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Autore: Steno    11/08/2016    3 recensioni
A proposito di dei recalcitranti, principi falliti, stupidi sexy demoni, palle di fuoco e una laurea in arti magiche.
P.S. c'è anche un drago!
°°°
Dal capitolo 15:
Era circondato da persone che si preoccupavano per lui, era ora di dimenticare il ragazzino solo ed impaurito che era un anno prima “Vedi Ylva, se c’è una cosa che ho imparato è che attaccare in svantaggio numerico non è mai una buona idea”
°°°
Nota dell'autrice:
Non penso che anche usando tutte le duecento parole a mia disposizione riuscirei a descrivere l'enorme bagaglio di idiozia che i miei protagonisti si portano dietro.
Non voglio mandare messaggi particolari con questa storia: ho solo due personaggi stupidi che mi divertirò a mettere in tutte le situazioni più assurde e imbarazzanti a cui riesco a pensare.
Genere: Comico, Demenziale, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Principi e Dei'
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Salve ragazzi. Di recente ho avuto qualche problema con il computer quindi gli aggiornamenti si sono leggermente diradati ma conto di risolvere presto la situazione.
Ho appurato con piacere che molti di voi sono rimasti sorpresi dalla rivelazione di Ageh sulle sue origini, ma non pote dire che non avessi sparso qualche indizio qua e là (tipo nella presentazione della storia. Ad ogni modo nella prima parte del capitolo ci sarà un scorcio del passato di Ageh che chiarirà la situazione.
Giusto per la cronaca ho pubblicato un piccolo spin-off di questa storia in cui Ageh finalmente ha una piccola rivincita sul povero Ylva.
Un grazie speciale a Chelibe e JOR. 


 
9.


Pozu, fra tutti i regni, era rinomato per la forza dei suoi abitanti.
Così come il regno di Arve aveva scelto la via dello studio di ogni cosa e il regno di Nere amava l’arte in tutte le sue forme; a Pozu i bambini venivano addestrati sin da piccoli al combattimento. Crescendo acquisivano nozioni di strategia e studiavano la storia militare e, infine, durante una cerimonia detta Culdra, i ragazzi di vent’anni venivano proclamati adulti e decidevano in quali discipline specializzarsi.

Il piccolo Ageh Corion secondogenito di re Corion Dale era nato in una tiepida sera di primavera a Iohunghar, la capitale.

La città più impenetrabile del mondo a detta di tutti.
Non tanto per le alte mura spioventi, dotate di frastagliate merlature che rendevano inutile l’uso di scale e neanche per gli enormi trabucchi costruiti su ogni torretta. A giustificare la sua fama, era il fatto che ogni singolo abitante all’interno della città fosse una potenziale macchina da guerra. Ragion per cui non era mai stata attaccata.

Ora: in genere il termine ‘famiglia reale’ potrebbe far pensare ad un immenso palazzo con eserciti di servitori e ricchezza ostentata. Ma non era il caso di Pozu. La famiglia reale viveva in una casa a due piani non diversa da quelle circostanti.

Dopo la scissione dal frivolo popolo di Powa si era venuta a creare la necessità di un capo che guidasse il neonato regno di Pozu, così dopo un’attenta riflessione era stato nominato re il generale più rispettato; ma nessuno nel corso della dinastia reale aveva mai sentito il bisogno di un’opulenta dimora e di titoli altisonanti. Così il re veniva chiamato ancora generale da tutti i suoi sudditi, e la cosa più vicina ad una reggia erano i palazzi del quartiere costruito appositamente per ambasciatori e ospiti illustri di altri regni.

Ageh Corion si era dimostrato subito diverso dagli altri bambini: di tutti i quattro figli di re Corion Dale era l’unico che aveva ereditato il sangue magico di sua madre. La regina Numbra Reghen era figlia del famosissimo comandante Reghen Vardo e di una potente strega umana nota come Jeri. Numbra possedeva solo alcuni dei poteri di sua madre, ma il piccolo Ageh aveva dimostrato subito un incredibile talento per la magia.

Per la gioia di sua nonna si esibiva in piccoli incantesimi e si faceva raccontare le storie sui grandi maghi del passato.

Sfortunatamente crescendo, quello che i suoi genitori avevano considerato un innocuo passatempo iniziò a intaccare il suo addestramento militare. Il giovane principe fin troppo spesso saltava gli allenamenti per chiudersi in biblioteca a leggere o usciva di nascosto dalla città per provare i suoi incantesimi.

Poi sua nonna morì e il re decise di mettere la parola fine a questa storia della magia. A preoccupare re Corion era il fatto che di tutti i suoi figli Ageh era l’unico maschio eppure era il meno temuto; sua sorella maggiore Daira sarebbe diventata un’eccellente regina e le due gemelle Kona e Kera erano già famose sui campi d’addestramento. Ma non gli riusciva di capire come quel suo figlioletto preferisse libri polverosi ad una spada ben affilata. Così gli proibì di praticare ancora la magia.

Fu allora che accadde l’impensato.

Dopo qualche tempo si rese conto che suo figlio gli aveva disubbidito.

Soldati di guardia gli riferirono che a notte fonda usciva dalla sua stanza e non certo per addestrarsi. Arrivò anche a scoprire che aveva un accordo con alcuni degli stranieri in città perché gli procurassero dei libri di magia.

La rottura avvenne quando gli tese un agguato di persona. Lo sorprese in una vecchia armeria abbandonata a tracciare quei suoi stupidi segni con il gesso e, non solo il ragazzo non mostrò il minimo pentimento, ma gli sfuggì usando uno dei suoi trucchetti. Giorni dopo le sue guardie lo sorpresero nascosto su una nave in partenza dal porto. Il grosso fiume che costeggiava la città era il collegamento diretto con Kaladorei, la pacchiana capitale del regno di Powa.

Dopo un’accesa discussione in cui il ragazzo aveva minacciato di trasformare tutte le sue guardie in diversi esponenti del regno animale, la regina era intervenuta offendo una soluzione temporanea: Ageh avrebbe ripreso con serietà l’addestramento fino al Culdra e gli sarebbe stato concesso di proseguire anche lo studio della magia.

 
°°°°°°°°°°

L’ennesimo ragazzo volò a terra e Ageh sospirò.

La finestra dall’ampio davanzale della biblioteca offriva una panoramica perfetta della piazza d’armi. Le sue sorelle minori circondate da uno stuolo di ragazzi li stavano mettendo al tappeto uno dopo l’altro. Quella scena si ripeteva ogni anno con l’approssimarsi del Culdra. Era usanza partecipare in coppia, ma trattandosi di Pozu gli inviti si trasformavano in scontri: chi riusciva ad impressionare il proprio potenziale partner con le sue doti nel combattimento, aveva buone possibilità di ricevere una risposta positiva.

Solo il giorno prima sua sorella Daira aveva sfidato il suo storico fidanzato Colein, quei due anche se prossimi a sposarsi non avevano mai perso la sana rivalità che li aveva sempre legati.

Ageh osservò un altro ragazzo stramazzare al suolo per opera di Kona. Quelle due puntualmente finivano per massacrare tutti i loro pretendenti e andare alla cerimonia insieme.

La cerimonia, giusto.

Quell’anno Ageh aveva compiuto vent’anni e avrebbe partecipato al Culdra con i suoi coetanei.

Doveva decidere cosa fare del suo futuro e partire per l’addestramento avanzato.

Libri di magia giacevano aperti intorno a lui su ogni ripiano orizzontale. Con il tempo la biblioteca era diventata la sua seconda casa, l’angolo dedicato allo studio della magia si era lentamente adattato a lui, schizzi di simboli arcani e creature magiche erano appesi alle pareti, un grosso specchio di comunicazione era appoggiato in un angolo; non aveva nessuno con cui usarlo ma lo trovava un’oggetto geniale e lo conservava con cura.
Sul muro accanto alla finestra una riproduzione in scala della meravigliosa Plaurani faceva bella mostra di se. Aveva comprato quel quadro da un mercante e se ne era innamorato. Non desiderava altro che partire per quel luogo incredibile, cuore della conoscenza. Aveva rimediato un elenco dei corsi della facoltà di magia e in qualche modo si era procurato i libri.

Ciò che gli mancava era la possibilità di scegliere.

Lui era Ageh Corion, secondo figlio di Corion Dale re di Pozu. Non era destinato a diventare re, ma sembrava che un mago non fosse accettabile nella famiglia reale.

Gli si chiuse la gola e un familiare senso di soffocamento lo cinse. Si accasciò scivolando lungo la parete.

-Non voglio! – pensò.

“Non voglio!” mormorò.

“NON VOGLIO!” urlò contro gli scaffali artigliandosi il petto con una mano. I tavoli intorno a lui si spostarono radialmente per effetto della sua magia. Si sentiva sul punto di esplodere rannicchiato contro quel muro.

Il giorno dopo avrebbe dovuto rinunciare a l’unica cosa che lo faceva sentire vivo.

Ma non voleva.

Non poteva!

Mentre il sole calava su Iohunghar i libri furono gli unici testimoni delle sue lacrime silenziose.

 
°°°°°°°°°°

I Culdra si svolgeva al tramonto. Tutta la città si raccoglieva nella gola dalla parte opposta del fiume. Alla base della montagna sorgeva la piattaforma sacra, ogni anno veniva eletto un Culdrant fra gli anziani e il caso voleva che quell’anno fosse il turno di suo nonno.

Reghen Vardo, nonostante l’età avanzata era ancora un uomo imponente, incurvato appena dal passare degli anni. Dopo la morte della sua amata Jeri era diventato silenzioso e riservato, ma aveva un amore particolare per il suo unico nipote. In lui rivedeva molto della sua sposa.

Entrò nella tenda dei candidati e i ragazzi si divisero al suo passaggio. Ageh attendeva seduto in un angolo con la morte nel cuore. Un altro paio di persone condividevano la panca con lui ma all’approssimarsi dell’uomo ebbero il buonsenso di allontanarsi.

Dopo che si fu’ seduto per qualche minuto nessuno dei due parlò.

“Ageh” disse infine Reghen “Sai come ho conosciuto tua nonna?”

“Durante uno scontro, il regno di Egil aveva assoldato la tua compagnia per dare la caccia ad una nave di pirati”

“Giusto, ma credo di non averti mai raccontato l’episodio dettagliatamente, sbaglio?”

Il ragazzo fece segno di no e lo sguardo dell’uomo si perse a rivedere immagini del suo passato:

“Devi sapere che all’epoca io e i miei compagni eravamo solo ragazzini freschi di Culdra e in ansia di mettersi alla prova. Il nostro addestramento sul mare era sicuramente inadeguato per affrontare dei marinai esperti, e riuscimmo ad arenarci in una secca vicino ad una delle isole più piccole dell’arcipelago di Egil. Raggiungere la costa era impossibile perché in quel punto la terra ferma si trasformava in un’alta scogliera a picco sul mare. La nave pirata ci era addosso, già vedevo le bocche dei cannoni prendere la mira mentre noi ci affannavamo cercando il modo di liberare la nave. Credo che quel giorno saremmo morti lì se tu nonna non fosse intervenuta. Le onde si gonfiarono improvvisamente intorno a noi abbattendosi sui pirati. Pensavo che da un momento all’altro una avrebbe colpito anche noi ma sembravamo circondati da un specie di barriera” il volto serio di Reghen fu attraversato da un sorriso “Fu allora che la vidi per la prima volta. Dalla cima della scogliera, con indosso solo un abitino scompigliato dal vento agitava minacciosa una specie di lungo bastone verso i pirati. Sembrava furiosa, i suoi lunghi capelli neri frustavano l’aria dandole un aspetto quasi inumano. Fui incantato. Non avevo mai visto una simile determinazione. I pirati scapparono e il mare si quietò. Neanche due minuti dopo in qualche modo era arrivata sulla nostra nave; fece una lavata di capo memorabile a tutti noi, alcuni dei ragazzi che c’erano quel giorno ancora rabbrividiscono al ricordo”

Ageh era davvero sorpreso; erano più parole di quante ne aveva mai sentite pronunciare a suo nonno in tutta la sua vita. Il Culdra e la sua tristezza erano solo un ricordo lontano mentre con occhi sognanti immaginava nonna Jeri, una donna minuta ed esile, sgridare gli imponenti guerrieri di Pozu.

“Ad ogni modo trovai moltissime buone scuse per tornare sulla sua isola nell’anno successivo. Lei aveva una pessima opinione di me e non faceva altro che insultarmi, però non mi ha mai scacciato. E dire che ne avrebbe avuto tutte le capacità; con il tempo scoprii che non c’era maga più temuta di lei in tutto il regno di Egil, anche se si rifiutava categoricamente di usare la magia salvo casi di emergenza. Era una persona molto pratica, le piaceva fare le cose con le sue mani. Quando infine le chiesi di sposarmi mi sembrò sorpresa, come se non le fosse mai passato per la testa che qualcuno potesse volere lei in moglie. Quella volta usò davvero la magia, per diverse ore ebbi la strana esperienza di essere un rospo; ho idea che pensasse ad uno scherzo”

“E come hai fatto a convincerla?” Ageh non riusciva a stare seduto fermo, nonna Jeri non gli aveva mai raccontato quella storia però che usasse raramente la magia era vero.

Suo nonno si esibì in un ghigno di cui Ageh non lo avrebbe mai, mai, mai creduto capace:
“Quando sono tornato umano le ho detto che se mi preferiva rospo sarei stato felice di gracidare per il resto della vita” gli diede una pacca sulla spalla bonariamente “Devi sapere Ageh che le ragazze sono molto più sveglie di noi per certe cose"

"E lei cosa ha risposto?"

"Secondo te?" gli fece un occhiolino per poi alzarsi "Ti ho raccontato questa storia per un motivo molto semplice. Prima d'incontrare Jeri credevo solamente nella forza fisica, come il resto della nostra gente. Ma tua nonna è riuscita in molte imprese dove un esercito avrebbe fallito. Se deciderai di affrontare il Culdra io sarò felice di insegnarti tutto ciò che so, ma se deciderai di diventare mago sarò comunque dalla tua parte. Non esiste nulla peggio del rimpianto, scegli bene!"

Detto questo si avviò fuori senza voltarsi.

Non che Ageh lo notò.

I suoi occhi erano chini e le sue spalle tremavano leggermente.

 
°°°°°°°°°°

Quando il corno risuonò nella vallata annunciando il tramonto e l'inizio del Culdra, uscì dalla tenda abbandonando tutti i suoi dubbi.

Reghen Vardo, con indosso l'ampia veste viola del Culdrant, li aspettava sulla piattaforma rocciosa della cerimonia. Vicino a lui facevano bella mostra di se, sulle rastrelliere, tutte le armi conosciute all'uomo.

La procedura era la stessa sin dall'alba dei tempi: i ragazzi venivano chiamati sulla piattaforma uno ad uno e annunciavano la strada che avevano scelto.

"Clari Fadu!" annunciò Reghen dopo aver conferito a bassa voce con una ragazza dai cortissimi capelli neri "Ha scelto la strada delle armi a lunga gittata, si faccia avanti un maestro"

I ragazzi venivano sottoposti ad una prova del tutto formale, in genere i vari maestri avevano già scelto quali ragazzi prendere con se.

Non era esattamente una regola scritta ma era usanza che la famiglia reale si esibisse per ultima, quindi Ageh aspettò fremente il suo turno.

"Ageh Corion, figlio di Corion Dale e Numbra Reghen, fatti avanti!" la voce possente di Reghen risuonò nell' aria e il sommesso brusio della folla salì bruscamente di tono. L'anticonformista figlio del re aveva fatto molto parlare di se in quegli anni. Ageh sospettava che alcuni suoi concittadini avessero messo su un giro di scommesse sulla disciplina che avrebbe scelto. Era discreto nell'autodifesa a mani nude e aveva una certa dimestichezza con la sciabola e pugnali da lancio.

Il ragazzo si sentì un attimo mancare sotto lo sguardo severo di suo padre: re Corion Dale aveva affrontato molte battaglie e le sue cicatrici lo dimostravano, come quella che gli attraversava il lato sinistro del volto conferendogli un'aria sempre accigliata.

"È il tuo momento ragazzo" gli sussurrò Reghen incoraggiante "Lascerò che sia tu a parlare se vuoi"

Ageh annuì una sola volta con decisione e fece un passo avanti alzando le braccia:
"Io, Ageh Corion, ho deciso infine!" vide distintamente suo padre chinarsi in avanti colmo di aspettativa "Sono grato a tutti coloro che in questi anni mi hanno addestrato e alla mia famiglia per non avermi fatto mancare nulla. Ma è ora che io vada per la mia strada, la prossima volta che mi vedrete, sarò un mago!" si alzò un'ovazione ma lui non sentiva nulla, non riusciva a credere di averlo detto. Vide suo padre marciare verso di lui, ma ormai non poteva più fermarlo.

Non si era mai sentito così leggero.

Lanciò l'incantesimo quasi senza rendersene conto: con un potente rumore di risucchio svanì nel nulla. Probabilmente a mente fredda non sarebbe mai riuscito a trasportarsi così lontano, la sua casa era a circa una lega di distanza, ma in quel momento sentiva l'energia magica ribollire, doveva scaricarsi o sarebbe esploso.

All'arrivo ebbe un lieve capogiro ma fregandosene allegramente si lanciò subito su per le scale sbandando e ridendo come un pazzo.

Raccolse in un angolo la sua borsa senza fondo (uno degli incantesimi più utili che avesse mai imparato) e iniziò a buttarci dentro alla rinfusa libri e vestiti. Esitò un attimo sulla sua collezione personale di armi, da una parte stava abbandonando il suo passato ma non voleva rinnegarlo. Infine prese il suo set di coltelli preferito, la sciabola che gli aveva regalato suo padre per il Culdra e un paio di caestus, dei comodi guanti rinforzati per la lotta a mani nude, ornati da borchie e fasce di cuoio indurito.

Quando suo padre piombò in casa lo attendeva con lo zaino in spalla e i vestiti da viaggio.

"Tu! Come osi?" non sembrava in grado di fare frasi più lunghe.

"Padre" lo salutò "Ho intenzione di recarmi a Plaurani, prenderò una laurea in arti magiche"

“Magia? Cosa conti di fare con la magia? Non potevi unirti all’esercito come i tuoi fratelli?” per un attimo Ageh pensò che lo avrebbe colpito; in realtà quando aveva preso la sua decisione aveva messo in conto un paio di probabili pugni, sperava solo di non rimetterci un dente.

Però suo padre improvvisamente abbassò le braccia e sembrò quietarsi:
"E va bene" sentenziò "Vai pure, presto ti renderai conto del tuo errore e forse allora sarai pronto ad accettare il tuo destino"

Ageh non riusciva a credere alle sue orecchie, quello era una specie di permesso...no?

"I corsi finiranno in primavera, potrei tornare a casa per l'estate" azzardò.

"Non durerai tre mesi!" con quelle parole suo padre gli indicò la porta e Ageh corse fuori cercando di non urlare.

Euforico attraversò la città ignorando le persone che lo additavano.

Si arrestò solo davanti l'enorme portone di Iohunghar, suo padre aveva parlato destino ma ad Ageh era sempre sembrato un concetto vuoto. Per lui esistevano solo le sue scelte, e le loro conseguenze.

Con decisione fece un passo.

 
°°°°°°°°°°

Nella calma di un pomeriggio primaverile a Plaurani, una tiepida brezza entrava dalla finestra panoramica spalancata sulla città.

Il loro salotto ora era di un pallido verde che sorprendentemente incontrava l'approvazione di Ageh, in qualche modo aveva convinto Ylva ad adottare un pavimento in parquet e ora la stanza si mostrava davvero accogliente. Con il tempo avevano aggiunto un paio di librerie e Ageh aveva comprato alcuni quadri paesaggistici da un artista di Nere.

Appoggiato sulle braccia quest'ultimo riposava tranquillamente sul tavolino. Negli ultimi tempi Ylva si era dato all'esplorazione delle altre facoltà, quindi da una parte trascorreva molto più tempo fuori, dall'altra parte il numero di persone che si radunava in camera loro era cresciuto esponenzialmente.

Ma ad Ageh non dispiaceva troppo, contribuivano a distrarre Ylva e lui poteva studiare in pace.

Fu una lieve sensazione di solletico alla nuca a svegliarlo, aveva l'impressione che qualcuno gli stesse toccando i capelli. Aprì lentamente gli occhi e si trovò a fissare il suo riflesso: per qualche oscuro motivo uno specchio fluttuava davanti a lui. La sensazione si fece più forte e alzò lo sguardo incontrando due paia di occhi che conosceva e temeva giustamente.

"Buongiorno!" trillò Ylva.

"Tesoro, devi tenere le ciocche con più fermezza o ti sfuggono i capelli" gli disse dolcemente Frenuh in piedi vicino a lui.

La sensazione di fastidio alla nuca si accentuò e finalmente Ageh si rese conto della situazione.

"Mi spieghereste cosa state facendo ai miei capelli?"

"Vedi è usanza del mio popolo che le coppie si intreccino i capelli a vicenda, ma Ylva non è capace" spiegò innocentemente Frenuh.

"Frenuh..." mormorò Ylva.

"Dimmi caro"

"Corri!"

Afferrò la ragazza per un braccio catapultandosi fuori.

"Non ti mettere in mezzo Ylva!" urlò Ageh dietro di loro "Giuro che non la uccido, magari giusto un pochino!"

 
   
 
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