verso lo Hobbit e parlò triste ma in cuor suo orgoglioso:” Ti aiuterò a portare questo fardello, Frodo Baggins. Finché dovrai portarlo.” “Se con la mia vita o la mia morte riuscirò a proteggerti, io lo farò. Hai la mia spada.” Dichiarò solenne Aragorn inginocchiandosi davanti a lui. “E hai il mio arco.” Proseguì Legolas avvicinandosi determinato allo Hobbit. “E la mia ascia.” Affermò risoluto Ghimli. “Per quanto possano valere la parola di una donna e di un Haradrim ti prometto che il Fuoco dei Cinerei illuminerà la tua via. Varda ambayo inaweza kuangalia juu yenu3.” esclamò Alhara, decisa e commossa da quel gesto coraggioso, avvicinandosi a lui e prendendo posto vicino ad Aragorn. “Reggi il destino di tutti noi, piccoletto. Se questa è la volontà del Consiglio, allora Gondor la seguirà.” Dichiarò con un sorrisetto Boromir. Improvvisamente da una delle vicine siepi sbucò trafelato Sam Gamgee, l’altro Hobbit, si piazzò accanto a Frodo e asserì convinto:” Ehi! Padron Frodo non si muoverà senza di me.” “No, certo, è quasi impossibile separarvi. Anche quando lui viene convocato ad un Consiglio segreto e tu non lo sei.” Constatò Sire Elrond non riuscendo a mascherare con un rimprovero il moto di simpatia che era nato in lui. Sam arrossì di vergogna e rivolse lo sguardo alla siepe da cui uscirono di volata altri due Hobbit che si posizionarono convinti accanto ai loro due amici. “Ehi! Veniamo anche noi! Dovrete mandarci a casa legati in un sacco per fermarci.” Replicò Meriadoc Brandibuck, uno dei nuovi arrivati. “Comunque, ci vogliono persone intelligenti per questo genere di... missioni. Ricerche. Cose.” Concluse l’altro, Peregrino Tuc, finendo però col dare meno credibilità alle sue parole. Merry lo guardò di traverso e sbottò spazientito: “Ma così ti autoescludi, Pipino!” Dopo questo piccolo siparietto Elrond Mezzelfo guardò a lungo, uno per uno, i dieci coraggiosi che avrebbero intrapreso quella pericolosa missione e posizionatosi dinanzi a loro si lisciò la lunga veste bianca e rossa e affermò risoluto:”Dieci compagni. E sia! Voi sarete la Compagnia dell'Anello.” “ Grandioso. Dov'è che andiamo?” chiese gioviale Pipino.

Il sole era da poco tramontato e Gran Burrone si stava preparando alla notte, l’ultima notte che i dieci compagni avrebbero trascorso in una terra amica. Alhara si aggirava per i corridoi come un’anima in pena, aveva riflettuto a lungo sugli avvenimenti di quel pomeriggio e non riusciva a comprendere, col senno di poi, la decisione di Elrond. Perché aveva convocato proprio lei? Perché non Jamali, suo fratello, che era più riflessivo e sicuramente più adatto ad una missione delicata come quella. Per non parlare del pericolo che Lui rappresentava per sé stessa e per tutti coloro che le stavano accanto. Con la testa che le scoppiava per quelle lunghe riflessioni si diresse verso la terrazza. Lì vi trovò il sovrano di Imladris anche lui immerso in chissà quali pensieri. “Mio signore, posso rivolgervi qualche domanda?” chiesa titubante l’Haradrim. L’elfo si avvicinò alla giovane e la invitò a raggiungere una delle statue della terrazza: rappresentava una giovane donna intenta a suonare un flauto traverso, era bellissima e trasmetteva gioia e serenità. Il re la fissò assorto e parlò:” So cosa mi vuoi chiedere: perché ho convocato proprio te e non tuo fratello. Ascoltami bene: L’Unico Anello è un manufatto potente ma insidioso e il portatore dovrà lottare per non cadere sotto il suo influsso. Tu stai vivendo la stessa cosa: essendo il Kayla, come si dice nella vostra lingua, sai cosa si prova a dover convivere con un potere immenso e che non sempre si può controllare. Aiuterai Frodo Baggins a non essere soggiogato dal Male e lui ricorderà a te la stessa cosa.” “Ma, Sire, per quanto riguarda Jua Akifa4? E’ un pericolo da non sottovalutare, ho paura che possa colpire uno qualunque della Compagnia e…” Elrond la zittì con un rapido gesto della mano e riprese:”Non è sicuramente grazie alla paura che sei sopravvissuta a tutto e sei diventata la donna che sei ora. C’è una grande forza in te e un grande coraggio. Alhara, Lui deve essere sconfitto e solo tu puoi, ma attenta: la necessità non deve farti dimenticare chi sei.” Concluse enigmatico il re e se ne andò lasciando la giovane donna con ancora troppe domande senza risposta. Restò a fissare la statua della flautista per un po’ di tempo e sospirando si diresse verso gli appartamenti di Arwen: voleva salutarla in maniera più informale prima della partenza.

Giunta davanti agli alloggi della principessa bussò un paio di volte e una voce la invitò ad entrare. La dama di Imladris era in piedi al centro della stanza con le braccia conserte e lo sguardo vacuo, il suo viso appariva ancor più pallido e al lungo e leggero abito indaco mancava qualcosa… “Arwen, amica mia, sembri scossa. Va tutto bene?” chiese incerta la donna avvicinandosi. La principessa sorrise e la invitò a sedersi vicino a lei sul grande letto a baldacchino. “Alhara, volevo salutarti in tranquillità prima che tu partissi. Sarà un’impresa lunga e perigliosa e io ho timore di non rivedere nessuno di voi, soprattutto lui. Lo hai già capito, gli ho donato il mio cuore e la Stella del Vespro… Ho scelto una vita mortale.” Concluse la principessa sorridendo mentre gli occhi grigi diventavano lucidi. L’Haradrim si portò le mani davanti la bocca sorpresa: una vita mortale! Era stata una scelta coraggiosa, ma non si sarebbe aspettata niente di diverso: quei due si amavano alla follia e niente, nemmeno la morte, li avrebbe divisi. Di slancio abbracciò l’amica e le sussurrò all’orecchio:” Sono contenta per te. Aragorn è un uomo valoroso e ti ama moltissimo. Lo giuro, costi quel che costi te lo riporterò.” A quelle parole Arwen strinse ancor di più l’amica, pregando i Valar affinché entrambe le persone a lei care tornassero sane e salve. Sciolsero quel commovente abbraccio dopo qualche minuto e si congedarono in silenzio.

Alhara si incamminò verso le sue stanze dove aveva già preparato l’armatura e quei pochi oggetti personali che avrebbe portato con sé. Aprì la porta ed entrò nella camera da letto, si avvicinò alla balaustra della finestra e rimase a contemplare il paesaggio notturno. Presto non ci sarebbe stato più tempo per indugiare, bisognava agire.

1) E’ un indumento tipico dell’Africa: una specie di scialle che può essere portato sui fianchi o a mo’ di bandana.

2) E’ una polvere composta principalmente di galena, malachite, antimonio e grasso animale usata per il trucco degli occhi, per scurire le palpebre e delineare il contorno occhi tramite un apposito bastoncino di feltro. A seconda della composizione il kajal o kohl può essere nero o grigio.

3) In Swahili significa:” che Varda possa vegliare su di te.”

4) Jua Akifa in Swahili:”il Sole che muore”, sarà un personaggio molto importante per Alhara.

______Angolino disperato dell’Autrice_______

Sono tornata! Scusate per l’enorme ritardo ma non ero in Italia e Internet era off-limits. Comunque si inizia ad intravedere con cosa i nostri nove compagni+ 1 avranno a che fare. Alhara ha delle origini particolari così come la mitologia che c’è dietro di lei, scoprirete tutto a tempo debito…. Muahahahah ;) Ringrazio AlyssaBlack, Crateide e RagazzaOmbra per aver messo il mio obbrobrio fra le storie seguite. Ringrazio a prescindere chi recensisce, che scriva recensioni positive o negative, l’importante è che siano costruttive.

A (spero) presto,

Yavanna97 PS: Vi lascio con il presta volto di Alhara: Riann Steele

picture of riann steele

   
 
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