::
12. Prelievo ::
<<
Dottoressa Choeli, siamo arrivati. Come
mai questo comunicato così improvviso? >>
chiese Luzern quando entrò
nell’ambulatorio in compagnia della novizia.
Era passata più di una settimana da quando avevano
richiesto l’aiuto dall’organizzazione di Ramero ma
nessuna nuova notizia era
stata recapitata per quanto riguardava l’inserimento di
Fratello Eton nel
programma, ne tanto meno la fatidica data del prelievo di Eirin per la
rieducazione. Nulla, nemmeno un misero stralcio di carta nascosto sotto
il
piatto in mensa o infilato nel suo armadietto come avviso. Il ragazzo
iniziava
a dubitare dell’impegno dell’ex compare, per lo
meno verso il volgere del sesto
giorno, poi era subentrata l’irrequieta convinzione che non
vi fosse nulla di
rilevante da riferire e così si era rassegnato ad aspettare
gli sviluppi. Si
era quasi persuaso che avrebbero avuto ancora tempo a sufficienza per
sistemare
tutto al meglio e raccogliere abbastanza informazioni da non ritrovarsi
impreparati
quando gli ingranaggi dei piani dei Decani si fossero messi in moto per
la
ragazza. Tuttavia, qualsiasi fossero state le loro decisioni, di certo
Luzern
si trovò letteralmente spiazzato nel trovare un manipolo di
inquisitori ad
occupare lo spazio intorno al tavolino da visita di Idra. Sembravano
dei ceri
scuri con i loro mantelli color carbone, tanto che potevano benissimo
passare
per le personificazioni di un incubo. Le quattro figure incappucciate
si girarono
appena per vedere il loro ingresso, annunciato dalla frase del cadetto,
mentre
la giovane dottoressa cercava di convincerli a non portar via tutte le
cartelle
mediche della ragazza visto che, una volta ristabilitasi,
l’avrebbe avuta ancora
in cura.
<< Cosa le fa credere che le sarà nuovamente
affidata? >> chiese incisivo il mediatore del gruppo.
<< Sarebbe strano il contrario visto che le
regole vietano, per questioni pratiche, di cambiare dottore.
>>
<< La cronologia clinica verrebbe passata al
nuovo responsabile. >> ribatté liquidatorio.
<< Quindi sta suggerendo di trasgredire le
‘Regole’ Inquisitore, Galvan? >> lo
ammonì Choeli, rivolgendogli uno
sguardo severo tra le sopracciglia aggrottate. Puntando su questo
fattore la
donna l’aveva messo in una posizione scomoda difronte a
potenziali testimoni,
dove l’accettare avrebbe significato un’aperta
ribellione ai giuramenti della
comunità.
Il gruppo sì irrigidì intuendo le possibili
conseguenze derivate dal discorso, se tirato per le lunghe, ma prima
che uno dei
ceri si muovesse in difesa del suo superiore, questi lì
bloccò prendendo la
parola.
<< Era un’ipotesi, Idra. Sono sicuro che i
Decani
prenderanno la scelta più saggia. >> si
tirò fuori dalla trappola lo
sconosciuto. << Ad ogni modo non sono venuto per
discutere con lei, ma a
prendere in consegna la ragazza per la rieducazione, ordini superiori.
Inoltre
non mi chiami Inquisitore, lo sa che oggi faccio semplicemente le sue
veci. >>
proseguì mostrandole una bolla con il sigillo dei Leader
della Setta,
sfoggiando un soddisfatto sorriso affilato quanto derisorio.
La dottoressa si finse sorpresa e lesse
attentamente quanto riportato sulla carta ufficiale. Gli occhi
scorrevano rapidi
sulle lettere vergate a macchina, memorizzando tutto quello che
incontravano.
Eirin si sporse oltre il profilo di Luzern,
immobilizzatosi sulla soglia come un fermaporta, per studiare di chi
fossero le
voci anonime e tuttavia autoritarie. Solo dopo aver notato la tensione
che
attraversava il ragazzo, la giovane si era risolta di scrutare chi
stava
facendo compagnia alla donna e quello che vide non le piacque per
nulla. Aveva
intuito che il figuro a capo della combriccola fosse il più
alto in grado, per
quanto la bassa statura sviasse le impressioni da tale titolo. Inoltre
il viso
dai tratti morbidi, quasi giovanili, nascondeva la sua vera
età come la lunga
frangia, di una tonalità di nero quasi slavata, che cercava
di celare la fredda
apatia del suo sguardo metallico. Gli occhi, leggermente allungati
verso il
basso e del colore della polvere di ferro, la fissavano senza
pietà
trapassandola da parte a parte, mentre la valutavano severi. Lei
sostenne
impotente il suo sguardo magnetico senza nessuna alternativa,
finché un’altra
voce non ruppe il loro contatto visivo, attirando
l’attenzione di tutti.
<< Direi che abbiamo perso fin troppo tempo.
>> disse irruento il Generale Haisenberg che accompagnava
come scorta il
gruppo giuridico. Questa volta si trovava senza il suo accompagnatore e
la sua
chioma fulva spiccava come una fiamma di un falò in mezzo
alla monotonia
cromatica delle tuniche, tanto che la ragazza ne ebbe quasi paura
mentre
avanzava deciso verso di lei scansando chi si trovava difronte. Era la
prima
volta che si trovavano faccia e non ne ebbe un’impressione
felice, soprattutto
osservando le reazioni tese e irrequiete degli astanti.
<< Il mio subordinato ha sprecato fin troppo
tempo dietro alla novizia trascurando i suoi doveri, perciò
prima concludiamo,
prima potrà ritornare alle sue mansioni ed aiutare la nostra
comunità. >>
concluse indirizzando all’interessato un’occhiata
malevola, mentre lasciava
intendere che stesse facendo tutto ciò nei suoi interessi.
<< Generale >> inter venne il certo
Galvan per poi vedere che il suo richiamo non incideva per nulla sul
suo passo,
cambiò approccio preferendo lasciarlo fare. Non era compito
suo tenere a freno
quel soggetto e tantomeno avrebbe voluto avere una segnalazione per
un’azione
non necessaria. Il Giovane militare continuò imperterrito
finché non afferrò
per un braccio la povera Eirin che lo fissava attonita, tuttavia il suo
smarrimento fu rimpiazzato da una cieca furia, la stessa che
l’aveva colta
quando lo stesso gesto era stato fatto da un ragazzo moro nei tunnel.
Luzern che le era a fianco, le bloccò prontamente
il braccio intuendo i suoi movimenti e il conseguente sguardo sorpreso
del
superiore. L’ultima cosa che voleva era che scoppiasse una
rissa che
casualmente l’avrebbe visto coinvolto in prima persona
nonostante fosse solo
uno spettatore troppo vicino.
<< Signore…>> cercò
di intervenire Luzern,
preoccupato affinché il generale la lasciasse e che lei si
tranquillizzasse,
prima che succedesse il finimondo.
<< Zaike!>> lo richiamò una voce
altisonante
ponendogli una mano sulla spalla e stringendo il militare
<< devo ricordarti
la tua posizione? >>
Fino a quel momento nessuno si era accorto
dell’uomo in disparte appoggiato alla parete. Era rimasto
immobile per tutto il
tempo tanto da confondersi con la parete che gli faceva da sostegno,
tuttavia
al cadetto Waisen ci vollero pochi istanti per riconoscerlo non appena
lo mise
a fuoco. Quella era la seconda volta che s’incontravano di
persona, mentre la
prima era stata in infermeria al risveglio di Eirin. Ricordava le
parole che
aveva rivolto alla ricoverata perciò non si aspettava un suo
intervento in sua difesa.
<< No, Mastro. >> rispose il rosso con
uno sguardo incendiato dalla rabbia per essere stato umiliato difronte
a un
Waisen. Mentre il giaccio degli occhi del Mastro ed il fuoco del
subordinato si
scontravano in una battaglia muta, il Generale lasciò la
presa sul polso della
ragazza e finalmente nella stanza la tensione si ridusse di parecchio.
<< Waisen, volevi aggiungere qualcosa? >>
si rivolse poi al ragazzo guardandolo dall’alto dei suoi due
metri e mezzo
pluri decorati.
<< No signore. >> il ragazzo
chinò il
capo, esibendo il saluto militare in segno di rispetto e obbedienza.
Non era il caso di contraddire il Mastro delle Spade
di Damocle viste le terribili voci che giravano su di lui.
Si diceva avesse un pessimo carattere, scontroso e
aggressivo peggio di un grizzly, animale cui assomigliava anche per
stazza e
robustezza del fisico, e che grazie al suo modo di fare avesse mandato
in crisi
molte reclute, tanto che il Rango aveva visto decimate le sue file
negli anni
precedenti.
Senza aggiungere altro Galvan si fece avanti, per
mettere fine a quella guerra fredda intestina che si era protratta
più del dovuto,
e ordinò ai suoi asserviti di prendere in carico
l’interessata. Si accostarono,
strappandola dal fianco del ragazzo e sospingendola fuori dallo studio
sollevandola
quasi per i gomiti come una carcerata. Luzern non voleva che la
portassero via
così e stava per intromettersi nuovamente spinto dalle
emozioni del momento
quando, fu il turno del medico, che con un lieve tocco sul braccio lo
invitò a
farsi da parte e lasciare che gli eventi si svolgessero come dovevano.
A quel
punto non poterono far altro che guardare insieme la loro protetta
mentre
veniva portata via, intanto che questa spaventata cercava invano di
girarsi per
cercare il loro sguardo d’aiuto. Il giovane serrò
la mascella e strinse i pugni
come diversivo per non scattare e riportarla indietro, nonostante
sapesse
quanto fosse necessario per lei quel passaggio.
<< La ringrazio per la collaborazione,
dottoressa. >> intervenne il responsabile del prelievo
parandosi difronte
ai due quando notò la nota di complicità che li
legava.
<< Spero mi farà sapere quando la mia
paziente sarà dimessa e in che giorno mi verrà
recapitato il referto del suo
recupero >> chiese ignorando i ringraziamenti di
circostanza del vice
inquisitore.
Galvan per tutta risposta le rivolse un lieve
cenno del capo e lasciò lo studio preceduto dai due
militari, alludendo alla
possibilità che quella richiesta non venisse accolta.
Quando finalmente tutto finì, fu Idra a rompere il
silenzio. << Non piace neanche a me questa soluzione.
Comunque non
abbiamo scelta al momento, finché non ne sapremo di
più e lei non ricorderà
qualcosa>> dichiarò anticipando
l’amico e mettendosi una sigaretta in
bocca come conforto.
<< Come fai a essere così calma!
>> le
rinfacciò lui, assillato dallo sguardo disperato di Eirin
che svaniva oltre la
cornice della porta.
<< Cosa te lo fa credere? Anch’io sono
preoccupata. Soprattutto perché non siamo stati avvisati in
anticipo da chi di
dovere. >> rispose stizzita.
Luzern poteva solo immaginare come si sentisse
Idra al momento. Lei che era sempre stata abituata ad avere il
controllo di ciò
che avveniva ai suoi pazienti e sapere in anticipo dove le loro cure li
avrebbero portati. Ora invece non aveva controllo su nulla se non le
firme sui
referti di Eirin.
Inoltre Luzern sapeva che l’amica era rimasta sul
vago perché aveva paura che la stanza fosse controllata;
infatti, quando era entrato,
si era chiesto come mai non li avesse ricevuti nel suo ufficio, ma non
riuscì a
trattenere la sua domanda di frustrazione riguardo alla situazione.
<< Allora
perché?! >>
<< Perché così deve andare!
>> lo
zittì, alzando di poco il tono di voce mentre addentava il
filtro che teneva
tra le labbra, poi si girò sulla sua sedia girevole dandogli
le spalle e la
conversazione poté ritenersi conclusa. La donna non aggiunse
altro e il
militare fu invitato dal suo insopportabile e rumoroso cercapersone a
presentarsi a un corso di aggiornamento per riprendere i turni di
pattuglia. In
pratica tutto era già stato deciso con precisione
inquietante, tanto che
nemmeno due ore dopo che la riunione si era conclusa, lui era
già stato
reintegrato nella sua vecchia routine. Se non era stato architettato
tutto
quanto, allora le coincidenze esistevano e potevano ritenersi le nuove
forze
governanti degli eventi.
“ Non proprio tutto è una coincidenza”
si ricordò
quando i bendaggi scricchiolarono sotto i suoi vestiti. Lo sapeva fin
troppo
bene che adesso gli occhi sarebbero stati puntati su di lui,
soprattutto dopo
l’intervento di poco fa, e gli inquisitori avrebbero
ricercato ogni minimo
errore per rimetterlo in riga e proseguire nei loro affari. Ad ogni
modo era
certo che i suoi superiori provassero gusto nell’infliggere a
chi intralciasse
loro la strada sadiche punizioni come quella che aveva scontato, ed era
ancor
più sicuro che si divertissero maggiormente quando il
trasgressore era un
Waisen. Bastava guardare le abrasioni che aveva sulla schiena per
capire con
quanta cattiveria lo avessero colpito. Comunque Idra aveva ragione,
soprattutto
alla luce di questi ragionamenti; era meglio non far nulla per
insospettirli e rischiare
dia vere qualche segugio alle calcagna che li controllasse notte e
giorno, o
peggio ancora un sicario come quello che aveva aggredito la novizia.
Luzern,
infatti, si era fatto un’idea anche su quel episodio che non
poteva essere
frutto del caso, di sicuro era successo qualcosa perché si
arrivasse ad un
attacco nel cuore dei dormitori. Tuttavia non poteva avere certezze se
non
fosse stata la ragazza coinvolta, a raccontatre i dettagli. Insomma, in
quel
momento non poteva far altro che aspettare.
Durante
quel periodo Luz cercò di tenersi occupato in tutti i modi
possibili per non
pensarci, si ammazzava di allenamenti, impegnava ogni momento libero
per
ritrovarsi con i suoi amici d’infanzia e Austin; in
più si recava in biblioteca
molto più spesso di quanto avesse mai fatto, per cercare
informazioni sui
“S-ID” considerato che nemmeno Idra sapeva a cosa
si riferisse l’appellativo.
Le sue consultazioni erano finite con un buco nell’acqua e in
più non poteva
chiedere aiuto a Fratello Eton, siccome sembrava essersi volatilizzato
nel
nulla insieme ai suoi assistenti, ma il fatto che cercassero di sviare
le sue
richieste di mettersi in contatto con lui, significava che era stato
scelto
come sorvegliante e maestro all’istituto. Alla fine si era
visto costretto a
chiedere una mano all’unica persona che potesse ottenere
informazioni aggirando
il sistema informatico della Comunità, Kyoto.
L’amica era riuscita a trovare
solo brandelli di documenti, che erano stati particolarmente difficili
da
rintracciare, sui precedenti casi di “S-ID”, e dei
venti nominati, erano
riusciti ad intercettare solo due fascicoli parziali. Scoprirono che la
sigla indicava
un “Senza Identità”, in altre parole un
soggetto che doveva essere mantenuto
sotto massima osservazione per reati di sospetto tradimento o per atti
volti a
danneggiare la Setta; lo status si poteva paragonare a quello di
persone che
venivano inserite in programmi di protezione dagli Esterni, ma per la
Setta prendevano
una sfumatura negativa che di solito era associata a individui
pericolosi. Infatti,
il tenere oscurati i loro dati personali su tutti i server della Setta,
era un
modo per nascondere la loro esistenza finché non fossero
state ufficiali tutte
le accuse a loro carico.
Da quanto
erano riusciti a capire dai file, c’erano stati almeno altri
cinque casi negli
ultimi dieci anni, non contando quello di Eirin, ed erano state prese
misure
più o meno drastiche a seconda del crimine che si pensava
avessero commesso i
giudicati. Non erano riusciti ad ottenere nomi e foto di questi
sospettati e neanche
la certezza che si trovassero ancora tra gli accoliti, siccome i file
erano
criptati con codici che nemmeno la maga dell’informatica
aveva mai visto ed ciò
non poteva rappresentare nulla di buono, accrescendo la preoccupazione
del
ragazzo. Ciò nonostante queste nuove conoscenze acquisite
sembravano combaciare
perfettamente la situazione della ragazza, una magra consolazione che
diede
parecchio di cui pensare al cadetto. Alla fine delle indagini, aveva
chiesto a
Kyoto di mantenere il segreto con tutti su quanto avevano scoperto,
anche con
suo fratello, e poi era corso a informare Coheli. Dopo quelle piccole e
amare
conquiste, era calato nuovamente il silenzio stampa che non era
piaciuto per
niente alla dottoressa e benché meno a lui. Una sera
finalmente, Luzern
ricevette un breve messaggio infilato sotto la porta del dormitorio.
Inizialmente pensò si trattasse di qualche vecchia amante
che richiedesse la
sua compagnia, per cui stava per cestinarla non essendo
dell’umore più adatto
per un incontro, tuttavia si dovette ricredette subito nel leggere le
poche
righe anonime.
“ Mi
dispiace non essermi fatto vivo prima, ma sono stato molto
impegnato. Il
tuo amichetto ha avuto il posto. Ho fatto quanto possibile e ti
farò avere presto
sue notizie. Mi
aspetto un ringraziamento
come si deve per il favore, e che sia pari a quello del vecchio scivolo.”
Il mattino dopo, con
la concessione per una visita
d’infortunio, simulato al momento appropriato, si
affrettò a varcare la soglia
dell’ospedale e avvisare il medico curante delle nuove
ricevute. Poco dopo lasciò
il livello sanitario con un pacchetto contrassegnato da una scritta
“fragile” in
un intenso rosso cremisi. Nessuno avrebbe fatto caso a lui,
poiché era risaputo
che spesso i militari venissero inviati a ritirare delle medicazioni
leggere da
usare, se necessario, durante gli allenamenti, per cui il suo passaggio
fu registrato
come un elemento della trantran medico. Il ragazzo poi, calibrando il
passo, si
diresse verso le scale secondarie usate dal personale delle pulizie.
Sapeva
esattamente dove andare, gli era stato scritto chiaro e tondo nel
appunto: al
vecchio scivolo. Era sicuro al cento per cento che si riferisse alla
rampa che adoperavano
gli inservienti per le lenzuola sporche e la spazzatura, lo stesso che
usavano
loro ai tempi per nascondere la refurtiva quando erano braccati dalle
guardie.
Afferrò la maniglia dello sportello di metallo con scritto
“solo rifiuti” a
lettere geometriche ormai sbiadite e, quando fu sicuro che non vi fosse
nessuno,
lasciò che la scatola marrone cadesse verso il basso
inghiottita dalle ombre.
Subito dopo tirò fuori alcune bottigliette di vetro
contenenti diversi liquidi
ambrati. Gli erano costati parecchio, quasi metà della sua
paga, nonostante le
dimensioni ridotte; per cui come primo incentivo doveva farselo andare
bene,
anzi molto più che bene, anche se poteva scommettere una
razione di cibo che il
complice avrebbe avuto comunque da ridire. Con un moto di stizza chiuse
il
coperchio con troppa foga prima di tornare in tutta fretta alle
esercitazioni.
******
Eirin si era vista portare via
da sconosciuti,
trascinata senza pietà in una zona che non aveva esplorato
con il suo tutore
provvisorio, e rinchiusa un casermone senza finestre né via
di uscita. Nel
panico totale, vedendosi tolta l’unico punto di riferimento,
aveva tentato in
tutti i modi di liberarsi e tornare indietro, ma non c’era
stato verso di svincolarsi
dai suoi accompagnatori. Anzi era riuscita solo a irritarli di
più e rischiare
un’iniezione extra di tranquillanti, soluzione che era stata
proposta e quasi messa
in atto dal Generale rosso e perciò cominciava a dare segni
d’insofferenza in sua
presenza. Soprattutto perché il giovane militare la
afferrava per i polsi non
appena ne aveva l’occasione, come un gatto che si diverte con
il topolino in
gabbia, cosa che la irritava, visti i precedenti. Tuttavia
più lei cercava di liberarsi
guardandolo in cagnesco e cercando di affondargli le unghie nella pelle
nera
dei guanti, più una scintilla di divertimento ardeva nei
suoi occhi e lo
spingeva a infierire di più. Per fortuna si trovavano
già all’interno della
struttura quando era avvenuto il tentativo di fuga e i suoi istruttori
e tutori
erano già presenti a prenderla in custodia. Una figura che
aveva subito fermato
l’applicazione del trattamento medico su Eirin. Si trattava
di un uomo
anch’egli incappucciato che si distingueva dagli altri per il
color corallo del
suo saio con l’enorme copricapo che ne metteva in ombra il
volto. La ragazza
iniziava a stufarsi di tutti quei personaggi apparentemente senza
faccia che la
trascinavano ovunque volessero e, se prima era stata arrendevole e
spaesata, in
quel momento era sicura di quale fosse il suo rifugio e le persone di
cui
fidarsi, per cui si mise sulla difensiva non appena la figura
accompagnata da
due ragazzini, che sembrava fluttuare sul pavimento, si
avvicinò al gruppo
indaffarato. Il primo assistente dai capelli castani guidava
l’uomo tenendogli
la mano allungata difronte a sé, mentre l’altro li
seguiva a pochi passi di
distanza come un’ombra.
<<
Signori, non mi sembra il caso di
trattare così la nostra giovane ospite. Non
l’abbiamo portata qui forse per
insegnarle a stare nella società? Invece le diamo questa
dimostrazione come
prima lezione. >> s’intromise imponendo la sua
autorità con tono basso e
tranquillo. Il timbro della voce era un po’ graffiato, come
se non fosse
abituato a usarla spesso, incuriosendo la ragazza che smise di fare
resistenza,
anche se restava vigile e sospettosa come un cervo. Anche le persone
attorno a
lei smisero di trafficare e agitarsi.
<<
Fratello Eton, vedo che siete puntuale
come sempre>> gli rivolse il saluto Galvan. Tuttavia la
presenza dell’individuo
non lo metteva propriamente a suo agio e doveva ammettere che non si
era
aspettavo una scelta simile dai Decani.
<< E
bene che un saggio sappia adempiere ai
suoi doveri, come voi ai vostri. Noto che nemmeno stavolta
l’inquisitore è
presente, avrei voluto scambiare due parole con lui. >>
<<
Sfortunatamente aveva degli eventi
urgenti che l’hanno trattenuto altrove, ma se vi servisse
urgentemente gli
recapiterò volentieri un messaggio da parte vostra.
>> si propose
stucchevolmente il vice.
<< Vi
ringrazio, ma temo che per un po’ non
mi sarà possibile lasciare la struttura. In ogni caso se non
vi dispiace,
potrebbe informarlo che vorrei incontrarlo?>>.
<<
Sarà fatto>> assentì per forza di
cose l’interlocutore.
<< Bene,
allora posso prendere in consegna
la mia assistita. È ora di iniziare. >> e
detto ciò diede una leggera stretta
al palmo del suo assistente che prontamente trascinò Eirin
per la meno verso il
suo maestro, mentre il ragazzo apatico che restava in disparte occupava
il
posto dell’altro nel guidare Eton.
La ragazza
guardò storto il ragazzo che non poteva
avere più di tredici anni, ma non se la sentiva di
scansarlo, soprattutto
vedendo il sorriso benevolo che gli si era stampato sulla faccia quando
aveva
agguantato la sua mano. Quel ragazzino emanava una sensazione
familiare, soprattutto
la sua espressione allegra assomigliava a quella di un’altra
persona che aveva
incontrato. L’immagine del viso della morta che le sorrideva
le attraversò la
mente, susseguita da un'altra immagine di quando era in vita e le
chiedeva se
stava bene. L’accostamento dei ricordi la colpì in
pieno facendole annodare lo
stomaco e per questo si fece condurre senza troppi sforzi.
Dopo un
altro scambio di convenevoli e saluti la troupe entrò nel
cuore del centro di
rieducazione, uno stanzone circolare con banchi bianchi e sedie
ancorate al
pavimento. Le ricordava nell’aspetto asettico la mesa del
dormitorio militare. Il
Fratello fu fatto accomodare su una delle sedie e la ragazza difronte a
lui
dall’altro lato del tavolino. Solo allora si tolse il
cappuccio che lasciava il
suo volto nell’anonimato, permettendo così di
dargli un’identità e infine stese
le palme difronte a se, aspettando che la giovane le prendesse.
Fortunatamente
il suo primo assistente intervenne in suo soccorso poggiando le mani
della novizia
su quelle del Maestro. La pelle fu avvolta da dita lunghe e segnate dai
calli
della scrittura. Era come essere toccati da una pergamena: la
sensazione era
ruvida e allo stesso tempo delicata, come se dovesse conservare
l’inchiostro
che riportava sulla sua superficie, come i tatuaggi che partivano dalle
sue
nocche e sparivano sotto l’orlo delle maniche della tunica.
Lei era rimasta
pietrificata dall’aspetto
dell’uomo. Il viso ed il capo erano interamente glabri, non
vi era nessun accenno
di barba o capelli e nemmeno le sopracciglia erano presenti, come se
qualsiasi apparato
non strettamente necessario fosse stato strappato via. Di tutto
l’insieme, la
caratteristica che la sconvolse di più fu la zona degli
occhi. Una spessa benda
bianca glieli fasciava lasciando appena intravedere la porzione
sottostante. Le
palpebre inferiori e superiori erano cucite tra di loro da filo nero
che subito
era stato fissato con della cera vermiglia che macchiava come lacrime
il
contorno più basso delle rime oculari. Le sbavature
però, non erano l’unico
segno che la cera gli aveva lasciato, c’erano anche delle
leggere bruciature
agli angoli, segno che la colata era stata volutamente messa quando
ancora
aveva il potere di ustionare. Se Eirin avesse potuto associare un
aggettivo a
quella persona, di sicuro sarebbe stato “Martire”.
Nient’altro avrebbe espresso
il misto di pena reverenziale e rispetto che gli infondeva guardarlo
nelle
orbite vuote e sigillate.
<<
Capisco il tuo stupore. Il mio aspetto fa
quest’effetto a tutti la prima volta, ma spero che non sia
d’ostacolo alla
nostra conoscenza. Iniziamo dalle cose facili, tuo nome per esempio.
Potresti
dirmi come ti chiami? >> la interrogò senza
giri di parole e il suo tono
era così calmo e conciliante, da invitarla ad abbandonare
qualsiasi diffidenza
cercasse di frapporre tra loro.
Eton non era uno
sprovveduto, sapeva già che tipo
di soggetto avesse davanti e quali fossero i suoi trascorsi, tuttavia
un conto
era leggerlo o meglio nel suo caso gli era stato letto, e un altro era
ottenere
delle impressioni con un colloquio diretto.
La giovane ci mise un
po’ a capire cosa le era stato
chiesto, soprattutto perché era prevenuta nei suoi
confronti, ma alla fine
riuscì a presentarsi dopo molte sollecitazioni.
<<
Capisco. Qualcuno deve averti già aiutato
in questo, vero? Sapresti dirmi come si chiama?>>
stavolta non ottenne
risposta, allora fu il Fratello a imbeccarla. <<
È stato Luzern?>> La
ragazza reagì immediatamente sobbalzando nella stretta del
saggio, che non
riuscì a trattenere un sorriso consapevole. Era al corrente
di chi l’avesse
sorvegliata in quelle settimane e rimase colpito che quel ragazzo fosse
capace
di compiere quei piccoli miracoli.
“
È un vero peccato che non abbia scelto il Rango
degli Echidna per mettere a frutto le sue abilità, sarebbe
stato un assistente
formidabile”, ma la contentezza del saggio per quel
risultato, svanì di lì a
poco.
<<
C’è davvero molto da fare. >> disse
in un sospiro preoccupato, << Mi dispiace, ma dovrai
sopportare ancora
qualche trattamento invasivo, poi finalmente potremmo occuparci di te e
restituirti all’umanità, anzi ormai fai parte
della nostra grande Famiglia. >>
mormorò il Saggio dando il via libera alle infermiere di
condurla nella sala
delle visite, ma non prima di aver cercato di rassicurarla su quello
che stava
per accadere.
Avrebbe voluto
scambiare ancora qualche battuta
con la giovane, ma anche così era riuscito ad abbozzare il
percorso di
riabilitazione da sottoporle, per questo seguì con
l’udito i passi strascicati
di lei che riluttante avanzava alle sue spalle e non gli
sfuggì nemmeno il
singhiozzo che emise nel vedere la meta.
Quando Eirin vide la
porta metallica, adiacente
alla sala centrale, spalancarsi e lasciare il posto a una chaise longue
imbottita, dotata di cinghie e semi inghiottita da un enorme tubo di
metallo,
il cuore le sprofondò nel petto e in quell’istante
seppe di essere stata
abbandonata da tutto e tutti. L’avevano mandata nuovamente
nelle fauci del lupo
ed era convinta che non se sarebbe sfuggita di nuovo.
- Rilassati.
Non ti
permetterò di morire, almeno finché non avrai
trovato il mio nome.
- si
fece risentire la morta dopo ore di silenzio e di questo la ragazza non
sapeva
se esserne contenta o meno. E con quelle rassicurazioni confortanti
varcarono
insieme la porta, mentre cercava per l’ultima volta di
piantare i piedi per
terra e rallentare la sua processione.