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Autore: arsea    11/08/2016    2 recensioni
Lo vide sbiancare ancora di più se possibile, cereo: "Cosa vuoi fare?" domandò spaventato "Non è la prima volta, Charles. È sempre così: ci incontriamo, ci amiamo e io rovino tutto. Mi dispiace… mio Dio… mi dispiace" "Cosa stai dicendo?" gli prese la destra, così debole, oh, così morbida, e la incatenò alla sua "Fidati di me" disse "Ti troverò" lo baciò mentre teneva la sua mano, lo immobilizzò con quel bacio e prima che potesse fermarlo affondò il pugnale dritto nel suo cuore
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Emma Frost, Erik Lehnsherr/Magneto, Raven Darkholme/Mystica
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dove Raven riuscisse a trovare la forza e la voglia di percorrere venti minuti di due metro diverse e quindici di taxi solo per mangiare lui non sapeva davvero spiegarselo, ma da bravo fratello/schiavo obbediente non gli restò che seguirla << Riesci a muoverti con tutte quelle cose addosso? >> volle sapere lei mentre lo vedeva vestirsi, ma l’occhiataccia che le rivolse prima di avvolgersi la sciarpa intorno al collo non sembrò sortire alcun effetto << Ho freddo. E sto covando un’influenza >> << È il risultato di qualcun altro dei tuoi riti voodoo? >> lei non aveva la borsetta, quindi rifilò a lui le chiavi, con annesso inutile e ovviamente voluminoso portachiavi di peluche, visto che le tasche della sua giacca striminzita a malapena avrebbero accolto le sue mani << Non sono riti voodoo. Compromessi >> lei alzò un sopracciglio scettica << È di questi “compromessi” che parlerà la tua tesi di dottorato? >> lui sospirò mentre scendevano la metro.
La prima metro, ovvio. Prima linea nord e poi ovest. Tutto per un ristorante.
Respira, Charles << La mia tesi tratterà dei risvolti sociali della teoria evoluzionista >> << Ovvio. Certo. Perché tu sei l’unico genetista sulla faccia del pianeta che abbia studiato anche psicologia visto che, parole testuali, “aveva tempo >> << Il tuo tono è quasi offensivo, sai? >> lei scoppiò a ridere e lui la imitò dopo un secondo, cingendole gentilmente il fianco con fare protettivo mentre entravano nella galleria dell’orario di punta, sua sorella non si rendeva minimamente conto di quanto corta fosse la sua gonna nonostante il freddo proibitivo, e lui poteva forse non leggere nel pensiero ma non era cieco.
Prese il biglietto per sé e per lei, ascoltandola mentre gli riassumeva più o meno tutti gli ultimi tre anni, anche se ovviamente si erano sentiti tutti i giorni, con skype più di una volta si era limitato a lasciare la webcam accesa anche mentre dormiva, quasi che a dividerli fosse solo una parete come succedeva a casa invece che un intero oceano, ma doveva ammettere che sentirla chiacchierare di sciocchezze non gli dispiaceva affatto.
L’argomento del momento era il suo nuovo ragazzo, un certo Steve Io-sono-il-sogno-americano Rogers, di cui sembrava invaghita ma che entrambi sapevano non sarebbe durato, e la sua improbabile tendenza a mandarle messaggi sdolcinati << Voglio dire, quale può essere lo scopo di mandarmi il messaggio del “buongiorno”? Non ho tredici anni! >> << Vuoi la risposta da fratello o da psicologo? >> lei gli lanciò una delle sue occhiate micidiali, ma attese che salissero sulla metro prima di continuare come se non si fosse affatto interrotta: << È davvero carino, Charles, te lo posso assicurare >> << Ma... >> la invitò lui, affrettandosi verso l’unico posto libero del vagone per farla sedere, e lei lo fece di riflesso, alzando gli occhi al cielo << Ma... è un pochino appiccicoso, ecco. Immagino che dipenda dal suo lavoro. Ti ho detto che lavora coi bambini, vero? >> << Insegnante per bambini problematici, se non ricordo male >> << Proprio così. Questo ha sviluppato parecchio tutta la cosa dell’empatia e del dialogo, ma...cristo Charles... a volte vorrei vederlo arrabbiarsi, almeno una volta, solo per vedere che effetto fa >> << Hai provato a... >> << Oddio, se dici “parlargli” giuro che ti strozzo! >> lui non riuscì a trattenere una risata, afferrandosi saldamente alla sbarra di metallo del soffitto per non finirle addosso all’ennesima fermata gentile della metro newyorkese.
L’unica consolazione che provava era che almeno anche gli altri pendolari sembravano contenti quanto lui di venire sballottati ogni pochi minuti come sgombri appesi ad affumicare << Abbiamo parlato praticamente per tutto l’ultimo mese! >> << Perché non provi a portarlo a casa allora? Se lo conoscessi potrei consigliarti meglio, e allo stesso tempo potrei vedere di sbloccare un po’ la situazione >> << Che vuoi dire? >> lui diede in un risolino, sciogliendosi un po’ la sciarpa intorno al collo perché il vagone era asfissiante << Dico che sei una personalità estremamente forte ed indipendente. Lui forse si sente intimidito da te, per questo ha bisogno di continue rassicurazioni >> gli occhi azzurri di lei si strinsero in uno sguardo indagatore e pensoso << Gli entrerai in testa? >> << Oh, Raven! >> << Non intendo in quel modo. Solo in quello normale >> << Non ho preso una laurea in psicologia per “entrare nella testa” del prossimo >> << Sì, sì... lo farai? Per me >> lui sospirò, e toccò a lui alzare gli occhi al cielo << Invita anche lui domani, insieme ai ragazzi. Ti dirò cosa ne penso sinceramente >> << Vuoi fare una bambolina voodoo anche con me? >> << E piantala con questa storia! Non puoi semplicemente pensare che io non voglia passare per il fratello svitato di Raven? >> lei gli prese la mano come per consolarlo << Mi dispiace, Charles, ma tutti pensano già che tu lo sia >> << Questo perché non fai altro che dire cose strane di me >> lei spalancò gli occhi fingendosi oltraggiata, portandosi persino una mano al petto << L’ultima volta, a capodanno, non ero certo io che trai “buoni propositi” ha messo “convincere i professori che la mia giornata consiste in venti ore”! Oddio, è una cosa così assurda! >> << Nessuno ti ha costretto a leggere a voce alta. Io non l’ho fatto con te >> rimasero a battibeccare ancora per qualche minuto, e stavano per continuare anche una volta raggiunta la propria fermata, ma mentre scendevano lui la afferrò per impedirle di inciampare sullo scalino della banchina e quel gesto così premuroso la fece scoppiare a ridere e dimenticare all’istante della discussione << Ti ho già detto che mi sei mancato? >> fece tornando dritta << Non abbastanza spesso >> la canzonò lui, accogliendo il bacio sulla guancia che seguì e porgendole il braccio perché lei vi incatenasse il proprio.
Aveva smesso di prenderla per mano più o meno con la terza media, quando si era reso conto che lei lo trovava imbarazzante, ma visto che non voleva che la folla li separasse né tantomeno perderla di vista, si era ritrovato ben presto a scegliere quel metodo, anche se accentuava ancora di più l’idea che fossero una coppia di innamorati invece che fratello e sorella.
Beh, almeno lei aveva la gentilezza di non indossare tacchi quando uscivano insieme, visto che avevano più o meno la stessa altezza, quindi per lo meno non sembravano una coppia male assortita.
Anche se lei era bellissima e lui era e sarebbe sempre stato solo carino << Spero che questo ristorante valga la pena >> sospirò, salendo le scale per cambiare binario << Ci puoi contare. Appena assaggerai le tapas lo capirai >> << Sì, sì... >> la assecondò, muovendosi per obliterare i biglietti la seconda volta, finendo però travolto da una spalla anonima che sbalzò entrambi di un passo << Scusi >> fu tutto ciò che riuscì a strappare all’uomo, che continuò a parlare al telefono come nulla fosse, superandoli senza degnarli di uno sguardo << Benvenuto a New York >> lo canzonò Raven vedendo la sua faccia irritata << Sono sempre così gentili in questa città >> sibilò lui sarcastico, scuotendo il capo prima di proseguire << A me piace da impazzire >> disse lei << È così viva, così elettrizzante! Non so davvero come tu sia riuscito a vivere in Inghilterra >> lui alzò gli occhi al cielo << Certo. Impossibile vivere in un paese in cui le parole “grazie” e “per favore” hanno ancora un significato. È stata una tortura >> si fece strada attraverso la calca e si fermò sulla banchina d'attesa, vicino alla linea gialla che non dovevano oltrepassare << Posso venire con te per la tesi? >> se ne uscì lei di punto in bianco << Naturalmente >> << Ma niente giro turistico per i musei. Ad aprile compirò ventun'anni, ricordi? Esigo d'ubriacarmi in un pub londinese >> lui diede in un lungo, lunghissimo, respiro profondo, ma prima che potesse risponderle acido un urlo gli attraversò il cervello come una pugnalata:
Charles!
Barcollò pericolosamente mentre la metro sfrecciava a pochi centimetri da lui, Raven lo trattenne a stento dal cadere << Che succede? >> fece allarmata, ma lui la sentì a malapena.
Si portò una mano alla fronte, sentendola pulsare dolorosamente mentre gli scudi che smorzavano il suo potere stridevano come se qualcuno o qualcosa cercasse di abbatterli.
Era impossibile. Gli inibitori esistono per questo, giusto?
In qualche modo Raven riuscì a portarlo sulla metro, e lui ricadde a peso morto contro le porte scorrevoli << Ti prego, Charles... mi sto spaventando >> lo vedeva che era spaventata, era bianca come carta, quindi si sforzò di risponderle << Qualcuno... qualcuno ha urlato il mio nome >> << Io non ho sentito nulla >> lui scosse il capo, portandosi un dito alla tempia << Oh >> << Già >> si fece più vicina << E' come te? >> volle sapere in un sussurro << No. Non credo almeno. Era solo un pensiero... intenso. Spaventosamente intenso >> uno scossone violento scosse il vagone, non avevano nemmeno lasciato del tutto la fermata, sbalzando tutti e facendo rovinare molti a terra, compresi lui e Raven, che lasciò andare un gridolino.
Riuscì ad impedire all'ultimo secondo che lei sbattesse la nuca contro il palo d'acciaio alle sue spalle, mettendo la mano tra lei e il metallo, ma il dolore del colpo fu poca cosa confrontato con la stilettata che per la seconda volta gli attraversò il cervello << Oh Dio... >> gemette e adesso spinse il suo potere contro le barriere dell'inibitore, anche sapendo dell'emicrania che sarebbe seguita, cercando di proteggersi da quella mente malata.
Charles, Charles, Charles...
Dio, chi diamine conosceva che poteva essere così?
Si rialzò in piedi tenendo Raven a sé perché facesse lo stesso, guardandosi intorno per cercare di capire chi fosse questo pazzo.
In lui – sentiva che era un lui – c'era un'urgenza che aveva del sinistro, ripeteva il suo nome ossessivamente, insieme ad un confusionario elenco di sue caratteristiche fisiche, ma Charles era certo, assolutamente certo, che nessuno tra le sue conoscenze avesse la sua voce.
Era in quella dannata città da nemmeno un giorno e già aveva il suo maniaco!
Imprecò tenendosi il capo, era doloroso usare il suo potere in quel momento, nonché incredibilmente faticoso, senza contare che non riusciva a fare molto altro oltre a captare qualche immagine fugace.
Basta!
Lo chiuse semplicemente fuori, tutta la sua concentrazione si focalizzò su questo, contando i secondi che li separavano dalla prossima fermata e guardandosi intorno per cercare di capire chi fosse << E' qui? >> domandò Raven in un mormorio preoccupato, senza protestare anche se lui si era messo davanti a lei come una sorta di muro umano << Non lo so. Troppe persone >> morsicò << Quanto manca alla prossima? >> << Un minuto al massimo >> fu il minuto più lungo della sua vita.
Quando la voce metallica annunciò loro che erano prossimi a fermarsi, si aprì la porta in fondo al vagone, dalla parte opposta rispetto a loro, e Charles riuscì a vedere un uomo entrare trafelato, gli occhi spalancati e la bocca aperta in brevi respiri, come se avesse corso; seppe senza alcun dubbio che era lui << Scendi! >> ordinò a Raven, accantonando ogni maniera per farsi spazio fino alla porta scorrevole da cui erano stati sbalzati durante lo scossone << No! Charles, ti prego! >> uscirono fuori mentre l'uomo gridava il suo nome, ma invece di correr via con il rischio che li seguisse, il telepate preferì fermarsi e sollevare una mano per fermarlo << Stai lontano da me >> ordinò con ogni briciolo di potere che riuscì a racimolare dentro di sé, la sua testa cominciò a pulsare come l'inferno, ma l'altro si immobilizzò.
Vide lo stupore sul suo volto quando si rese conto che non riusciva a muoversi, erano a pochissimi passi di distanza, tanto che gli sarebbe bastato alzare la mano per toccarlo, e fu scioccante vedere il modo in cui i suoi occhi grigio-azzurri si riempirono di lacrime, fu terrificante riconoscere tanta emozione nei suoi confronti in un estraneo, e forse fu questo a farlo tentennare, a fargli perdere la presa sulla sua mente: imprecò mentre quello se ne rendeva conto e sollevava una mano per afferrarlo, ma si strinse solo sulla sua sciarpa quando Charles indietreggiò istintivamente.
Lo vide perdere l'equilibrio quando mancò l'obiettivo, quindi ne approfittò per spingerlo dentro il vagone con tutta la forza che riuscì a produrre, anche se significò una brutta escoriazione al collo perché l'altro non lasciò la sua sciarpa.
Che la tenesse << Ti prego! >> furono le ultime parole che sentì da lui, poi le porte si chiusero a separarli e la metro proseguì la sua corsa, anche se lo vide distintamente battere contro il vetro con disperazione.
Raven era subito al suo fianco, quindi le prese la mano e si mise a correre verso l'uscita, deciso a mettere più distanza possibile tra lui e quell'uomo spaventoso.
Continuò a correre anche una volta fuori, si fermò solo quando si rese conto che Raven lo stava chiamando << Maledizione, fermati! >> fece, e strattonò la mano che la teneva per liberarsi, arrabbiata, ma le bastò vedere la sua espressione per mutare l'ira in preoccupazione << Ehi, Charles... Tutto bene? >> << No >> sentenziò lui senza mezzi termini, raggiungendo il primo muro per appoggiarsi e riprendere fiato << Lo conoscevi? >> << Come potrei conoscerlo?! >> poi, rendendosi conto di aver alzato la voce: << Scusa. Lasciami... lasciami un momento >> lei assentì lentamente, affiancandolo in silenzio, e attese che fosse lui a parlare di nuovo << Non ho mai visto niente di simile >> sussurrò << Continuava a ripetere il mio nome nella sua testa... mi ha fatto venire la pelle d'oca! >> << Cosa voleva? >> lui la guardò storto << Oh, certo. Perché non mi sono fermato a chiedere a quel pazzo cosa volesse? Cristo, Raven! >> << Okay, scusa, scusa... Intendevo solo dire... oddio, Charles, hai la gola tutta rossa! >> solo adesso si rese conto che in effetti sentiva un po' di dolore, sulla nuca soprattutto, e diede in un'altra imprecazione << Sembrava disperato... dannata città di pazzi! >> sentenziò, rimettendosi dritto e passandosi una mano trai capelli con un respiro profondo << Andiamo, su. Ma al ritorno prendiamo un taxi >> chiarì senza accettare obiezioni.
 
*
Erik tentò di fermare la metro una seconda volta, come aveva fatto per salire, ma sentì le proprie ginocchia cedere non appena provò, troppo spossate dallo sforzo probabilmente, e tutto ciò che riuscì a fare fu scivolare a terra, nello spazio tra due gruppi di poltroncine occupate, troppo scioccato e disperato per interessarsi a quel che lo circondava.
Strinse quella sciarpa contro il viso, nascondendosi dal resto del mondo, troppo sofferente e allo stesso tempo felice per pensare che era un adulto circondato da adulti, troppo colmo di amore, sì, puro e straziante amore, per riuscire a pensare a qualcosa di diverso dal suo volto... il suo volto!
E non erano ricordi di chissà dove e chissà quando, erano di ora, tempo presente, pochi metri di distanza...
Lo aveva quasi sfiorato!
Scoppiò a ridere follemente, baciò quella ridicola lana rossa, la colmò di baci come fosse stata la sua pelle, e si abbeverò al calore residuo intrappolato tra le trame del tessuto, al profumo di colonia costosa, e, forse, anche sigaretta?
La sua euforia/disperazione durò fino al capolinea, quando però dovette uscire fuori e la folla sotterranea e impersonale gli ricordò che era ancora al punto di partenza.
Charles era ancora uno in mezzo agli altri, solo che adesso, almeno, aveva la certezza che lui esistesse.
Si asciugò le guance e raddrizzò le spalle mentre usciva all'aperto, alzando lo sguardo al cielo troppo illuminato per contenere stelle, ma per la prima volta in vita sua oltre al dolore sordo della mancanza provò anche una calda determinazione.
Lo avrebbe trovato. Senza alcun dubbio.
 
*
Esattamente come aveva immaginato, la sua bravata lo fece svegliare con un fortissimo mal di testa.
Aveva bevuto solo un bicchiere di vino la sera prima, ma si svegliò con i sintomi del peggiore dopo sbronza della sua vita.
Si allungò verso il comodino per prendere le aspirine, affondando il volto nel cuscino per dare un po' di sollievo alla testa sul punto di esplodere, e dopo aver mandato giù un paio di pillole senz'acqua, prese anche gli inibitori sotto il cuscino e fece far loro la stessa fine.
Suo padre li aveva creati per lui quando aveva a malapena dodici anni, il suo lasciapassare per la normalità, ed effettivamente funzionavano in modo egregio, fermando il suo potere dall'entrare in ogni mente nel raggio di più di due miglia senza alcun freno, e allo stesso modo non privandolo completamente d'esso, anche se il prezzo per usarlo era appunto quello.
Non che avesse cominciato a prenderli per queste motivazioni.
Da bambino era stata sua madre a volerlo, e una volta lontano da lei era stato troppo pericoloso smettere di farlo: non poteva semplicemente lasciar scorrazzare libera la sua telepatia, sarebbe stata una catastrofe << Sei vivo? >> la voce di Raven gli arrivò tutt'altro che benvenuta, ma almeno ebbe la decenza di parlare sottovoce << Non hai proprio una bella cera >> continuò sedendosi al suo fianco > mugugnò ironico, e accolse con un sospiro di sollievo la mano fredda di lei sulla propria fronte << Ho preparato il caffè, se te la senti di venire di là. Sono quasi le sette, Charles... devi mangiare qualcosa. E farti una doccia. Gli altri saranno qui tra poco >> << Le sette? Non è così tardi >> << Di sera, Charles. Hai dormito per tutto il giorno >> gli uscì un “cazzo” anche se di solito si tratteneva almeno davanti a lei, ma la situazione lo esigeva senza ombra di dubbio.
Si tirò su con uno sforzo mastodontico e evitò di imprecare di nuovo quando un conato acido gli risalì lo stomaco, e l'unica cosa che gli impedì effettivamente di rigettare lì sul letto fu che non aveva mangiato nulla.
Raven lo squadrò per un momento, poi sospirò e pizzicò un lembo del pigiama di cotone di lui con fare eloquente << Mettiti dei veri pantaloni prima di venire di là. C'è Steve >> << Ovviamente. Perché non dovrei presentarmi al tuo ragazzo in questo stato? Magnifico. Assolutamente magnifico >> << Andrai benissimo >> di nuovo le rispose con un mugugno, si prese la fronte dolorante mentre si alzava in piedi e inforcò i suoi occhiali da vista prima di uscire dalla stanza e andare in bagno.
Odiava quel maledetto tizio della metro. Lui raramente odiava qualcuno o qualcosa, ma quell'uomo si era appena guadagnato un posticino speciale nel suo cuore, proprio di fianco a Lady Gaga e Snoop Dog.
Okay, non proprio accanto a Snoop Dog, ma vi era pericolosamente vicino.
Si spogliò calciando via i propri vestiti sudaticci e si infilò sotto la doccia con la ferma convinzione che l'influenza fosse infine arrivata ad esigere la sua libbra di carne, cosa ancora più avvallata dal fatto che la sua pelle percepì l'acqua molto più fresca di quel che era.
Avrebbe preso qualcosa dopo la “colazione”, per non urtare la sensibilità del suo stomaco già irritato per altri motivi, quindi usò i successivi venti minuti per racimolare un poco di decoro, infilarsi un paio di jeans e una camicia con un cardigan blu scuro anche se Raven li odiava, e si arrese a non indossare le lenti a contatto visto che aveva l'impressione che i suoi occhi stessero per esplodere.
Era quasi decente quando entrò in cucina, da cui sentiva provenire il chiacchierio, e si fermò un momento sulla porta per dare tempo ai due di accorgersi della sua presenza.
Steve era esattamente come si era aspettato che fosse: biondo, occhi azzurri, vergognosamente alto e altrettanto vergognosamente muscoloso, con un sorriso così luminoso che sarebbe stato perfetto per lo spot di un dentifricio e l'espressione più cordiale del mondo << Tu devi essere il fratello di Raven >> << Piacere, Charles. Steve, immagino >> il sorriso di lui si allargò mentre si stringevano le mani, una stretta gentile come tutto il resto di lui << Esatto. Non sapevo che avessi parlato di me a tuo fratello, Raven >> << Sono poche le cose che non dico a Charles >> disse lei con orgoglio, e come promesso posò una bella tazza di caffè fumante sul tavolo, insieme ad un piattino di biscotti al burro che aveva comprato appositamente per lui << Ti amo >> le disse di tutto cuore, sedendosi al piccolo tavolo per quattro e strappandole una risatina << Notte brava ieri sera? >> volle sapere Steve, dimostrando così che tutti i suoi sforzi di apparire normale non avevano sortito granché effetto << Non proprio... Raven, hai un po' di latte? >> lei lo accontentò con un sospiro, tornando poi a preparare le tartine per gli ospiti.
Era piuttosto brava in cucina, cosa in cui Charles era sempre stato negato invece.
Aveva imparato giusto un paio di piatti in dormitorio, e doveva ringraziare i suoi compagni di corso se non aveva ancora preso lo scorbuto o la gotta a causa della dieta a base di cracker e noodles con cui andava avanti << Sono felice di conoscerti, Steve. Vuoi del caffè anche tu? >> offrì, vedendolo negare con il capo prima di appoggiarsi con disinvoltura al ripiano della cucina proprio di fronte a lui, così da continuare a guardarlo << Raven mi ha detto che studi all'estero. Oxford >> << Sono un genetista, esatto. Uno dei laboratori ha accettato la mia ricerca per il dottorato, quindi ho continuato i miei studi >> << Tre maledettissimi anni >> aggiunse Raven come al solito, e Charles sospirò dopo un sorso di caffè, massaggiandosi le palpebre da sotto gli occhiali << Solo tre anni? Te la sei presa comoda >> fece Steve con incredula ironia, e di nuovo fu lei ad intervenire: << Charles è una specie di genio. Ha due lauree, sai? >> si vantò, avvicinandosi per scompigliare i capelli al fratello, che seppur soffrì per la sua testa maltrattata, non riuscì a risentirsene troppo quando lei si chinò per abbracciarlo e schioccargli un bacio sulla guancia << Ormai ho praticamente finito. Starò qui mentre preparo la mia tesi e tornerò laggiù solo per esporla. Anche a me è mancata la mia splendida sorellina >> lei si portò indietro i capelli con un gesto altezzoso << Hai sentito? Splendida >> sottolineò, facendo scoppiare a ridere tutti e tre << E anche intelligente >> continuò Steve, prima di cingerle il fianco con un braccio e depositarle un piccolo bacio sulle labbra.
Proprio come aveva pensato: quel povero ragazzo era terrorizzato dalla sicurezza di sua sorella << Oh, io sono solo la pecora nera! >> << Se lo fossi i tuoi quadri non venderebbero >> le fece notare lui, abboccando alla facile esca di lei, che infatti sorrise compiaciuta << Ovvio >> disse infatti, allontanandosi solo per infilare le tartine in frigo e passare a riempire un piccolo nugolo di ciotole di salse prese da vari barattoli << Dove vi siete incontrati? >> domandò Charles, tanto per fare conversazione visto che lo sapeva già, ma Raven capì e non si intromise << Al cinema. Sono un amico di Sean >> << Il ragazzo di Angel >> chiarì lei per amore di cronaca << Ci siamo ritrovati tutti insieme a vedere il film, l'ho adorata sin da subito, e quando siamo usciti a bere qualcosa dopo ero già cotto di lei >> << Ma piantala! >> Charles stava per vomitare di nuovo, solo che questa volta il suo stomaco era innocente.
Si spinse un sorriso sul volto e continuò a bere il suo caffè << Quando mi ha detto che era una pittrice non volevo crederci. Una ragazza così bella, spiritosa e anche amante dell'arte? Mi sento come chi ha vinto alla lotteria >> << Ne riparliamo quando la vedrai ad una partita di calcio >> << Charles! >> << Ti piace il calcio? >> volle sapere Steve << Lo adora. E' una tifosa scatenata del Manchester. Le ho regalato la tribuna d'onore per il suo compleanno, l'anno scorso. Ti piace il calcio, Steve? >> no, preferisco il baseball << No, preferisco il baseball >> ho visto qualche partita, ma non sono un esperto << Ho visto qualche partita, ma non sono un esperto >> Dio, più prevedibile di una replica del Titanic << Perché non andate ad una partita insieme? >> lui e sua sorella si scambiarono un'occhiata, una delle loro occhiate, ma lei scosse impercettibilmente il capo, invitandolo così ad abbassare un po' la tensione.
Posò la tazza ancora piena per metà e diede in un sospiro << Sinceramente anche io sono un completo ignorante in materia. Una volta ho visto una partita con lei, ma continuavo a chiederle praticamente il perché di ogni azione, quindi si è spazientita e mi ha piantato da solo davanti alla tv! >> Steve rise con lui per l'aneddoto, del tutto ignaro di aver appena bocciato il test “Sono Il Ragazzo di Raven Xavier”, e questo in qualche modo gli fece perdere ulteriori punti.
Per sua fortuna il campanello prese a suonare, perché Charles non era sicuro di riuscire a non umiliarlo pietosamente nei prossimi cinque minuti: era bello, certo, bellissimo probabilmente, ma poteva giusto pulire le scarpe di Raven, non certo camminare al suo fianco.
Dalla porta sfilarono uno dietro l'altro il piccolo stuolo di amici di sua sorella che erano diventati poi anche i suoi, e si alzò per accogliergli almeno un po' visto che si supponeva fosse la sua festa di bentornato.
C'erano più o meno tutti: Angel, Sean, i fratelli Summers, Anne e James, persino Emma con al guinzaglio il ragazzo di turno, un certo Bobby, che sembrava non essere del tutto felice di essere lì visto che non conosceva nessuno, ma che non aveva potuto dire di no per il semplice motivo che nessuno si può sognare di dire di no ad Emma Occhi-di-Ghiaccio Frost.
Aiutò Raven a portare in salotto i vari snack e antipasti mentre Steve si occupava delle bottiglie.
Facevano spesso festini in casa per ovviare alla piccola clausola con cui proibiva a Raven di bere qualcosa di più forte di un'acqua tonica non appena varcata la soglia, ed aveva ceduto invece a concederle qualche bicchiere di aperitivo all'interno delle mura domestiche perché non aveva modo di vietarle di bere vivendo in un altro continente e aveva optato quindi per una manovra di compromesso.
Lei sentiva di aver vinto una battaglia e lui d'altro canto si assicurava che stesse lontana dal pericolo di ubriacarsi in ambiente non protetto.
Due pesi e due misure. Se potevano mandare avanti la Costituzione Americana, non capiva perché non potessero funzionare con lo statuto di fratellanza della famiglia Xavier.
La prima mezz'ora di convenevoli trascorse abbastanza liscia, lui riuscì a mimetizzarsi abbastanza bene con il tessuto del divano e a schivare perciò la maggior parte delle domande visto che non possedeva l'energia psico-fisica per mandare avanti una conversazione decente, ma quando i bicchieri raggiunsero la metà i loro amici sembrarono ricordarsi del perché si trovavano lì e cominciarono ad esigere la sua attenzione.
Rispose in modo più o meno umano, non usò termini pomposi per spiegare la sua tesi e si lamentò come doveva dei ritmi estenuanti del laboratorio, perché a nessuno di loro poteva passare anche solo per l'anticamera del cervello che lui semplicemente adorasse il suo campo di studi.
Beh, Angel era una nota artista di strada, aveva venduto uno dei suoi lavori ad una famosa marca di calzature e adesso viveva tranquillamente di rendita, Sean era un musicista a tempo perso, i fratelli avevano fatto uno Economia e l'altro si era specializzato in una scuola professionale per prepararsi a prendere l'officina di famiglia, James gestiva una piccola galleria nel South End e sembrava avere soldi di cui nessuno sapeva o voleva sapere la provenienza, compresa Anne che viveva tranquilla sotto la sua ala, ed Emma ovviamente aveva studiato legge come suo padre, certa di un posto assicurato nel suo studio.
Ciascuno di loro, escluso lo sconosciuto Bobby, sembrava un pezzo dell'anima di Raven, che poi era la loro colla e il motivo per cui tutti loro si conoscevano.
C'era il suo lato ribelle e sfacciato, quello disciplinato e freddo, quello un po' timido, quello sbarazzino, quello da ragazza di buona famiglia che non si sente tale...
Non aveva la più pallida idea di che posti frequentasse sua sorella per conoscere persone tanto eterogenee, ma in qualche modo faceva funzionare il gruppo.
E poi in mezzo a tutti loro c'era lui, il gentile, un po' strano, fratello di Raven. Innocuo per lo più, viveva in Inghilterra del resto, e si chiese improvvisamente se e in che modo sarebbe cambiato qualcosa adesso che lui era tornato per restare << Prossimo passo dopo il dottorato? >> volle sapere James, mordicchiando il suo sigaro visto che non poteva accenderlo.
L'avrebbe fatto in realtà, ma Anne gli aveva rivolto un'occhiata micidiale quando aveva accennato a prendere i fiammiferi dalla tasca della camicia, quindi si era arreso a tenerlo solo in bocca << Vedrò nei laboratori dei dintorni... Oppure farò il mantenuto di Raven. Posso? >> chiese poi stiracchiandosi e lei gli diede un buffetto sulla spalla << Saresti capace di non uscire di casa se non ti trovi un lavoro! Dio ci protegga da un Charles annoiato! >> la battuta ebbe l'effetto desiderato, facendo scoppiare a ridere la compagnia, proprio come lui aveva voluto.
Era un gioco facile con Raven ad appoggiarlo.
Prese un altro sorso dal bicchiere nelle sue mani, sentendo un fiotto di bile risalirgli lo stomaco.
Sharon sarebbe stata fiera di lui.


NA: Ciao a tutti! Ho cercato di pubblicare presto approfittando dell'ispirazione finché c'è XD XD
Anche questa volta ringrazio la mia bellissima beta-reader Winchester_D_Fra per i suoi consigli (spero che vada meglio tesora!) e per aver salvato una certa parte (io so che tu sai che io so <3 ). Come sempre vi invito a lasciarmi tutti i vostri commenti/pensieri se vi va che una chiacchierata Cherik non si rifiuta mai!
   
 
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