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Autore: shirupandasarunekotenshi    14/08/2016    2 recensioni
"Finché il sole sorgerà e tramonterà,
finché ci saranno il giorno e la notte".
Primavera 1992.
Così poco tempo è passato dalle ultime battaglie. Non sembra mai abbastanza
-
Due divinità si incontrano in un luogo fuori dal tempo, il futuro della terra è incerto. Un'altra dea, per l'ennesima volta, si troverà a dover proteggere questo futuro e giovani guerrieri dovranno di nuovo mettere le proprie vite al servizio di un destino al quale non potranno sottrarsi.
Crossover Saint Seiya e Yoroiden Samurai Troopers
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 4

 

“Shin-chan, andiamo a letto?” come in un coretto, Shu e Ryo si fecero sentire al compagno con fare molto sibillino, fin troppo per i gusti di Seiji che li fulminò con lo sguardo, dall'alto della poltrona generalmente utilizzata da Touma.

Gli sguardi dei compagni avevano ben poche letture, secondo la sua personale esperienza e, vista l'impegnativa giornata di studio che li aspettava – gli esami erano alle porte –, non ammetteva di essere disturbato da rumori non consoni alla notte di sonno.

“Immagino che domani vi impegnerete di più nello studio... soprattutto tu, Ryo”.

Seiji non se ne faceva scappare una.

Ryo, nonostante la voce della verità, replicò un po' sulle sue, con un pizzico di ironia:

“Non dovresti scatenare su di noi la tua nostalgia per Touma”.

Seiji riuscì a non arrossire e ribattè con peggior ironia al nakama:

“Certo, nostalgia di una mente che non ha bisogno di studio”.

Ryo sbuffò, arricciando il naso, mentre Shu alzava gli occhi al cielo: finiva sempre così fra quei due. Se si beccavano, finivano per usare l'ironia e, a quel punto, generalmente l'aveva vinta Seiji.

“Comunque andiamo a letto” cercò di mediare Shu, mentre Shin, rientrando in sala dalla cucina, li guardava con fare innocente.

“Beh, che cosa succede? Non sarebbe ora di andare a dormire?” mani sui fianchi, si immedesimò nel suo classico ruolo di 'mammina' di casa. “Domani è l'ultimo giorno di lezione e poi inizieranno gli esami... e dobbiamo prepararci tutti. Qui a casa studieremo tutti i giorni, al meglio!”.

“Tranne Touma...” sbuffò Ryo con finta indignazione.

“Dovrà pure ripassare qualcosa!” aggiunse Shu.

“Si annoierà, secondo me...”.

“... e allora ci distrarrà...”.

“... soprattutto distrarrà Seiji...”.

“... ma anche Shin...”.

Il sospiro dei due venne coperto dal libro di Seiji che, dal suo grembo, era 'caduto' sul tavolino al centro della sala.

“Io vado a letto. Dovreste farlo anche voi. Buona notte”.

Secco, come a volte gli capitava, Seiji salì le scale verso la propria camera e chiuse piuttosto rumorosamente la propria porta.

Il silenzio che seguì fu, però, breve.

“Gli manca proprio Touma, eh?”.

“E dire che sono solo due giorni...”.

“Bastano...”.

Un altro sospiro fece cadere nel silenzio Shu e Ryo.

“Non dovreste punzecchiarlo a quel modo, lo sapete come va a finire”. Shin era ancora nella sua versione 'mammina'. “E non è bello avere Seiji di malumore”.

“Scusa, koi” giunse subito la voce di Shu: lui era quello che più si poteva 'addomesticare'.

“Dovrebbe stare un po' di più al gioco” e Ryo era sicuramente il meno addomesticabile. In fondo era un felino e i felini, è risaputo, fanno sempre di testa propria.

“Seiji è Seiji, dovresti saperlo... e poi sono d'accordo con lui: è ora di andare a nanna!”. Shin raggiunse la scala e mise il piede sul primo scalino. “Non mi seguite?”.

E i due seguirono, inutile dirlo.

 

Il sonno finalmente giunse sul grande letto che Shin, Shu e Ryo condividevano: Shin come sempre nel mezzo, a destra Shu e a sinistra Ryo. Quello che più si muoveva era Ryo che, per il momento, si era bloccato in un abbraccio di Shin (e Shu, abbarbicato a lui), l'unica mano libera sul cuscino alla sua destra si muoveva, a volte a scatti, in movimenti misteriosi.

I sogni di Ryo lo portavano spesso tra le montagne della sua infanzia, a correre veloce, accanto al fedele Byakuen, a piedi nudi, in totale contatto con la natura. E l'erba era di un verde brillante, il cielo non recava mai nuvole e il sole era così caldo...

Ma quella notte Yamanashi non era nel sogno di Ryo.

 

Il fuoco era il sogno.

Un fuoco luminoso e vitale, un fuoco di cui Ryo non aveva paura.

E come poteva il fuoco aver paura di se stesso?

Del fuoco Ryo si bagnava, come in quel momento.

Era qualcosa di materno che abbracciava, scaldava, rincuorava.

Era un po' come l'acqua, ma per Shin sarebbe stato impossibile stare lì con lui.

Ma non c'era solo il fuoco attorno a lui: gli sembrava di essere tornato all'interno del Fujisan, dalle pareti forti e antiche, scure, con zone dal colore simile all'oro.

Non vi era pericolo. Nessuna battaglia lo attendeva.

Il vulcano lo accoglieva perché era fuoco e il fuoco, per un vulcano, è vita.

Era un sogno tranquillo, fin troppo per lo scatenato Ryo. Anche nei sogni, per lui era impossibile restare fermo.

Infatti cominciò a scalpitare e a cercare di risalire, senza riuscirci.

Ehi, voglio uscire! È il mio sogno!”.

Eppure niente.

Ehi!”.

Era il suo sogno, eppure non riusciva a controllarlo.

Lui riusciva a controllare i propri sogni, sempre. Era davvero bravo nel controllo.

Ma non ora.

Accidenti, è possibile che non mi fai uscire?!”.

Una risatina, finalmente, gli rispose. Una risatina dolce, tenera, materna.

Era molto simile a quella di Shin.

Shin, sei tu?”.

È quasi il mio nome, ma non sono io”. Curiosità, dubbio in quella voce tanto piacevole.

Il fuoco attorno a lui parve, d'un tratto, ribollire e trasformarsi in nebbia.

Nebbia purpurea.

Sei tu...?”.

Non è che Ryo avesse paura, ma una strana inquietudine non lo lasciava fermo, né quieto. Più del solito, insomma.

La risatina si fece di nuovo sentire, poi un sospiro.

Un bel calore...”.

Dalla nebbia si levò una forma affusolata che Ryo, dapprima, scambiò per un serpente: quando lo adocchiò, la sua mano andò all'elsa della spada o, almeno, dove sarebbe dovuta essere.

Allora avrebbe usato le mani per fermarlo!

Eppure quel serpente che, in realtà, aveva poco del rettile, si stava alzando, come guidato da un fachiro, davanti a lui.

Avrebbe attaccato?

Prima che lui potesse muoversi, le fiamme giunsero a farsi scudo tra Ryo e la misteriosa creatura.

Di cosa hai paura? Le fiamme sono miei fratelli”.

E il serpente, che in realtà era una catena lunga, brillante, prese le sembianze di una spirale che si allungò verso l'alto, disegnando le proprie spire attorno alle fiamme, elevatesi per proteggerlo.

Fratelli...?” bisbigliò Ryo.

Socchiudendo gli occhi, gli parve di scorgere in quella maestosa spirale infuocata un lento incedere, simile a un ballo.

La catena aveva perso quel colore purpureo, acquistando il bruciante riverbero della fiamma più bollente, non quella rossa, bensì blu che della fiamma è il cuore.

Che bel calore...”.

 

Ryo si risvegliò con un senso di estraneità addosso.

Aveva caldo, molto più che nel mezzo di una giornata di Agosto. Si sentiva quasi bruciare, come se avesse la febbre.

Ma non si sentiva male, no.

Anzi... gli pareva che quella strana catena gli si fosse avvinghiata addosso, come abbracciandolo.

Si guardò le mani, alla luce di quella luna così luminosa e piena che ogni notte bagnava la camera: per un attimo gli parve di vedere il segno inequivocabile di una catena sulla pelle, come se il bruciante calore della fiamma glielo avesse stampato addosso. Ma fu un attimo e quel segno scomparve, come un'ombra creata dall'immaginazione di un bambino.

Accanto a lui, indisturbati, dormivano Shu e Shin.

La notte era ancora giovane, con la luna così alta, ma il sonno per Ryo pareva essere scomparso, inghiottito da quella strana spirale di fuoco. Sospirò e si lasciò di nuovo andare sul proprio cuscino, notando solo allora che, quella sera, Byakuen era stato particolarmente silenzioso. Sarà stata la primavera, forse una giornata più sonnacchiosa di altre.

Si ripromise di giocare un po' di più con lui, il giorno dopo. Erano giorni di studio troppo intenso per non staccare almeno un po'.

 

 

***

 

Shun aprì la porta più silenziosamente che poté, sapendo che un'altra persona, dall'altra parte, era forse già piombata nel sonno. L'ultima cosa che il ragazzo desiderava era contrariare, in qualche modo, il suo irascibile fratello maggiore; per quanto Ikki-Niisan si fosse ammorbidito, soprattutto nei suoi confronti, la sua natura non sarebbe mai cambiata del tutto e sapeva ancora diventare fin troppo scontroso quando il malumore aveva la meglio sui suoi buoni propositi.

Il suo rifiuto di attardarsi con i nakama a parlare era segno che certe cose non cambiavamo mai.

A Shun piaceva, quando scendeva la sera, restare con i fratelli, a parlare di tante cose, cose serene, normali... forse perché era un bisogno allontanare il più possibile il momento in cui tutte le luci si spegnevano e il silenzio calava... e con il silenzio, nel buio, si riaccendevano invece le paure, i ricordi, tutte quelle cicatrici dell'anima, tanto più dolorose e profonde di quelle del corpo.

Certo, andava molto meglio da quando Ikki-Niisan aveva preso la decisione che Shun attendeva da troppo tempo: quella di rimanere al suo fianco, di rinunciare al proprio isolamento per tentare una convivenza che, era logico, sarebbe stata difficile.

Shun sapeva quanto fosse dura per il fratello, ma aveva scelto per amor suo, degli altri fratelli, di Athena e Shun gliene era grato, sapeva di dovergli tanto, sapeva che, per renderlo il più sereno possibile e non fargli pesare quella scelta, avrebbe fatto qualunque cosa.

Innanzitutto sarebbe stato attento a non disturbare il suo riposo: condividevano la stessa stanza e Ikki-Niisan, quasi sempre, la raggiungeva prima di lui, non necessariamente per dormire, ma per sfuggire alle troppe persone presenti in quella casa.

Comunque tutta la giornata era stata attraversata da una strana atmosfera, in un misto bizzarro di allegria e nervosismo inspiegabile, il tutto contrassegnato dal mal di testa che aveva tormentato Saori-san.

Shun era sempre stato piuttosto sensitivo e, per quanto avesse tentato di rilassarsi con i fratelli nel corso di tutta la giornata e di trasmettere loro pensieri positivi, una cupa inquietudine si era fatta strada in lui, a poco a poco, fino a rasentare l'angoscia dal momento in cui le prime ombre della sera si erano allungate sulla terra.

Neanche la presenza di Ikki-Niisan con lui nella stanza riusciva a dargli conforto come al solito; gli incubi sarebbero arrivati, come sempre, e lui non poteva farci nulla... Ikki-Niisan lo aveva sempre salvato e protetto, ma contro gli incubi neanche lui poteva nulla.

Chiuse la porta alle proprie spalle, silenziosamente come l'aveva aperta e vi poggiò la schiena contro, rimanendo qualche istante a contemplare la sagoma sul letto, appena evidenziata da un sottile raggio di luna.

Respirò a fondo, il metodo che applicava a se stesso quando sentiva che un attacco di panico era prossimo ad aggredirlo; aveva imparato a controllarli in completa solitudine, per non recare disturbo a quelle persone che avevano sofferto quanto lui e, nonostante tutto, gestivano i ricordi molto meglio di lui, almeno in apparenza.

Per Shun era normale considerarsi tanto più debole dei fratelli, ma sapeva quanto anche loro soffrissero interiormente.

Bastò qualche respiro e riprese il controllo del proprio corpo e dei propri pensieri: era diventato abile almeno in quello, pensò lasciandosi andare a un sorriso intriso di amarezza. Si staccò dalla porta e in punta di piedi raggiunse la propria parte del letto; velocemente indossò il pigiama e si rifugiò sotto le coperte, rannicchiandosi in un angolo, sempre facendo la massima attenzione a non disturbare il fratello addormentato.

In realtà, il suo primo istinto sarebbe stato quello di appiccicarsi subito a lui e sperare in un suo abbraccio, ma represse l'impulso: probabilmente, ormai, Ikki-Niisan l'avrebbe accettato con qualche brontolio di protesta, tuttavia Shun voleva dimostrare a se stesso di saper essere maturo, di saper dominare quella parte di sé ancora tanto infantile.

Infantile o solo assetata di contatto umano e dolcezza... tutti loro, anche chi non l'avrebbe mai ammesso, ne avevano bisogno, in fondo.

Tese le orecchie per accertarsi che il respiro di Ikki-Niisan continuasse a essere regolare e che il ragazzo più grande fosse sempre immerso nel sonno.

Rassicurato, chiuse gli occhi.

Era sempre il momento più difficile: quale terribile immagine si sarebbe presentata per tormentarlo, questa volta?

 

Indossava la cloth e fiamme altissime lo circondavano da ogni lato.

Lui temeva il fuoco.

In una delle prime battaglie era stato quasi arso vivo per proteggere Saori-san e l'elmo della cloth del Sagittario; solo l'intervento provvidenziale di Ikki-Niisan l'aveva salvato.

Non temeva il calore, la sua tempesta nebulare era calda, dopotutto, gli piaceva venire avvolto dal calore, ma le fiamme erano un'altra cosa.

Esse distruggevano la carne, consumavano, uccidevano.

Era questo, quindi, l'incubo di quella notte?

Rivivere quella sensazione orribile della propria carne che bruciava, dei suoi polmoni invasi dal fumo soffocante?

Era inutile tentare di difendersi, lo sapeva, quello era un sogno e lui perdeva sempre nei sogni; l'unica cosa che lo salvava era il risveglio nel momento estremo.

Eppure l'istinto di richiamare la sua catena ebbe la meglio; bastò un suo comando mentale, un lieve cenno della mano e le spire di metallo si sollevarono attorno a lui e presero a vorticare in tanti anelli concentrici, come le spire di un serpente dai delicati riflessi rosa.

Serrò le palpebre con forza, preparandosi a raccogliere tutto il suo coraggio e la sua capacità di resistenza per non venire sopraffatto dal soffocante calore delle fiamme che, sicuramente, di lì a poco lo avrebbe aggredito.

Le sue catene non sarebbero riuscite a proteggerlo, non accadeva mai negli incubi, solo il momento del risveglio lo avrebbe salvato; ma sarebbe arrivato quel momento o forse, prima o poi, uno di quei sogni lo avrebbe ucciso?

Il calore si avvicinava, in poco tempo sarebbe giunto il dolore.

Schiuse appena gli occhi e ciò che vide lo fece urlare per la sorpresa: intorno a lui roteava una catena in fiamme ed era in fiamme anche la base, dove le sue dita la stringevano, senza ricevere sofferenza alcuna ma, anzi, un piacevole, confortante tepore.

Le vampe tutto intorno ormai lambivano il suo corpo, senza lasciare traccia di ustione, e il suo cuore batteva forte, ma non più di paura: era qualcos’altro, una sensazione molto simile a quella che provava quando si sapeva circondato dall’affetto dei fratelli.

Non devi temere… non da me... il fuoco può essere buono”.

Gli occhi di Shun si aprirono in tutta la loro grandezza. Non conosceva quella voce, ma la sentiva tanto vicina, amica, che una lacrima di gratitudine gli attraversò la guancia.
“Chi sei?” riuscirono a formulare le sue labbra, in un sussurro così lieve che, a malapena, udì se stesso. Eppure lo udì anche il proprietario invisibile di quella voce e forse di quelle fiamme, e la risposta venne, affettuosa, amabilmente calda, come una vampa gentile: “Lo scoprirai… e io scoprirò chi sei tu…”.

 

Quando aprì gli occhi nell’oscurità della sua stanza, il respiro calmo e profondo di Ikki-Niisan costruì un confortante senso di continuità con il piacevole contatto sperimentato nel sogno. Era tutto così naturale e logico che lo stupore si sciolse in un’emozione intensa e Shun poté solo raccogliersi in se stesso e abbandonarsi a un pianto silenzioso, tenendo stretta a sé tutta la tenerezza da cui si sentiva avvolto.


Nota delle autrici: con questo capitolo vi salutiamo perché ce ne andiamo in vacanza. Forse tra una settimana potremo tuttavia ricominciare a postare e di sicuro, in questi giorni, lavoreremo anche sulla seconda parte. Un bacione a tutti e grazie per averci letto e commentato fino a qua ^_-
  
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