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Autore: Dugongo99    10/08/2016    0 recensioni
Andy è una ragazza diciassettenne dolce e forte, decisa e determinata e, soprattutto, un soldato sicuro di sé appartenente alla caserma della Provincia del Nord, che assieme a quella del Sud, dell' Est e dell'Ovest costituisce l'Impero.
Mentre la ragazza si sta preparando per affrontare uno dei più ardui test mai eseguiti durante la sua carriera da militare, nella Provincia del Sud nascono dei contrasti e delle lotte interne che insospettiscono le altre, le quali decidono di mandare in perlustrazione dei soldati esperti. Tra essi vi è anche il ragazzo di Andy. E quando quest'ultimo le manderà una lettera dove le racconterà quello che ha scoperto, la ragazza dovrà decidere se seguire il suo cuore oppure il dovere, che la lega alla propria patria da quando era solo una bambina.
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Ehi Andy, tutto bene?" La domanda che mi rivolge Paul, preoccupato nel banco di fianco a me, mi riscuote dai miei cupi pensieri. Siamo nell'aula di storia, dove la nostra istruttrice, piuttosto annoiata, ci sta riassumendo le innumerevoli guerre che sono avvenute prima della creazione della Capitale e della nascita di Caius, tra la nostra Provincia e quella del Sud. Quale ironia. "Certo, non preoccuparti" mento io , sfoggiando un sorriso falso. Lui sembra crederci, così si rimette a giocherellare con il bracciale di corda che ha legato al polso, sogghignando. Lo guardo per un po', chiedendomi da quanto tempo siamo bloccati qua dentro. Questa giornata sembra non finire mai. Forse ho questa impressione perché ho passato la notte in bianco. Dopo aver finito il mio trattato per Aper mi sono girata e rigirata nel letto per ore, completamente insonne, cercando di escogitare mille strategie diverse per contraccambiare il possibile assalto da parte dei soldati della Provincia del Sud. E la mia conclusione era stata, giuntami mentre sorgeva il sole, che da sola non sarebbe stato possibile fare niente; ma non ho altra scelta. Tutto quello che posso permettermi, è lo stare nel più alto stato d'allerta costantemente -ho comunque già preparato uno zaino con dentro delle provviste, giacca a vento, fiammiferi, una torcia e un kit di pronto soccorso, di cui ognuno è fornito in caso si facesse male durante una sessione di allenamento - tenendomi pronta in caso d'attacco, e se dovesse esserci questa necessità, schizzare veloce a prendere delle armi in palestra. E dopo... Dopo non saprei davvero che fare. Ho passato diverse ore, stanotte, a cercare di convincermi che Jon ha ragione: che devo scappare, portare via quanta più gente possibile e dirigermi verso la Provincia dell'Ovest. Perché Jon è sergente, uno dei più valorosi militari che io conosca, e sicuramente non me lo avrebbe suggerito se non fosse assolutamente sicuro che sarebbe inutile rimanere a lottare. Eppure... Una parte di me è assolutamente contraria alla cosa: scappare è da vigliacchi, da codardi; insomma, da perdenti. E io non lo sono: ho sputato sangue per dimostrarlo agli altri, e lo sto facendo anche adesso. Fuggire dopo tutti questi anni di addestramento e di duro lavoro che mi hanno preparata ad affrontare questo possibile genere di situazione, sarebbe come rinnegare me stessa e quello in cui credo. E inoltre, chi difenderebbe la nostra Provincia, una volta che i soldati del Sud fossero penetrati nelle nostre terre? D'altra parte sarebbe da pazzi rimanere qui in mezzo a dell'inutile carneficina, tra spietati nemici molto più numerosi di noi. Se penso a quello che hanno fatto ai nostri perlustratori, al modo in cui li hanno torturati ed infine legati agli alberi, mi sale un sordo odio dalla bocca dello stomaco e... "...penso che ce lo possa dire Andy cosa successe quando il nostro capostipite Kruohol, salito al comando, decise di assalire l'intera Provincia del Sud, no? Dato che è così silenziosa e attenta, potrebbe illuminarci."  Sogghigna malevola la nostra insegnante. Tutta la classe si volta a guardarmi, attenta alla mia reazione: sanno bene che mi ha provocata, e che non ha mai spiegato questa parte prima d'ora; ma in tutta risposta io raddrizzo la schiena e mi schiarisco la voce. Amo molto la nostra storia, ci insegna a non commettere errori già fatti in passato; da piccola mia madre mi leggeva sempre le storie degli antenati della nostra Provincia. "Kruohol era giovane, sì, ma non per questo mancava di astuzia: così, comprese che se voleva averla vinta, avrebbe dovuto pazientare. Per questo, una volta giunto sotto le mura dell'enorme città nemica, ordinò ai suoi soldati di costruire due trincee; una davanti a loro, una dietro. Così avrebbero potuto ripararsi e, dopo aver dirottato tutte le fonti da cui provenivano le provviste dei suoi nemici, prese per fame e sete gli abitanti. Fu così che il capo della Provincia del Sud, dopo nemmeno un mese, si inginocchiò ai piedi di Kruohol chiedendogli misericordia. Egli acconsentì a patto di non dover combattere più con la Città avversaria per dieci anni." Finisco, espirando l'aria che solo ora mi accorgo di aver trattenuto mentre parlavo. Nella classe cala un silenzio tombale; tutti mi guardano, sorpresi. Sento James sogghignare, un paio di file più a destra di me. Con la coda dell'occhio gli lancio uno sguardo divertito. "Molto bene." Dice secca la nostra istruttrice. "Continuiamo." E riattacca a parlare a raffica. Tra me e me, sorrido, compiaciuta: non è la prima volta che cerca di mettermi in difficoltà, facendomi domande difficilissime e interrogazioni quasi impossibili. Ma io sono brava nelle sue materie, le adoro: anche studiando poco riesco ad ottenere brillanti risultati, tra i migliori della mia classe. In quel mentre la campanella suona, ricordandoci che è ora di pranzo e che la lezione è terminata. Mentre balzo in piedi, mi rendo conto che questa, forse, potrebbe essere la mia ultima lezione qui, in questa Base. Oggi infatti, è il nostro ultimo giorno lavorativo; da domani ci lasceranno una settimana per decidere se rimanere qui o trasferirci, per diventare spie. E il Raduno delle Province di domani, capita a fagiolo. Me ne ero quasi dimenticata, presa com'ero da tutto il resto. Un'altra fitta mi trafigge lo stomaco ripensando a Jon e alla lettera che mi ha scritto. Sono così persa nei miei pensieri che per poco non vado a sbattere contro a Rachel, che mi sta aspettando insieme agli altri fuori dall'aula. "Attenta A!" Mi dice divertita. "S-scusa." Balbetto io, imbarazzata. "Tranquilla. Ti capisco. Anche io sono preoccupata." Mi rassicura la mia migliore amica, dolcemente. Il mio cuore accellera i battiti, e per poco non urlo. Come cavolo fa a sapere della lettera e di Jon? L'ha letta stamattina quando ero andata in bagno a cambiarmi? "Come... Cosa...?" Riesco solo a dire, rossa in viso, cercando delle spiegazioni. "Per il test." Mi spiega lei, stupita della mia reazione. Una risata isterica mi esce dalle labbra. "Aaah, certo, il test. Che rottura." Dico, passandomi una mano tra i capelli. "Ragazze" interviene James, salvandomi da ulteriore imbarazzo e cambiando discorso. "Che ne dite se voi due fanciulle insieme a qualcun altro, veniste oggi da me e Philippe? Avevamo in mente di fare una piccola festa, per celebrare la fine del nostro sesto anno, sapete, dato che oggi ci concedono di far quel che vogliamo dopo il test." "Oh sì." Sogghigna Philippe "Abbiamo già preparato tutto l'occorrente". "Io ci sto" approva subito R, procurandosi uno sguardo adorante da parte di James. "Non vedo l'ora di togliermi l'ansia di dosso per questo test. E poi potrebbe essere l'ultima volta che ci troviamo tutti insieme a festeggiare!" "Ben detto!" Ride il mio migliore amico, compiaciuto. Poi tutti e tre si girano verso di me, impazienti. Mi cadono le braccia. So qual'è la loro definizione di "festa". Ci saranno fiumi di alcool, musica a palla, e tanta gente. Di norma le adoro, perché ci divertiamo sempre insieme, e normalmente avrei accettato senza pensarci due volte. Ma in questo momento, con un possibile assalto da parte della Provincia del Sud, mi sembra la cosa più inappropriata che si possa fare. Ma purtroppo, non ho molta scelta. Se rifiutassi darei nell'occhio destando sospetti -già oggi mi sto comportando in un modo strano, gliene devo rendere atto- e soprattutto non potrei tenerli sotto controllo , cosa che mi preoccupa di più: non vorrei mai che succedesse loro qualcosa. Così, tutto quello che posso dire è un più allegro possibile "Certo!" che lascia tutti contenti e soddisfatti. "Bene" conclude James. "Ora direi che possiamo andare a mangiare." Mangiare è l'ultima cosa che vorrei fare in questo momento, ma seguo gli altri a malavoglia in mensa. Passiamo il pranzo a chiacchierare del più e del meno, evitando accuratamente il test che stiamo per affrontare e il nostro futuro, se continueremo l'addestramento qui o nella Capitale. Per quanto mi riguarda, la mia scelta l'ho fatta il giorno in cui ho messo piede qui dentro: continuerò a fare il soldato qua, a casa mia. Mi sembrano passati secoli quando finalmente il trillo squillante della campanella ci avverte che dobbiamo lasciare la sala pranzo e affrontare il fatidico test. Scrutando i volti che mi stanno attorno, noto che siamo abbastanza nervosi, -anche se per ora tutti noi siamo promossi con voti abbastanza buoni, chi più chi meno- perché è la prova finale, e dobbiamo assolutamente fare del nostro meglio. Mentre usciamo, dirigendoci nell'ultima aula del corridoio dove avverrà il test, come ci era stato detto precedentemente, nessuno parla. Il silenzio persiste anche quando ci sediamo in ordine alfabetico nella sala gremita di sedie e di nostri compagni, aspettando che ci chiamino uno ad uno per effettuare la prova. Io sono l'ultima: ho la sfortuna di avere l'iniziale del cognome molto in fondo nell'alfabeto. Dopo cinque minuti, iniziano con il primo nome: è il turno di Philippe. Come sempre, è il più calmo. Mentre lo vedo entrare mani in tasca nella stanza adiacente alla nostra, dove avverrà la prova, mi sorprendo di come non faccia mai vedere quando qualcosa lo turbi o lo metta a disagio: vorrei anche io essere come lui, non far vedere cosa provo. Man mano che il tempo passa e il numero di ragazzi che devono ancora affrontare la prova diminuisce, mi ritrovo ad avere le mani tremanti e sudate. Strizzo gli occhi e mi impongo di essere sicura di me; devo solo eseguire una battaglia col fioretto, non è difficile. Basta che rimanga calma e concentrata. Mentre mi uso questa premura, sento qualcuno che mi tocca un braccio, amichevolmente. Mi giro e mi accorgo con sgomento di essere rimasta sola, insieme a Paul, di fianco a me. Lo trovo piuttosto agitato, i capelli scuri arruffati e il viso terreo. "Io vado..." Mi bisbiglia, agitato. Annuisco cercando di essere incoraggiante. "Buona fortuna." Dico, sorridendogli. Di rimando, mi abbozza un lieve sorriso preoccupato, e poi entra nella stanza. Appena rimango sola, attorno a me si crea un pesante silenzio carico di tensione, che mi abbraccia in una stretta soffocante. Il ticchettio snervante dell'orologio appeso alla parete, accresce la mia ansia. Cerco di respirare lentamente per riprendere la calma, mentre un barlume di determinazione si accende in me. Guardo l'orologio, apprensiva: le sei. Paul è li dentro da più di un'ora. Sto iniziando a preoccuparmi quando, finalmente, la porta si apre e un'istruttrice che non ho mai visto prima, mi chiama per nome e mi invita a procedere. Mi alzo lentamente e la seguo. Appena entrata nella stanza, con la coda dell'occhio la vedo chiudere la porta veloce, anche se li fuori non c'è più nessuno. Sto ancora guardando con una certa apprensione l'uscio chiuso alle mie spalle, quando sento la familiare voce di Aper che mi chiama, dall'altra parte dell'immensa stanza vuota, fatta eccezione per il muro dietro di lui, coperto di ogni tipo di arma che usiamo qua. Noto non solo armi da fuoco, ma anche spadoni, la spada per il fioretto, arco e frecce e così via: qua ci insegnano a lottare con qualsiasi arma, in modo da non essere mai in svantaggio, in caso di un combattimento impegnativo. Di fianco ad Aper, seduti compostamente, gli altri istruttori del mio corso. "Caporale, squadrone A, sesto anno." Sono abituata a essere chiamata così, quindi mi metto sull'attenti, la schiena ben dritta e il mento in fuori, ostentando più sicurezza possibile. "Sissignore!" Urlo, e mi sorprendo di quanto suoni decisa la mia voce. "Oggi affronterai il test finale, che ti consentirà ad accedere al grado successivo." "Sissignore!" "Ciò che ti è stato detto riguardo a questo test, è che avresti scelto l'arma della sfida che si sarebbe tenuta, e che un istruttore esterno, che non ti ha mai addestrato, avrebbe lottato con te e giudicato le tue capacità. È esatto?" "Sissignore!" "Bene." Sogghigna Aper "Peccato non sarà così." Rimango zitta, e lotto con tutte le mie forze per rimanere ferma e impassibile, lo sguardo dritto sul mio interlocutore, mentre il mio cuore inizia a martellare contro la gabbia toracica, impazzito. Che diavolo sta succedendo? Cosa vuol dire che non sarà così? Che prova sto per affrontare, allora? Poi mi ricordo di una lezione che ci aveva tenuto una volta un istruttore di psicologia, riguardo alla tattica intimidatoria militare. In pratica consiste nel far credere al nemico una determinata strategia, facendolo illudere di trovarsi in una situazione di vantaggio e di sicurezza nel proprio territorio, per poi indebolirlo e sferrare un attacco. Così, mi impongo di calmarmi e abbozzo un sorriso di sfida. Dal canto suo, Aper sembra deluso, come se si aspettasse che dovessi cadere a terra a piangere da un momento all'altro; oh, chissà quanto si sarà divertito a vedere infrangere le sicurezze dei miei compagni, come assaporava la nostra sconfitta. Bhe, non gli avrei dato questa soddisfazione. Il mio istruttore di combattimento con gli spadoni sembra capire le mie intenzioni, così rompe il silenzio che aveva volutamente dilungato in attesa di un mio crollo, e continua. "Essendo il test finale, che ti porterà ad essere un caporale maggiore, esigiamo molto più di un semplice combattimento con armi scelte da te." Fa una pausa, per studiare le mie reazioni. "Naturalmente, signore!" Rispondo io scattante, la voce stranamente salda. "Perciò" prosegue aspramente Aper, ormai chiaramente deluso dal mio ferreo autocontrollo "abbiamo preparato per tutti voi una bella sorpresa." Si interrompe e fa un cenno all'istruttrice che mi ha chiamata prima, che mi posiziona nelle mani un fucile d'assalto, lucido e pulito. Ammiro l'arma, letale e spietata, e sento crescere dentro di me maggior sicurezza. Il fucile è lungo all'incirca novecento millimetri (la canna sarà sui quattrocento abbondanti), e il calibro di 8 scarsi. Guardando la sicura (che impedisce lo sparo accidentale e pericolosamente rischioso dell'arma) posizionata in basso, capisco che il fucile è semiautomatico: potrò sparare solo un colpo alla volta, e dovrò quindi rilasciare il grilletto per colpire di nuovo. Il mio sguardo si sofferma poi sul caricatore, che noto già inserito e pieno. "È da cento colpi." Mi informa  l'istruttrice, adocchiando poi Aper, che non sembra molto felice che abbia ricevuto l'informazione: probabilmente avrebbe preferito mettermi in ulteriore difficoltà tenendomi all'oscuro. "Oggi" riattacca poi, le labbra leggermente arricciate per il disappunto "ti metteremo alla prova: sarai un soldato di truppa di tre militari esperti, che aspettano qua fuori, nel bosco al di là della cinta che delimita la caserma. Ti daranno determinate istruzioni e ti faranno combattere, e dai tuoi comportamenti e dalle tue azioni, giudicheremo se sei pronta o meno per essere promossa. Tutto chiaro?" "Sissignore!" "Molto bene. Andiamo allora." Mi scortano fuori dalla palestra, facendomi scendere le scale fino al piano terra. Mentre scendo, mi colpisco di non trovare anima viva per i corridoi. Poi mi ricordo che è ancora orario di addestramento, e che i miei compagni probabilmente saranno già saliti ai dormitori, a piangere o a festeggiare. Non vedo l'ora di sapere anche il mio verdetto, e unirmi a loro. Aper la sta tirando incredibilmente per le lunghe. Sono sollevata e al tempo stesso angosciata quando ci inoltriamo fuori dalla cinta, nel folto della foresta: siamo allo scoperto, e se i militari della Provincia del Sud dovessero attaccare ora... No, mi vieto di pensarci. Ora devo affrontare il test. Cerco di distrarmi guardandomi in giro. Il cielo grigio è coperto di nuvole, e il bosco apparentemente silenzioso. Seguo Aper e gli altri istruttori sempre più nel folto del fogliame. Mi piace molto questa foresta: nelle rare giornate di libertà che ci concedono, ho passato un po' di tempo qui, sia da sola che coi miei amici, e a volte anche con Jon. La pace, l'aria fresca, l'odore di resina, di fiori di campo e gli aromi delle piante è un balsamo per il corpo stanco e affaticato dai continui allenamenti. Per non parlare degli animali che si aggirano veloci, sgattaiolando o mimetizzandosi tra gli alberi. Ricordo ancora quella volta che io e Jon, qualche mese addietro, stavamo riposando in un'assolata radura poco distante. Eravamo talmente zitti e immobili, che due giovani caprioli maschi, si erano messi a brucare il prato vicini a noi, noncuranti della nostra presenza. Ne ero rimasta estasiata. Ho sempre adorato gli animali (da piccola, vivevo in un'immensa villa circondata da campi e da un piccolo bosco) e mi piace osservarli e interagire con essi. Anche adesso, mentre cammino, sento lo zampettare di uno scoiattolo su un ramo sopra di me, e, poco distante, il fischio di un picchio verde. Ci siamo ormai abbastanza inoltrati nel folto della foresta, quando finalmente Aper, che guida il gruppo, si ferma. Facendo un rapido esame del luogo, mi rendo conto che siamo in uno spazio non più lungo di una quarantina di metri e largo venti. Al suolo, solo terriccio e massi. Sto iniziando a chiedermi come mai ci siamo fermati, dato che non c'è nulla qui, quando scorgo, al limite dello spiazzo, appoggiato a un albero, un soldato, che imbraccia un'arma uguale alla mia. Guardando meglio, ne scorgo altri due, dietro di lui: mi stanno guardando impassibili, senza emozioni negli occhi. Anche loro hanno le stesse identiche armi. "Soldati!" Li apostrofa Aper. "Sissignore!" Rispondono subito all'unisono, scattando sull'attenti. "Passo avanti e identificazione." Il primo a farsi avanti, un lampo di spavalderia negli occhi, è il soldato che era appoggiato all'albero. È intorno alla ventina, robusto e alto, e non l'ho mai visto prima in vita mia. "Mike, squadrone D!" Dichiara, la voce profonda che riecheggia nella foresta. La seconda a farsi avanti, è una ragazza. È minuta, ma il viso determinato e sicuro di sé compensa la sua ben poco intimidatoria statura. "Lucy, squadrone E!" Trilla con la voce squillante. Mentre l'ultimo fa un passo avanti, uscendo finalmente dal fogliame, mi balza il cuore in gola. Perché quel ragazzo lo conosco, e anche abbastanza bene. È il migliore amico di Jon, e fa parte del suo stesso squadrone. Molte volte sono uscita con lui, Jon, e il loro gruppo di amici. Sono simpaticissimi, e mi diverto molto con loro. Il fatto che, involontariamente, abbiano scelto anche lui, mi rassicura: non sarò completamente sola, come temevo. E quando, con voce sicura, grida un "Fred, squadrone G!", mi accorgo che i suoi gentili occhi verdi sono contenti di vedermi. "Molto bene." Annuisce soddisfatto Aper. Con mia grande sorpresa, quest'ultimo si mette da parte, vicino agli altri istruttori, per far posto all'istruttrice esterna. "Riposo." Comanda quest'ultima. I tre militari accolgono l'ordine con approvazione, rilassando i muscoli. "Oggi, vi divideremo in due squadre formate da due persone. L'obbiettivo è molto semplice: dovete individuare il nemico e sopraffarlo." Tace per un momento, dandoci il tempo di assimilare l'informazione. Sento un brivido di eccitazione attraversarmi la colonna vertebrale e i muscoli sciogliersi dalla tensione. È un compito semplicissimo! Ho già fatto esercitazioni simili in passato e, bene o male, ho sempre ottenuto buoni risultati. Certo, qua è più difficile perché non conosco i miei compagni, ma credo di potermela cavare. "Tuttavia" riprende la nostra istruttrice "non sarà così semplice. Chiunque venga sconfitto nella battaglia, dovrà consegnarsi alla squadra avversaria e aspettare che il suo compagno lo venga a salvare. Per ciò vi consegnamo a ciascuno una corda lunga due metri per legare i vostri avversari.-ci comunica, facendo un gesto ad Aper che si affretta a distribuirle a ognuno di noi, insieme ad una telecamera da legare sulla testa per documentare ogni minimo spostamento o dettaglio-.Avete a disposizione tutta la foresta da qui fino alla nostra Base." Bhe, la prova non sarà semplice, ma penso di potermela cavare. "Ah, un'ultima cosa." Aggiunge alla fine, l'istruttrice "la pistola non è caricata a salve: ma vi ordiniamo di sparare lo stesso." Impallidisco. È una follia. Che cosa stanno cercando di fare, una carneficina tra i loro soldati? Rimango al mio posto, gli occhi vacui. Fingo che la cosa non mi tocchi affatto, mentre studio le reazioni degli altri soldati. Se sono sorpresi, lo nascondono molto bene. Poi ricordo una delle regole iniziali dateci all'inizio del primo anno, quando ancora eravamo inesperti e, devo ammetterlo, un po' smarriti. "Bisogna sempre obbedire agli ordini." Sospiro, rassegnata. Se voglio superare questo test, sarò costretta a sparare. Cercherò di farlo il meno possibile, ma, anche questa volta, non ho molta scelta. Ho fatto enormi sacrifici per arrivare fin qui, e non intendo mollare tutto adesso. "Bene" continua l'istruttrice che, al contrario di Aper, è compiaciuta dal mio controllo. "Ora dobbiamo formare le squadre. Mike, Andy. Voi sarete la prima squadra. Lucy, Fred. Voi la seconda. Avete cinque minuti di tempo per nascondervi nella foresta, a partire da adesso!" Non ho neanche il tempo di protestare dentro di me per non essere finita in squadra con Fred, ma con quello che ha tutta l'aria di essere uno spaccone. "Seguimi" mi ringhia infatti quest'ultimo, correndo davanti a me. Non protesto e mi fido, anche perché lui è un militare abile e ha più esperienza rispetto a me. Dopo dieci minuti che corriamo veloci, il ragazzo si ferma di botto, facendomi quasi inciampare. Una rapida occhiata, e capisco che siamo a metà tra la cinta e lo spiazzo. "Dobbiamo organizzarci in una strategia" abbaio a Mike, usando il suo stesso tono sprezzante. Lui, in tutta risposta, ride. "Non c'è una strategia: spariamo e basta." Lo guardo, strabuzzando gli occhi. Mi sta forse prendendo in giro? "Credevo che fosse anche nel tuo interesse vincere questa esercitazione" Lui scrolla le spalle. No. Mi sbagliavo. Non gliene importa niente. Probabilmente lo hanno obbligato o fa parte di una punizione quest'esercitazione, per lui. O forse lo hanno scelto apposta per mettermi in difficoltà. Fantastico. Davvero fantastico. "Senti" riprovo io, più dolcemente "con tutto il rispetto, per me questo test è molto importante. Quindi, per favore, potremmo ideare una strategia?" Mi fissa, gli occhi che emanano disprezzo. Poi però, incredibilmente, cede. "D'accordo. La cosa migliore sarebbe che uno di noi andasse in avanscoperta, e l'altro lo coprisse a distanza." Annuisco, approvando. "Io vado in avanscoperta" mi informa subito. Acconsento; è già tanto se sono riuscita a convincerlo prima. In quel momento, alla nostra destra, una cinquantina di metri tra il fogliame, si sentono delle voci: sono i nostri avversari. Mike mi fa segno di stare zitta e aspettare, mentre lui va a controllare. Così mi accovaccio dietro un grosso masso muschiato e aspetto la mossa successiva. Punto gli occhi fissi sul mio compagno di squadra, decisa a non perderlo di vista neanche per un istante. Lo vedo nascondersi tra il fogliame scuro, completamente mimetizzato e in silenzio. Ho i nervi così a fior di pelle che quando iniziano gli spari per poco non salto in piedi urlando. Continuo a controllare il mio compagno di squadra, che, sdraiato tra le felci, inizia a sparare a raffica verso i nemici, che però non riesco a scorgere, nascosti come sono dagli alberi. Pensavo che Mike si sarebbe limitato a una breve sparatoria per mettere in guardia i nemici e poi avanzare per catturarli, ma, con mio grande stupore, continua a rimanere accovacciato per terra, immobile, un mezzo ghigno dipinto sul volto. È allora che capisco: ha acconsentito al pianificare una strategia solo perché così avrebbe potuto scegliere di fare tutto quello che voleva lui, in avanscoperta. Un velo rosso scende sopra di me: no. Non permetto che si prenda il merito del mio test. sto per alzarmi e andare insieme a lui a sparare, quando sento qualcuno che mi afferra da dietro, mi tappa la bocca e mi scaraventa a terra, gettando la mia arma lontano. Mi divincolo, menando gomitate e calci alla cieca, fino a quando non riesco a liberarmi, e cado bocconi per terra, ansimando. Davanti a me, inginocchiata per terra, che si tiene il polso slogato, Lucy. Non trovo la sua arma, e allora capisco la loro tattica: ha dato la sua pistola a Fred, in modo che pensassimo che fossero in due a sparare, mentre lei, sgattaiolando dietro di me, mi avrebbe ferita e imprigionata. Ma non gliel'avrei data vinta tanto facilmente. Siamo istruiti anche sulla lotta libera, anche se non la utilizziamo molto: tuttavia, adesso sono contenta di aver seguito anche quel corso. Mentre lei sta ancora riposando cercando di riacquistare le forze, mi slancio in avanti, caricandola, con l'intento di buttarla per terra. Ma lei è più veloce, e, spostandosi di lato, mi assesta un pesante pugno sul collo. La mia vista si fa incerta, mentre barcollo, lottando per mantenere l'equilibrio. Lucy approfitta della situazione per sferrare un'altro attacco: mi tira un calcio sugli stinchi mandandomi distesa per terra, poi balza su di me, e inizia a tempestarmi di pugni in faccia. Il dolore inizia a farsi sentire, sempre più forte è insopportabile, fino a che mi accorgo che mi sta iniziando a uscire sangue dal naso. Credo di star per svenire. A quel punto, sarei catturata, e avrei meno probabilità di superare il test. Questo pensiero mi da la forza di resistere, mentre mi divincolo, ma senza risultati. inizio a guardarmi intorno, cercando qualcosa che mi possa aiutare. A dieci metri di distanza, ecco lì la mia arma; ma è troppo lontana, non ce la farei mai a raggiungerla. Tuttavia, girando lo sguardo dall'altra parte, scorgo un grosso sasso dai bordi seghettati, che può fare al caso mio. Allungo la mano il più possibile, ma non riesco a prenderlo. Riprovo, e questa volta lo afferro. Aspetto ancora un po', sopportando i colpi che Lucy continua ad assestarmi, cercando il momento giusto per colpire. Poi le scaravento la pietra in testa. L'ultima cosa che fa, prima di svenire, è guardarmi con ottuso stupore. "Idiota" le bisbiglio, soddisfatta per la vittoria. Mi libero finalmente dalla sua stretta, la testa che mi gira come una trottola, il naso grondante sangue. Strappo un pezzo di muschio e me lo tampono sul viso, asciugandomi quel tanto che basta per riuscire a respirare agevolmente. Controllandomi il naso, tiro un sospiro di sollievo: miracolosamente, non è rotto. Riprendo l'arma, ma capisco appena la imbraccio che si è inceppata. Grandioso. Ora come farò, in caso di un'altra sparatoria? Mentre mi pongo questa domanda, mi accorgo di una cosa: c'è fin troppo silenzio intorno a me. Preoccupata, mi giro verso il punto in cui Mike dovrebbe essere, a sparare contro Fred; ma non c'è. Impreco, a bassa voce. Com'è possibile che dopo tutte le sue arie si sia fatto catturare con così tanta facilità? Scuoto la testa; non ha importanza ormai. Prima di andare a cercarlo, trascino il corpo esanime di Lucy e lo appoggio contro ad un tronco, con la mia arma tra le sue braccia e i polsi legati strettamente col cordame datomi prima: così gli istruttori, quando perlustreranno la zona, alla fine del test, sapranno che è stata catturata. Poi mi incammino nel punto in cui James stava sparando contro Fred, ma non trovo niente se non una nicchia tra l'erba, nel punto in cui si era accovacciato per colpire. Mi sento nuda senza un'arma tra le braccia, mentre con passo veloce seguo i segni di rami spezzati e terriccio smussato, nei punti in cui probabilmente Mike ha lottato per liberarsi, e mi chiedo cosa farò quando lo troverò, legato da qualche parte. Ad un certo punto mi blocco, di colpo. Un momento. Ma perché Fred non ha sparato a Mike, quando l'ha fatto prigioniero? Perché fare tutta quella fatica, trascinandolo e lottando contro di lui, quando poteva renderlo inoffensivo con un proiettile nella gamba, o in un qualche altro organo non vitale? Veloce come la prima, un'altra rivelazione si abbatte su di me, come un fulmine a ciel sereno. Questo vuol dire anche, che si è impossessato del fucile del mio compagno di squadra: ha la bellezza di tre armi su quattro. Sospiro rassegnata, ricominciando a camminare. sono abbastanza sicura sulla pista da seguire: credo di essere quasi arrivata. Infatti, le tracce per terra si fanno meno visibili, segno che Mike aveva quasi smesso di lottare, ormai debole. Sollevo lo sguardo verso il cielo, sempre più grigio: è abbastanza tardi. Alle sette, col termine dell'addestramento, molto probabilmente finirà anche il nostro tempo a disposizione. Devo sbrigarmi. Mi incammino velocemente, i miei passi silenziosi, grazie ai lunghi anni di addestramento e agli aghi di pino morbidi sul terreno, che ovattano ogni suono. Giro una piccola curva e, finalmente, lo vedo: Mike è seduto, la schiena contro un masso enorme in un piccolo scorcio tra gli alberi, dove l'erba è molto più alta rispetto a qualche centinaio di metri addietro, i polsi legati, e la sua arma di fianco a lui. Mi nascondo dietro ad un tronco per esaminare la situazione, (non si sa mai che ci possa essere qualcuno in agguato), e un dettaglio attira subito la mia attenzione: Mike è rilassato e tranquillo, un sorrisetto malizioso sul volto; se fossi io, al suo posto, sarei furibonda e cercherei di liberarmi. Invece lui non si muove neanche, come se volesse essere legato. Provo una strana sensazione negativa guardandolo: so che c'è qualcosa di strano che non riesco ad afferrare, ma non faccio in tempo a pormi altre domande, perché noto Fred, prima nascosto tra gli alberi, avvicinarsi all'ostaggio. Si aggira guardingo, come se aspettasse che qualcuno si palesasse da un momento all'altro. Mi viene un tuffo al cuore: quel qualcuno sono io. È una trappola. Come faccio a liberare Mike e andarmene senza farmi vedere da Fred, per poi tornare indietro e catturarlo? Gli ordini sono stati chiari: devo sopraffare il nemico, indi anche lui. La cosa però non mi riempie di gioia; ormai Fred lo considero un mio amico... Non mi va di fargli del male. Così mi riprometto che aspetterò faccia lui la prima mossa, prima di colpirlo. Sto ancora domandandomi quale sia la tattica migliore da affrontare, quando una pallottola vola dritta verso di me, mirando al cuore. Scatto di lato, evitandola per un pelo. Ma sono impazziti? Chi è il pazzo che ha mirato per uccidermi? Poi scorgo, in mezzo al fogliame, una ventina di passi davanti a me, una figura che mi corre incontro: Lucy. Si è ripresa più velocemente di quanto pensassi; non mi ero guardata intorno per controllare se ci fossero sentinelle: un gravissimo errore, che avrei imparato a mie spese. Anche perché ora lei ha il fucile, e io invece sono disarmata. La mia avversaria sembra leggermi nel pensiero e sogghigna, sentendosi in vantaggio. Sento volare un altro proiettile nella mia direzione, e rotolo per terra, appiattendomi al suolo. Il mio cuore batte fortissimo, mentre penso a una via di fuga. "Pensa Andy, pensa." Mi dico, agitata. Mi guardo intorno, in cerca di una soluzione, freneticamente. A mezzo metro da me, un grosso bastone di legno robusto mi fa venire in mente un'idea. Lo afferro, nascondendo il braccio tra l'erba alta, e rimango immobile, aspettando che Lucy mi raggiunga. Chiudo gli occhi, facendo finta di essere svenuta. Cerco di regolare il mio respiro affannoso, quando la sento avvicinarsi a passi felpati, studiandomi con attenzione. Si inginocchia di fianco a me, girandomi: vuole vedere in che punto mi abbia colpita; mi domando se sia preoccupata o meno per le mie condizioni. In fondo, avrebbe anche potuto uccidermi, se non avessi schivato i proiettili. Quando la sento appoggiare l'arma per terra, per esaminarmi con maggiore attenzione e, probabilmente per legarmi insieme a Mike, apro gli occhi e balzo in piedi, roteando il bastone in aria a mo' di spadone e assestandogli un forte colpo sulla tempia. Ora é di nuovo il suo turno ad accasciarsi per terra, tramortita. Balzo sull'arma, imbracciandola; sorrido, sentendomi molto più sicura. Una sensazione molto simile al trionfo si diffonde caldo nel mio stomaco, diramandosi poi per le braccia e le gambe. La lego per la seconda volta e adagio dietro a un cespuglio, poi balzo nello scorcio e corro dal mio compagno. Stranamente, Fred è scomparso. Meglio così. Mi affretto a slegare Mike. Lui non dice niente, non si degna nemmeno di dirmi grazie. Anzi, nei suoi occhi scruto qualcosa che assomiglia molto allo scherno. "Lucy!" Sento urlare alle mie spalle. Fred è vicino. Avrà sentito gli spari e si sarà affrettato a portare soccorso alla sua compagna: un bellissimo gesto che dimostra quanto sia un buon militare. Dobbiamo muoverci. Mike si sta ancora sfregando i polsi indolenziti, così afferro l'arma e gliela posiziono te le mani. Ed è allora, mentre esamino il fucile che gli ho appena passato, che il sangue mi si gela nelle vene: Mike sta imbracciando la mia arma. Lo guardo, mentre l'adrenalina mi sale in circolo; ecco perché voleva andare in avanscoperta, perché non era preoccupato mentre era legato, perché Fred non gli ha sparato. Ed ecco cosa c'era di strano, che prima non riuscivo ad afferrare: Mike non è ferito. Com'è possibile, se quando io e Lucy abbiamo combattuto non ci siamo uccise per miracolo? La consapevolezza mi assale, violenta e fredda come una tempesta. Solo ora capisco il vero senso dell'esercitazione. "Devi scovare il nemico." Mi ripete una voce nella mia testa. Sento Fred correre verso di me, ormai è a meno di dieci passi. Ma non mi giro ad affrontarlo: non è lui il nemico più pericoloso, ora. Senza nemmeno pensarci, alzo il fucile all'altezza del petto di Mike, premo il grilletto e sparo, lasciandolo accasciato a terra, morto.
   
 
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