Secondo capitolo: Sogni
Era
stata molto stupida e molto negligente, non avrebbe dovuto lasciarsi distrarre
da Root.
“Fa
male?” Le chiese la donna sentendola irrigidirsi.
“No.
Mi hanno sparato altre volte, questo è solo un graffio.” Le rispose, era
arrabbiata con se stessa e di certo non badava a quel piccolo dolore al fianco.
Il colpo era stato deviato dall’intervento di Root che,
più veloce di lei ad obbedire alla Macchina, aveva spinto l’arma, puntata verso
il petto di Shaw. Così era stata solo graffiata al fianco. Ma avrebbe dovuto
buttare via la giacca e le piaceva quella giacca.
“Dovresti
farla vedere ad un medico.” Disse ancora Root mentre
entravano nell’appartamento.
“Posso
occuparmene io, ci metto un cerotto, basterà.” La donna la fissava perplessa,
ma non insistette, invece andò a prendere del disinfettante e un largo cerotto.
Shaw
gettò di lato la giacca ormai rovinata e alzò la maglia guardando la ferita.
Come immaginava non era nulla di grave, non servivano neppure dei punti.
“Toglila.”
Le chiese Root e lei alzò lo sguardo incrociando i
suoi brillanti occhi scuri. Eccola di nuovo: la Root
che conosceva.
“Non
serve.”
“Tesoro,
devo morire di freddo per farti spogliare?” Chiese allora lei, questa volta non
si scusò per il tesoro, anzi, negli
occhi le brillava la malizia.
“Root…” L’ammonì lei facendola sorridere.
“Andiamo,
come vuoi medicarti se non togliendo la maglia e la maglietta?” Sospirando Shaw
dovette ammettere che aveva ragione così obbedì e sfilò i due indumenti. Non
incrociò gli occhi di Root, non era sicura di poterlo
fare e rimanere calma.
La
donna le passò il disinfettante sulla ferita, poi lasciò che lei si sistemasse
da sola il cerotto, ma prima che potesse rivestirsi le passò la mano su alcune
vecchie cicatrici.
“Queste…”
Mormorò, gli occhi rapiti, mentre con la mano accarezzava la sua pelle esposta.
“Vecchie.”
Disse lei, mentre il ricordo di più di settemila simulazioni le invadeva la
mente, quelle mani su di lei. Era stato così forte, così importante.
“Perché
sogno che mi spari? Perché nei miei sogni mi colpisci o io colpisco te? Perché
se poi da sveglia provo questi sentimenti?” La sua mano le accarezzò il fianco
sano, ora non andava più in cerca di cicatrici. Il suo sguardo si alzò
incrociando quello di Shaw. “Perché tutto ciò che desidero è baciarti?” Chiese
ancora facendole seccare la bocca. Le loro labbra ora erano vicinissime. Shaw
ricordava il modo brutale con cui le aveva baciate, eppure ricordava anche i
baci famelici e quelli dolci delle simulazioni.
Root si
tirò indietro scuotendo la testa, confusa.
“Non
ricordo chi sono eppure a volte ho certi flash e… quella voce nella mia testa,
ero così contenta che mi avesse parlato e ho obbedito, senza chiedermi chi o
cosa fosse…”
“Speravo
che tu ricordassi da sola.” Rispose Shaw al suo sguardo interrogativo.
“Ma…”
“Stai
già ricordando, stai ridiventando la donna che eri, lo vedo, in molte cose.”
“E
se non volessi essere la donna che ero?” Shaw corrugò le sopracciglia stupita
da quella affermazione. “C’è così tanta violenza nei miei sogni, io uccido,
ferisco, torturo, senza la minima esitazione, non sono sicura di voler essere
questo tipo di persona.”
“Io
sono quel tipo di persona.” Affermò allora Shaw. Era strano sentirsi in dovere
di difendere Root dalla stessa Root.
“E lei…” Si corresse: “Tu eri speciale. Certo, eri capace di grande violenza.”
Shaw sorrise al ricordo delle loro lotte, erano così in sincronia: una
sinfonia. “Ma, lo facevi per salvare delle persone, lottavi, almeno alla fine,
per il bene.”
“Tu
l’amavi.” Si sorprese a dire Root e Shaw irrigidì il
volto. Non lo aveva mai detto a Root, anche se era
sicura che lei lo sapesse.
“Io
non provo nulla.” Affermò come un mantra, ma Root era
di nuovo cambiata, un sorriso dolce si aprì sul suo volto e la donna allungò la
mano per accarezzarle il viso. Shaw voltò la testa allontanandosi. Sentiva un
nodo al petto e non voleva. Non capiva cosa stava succedendo, non era Root, non la sua Root eppure
riusciva a farle quell’effetto lo stesso.
“Tu
non provi nulla e io non ricordo, siamo danneggiate, entrambe, eppure a me tu
sembri bellissima.” Shaw sentì lo stomaco torcersi. Root
si avvicinò a lei, finché sarebbe bastato un respiro profondo perché si
toccassero.
“Io
non sono capace di…” Provò a dire, ma le labbra della ragazza si posarono sul
suo collo e Shaw chiuse gli occhi assaporando il brivido che le procurò quel
bacio.
“Sembra
che io sappia farti un certo effetto…” Disse allora la donna mentre posava di
nuovo la mano sul suo fianco e le soffiava delicatamente contro l’orecchio.
“Oh,
Root, sei una chiacchierona senza speranza!” Shaw si
voltò decisa incrociando gli occhi della donna e leggendovi lo scuro desiderio
mescolato al divertimento.
“Allora
fammi stare zitta…” La stuzzicò e lei non resistette. Immerse le mani nei
morbidi capelli castani della donna e la attirò a sé baciandola.
Sentì
il cuore accelerare nel petto, mentre qualcosa che poteva essere definita
felicità, se lei non fosse stata una sociopatica, le riscaldava il petto. Root sorrise e poi si separò da lei camminando all’indietro
e facendole segno con un dito affinché la seguisse.
Shaw
scosse la testa un largo sorriso sulle labbra, quella ragazza l’avrebbe fatta
impazzire. Con due rapidi passi la raggiunse e la spinse sul letto catturando
le sue labbra in un secondo bacio pieno di passione.
Proprio
in quel momento bussarono alla porta. Shaw finse di non sentire mentre stava
tentando di sfilare la giacca a Root.
Bussarono
di nuovo e Shaw imprecò.
“Se
è Lionel lo uccido.”
“Sameen.” La richiamò Root, aveva
il volto leggermente arrosato e i capelli arruffati ed era bellissima. Shaw si
piegò su di lei per baciarla con una dolcezza che non sapeva di possedere.
“Lo
uccido e torno da te.” Mormorò sulle sue labbra poi afferrò la maglietta e dopo
averla infilata aprì la porta.
“Oh…
Signorina Shaw, buonasera.”
“Finch?” Guardò l’uomo perplessa, come al suo solito
indossava un capotto elegante sotto il quale si intravedevano un gilet e una cravatta,
sulla testa portava un cappello. Bear oltrepassò Shaw e gli girò attorno
festoso ottenendo delle gentili parole e qualche carezza. “Eri sparito.”
“Sì…
John…” Abbassò il capo, mostrando il dolore che quella perdita aveva lasciato
in lui.
“Io
e Lionel pensavamo che fossi morto con lui.”
“No,
John aveva un piano, lui e la Macchina.” A quel punto Root
comparve sulla porta e Finch impallidì.
“Signorina
Groves… lei…”
“È viva, sì, a quanto pare la Macchina l’ha guarita.”
“Guarita?
Ma era una ferita mortale, ho letto il rapporto del medico legale.” Si fermò
sbatté le palpebre e aggiunse. “La Macchina mi ha detto che era morta.”
“Beh,
come vedi si sbagliava, lei e il medico legale.” Il tono di Shaw fece
accigliare Finch.
“Farò
quest’effetto a tutti i tuoi amici?” Chiese allora Root
mentre si appoggiava alla porta una mela nella mano.
“Non
sa chi sono signorina Groves?”
“Ha
perso i ricordi, ma li sta recuperando.” Intervenne ancora piccata Shaw. L’uomo
annuì poi guardò verso l’interno dell’appartamento e Root
gli fece cenno di entrare.
“Entra,
Harry.” Si bloccò notando lo sguardo stupito dell’uomo e di Shaw. “Scusate, ho
sbagliato nome? Perché mi sembrava proprio…”
“Harold,
ma a volte, lei, signorina Groves, mi chiama Harry.” Finch sorrise poi entrò nella stanza, se notò la maglia di
Shaw a terra e il letto in parte sfatto non lo diede a vedere invece si sedette
al tavolo della cucina posando il cappello.
“Allora
Finch, cosa ti ha portato qua? La Macchina immagino.”
Shaw si sedette scompostamente su una sedia mentre Root
si sedeva sul piano di lavoro della cucina mangiando con indifferenza la sua
mela.
“Sì,
quando è tornata si è manifestata a me. Non aveva più la voce di Root, credevo che avesse perso parte dei dati essendo una
versione successiva alla 2.0, ma ora capisco il reale motivo.” Sorrise
guardando la giovane, poi tornò serio. “Volevo essere sicuro che non fosse un
inganno di Samaritan così le ho chiesto di
comunicarmi tutte le attività da quando era tornata operativa. Come puoi
immaginare malgrado la versione 3.0 abbia poco più di una settimana non è
rimasta inattiva e la documentazione era notevole.” Finch
sgranò un poco gli occhi ripensando alla mole di lavoro a cui era stato
sottoposto. “Comunque ho verificato che non fossero azioni contraffatte e mi
sono assicurato che fossero in linea con gli obbiettivi che ho dato alla Macchina.
Questo luogo però ha attirato la mia attenzione. Acquisto di materiale medico
di alto livello, vasche di criogenesi e poi quel nome
A.I. come acquirente.”
“E
sei venuto a vedere di persona.”
“Sì,
io e Grace siamo tornati dall’Italia questa mattina.” Shaw annuì poi si strinse
nelle spalle.
“Beh,
eravamo noi. A.I. non è altro che Root.”
“Analog Interface, certo, avrei dovuto capirlo, ma credevo
che lei fosse morta quindi…” Tornò a guardare la giovane che si strinse nelle
spalle sorridendo.
“Tornerai
al lavoro?” Chiese allora Shaw.
“Non
lo so.” Finch sospirò. “È la mia creatura e devo assicurarmi che non cambi.”
“Dovresti
fidarti di lei.” Root scese dal tavolo con un
balzello e sorrise loro come se avesse detto qualcosa di assolutamente normale
ed effettivamente era normale per la Root del
passato, ma per lei? “Non ho capito molto di quello che avete detto, ma questo
è quello che provo.” Affermò stringendosi nelle spalle con assoluta semplicità.
“È sempre stata una donna di fede.” Le disse Finch sorridendole. “Fede nella Macchina ovviamente.”
Bussarono
di nuovo alla porta e Shaw fece ruotare gli occhi infastidita, l’avrebbero mai
lasciate in pace?
Fusco
entrò nella stanza con il suo solito sorriso e nel vedere Finch
fu felice di salutarlo, poi chiese a Shaw come stava.
“Una
meraviglia, cosa ne dite di andarvene?”
“Oh,
miss Luna Storta, sarai pure una sociopatica, ma la buona educazione dovresti
conoscerla!” Shaw desiderò, per l’ennesima volta di uccidere Fusco. Un solo,
piccolo e lucente, proiettile e sarebbe tutto finito. “Sati pensando di
uccidermi non è vero? Quando fai quella faccia sei proprio impossibile.” La
rimbeccò l’uomo per niente spaventato.
“Credo
che Sameen sia stanca.” Root
le posò le mani sulle spalle guardando con un sorriso i loro ospiti.
“Molto
bene.” Finch si alzò e infilò il cappello. “Forse
lavoreremo di nuovo insieme, forse…” Il suo volto si incupì in pensieri tristi
e l’uomo si voltò andandosene. Fusco alzò le mani e scosse la testa.
“E
io che volevo bermi una birra assieme a voi per l’arresto e la pallottola
mancata, siete peggio del Ragazzo Prodigio.” Al ricordo di Reese anche lui si
intristì e sospirò.
“Un’altra
volta Lionel.” La voce di Shaw si era addolcita e l’uomo annuì per poi voltarsi
e andarsene a sua volta.
“Credevo
che non se ne andassero più.” Mormorò Root
abbassandosi su di lei per baciarla, ma Shaw scosse la testa.
“Forse
è davvero meglio dormire.” Root sbatté le palpebre
perplessa, poi si tirò indietro.
“Va
bene, ti hanno appena sparato dopo tutto. Riposa, domani starai meglio.” Si
voltò incominciando ad occuparsi di tutto quello che aveva acquistato quel
pomeriggio. Shaw la guardò per qualche istante chiedendosi perché l’avesse
respinta.
L’arrivo
di Finch in città le aveva riportato la realtà alla
memoria. Era stata sulla tomba di Root, la Macchina
le aveva parlato con la sua voce, le aveva detto cosa la giovane avrebbe voluto
dirle. Perché mentirle a quel punto? Non voleva alimentare false speranze?
Shaw
scosse la testa, perché non era semplicemente felice di averla di nuovo con sé?
Eppure lo sbalordimento di Finch aveva acceso un
piccolo dubbio nella sua testa e ora non riusciva a liberarsene. Ma quale
dubbio?
Era
una stupida, ecco cos’era, quel giorno aveva sfiorato la morte per l’ennesima
volta. Cosa le aveva detto Root una volta? Non c’è
nulla di meglio del presente. E aveva ragione.
Root era
nel bagno e stava sistemando i diversi bagnoschiuma nell’armadio, lei la
raggiunse aprì l’acqua nella doccia e iniziò a spogliarsi.
“Shaw?”
Chiese allora lei stupita.
“Cosa
stai aspettando? Niente è meglio del presente, giusto?” Sul volto di Root si aprì un sorriso malizioso, poi la donna la
raggiunse con un passo incollando le loro labbra.
Si
spogliarono in fretta gettando a terra gli abiti, desiderose di sentire una la
pelle dell’altra.
L’acqua
scivolava calda sui loro corpi allacciati. Root
gemette quando lei le prese un seno nella mano, ma poco dopo fu il suo turno di
perdere il controllo quando la donna le afferrò il sedere e la sollevò
spingendola contro il muro freddo della doccia. Le loro bocche non si
lasciavano mentre con le mani si esploravano, i corpi spinti uno contro
l’altro.
Root non
sembrava intenzionata a fare l’amore nella doccia perché dopo pochi minuti
chiuse l’acqua e con Shaw tra le braccia uscì dal bagno, bagnata fradicia, e
lasciò cadere entrambe sul letto. Risero insieme nel groviglio di arti che si
era creato, ma quando le loro labbra si trovarono smisero di ridere.
Shaw
lasciò la mano scivolare lungo il corpo di Root
insinuandosi tra le sue gambe, la donna spinta dal desiderio l’assecondò e lei
si ritrovò a scivolare in lei con estrema facilità. Root
gemette a quel primo vero contatto e Shaw sentì il cuore batterle ancora più
forte nel petto. Non era nulla di simile a quello che aveva provato nelle
simulazioni, nulla era paragonabile a quello che provava ora nel sentire Root aggrappata a lei gemere di piacere, mentre le sue dita
scivolavano dentro e fuori dal suo corpo.
La
testa della donna scattò indietro mentre Shaw sentiva i muscoli stringersi
attorno alle sue dita, poi incominciarono le contrazioni e il corpo di Root si inarcò mentre dalle labbra le sfuggiva un forte
gemito. Shaw le baciò i seni tesi nel piacere, continuando a muoversi dentro di
lei fino a quando non la sentì rilassarsi, allora delicatamente scivolò fuori
da lei.
Root
aveva gli occhi chiusi e tremava. Shaw sorrise, felice di averle donato tanto
piacere. Aveva ancora le braccia di lei attorno alla schiena e ricordò come
nelle simulazioni spesso succedesse che gliela accarezzasse con un volto
dolcemente dispiaciuto per quelle antiche ferite.
Lasciò
un bacio sulla clavicola della donna, poi un secondo sul collo. Cicatrici: Root non ne aveva. Quel pensiero la fermò. Certo che Root aveva delle cicatrici, lei stessa l’aveva ricucita più
volte. Si tirò su, osservando il corpo della donna che teneva ancora gli occhi
chiusi.
Il
corpo di Root era perfetto, non un solo piccolo segno,
per esempio della ferita che lei stessa le aveva fatto sparandole nel braccio. Con
un gesto brusco le voltò la testa guardando dietro la sua orecchia destra:
nulla.
Solo
allora Root aprì gli occhi e lei si tirò indietro
separando i loro corpi.
“Sameen.” Nei suoi occhi scese una lacrima. “Io ricordo.
Ricordo ogni cosa.”
“No.”
Shaw fece un passo e raggiunse la pistola che teneva accanto al letto. “No.”
Alzò l’arma e la puntò dritto contro il petto nudo di Root.
“Tu non sei Root.”
Note:
Sì, lo so, l’altro capitolo non era finito male… se si considera questo! XD Perdonatemi, ovviamente se sarete molto generose con le vostre recensioni potrei prendere in considerazione l’idea di pubblicare prima della canonica settimana… ;-)
Cosa ne dite di questo capitolo? Finch è tornato in pista, ma credo che sia successo qualcosa di più importante, no? Che dite, Shaw è impazzita o in questa Root c’è qualcosa che non quadra? Fatemi sapere le vostre idee! E ovviamente fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto. J
Grazie mille per aver letto fino a qui e, spero, al prossimo capitolo!
Ciao ciao