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Autore: Najara    11/08/2016    3 recensioni
La Macchina è tornata e fin da subito ha un nuovo numero per Shaw. Le avventure per i nostri eroi non sono finite così come le sorprese.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Bear, Root, Sameen Shaw
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Secondo capitolo: Sogni

 

Era stata molto stupida e molto negligente, non avrebbe dovuto lasciarsi distrarre da Root.

“Fa male?” Le chiese la donna sentendola irrigidirsi.

“No. Mi hanno sparato altre volte, questo è solo un graffio.” Le rispose, era arrabbiata con se stessa e di certo non badava a quel piccolo dolore al fianco. Il colpo era stato deviato dall’intervento di Root che, più veloce di lei ad obbedire alla Macchina, aveva spinto l’arma, puntata verso il petto di Shaw. Così era stata solo graffiata al fianco. Ma avrebbe dovuto buttare via la giacca e le piaceva quella giacca.

“Dovresti farla vedere ad un medico.” Disse ancora Root mentre entravano nell’appartamento.

“Posso occuparmene io, ci metto un cerotto, basterà.” La donna la fissava perplessa, ma non insistette, invece andò a prendere del disinfettante e un largo cerotto.

Shaw gettò di lato la giacca ormai rovinata e alzò la maglia guardando la ferita. Come immaginava non era nulla di grave, non servivano neppure dei punti.

“Toglila.” Le chiese Root e lei alzò lo sguardo incrociando i suoi brillanti occhi scuri. Eccola di nuovo: la Root che conosceva.

“Non serve.”

“Tesoro, devo morire di freddo per farti spogliare?” Chiese allora lei, questa volta non si scusò per il tesoro, anzi, negli occhi le brillava la malizia.

Root…” L’ammonì lei facendola sorridere.

“Andiamo, come vuoi medicarti se non togliendo la maglia e la maglietta?” Sospirando Shaw dovette ammettere che aveva ragione così obbedì e sfilò i due indumenti. Non incrociò gli occhi di Root, non era sicura di poterlo fare e rimanere calma.

La donna le passò il disinfettante sulla ferita, poi lasciò che lei si sistemasse da sola il cerotto, ma prima che potesse rivestirsi le passò la mano su alcune vecchie cicatrici.

“Queste…” Mormorò, gli occhi rapiti, mentre con la mano accarezzava la sua pelle esposta.

“Vecchie.” Disse lei, mentre il ricordo di più di settemila simulazioni le invadeva la mente, quelle mani su di lei. Era stato così forte, così importante.

“Perché sogno che mi spari? Perché nei miei sogni mi colpisci o io colpisco te? Perché se poi da sveglia provo questi sentimenti?” La sua mano le accarezzò il fianco sano, ora non andava più in cerca di cicatrici. Il suo sguardo si alzò incrociando quello di Shaw. “Perché tutto ciò che desidero è baciarti?” Chiese ancora facendole seccare la bocca. Le loro labbra ora erano vicinissime. Shaw ricordava il modo brutale con cui le aveva baciate, eppure ricordava anche i baci famelici e quelli dolci delle simulazioni.

Root si tirò indietro scuotendo la testa, confusa.

“Non ricordo chi sono eppure a volte ho certi flash e… quella voce nella mia testa, ero così contenta che mi avesse parlato e ho obbedito, senza chiedermi chi o cosa fosse…”

“Speravo che tu ricordassi da sola.” Rispose Shaw al suo sguardo interrogativo.

“Ma…”

“Stai già ricordando, stai ridiventando la donna che eri, lo vedo, in molte cose.”

“E se non volessi essere la donna che ero?” Shaw corrugò le sopracciglia stupita da quella affermazione. “C’è così tanta violenza nei miei sogni, io uccido, ferisco, torturo, senza la minima esitazione, non sono sicura di voler essere questo tipo di persona.”

“Io sono quel tipo di persona.” Affermò allora Shaw. Era strano sentirsi in dovere di difendere Root dalla stessa Root. “E lei…” Si corresse: “Tu eri speciale. Certo, eri capace di grande violenza.” Shaw sorrise al ricordo delle loro lotte, erano così in sincronia: una sinfonia. “Ma, lo facevi per salvare delle persone, lottavi, almeno alla fine, per il bene.”

“Tu l’amavi.” Si sorprese a dire Root e Shaw irrigidì il volto. Non lo aveva mai detto a Root, anche se era sicura che lei lo sapesse.

“Io non provo nulla.” Affermò come un mantra, ma Root era di nuovo cambiata, un sorriso dolce si aprì sul suo volto e la donna allungò la mano per accarezzarle il viso. Shaw voltò la testa allontanandosi. Sentiva un nodo al petto e non voleva. Non capiva cosa stava succedendo, non era Root, non la sua Root eppure riusciva a farle quell’effetto lo stesso.

“Tu non provi nulla e io non ricordo, siamo danneggiate, entrambe, eppure a me tu sembri bellissima.” Shaw sentì lo stomaco torcersi. Root si avvicinò a lei, finché sarebbe bastato un respiro profondo perché si toccassero.

“Io non sono capace di…” Provò a dire, ma le labbra della ragazza si posarono sul suo collo e Shaw chiuse gli occhi assaporando il brivido che le procurò quel bacio.

“Sembra che io sappia farti un certo effetto…” Disse allora la donna mentre posava di nuovo la mano sul suo fianco e le soffiava delicatamente contro l’orecchio.

“Oh, Root, sei una chiacchierona senza speranza!” Shaw si voltò decisa incrociando gli occhi della donna e leggendovi lo scuro desiderio mescolato al divertimento.

“Allora fammi stare zitta…” La stuzzicò e lei non resistette. Immerse le mani nei morbidi capelli castani della donna e la attirò a sé baciandola.

Sentì il cuore accelerare nel petto, mentre qualcosa che poteva essere definita felicità, se lei non fosse stata una sociopatica, le riscaldava il petto. Root sorrise e poi si separò da lei camminando all’indietro e facendole segno con un dito affinché la seguisse.

Shaw scosse la testa un largo sorriso sulle labbra, quella ragazza l’avrebbe fatta impazzire. Con due rapidi passi la raggiunse e la spinse sul letto catturando le sue labbra in un secondo bacio pieno di passione.

Proprio in quel momento bussarono alla porta. Shaw finse di non sentire mentre stava tentando di sfilare la giacca a Root.

Bussarono di nuovo e Shaw imprecò.

“Se è Lionel lo uccido.”

Sameen.” La richiamò Root, aveva il volto leggermente arrosato e i capelli arruffati ed era bellissima. Shaw si piegò su di lei per baciarla con una dolcezza che non sapeva di possedere.

“Lo uccido e torno da te.” Mormorò sulle sue labbra poi afferrò la maglietta e dopo averla infilata aprì la porta.

“Oh… Signorina Shaw, buonasera.”

Finch?” Guardò l’uomo perplessa, come al suo solito indossava un capotto elegante sotto il quale si intravedevano un gilet e una cravatta, sulla testa portava un cappello. Bear oltrepassò Shaw e gli girò attorno festoso ottenendo delle gentili parole e qualche carezza. “Eri sparito.”

“Sì… John…” Abbassò il capo, mostrando il dolore che quella perdita aveva lasciato in lui.

“Io e Lionel pensavamo che fossi morto con lui.”

“No, John aveva un piano, lui e la Macchina.” A quel punto Root comparve sulla porta e Finch impallidì.

“Signorina Groves… lei…”

È viva, sì, a quanto pare la Macchina l’ha guarita.”

“Guarita? Ma era una ferita mortale, ho letto il rapporto del medico legale.” Si fermò sbatté le palpebre e aggiunse. “La Macchina mi ha detto che era morta.”

“Beh, come vedi si sbagliava, lei e il medico legale.” Il tono di Shaw fece accigliare Finch.

“Farò quest’effetto a tutti i tuoi amici?” Chiese allora Root mentre si appoggiava alla porta una mela nella mano.

“Non sa chi sono signorina Groves?”

“Ha perso i ricordi, ma li sta recuperando.” Intervenne ancora piccata Shaw. L’uomo annuì poi guardò verso l’interno dell’appartamento e Root gli fece cenno di entrare.

“Entra, Harry.” Si bloccò notando lo sguardo stupito dell’uomo e di Shaw. “Scusate, ho sbagliato nome? Perché mi sembrava proprio…”

“Harold, ma a volte, lei, signorina Groves, mi chiama Harry.” Finch sorrise poi entrò nella stanza, se notò la maglia di Shaw a terra e il letto in parte sfatto non lo diede a vedere invece si sedette al tavolo della cucina posando il cappello.

“Allora Finch, cosa ti ha portato qua? La Macchina immagino.” Shaw si sedette scompostamente su una sedia mentre Root si sedeva sul piano di lavoro della cucina mangiando con indifferenza la sua mela.

“Sì, quando è tornata si è manifestata a me. Non aveva più la voce di Root, credevo che avesse perso parte dei dati essendo una versione successiva alla 2.0, ma ora capisco il reale motivo.” Sorrise guardando la giovane, poi tornò serio. “Volevo essere sicuro che non fosse un inganno di Samaritan così le ho chiesto di comunicarmi tutte le attività da quando era tornata operativa. Come puoi immaginare malgrado la versione 3.0 abbia poco più di una settimana non è rimasta inattiva e la documentazione era notevole.” Finch sgranò un poco gli occhi ripensando alla mole di lavoro a cui era stato sottoposto. “Comunque ho verificato che non fossero azioni contraffatte e mi sono assicurato che fossero in linea con gli obbiettivi che ho dato alla Macchina. Questo luogo però ha attirato la mia attenzione. Acquisto di materiale medico di alto livello, vasche di criogenesi e poi quel nome A.I. come acquirente.”

“E sei venuto a vedere di persona.”

“Sì, io e Grace siamo tornati dall’Italia questa mattina.” Shaw annuì poi si strinse nelle spalle.

“Beh, eravamo noi. A.I. non è altro che Root.”

Analog Interface, certo, avrei dovuto capirlo, ma credevo che lei fosse morta quindi…” Tornò a guardare la giovane che si strinse nelle spalle sorridendo.

“Tornerai al lavoro?” Chiese allora Shaw.

“Non lo so.” Finch sospirò. “È la mia creatura e devo assicurarmi che non cambi.”

“Dovresti fidarti di lei.” Root scese dal tavolo con un balzello e sorrise loro come se avesse detto qualcosa di assolutamente normale ed effettivamente era normale per la Root del passato, ma per lei? “Non ho capito molto di quello che avete detto, ma questo è quello che provo.” Affermò stringendosi nelle spalle con assoluta semplicità.

È sempre stata una donna di fede.” Le disse Finch sorridendole. “Fede nella Macchina ovviamente.”

Bussarono di nuovo alla porta e Shaw fece ruotare gli occhi infastidita, l’avrebbero mai lasciate in pace?

Fusco entrò nella stanza con il suo solito sorriso e nel vedere Finch fu felice di salutarlo, poi chiese a Shaw come stava.

“Una meraviglia, cosa ne dite di andarvene?”

“Oh, miss Luna Storta, sarai pure una sociopatica, ma la buona educazione dovresti conoscerla!” Shaw desiderò, per l’ennesima volta di uccidere Fusco. Un solo, piccolo e lucente, proiettile e sarebbe tutto finito. “Sati pensando di uccidermi non è vero? Quando fai quella faccia sei proprio impossibile.” La rimbeccò l’uomo per niente spaventato.

“Credo che Sameen sia stanca.” Root le posò le mani sulle spalle guardando con un sorriso i loro ospiti.

“Molto bene.” Finch si alzò e infilò il cappello. “Forse lavoreremo di nuovo insieme, forse…” Il suo volto si incupì in pensieri tristi e l’uomo si voltò andandosene. Fusco alzò le mani e scosse la testa.

“E io che volevo bermi una birra assieme a voi per l’arresto e la pallottola mancata, siete peggio del Ragazzo Prodigio.” Al ricordo di Reese anche lui si intristì e sospirò.

“Un’altra volta Lionel.” La voce di Shaw si era addolcita e l’uomo annuì per poi voltarsi e andarsene a sua volta.

“Credevo che non se ne andassero più.” Mormorò Root abbassandosi su di lei per baciarla, ma Shaw scosse la testa.

“Forse è davvero meglio dormire.” Root sbatté le palpebre perplessa, poi si tirò indietro.

“Va bene, ti hanno appena sparato dopo tutto. Riposa, domani starai meglio.” Si voltò incominciando ad occuparsi di tutto quello che aveva acquistato quel pomeriggio. Shaw la guardò per qualche istante chiedendosi perché l’avesse respinta.

L’arrivo di Finch in città le aveva riportato la realtà alla memoria. Era stata sulla tomba di Root, la Macchina le aveva parlato con la sua voce, le aveva detto cosa la giovane avrebbe voluto dirle. Perché mentirle a quel punto? Non voleva alimentare false speranze?

Shaw scosse la testa, perché non era semplicemente felice di averla di nuovo con sé? Eppure lo sbalordimento di Finch aveva acceso un piccolo dubbio nella sua testa e ora non riusciva a liberarsene. Ma quale dubbio?

Era una stupida, ecco cos’era, quel giorno aveva sfiorato la morte per l’ennesima volta. Cosa le aveva detto Root una volta? Non c’è nulla di meglio del presente. E aveva ragione.

Root era nel bagno e stava sistemando i diversi bagnoschiuma nell’armadio, lei la raggiunse aprì l’acqua nella doccia e iniziò a spogliarsi.

“Shaw?” Chiese allora lei stupita.

“Cosa stai aspettando? Niente è meglio del presente, giusto?” Sul volto di Root si aprì un sorriso malizioso, poi la donna la raggiunse con un passo incollando le loro labbra.

Si spogliarono in fretta gettando a terra gli abiti, desiderose di sentire una la pelle dell’altra.

L’acqua scivolava calda sui loro corpi allacciati. Root gemette quando lei le prese un seno nella mano, ma poco dopo fu il suo turno di perdere il controllo quando la donna le afferrò il sedere e la sollevò spingendola contro il muro freddo della doccia. Le loro bocche non si lasciavano mentre con le mani si esploravano, i corpi spinti uno contro l’altro.

Root non sembrava intenzionata a fare l’amore nella doccia perché dopo pochi minuti chiuse l’acqua e con Shaw tra le braccia uscì dal bagno, bagnata fradicia, e lasciò cadere entrambe sul letto. Risero insieme nel groviglio di arti che si era creato, ma quando le loro labbra si trovarono smisero di ridere.

Shaw lasciò la mano scivolare lungo il corpo di Root insinuandosi tra le sue gambe, la donna spinta dal desiderio l’assecondò e lei si ritrovò a scivolare in lei con estrema facilità. Root gemette a quel primo vero contatto e Shaw sentì il cuore batterle ancora più forte nel petto. Non era nulla di simile a quello che aveva provato nelle simulazioni, nulla era paragonabile a quello che provava ora nel sentire Root aggrappata a lei gemere di piacere, mentre le sue dita scivolavano dentro e fuori dal suo corpo.

La testa della donna scattò indietro mentre Shaw sentiva i muscoli stringersi attorno alle sue dita, poi incominciarono le contrazioni e il corpo di Root si inarcò mentre dalle labbra le sfuggiva un forte gemito. Shaw le baciò i seni tesi nel piacere, continuando a muoversi dentro di lei fino a quando non la sentì rilassarsi, allora delicatamente scivolò fuori da lei.

Root aveva gli occhi chiusi e tremava. Shaw sorrise, felice di averle donato tanto piacere. Aveva ancora le braccia di lei attorno alla schiena e ricordò come nelle simulazioni spesso succedesse che gliela accarezzasse con un volto dolcemente dispiaciuto per quelle antiche ferite.

Lasciò un bacio sulla clavicola della donna, poi un secondo sul collo. Cicatrici: Root non ne aveva. Quel pensiero la fermò. Certo che Root aveva delle cicatrici, lei stessa l’aveva ricucita più volte. Si tirò su, osservando il corpo della donna che teneva ancora gli occhi chiusi.

Il corpo di Root era perfetto, non un solo piccolo segno, per esempio della ferita che lei stessa le aveva fatto sparandole nel braccio. Con un gesto brusco le voltò la testa guardando dietro la sua orecchia destra: nulla.

Solo allora Root aprì gli occhi e lei si tirò indietro separando i loro corpi.

Sameen.” Nei suoi occhi scese una lacrima. “Io ricordo. Ricordo ogni cosa.”

“No.” Shaw fece un passo e raggiunse la pistola che teneva accanto al letto. “No.” Alzò l’arma e la puntò dritto contro il petto nudo di Root. “Tu non sei Root.”

 

Note:

Sì, lo so, l’altro capitolo non era finito male… se si considera questo! XD Perdonatemi, ovviamente se sarete molto generose con le vostre recensioni potrei prendere in considerazione l’idea di pubblicare prima della canonica settimana… ;-)

Cosa ne dite di questo capitolo? Finch è tornato in pista, ma credo che sia successo qualcosa di più importante, no? Che dite, Shaw è impazzita o in questa Root c’è qualcosa che non quadra? Fatemi sapere le vostre idee! E ovviamente fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto. J

Grazie mille per aver letto fino a qui e, spero, al prossimo capitolo!

Ciao ciao

  
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