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Autore: Yavanna97    16/08/2016    1 recensioni
"Ma,ma tu sei di fuoco!?"
"Ti sbagli,Mastro Hobbit,io SONO il Fuoco!"
Alhara dei Cinerei, metà Haradrim e metà Demone di fuoco, è il decimo membro della Compagnia dell'Anello. Acuta,testarda e particolarmente incline all'insubordinazione,custodisce in sé un potere immenso e terribile capace tanto di creare quanto di distruggere. La sua storia si intreccerà irrimediabilmente con le vicende dei Nove Compagni e porterà Alhara a crescere e a combattere per le persone che ama, a sconfiggere i suoi demoni, a dimostrare che le donne sanno essere forti e combattive quanto gli uomini e perché no anche a trovare l'amore.
Questa è la storia della Stirpe di Fuoco, i cui membri influenzeranno e cambieranno per sempre la storia di Arda...
STORIA ATTUALMENTE IN REVISIONE
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 3

Non fu una partenza festosa: niente squilli di trombe, sventolii di bandiere o lanci di petali, solo la benedizione di Sire Elrond e il saluto accorato di pochi amici. La Compagnia lasciò l’Ultima Casa Accogliente1 alle prime luci del mattino.

Tutto taceva come se la natura stessa volesse salutare quei dieci coraggiosi, solo lo stormire delle fronde e il canto di qualche uccello temerario rompevano quell’irreale silenzio. Alhara si voltò e diede un ultimo sguardo nostalgico al luogo che per un anno aveva imparato a chiamare casa. La sua mente iniziò a vagare tra le memorie mentre con passo spedito procedeva insieme ai suoi Compagni alla volta di Mordor. Ricordò il giorno in cui mise piede per la prima volta a Gran Burrone, sorrise ripensando a quanto fosse irritata, al limite della rabbia, dalla decisione presa da Mithrandir e da ciò che era rimasto della sua famiglia. Come avevano potuto obbligarla a lasciare il suo popolo per andare a vivere tra gli Elfi? La risposta le venne data dal sovrano in persona appena raggiunse il grande piazzale adibito ad ingresso, Elrond Mezzelfo la guardò a lungo prima di parlare:” Alhara, figlia di Huruma il Giusto, benvenuta ad Imladris. So che non vorresti essere qui, so che vorresti essere nel Raj, con tuo fratello, a riportare il Sultanato ai suoi antichi fasti, ma dovrai essere paziente. Il tuo immenso potere necessita di pazienza e controllo e, nel limite delle mie possibilità, ti mostrerò come utilizzarlo senza esserne schiava.” Da quelle parole la giovane donna comprese che non era stata convocata al Nord per un capriccio e acconsentì a rimanere lì il tempo necessario per diventare padrona del Fuoco di Varda , poi sarebbe tornata nell’Harad. Così per un intero anno il sovrano elfico le insegnò tutto quello che sapeva: come non lasciarsi influenzare dalle emozioni, cosa che per una testa calda come l’Haradrim si rivelò molto difficile, come gestire la Luce e il Fuoco donatale dalla Valië2 e come riuscire a sopravvivere senza affidarsi totalmente ad essi. Prima di giungere a Gran Burrone veniva considerata un valente spadaccino, ma dopo gli insegnamenti elfici riusciva tranquillamente a tener testa anche al loro migliore cavaliere. Tuttavia non si sarebbe mai ambientata senza l’aiuto e l’amicizia di Arwen: la principessa le fu vicino dall’inizio, imparando a conoscerla e trovando in lei, forse per la prima volta, una vera amica.

Alhara scosse la testa accantonando quei ricordi dolci e amari, era male indugiare troppo nella nostalgia e nel passato, ora bisognava pensare al presente e soprattutto al futuro della Terra di Mezzo e di tutta Arda.

La Compagnia dell’Anello si diresse a Sud costeggiando le Montagne Nebbiose3 per circa una settimana fermandosi solo per mangiare e per dormire. Il morale oscillava tra la paura e la determinazione, tutti sapevano in quali pericoli sarebbero incorsi, ma pochi ne avevano effettivamente preso coscienza. Inoltre l’atmosfera diveniva tesa ogni volta che ad Alhara veniva affidato un turno di guardia insieme al principe di Bosco Atro oppure all’Uomo di Gondor: il primo nutriva ancora troppo rancore per far sì che la minaccia di Sauron appianasse ogni divergenza, mentre il secondo dubitava fortemente che la presenza di una donna nella Compagnia fosse un valore aggiunto. L’Haradrim, dal canto suo, era stanca sia delle continue occhiate accusatorie dell’uno sia delle proteste dell’altro e nonostante cercasse in tutti i modi di non farsi prendere dall’ira era convinta che bisognasse concludere quella faccenda al più presto se volevano portare a termine la missione.

Erano passati dieci giorni dalla partenza e Gandalf, che guidava il gruppo, li aveva condotti per riposare nei pressi di un’antica torre di vedetta di cui oramai rimanevano solo rovine: avevano marciato senza sosta tutta la giornata, erano tutti esausti ed i quattro Mezzuomini erano terribilmente affamati. Lo Stregone decise che avrebbero pernottato lì, era un rifugio abbastanza nascosto ed isolato e sarebbe andato bene per quella notte.

Il sole stava tramontando inondando l’Eriador4 di luce rossa e dorata, le colline brulle sembravano gemme di quarzo ed ematite mentre il boschetto di pini riluceva come smeraldo. Raggiunta la destinazione Sam lasciò pascolare il piccolo pony bruno davanti all’entrata mentre lui armeggiava con le varie bisacce da cui trasse fuori la rustica cena di quel giorno: pane, formaggio e carne secca. Frodo ed Aragorn presero un paio di mantelli per usarli come rudimentali giacigli, Merry e Pipino erano crollati sull’erba esausti mentre Ghimli il nano narrava loro delle grandi città sotterranee della sua gente. Mithrandir e Legolas iniziarono a consultare una mappa discutendo su quale fosse la via migliore da percorrere mentre Boromir uscì per cercare legna. Alhara decise che era giunto il momento di porre fine ai dissapori col Gondoriano e lo seguì nella vicina pineta. Lo trovò che stava spaccando col lungo spadone a due mani un robusto ramo, troppo grande da portare intero, e risoluta lo raggiunse. L’uomo sentendo i passi della giovane cessò il suo lavoro e si voltò verso di lei abbozzando un ghigno. “Bene, bene, bene, la fanciulla vuole tagliare la legna? Sai Donna, dovresti essere al campo a cucinare per noi.” Esclamò ironico. L’Haradrim placò a stento un moto di rabbia e riacquistata la calma rispose:”Ascolta Uomo di Gondor, io non mi sono unita alla Compagnia per farmi insultare. Lo so, sono una donna, ma sono potente, molto potente, talmente tanto che basterebbe uno schiocco di dita per ridurti letteralmente in cenere. Tuttavia ho altro di cui preoccuparmi ed anche tu: Sauron deve essere sconfitto e se noi continuiamo a litigare e ad insultarci a vicenda non riusciremo mai a vincere. Poco importa se continui a pensare che non sono adatta a tutto questo: tu non conosci il mio passato, non sai niente di me e della mia gente.” L’uomo la guardò a lungo: il volto, incorniciato dai lunghi capelli ricci, era teso, i grandi occhi scarlatti brillavano di una luce sinistra, il suo intero corpo, rivestito dell’armatura blu notte e argento, era scosso da leggeri tremori; non era fatta per la guerra e non sarebbe durata a lungo, pensò e posato a terra il ramo le si avvicinò dicendo: “Presta molta attenzione alle mie parole Donna, perché non mi ripeterò: le fanciulle non sono fatte per impugnare spada e scudo, guardati tremi come una foglia! Sarai anche l’essere più potente di tutta la terra ma resti comunque una donna e lo sanno tutti che le donne devono rimanere a casa ad occuparsi dei figli e del marito.” Finì sibilando Boromir. Alhara non riuscì più a trattenersi e lasciò che fosse l’indignazione a parlare per lei: “Sta bene. Non ricordavo che la razza degli Uomini avesse tra le sue fila un rappresentante così ottuso! Ma seguirò il tuo consiglio: mi occuperò dei miei affari e quando ti troverai ad un passo dalla morte, guarda verso di me perché sarò lì ad aiutarla!” sputò con disprezzo e quasi urlando la giovane. Girò i tacchi e se ne tornò al campo in preda all’ira lasciando l’uomo basito da quella risposta. Giunta di fronte all’entrata si ritrovò davanti il principe di Bosco Atro che la fissò truce prima di esclamare cupo:” Vedo che ancora riesci a dominare i tuoi impulsi, Flagello di Lorien. E’ un miracolo che il figlio del Sovrintendente sia ancora vivo- si fermò accennando al braccio destro della donna che era avvolto dalle fiamme. Alhara se ne accorse e con un gesto spense il fuoco; Legolas, non contento, continuò- Tutto era iniziato in questo modo: una piccola scintilla, un bosco e una principessa del Raj che non riusciva a controllare il suo grande potere. Rimembri come si è concluso? Morte, sangue, urla…” “ADESSO BASTA!” urlò l’Haradrim scagliando contro l’elfo una palla di fuoco che mancò il bersaglio e svanì in una nuvola di fumo. L’arciere scosse la testa e rientrò nella torre. Attirati dal trambusto gli altri membri della Compagnia corsero fuori dal nascondiglio e trovarono la donna tremante, le mani sulla bocca a coprire un “Mi dispiace, mi dispiace tanto”, gli occhi lucidi e vacui, come se stesse rivivendo un triste ricordo. Aragorn, capita la gravità della situazione e scambiato un cenno con Gandalf, fece tornare tutti dentro il rudere. Alahara affranta ed abbattuta si sistemò a pochi metri dall’ingresso, aprì la mano e dal palmo nacque una piccola fiamma che divenne una sfera luminosa volante, a mo’ di lanterna. Stanca chiuse gli occhi e sospirò; come aveva potuto lasciarsi prendere dalla rabbia al punto da attaccare Legolas?! Tutti gli sforzi di quell’ultimo anno, tutti gli esercizi, gli insegnamenti si erano dissolti come neve davanti alle accuse dell’elfo. Si morse il labbro inferiore cercando di non piangere, mancava solo che la Compagnia la vedesse come una bambina piagnucolosa, la beffa al danno. Assorta in quei pensieri, non si accorse dell’Uomo di Gondor che tornava dal bosco con la legna per il fuoco. “E’ opera tua?” chiese Boromir riferendosi alla sfera e destando Alhara dal torpore in cui era caduta. Lei lo guardò interrogativa per qualche secondo poi incerta rispose:” Sì, è opera mia. Non dovresti essere così sorpreso, in fondo sono solo una donna.” Finì con una punta di sarcasmo nella voce. Il cavaliere annuì distratto e passò oltre entrando nella torre.

Il giorno aveva lasciato da un paio d’ore il posto alla notte: il cielo era trapuntato di stelle e una timida falce di luna faceva capolino da una grande nuvola scura. Si era levato un leggero vento e di tanto in tanto si udiva l’ululato di un lupo solitario. Alhara rabbrividì e si portò le ginocchia al petto, aveva fame ma non sarebbe mai rientrata nel rudere, non dopo quello che era successo. Sussultò quando la figura minuta di Frodo Baggins le si palesò di fronte, lo Hobbit sorrise e si sedette vicino a lei porgendole una grande razione della cena. L’Haradrim lo guardò riconoscente e si gettò vorace sul cibo. “Questo è da parte di Sam, non vuole che tu rimanga senza mangiare ed io sono d’accordo con lui, in più non dovresti stare da sola.” Affermò timidamente il Portatore dell’Anello. La donna gli sorrise grata, non conosceva bene la cultura dei Mezzuomini ma non c’era voluto molto per comprendere che fossero un popolo cordiale e pacifico, il migliore tra tutte le razze. Rimasero in silenzio a contemplare il cielo stellato finché il resto degli Hobbit non ruzzolò fuori dalla torre rompendo quell’atmosfera serena. “Sai Pipino, non è il caso che Dama Alhara sia qui fuori da sola, bisogna che qualcuno stia con lei per proteggerla!” esclamò galante Merry piazzandosi di fronte alla giovane. “Ma Merry, c’è già Frodo con lei!” lo rimbeccò Pipino sedendosi di fianco all’amico. Meriadoc levò gli occhi al celo stizzito e facendo cenno a Sam di accomodarsi esclamò sornione:” Hai ragione, ma sono sicuro che la Signora non ha mai avuto a che fare con la proverbiale ospitalità Hobbit, è ora di rimediare!” “Non considerate questi perdigiorno Vossignoria, avete mangiato?” chiese premuroso Sam Gamgee. Alhara rise divertita e rincuorata da tanta allegria e rispose:” Vi ringrazio Mastri Hobbit, ho mangiato e il valoroso Frodo ha vegliato su di me fino al vostro arrivo.” Lo Hobbit in questione gongolò soddisfatto scoccando un’occhiata complice ai suoi amici. Merry rispose con una smorfia, poi acquistata una particolare aria curiosa chiese:” C’è una cosa che vorrei sapere, se non sono troppo indiscreto, ma da dove vieni di preciso? Sai, non si vedono molti Uomini dalla pelle così scura...”finì bofonchiando e arrossendo. L’Haradrim raddrizzò la schiena e facendo segno di mettersi comodi rispose: ”Tranquillo Merry, sono felice di poter parlare della mia terra. Da dove potrei iniziare? Mmh, bene, io provengo dall’ Harad una regione a Sud della Terra di Mezzo, più precisamente dal Sultanato del Raj, un regno ancora più a Sud, nel Lontano Harad. Sapete è una terra antica e magica: sconfinati deserti, tramonti che incendiano il cielo, grandi città dalle cupole d’oro. L'aria profuma di spezie e incenso e la notte si può udire una dolce musica, come se il vento volesse augurarti la buonanotte. Lì fa davvero molto caldo e il mio popolo, per non essere bruciato dai raggi del sole, ha la pelle molto scura.” Si fermò per ammirare soddisfatta i quattro Mezzuomini: avevano gli occhi sgranati e Sam aveva un’aria sognante che rendeva il suo viso rubicondo ancor più dolce. Sorrise e riprese a narrare delle bellezze dell’Harad fino a che i suoi ascoltatori non iniziarono a dar segni di stanchezza ed uno dopo l’altro crollarono in un sonno profondo. Alhara sospirò serena: per un po’ aveva dimenticato l’incidente con Legolas, i suoi poteri e la minaccia di Sauron, era davvero grata a quelle piccole creature. Con un gesto della mano ingrandì la sfera di fuoco e osservò l’intricato arabesco rosso che compariva sulla sua pelle ogni volta che ricorreva al Fuoco di Varda. Si sistemò meglio contro la parete della torre e si preparò a vegliare sugli Hobbit per tutta la notte; come se avesse intuito le sue intenzioni Mithrandir si affacciò fuori dal rudere. “Come ti senti ora, bambina?” chiese paterno lo Stregone ma alla vista dei quattro addormentati il suo volto si rilassò e sorridendo continuò:” Vedo che sei stata in ottima compagnia. Rimarrai con loro per tutta la notte, non è così?” L’Haradrim annuì e sorridendo rispose:” Mi hanno sommersa di domande sul mio paese finché il sonno non li ha vinti. Il primo turno di guardia è mio, devo assicurarmi che abbiano un buon risveglio domani mattina.” Finì ridendo sommessamente. Il mago sorrise e si sedette su un masso accanto a lei, prese la sua fidata pipa e iniziò a fumare. Avrebbero trascorso insieme il turno di guardia. La notte si prospettava tranquilla, era il giorno che lo preoccupava.

1) Altro nome di Gran Burrone.

2) Femminile di Valar.

3) Erano la più grande catena montuosa della Terra di Mezzo nord-occidentale, che, estendendosi da nord verso sud, per una lunghezza superiore alle mille miglia, separava le vaste distese dell'Eriador e del Rhovanion, le terre selvagge.

4) È la vasta area della Terra di Mezzo compresa tra i Monti Brumosi e i Monti Azzurri. Questo nome, infatti, significa Terra tra le Montagne. È una landa scarsamente abitata, ma in ere precedenti ospitava diversi regni, poi decaduti o distrutti.

_________Angolino dell’Autrice_________

Eccoci qua con il primo capitolo di passaggio (perdonate l’obbrobrio che è uscito, ma non sono molto ferrata in questo tipo di capitoli), Alhara inizia a mostrare i suoi pregi e i suoi difetti e si accenna al perché a Legolas non vada proprio a genio. Il prossimo capitolo sarà una piccola sorpresa…

Ringrazio Knight_7, dreamy_Allis, per aver messo la mia storiella tra le seguite ed IlaryCobain per averla messa tra le ricordate. Al prossimo aggiornamento(spero prestissimo),

Yavanna97

   
 
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