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Autore: Fenice_blu    17/08/2016    2 recensioni
«Allora… che ne dici Bea? Ti andrebbe di uscire con me?»
Ci riflettei un attimo e lo guardai. I capelli un po’ scompigliati, gli occhi verde smeraldo che mi fissavano speranzosi in attesa di una risposta, il sorriso caldo e gentile…
Sorrisi e dissi «sì, mi piacerebbe molto Ale».
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Salve a tutti! Questa volta volevo fare una piccola premessa. Il capitolo è più lungo del solito, spero solo di non annoiarvi! In questo capitolo ho usato poche righe della canzone “Better man” di Paolo Nutini, un pezzo che adoro e che ho ascoltato spesso mentre scrivevo la storia, e un ulteriore riferimento è il nome della villa degli zii di Bea, che tutti i fan di Harry Potter riconosceranno. ;) Per il resto, scriverò ancora alla fine, vi lasciò al capitolo e scusate questa premessa! Buona lettura!

 

«Beatrice sei pronta?» gridò mio padre dal piano di sotto.

«Quasi…»

Piegai l’ultima maglietta e la misi nel mio piccolo trolley, ormai quasi pieno

Rifeci mentalmente l’elenco di tutte le cose da portare, cercando di non dimenticare nulla. Mentre recuperavo deodorante e spazzolino dal bagno ripensai agli ultimi giorni: Jasmine, che quando le dissi del viaggio espresse il suo disappunto con un linguaggio da far invidia ad un camionista, aveva cercato in tutti i modi di non farmi pensare alla vacanza e lo stesso Alessandro con il quale ero uscita il più spesso possibile, cercando solo di goderci il tempo insieme.

Proprio in quel momento mi arrivò un suo messaggio sul telefono:

Buongiorno principessa, mi dispiace di non poterti salutare questa mattina, ma sappi che ci terremo sempre in contatto in questi giorni! Fai buon viaggio e se puoi chiamami quando arrivi. Un bacio <3

Sorrisi, ma fu questione di un attimo, perché poi realizzai con amarezza che non era così che immaginavo sarebbero andate le cose, e in quel momento la partenza mi pesò più di un macigno. 

Sta tranquillo, lo so che avevi la visita dal dentista. Ci sentiamo appena arrivo, baci  <3

Infilai le ultime cose nella valigia, la chiusi e la portai in fondo alle scale, dove stava mio padre che portava la sua fuori di casa

«Hai fatto Beatrice? Noi siamo tutti pronti, devo prendere solo una busta con delle cose per gli zii e ce ne andiamo»

«Sì pa, recupero lo zaino e scendo.»

«Ok ti aspettiamo in macchina» 

Salii ancora una volta in camera mia, raccolsi le ultime cose nello zaino, diedi un ultimo sguardo alla finestra, quasi sperando che Alessandro fosse lì, pronto a fare due chiacchiere o a farmi ascoltare una nuova canzone. 

«Ci sono» dissi entrando in macchina un minuto dopo.

«Perfetto, siete tutti pronti? Avete preso tutto?» chiese mio padre prima di uscire dal vialetto di casa.

«Credo di sì, le chiavi ci sono, il cellulare c’è…» fece mia madre controllando febbrilmente la sua borsa, in preda al suo panico pre-partenza.

«Papà io sono prontissimo!» disse Gabriele entusiasta, saltellando sul sedile.

«Bene allora partiamo!» esclamò impazientemente mio padre. 

Mi voltai a guardare la mia casa e quella di Alessandro, e rimasi a fissarle finc non fu più possibile distinguerle.

 

 

 

«Siamo arrivati?»

«No»

«E ora siamo arrivati?»

«No!»

«… adesso siamo…»

«Gabriele piantala!» sbottò papà spazientito. 

«Ma io mi annoio! Quanto manca ancora?» disse imbronciato il mio fratellino. 

«Te l’ho già detto, se siamo partiti alle quattro arriveremo verso le otto, e mancano ancora tre ore»

«Possiamo fermarci a mangiare la pizza dove andiamo di solito?» chiese lui speranzoso.

«No mi dispiace Gabriele. Mangeremo direttamente dagli zii» rispose semplicemente mia madre.

Lui si afflosciò sul sedile, e non potei che dispiacermi per lui «Ehi che ne dici se giochiamo a contare le macchine?» proposi io per distrarlo.

«Va bene!»

Giocammo per un po’, Gabriele si rallegrò un po’, fino a che non si mise a sentire la radio, finendo per appisolarsi poco dopo, lasciando me a guardare fuori dal finestrino

«Beatrice senti ti volevo parlare di una cosa…» esordì mia madre.

«Ah sì?» feci io fingendo interesse, avendocela ancora con lei.

«Ascolta mi dispiace, capisco che tu sia ancora arrabbiata…»

«Ma davvero… ti dispiace? Beh questo sistema tutto!» risposi sarcastica.

«Fa attenzione a come ti rivolgi!» fece lei minacciosa. 

«Scusa, ma non mi va di parlarne…» 

Lei mi guardò a lungo attraverso lo specchietto retrovisore, fino a che non sospirò, lasciando cadere l’argomento. 

Si stava dimostrando un viaggio davvero lungo.

 

 

 

 

«Bea Guarda! Il mare!»

Gabriele aveva ragione: eravamo quasi a Castiglione, provincia di Ravello, quando raggiunta la fine di una strada tra le montagne, si spalancò davanti a noi in tutto il suo splendorelo spettacolo della costiera amalfitana: ormai era l’ora del tramonto il cielo si stava dipingendo di mille sfumature, passando da un azzurro chiaro a un arancione tenue accompagnato da sottili pennellate di rosa, e così anche il maresolitamente azzurro-turchese, risplendeva di un color oro sotto la luce del sole, mentre i suoi pochi raggi filtravano attraverso  i rami degli ulivi e le foglie dei vignetisulla terra ferma

Procedendo lungo la strada, arrivammo a ridosso della spiaggia, dove vedemmo i primi lidi che si stavano lentamente svuotando, mentre il cielo era ormai diventato di un arancione splendente, da togliere il fiato. 

«Sì ragazzi finalmente ci siamo!» esclamò mia madre.

Era vero. Finalmente eravamo ad Amalfi, ma mancava ancora un poco alla casa dei miei zii poiché dovevamo attraversare tutta la città, essendo una villetta situata in periferia. Infatti fu solo cinque minuti dopo che mio padre annunciò che eravamo arrivati. 

«Evviva!» urlò mio fratello precipitandosi fuori dalla macchina. 

«Gabriele aspetta!» fece esasperata mia madre.

«Lascialo fare! È stato buono fino ad ora, ha il diritto di muoversi un po’!» dissi tranquillamente a mia madre, scendendo dall’auto a mia volta, trovandomi davanti la casa dei miei zii.

Questa era una graziosa villetta, dalle mura di un rosa antico, in cui si entrava da un piccolo cancelletto in ferro che sapevo portava al giardino di dietroDa fuori sembrava molto piccola, schiacciata in mezzo ad altre due ville più grandi, anche se si vedeva che era a due piani, in realtà era abbastanza grande, il giardino sul retroera anche piuttosto spazioso.

Su una mattonella in ceramica incastonata nel muro c’era scritto il numero civico della casa e sotto un’altra mattonella diceva “Villa Conchiglia”. 

«Beaaa! Mi fai suonare il citofono?» chiese supplichevole mio fratello, che non arrivava al pulsante del campanello per pochissimi centimetri.

«Ma certo piccolo!» 

Lo presi in braccio e lui suonò con soddisfazione il pulsante.

Dal citofono uscì una voce meccanica «Chi è?»

«Sono Gabriele!» fece soddisfatto il mio fratellino.

«UHH! Siete arrivati! Entrate entrate!»

Il cancello si aprì e io feci scendere Gabriele che corse dentro. Mi sarebbe piaciuto seguirlo, ma sapevo di dover aiutare a scaricare i bagagli. Così mio padre mi passò uno dei borsoni e con lo zaino in spalla, seguii mia madre mentre entrava dentro con un altro paio di borsoni più piccoli. Da lontano sentii l’inconfondibile voce di mia zia che parlava con mio fratello. 

«Accipicchia come sei cresciuto! Quanto sei alto ora?»

«Sono un metro e venti!» disse lui tutto orgoglioso.

Quando raggiungemmo il giardino e ce li trovammo davanti, mia zia fece un larghissimo sorriso. 

Mia zia era una donna molto bella, da un certo punto di vista mi ricordava Robin di “How I met your mother”, per gli stessi capelli lunghi e bruni, la forma del viso,la carnagione chiaraanche il sorriso, ma quello di mia zia era molto più bello e vero.Inoltre al contrario dell’attrice di Robin, lei non era molto alta, era leggermente più alta di me, e i suoi occhi erano di un bel color cioccolato. Zia Eva era una delle persone più gentili che avessi mai conosciuto: non era molto estroversa, ma aveva un carattere mite ed era sempre ospitale, cercava di farti sentire come a casa tua. 

«RaffaellaSono così contenta di vederti!» esclamò.

«Eva! Anch’io sono felice di vederti!» disse mia madre abbracciandola.

Poi mia zia si focalizzò su di me «Beatrice! Oh mio Dio!» esclamò lei piena di entusiasmo.

«Ciao zia! Anch’io sono felice di vederti!» le dissi abbracciandola. 

Quando ci staccammo lei mi guardò dalla testa ai piedi.

«Lo so che ti da fastidio sentirtelo dire, ma sei diventata davvero una bella ragazza lo sai?»

«Dai zia smettila!» risposi infatti imbarazzata. 

«Piuttosto dov’è quel pazzo di mio fratello?» chiese mia madre riferendosi a mio zio Carmine. 

«Infatti! E Ceci? E Vincenzino?» chiesi io, impaziente di riabbracciare i miei cugini. 

«Lo sai questa è una bella domanda! Dovevano arrivare a casa dieci minuti fa! Ho provato a chiamarli ma non rispondono, mentre invece Carmine…»

«Dov’è il mio nipotino preferito?» disse mio zio uscendo fuori di casa. 

«Zioooo» urlò Gabriele correndogli in braccio.

Zio Carmine era l’opposto di mia zia: alto, con la pelle scura, ancora di più d’estate quando era abbronzato, i capelli neri come quelli di mia madre, i baffi , la barbacortagli occhi blu e un sorriso allegro. Aveva la voce grossa, e a una persona che non lo conosceva avrebbe potuto sembrare burbero, ma nascondeva un carattere spiritoso e allegro, ed era sempre pronto a raccontare delle storie. Lui e zia erano anche il mio padrino e madrina di battesimo, quindi ho sempre avuto un rapporto speciale con loro.

«Eccolo qua! Vieni dallo zio!» disse sollevando da terra Gabriele. 

Zio salutò il resto di noi, e quando fece la sua comparsa mio padre, finiti i saluti, ci sistemammo: come al solito i miei genitori sarebbero stati  nella camera degli ospiti, mio fratello si sarebbe “accampato” in camera di Vincenzino mentre io sarei stata nella stanza di Ceci. 

Mentre posavo il mio zaino in camera di Ceci, che era al secondo piano, mi ricordai del messaggio per Ale, così presi il cellulare. 

Ciao Ale! Siamo appena arrivati!Tra poco dovrebbero arrivare i miei cugini e poi ceneremo. Ci sentiamo presto  <3

Quando inviai il messaggio, sentii il rumore di una macchina, seguito da un urlo di zia dalla cucina di sotto «Scendi Bea! Sono arrivati!»

Scesi di corsa le scale, precipitandomi in giardino. 

«Ceciiii!» gridai appena vidi mia cugina.

«Beaaaa!» 

Corremmo l’una verso l’altra e ci abbracciammo. 

«Da quanto tempo!» esclamai. 

«Già veramente tanto!»

«Tanto che ti sei dimenticata pure di tuo cugino!» fece una voce alle spalle di Cecilia.

Vincenzo si sporse in avanti e io lo abbracciai con slancio «Come potrei dimenticarmi di te Vincenzino

Lui rispose all’abbraccio. Quando ci staccammo arrivò zia, furiosa.

«Dove diavolo siete stati?!?» poche volte vedevamo zia Eva tanto arrabbiata. 

«Scusa mamma! Ma io avevo il telefono scarico e questo genio non lo teneva!» fece mia cugina indicando il fratello.

«Ti ho già detto perché non l’ho portato… non mi serviva a nulla, pensavo che il tuo fosse…» 

«Consideratevi fortunati se non ve lo sequestro a entrambi il telefono!» sentenziò mia zia.

Fece un sospiro «Adesso andatevi a lavare le mani, tra poco si cena! Ceci, aiutami ad apparecchiare la tavola!»

«Zia posso aiutare anch’io!» mi offrii.

«Non c’è bisogno Bea, ma se ti fa piacere puoi aiutare Ceci mentre io finisco le ultime cose!» rispose gentilmente lei. 

Così ci ritrovammo ad apparecchiare la tavola fuori nel giardino per otto persone, sotto lo sguardo di Vincenzo, che stava comodamente seduto sull’amaca.

Vincenzo e Cecilia erano fratello e sorella, ma tra loro non c’era nessuna somiglianza.

Ceci aveva preso da mio zio la pelle scura, l’altezza (1,75m) e il sorriso, mentre aveva i capelli bruni di zia, i suoi occhi castani e i suoi tratti del viso. Era la tipica bellezza mediterranea, ma il carattere era tutto suo: in genere era tranquilla e responsabile, ma non quando c’eravamo io e Vincenzo insieme: anche se era lei la più grande, eravamo noi a influenzare lei, e quando ci mettevamo d’impegno, riuscivamo a farle perdere tutta la serietà, contagiandola con la nostra follia. 

Vincenzo al contrario aveva preso l’altezza di zia, infatti eravamo alti uguali, ma era sempre stato un po’ più basso della media e per questo l’abbiamo sempre chiamato Vincenzino. Da zia aveva preso anche la pelle chiara e il sorriso gentile, da zio invece aveva preso solo i capelli neri, ma anziché lisci erano mossi, mentre gli occhi erano di un grigio inedito. Ho sempre detto che mio cugino era un genio: era sempre pieno di idee e non riusciva mai a stare fermo. A modo suo era anche saggio, infatti, stranamente tra lui e Ceci, era da lui che andavo per avere un consiglio e con cui mi confidavo maggiormente. Tra di noi c’è sempre stato un legame speciale, infatti ci siamo sempre capiti al volo, forse il fatto che avevamo la stessa età ha anche aiutato. E in aggiunta, insieme ci facciamo un sacco di risate.

«Come sono andati gli esami?»

«Sai pensavo peggio! Invece credo di essere andata bene, adesso aspettiamo i risultati…»

«Certo è stato brutto farli così tardi!»

«Bea! Quest’anno toccherà a noi invece!» esclamò mio cugino.

«Ti prego non farmici pensare, già mi sale l’ansia!»

«Ragazzi avete fatto?» chiese mia madre. 

«Sì zia!» «Perfetto allora vado a chiamare gli altri intanto voi iniziate a sedervi»

Ci accomodammo tutti a tavola, e infine mia zia fece il suo ingresso trionfale

«Solo perché è la cena ho dovuto cucinare qualcosa di più “leggero”. Quindi insalata di polpo e frittura di calamari per tutti»

Mio fratello e mio padre esultarono. 

La frittura di zia Eva non aveva nulla da invidiare ai migliori ristoranti di Amalfi: croccante, non unta, dorata, e leggera. Spazzolammo tutto in pochi minuti. E lo stesso per l’insalata di polpo, che però non mangiai, perché non sopporto il polpo, nemmeno zia era riuscita a farmelo piacere. 

In più zio tirò fuori una torta ricotta e pere, che aveva preso in pasticceria. A fine serata eravamo tutti pienamente soddisfatti, e dopo un po’ di chiacchiere andammo tutti nelle rispettive stanze.

Dopo che Gabriele si fu addormentato, Vincenzo sgattaiolò fuori dalla sua camera per raggiungerci nella nostra, per fare quattro chiacchiere prima di dormire. Io mi stesi nel mio letto, il quale era estraibile dal letto di Cecilia, per cui ero a poca distanza da lei, che stava seduta sul bordo, mentre mio cugino si sistemò a gambe incrociate sul fondo del mio letto.

«Ragazzi vi devo dire una cosa» dissi mettendomi a sedere.

«Ti manderanno in collegio?» fece Vincenzo.

«No»

«Andrai a X Factor!»

«Hai finito di sparare a caso?»

«Sì, va bene. Procedi»

Così raccontai loro di Alessandro, poiché non sapevano ancora niente e volevo dirglielo di persona. 

Cecilia era contentissima «Siiii! Finalmente! Aspettavo da una vita questo momento!»

«Ma non si stanno mica per sposare! Rilassati!»

«Taci tu! Di queste cose non capisci un tubo!»

«Ragazzi calmatevi! Volevo solo farvelo sapere tutto qua»

«Volevi passare il compleanno con lui vero?» chiese Vincenzo, dimostrando ancora una volta di riuscire a capirmi subito.

«Beh certo! Ma sono contenta lo stesso perché lo passerò con voi!» sorrisi.

Lui mi lanciò una sguardo che diceva il discorso non finisce qui”. 

Continuammo a parlare fino all’una di notte, quando alla fine decidemmo che era il caso di andare a dormire e ci demmo quindi la buonanotte. 

All’improvviso sentii nell’oscurità una vibrazione. Era Ale.

Sei sveglia?

Come stai? Come è andato il viaggio? 

Bene bene. Tutto tranquillo. Tu come stai?

Sto bene. I tuoi cugini?

Stanno bene! Ti piacerebbero, sono molto simpatici.

Immagino di sì! Magari un giorno me li presenterai…

Sì certo! Perché no… Scrissi. Dopo un po’ non riuscii a trattenermi.

Mi manchi. Tanto.

Anche tu mi manchi...

Poi mi mandò un secondo messaggio.

Senti facciamo così. Ogni giorno ti manderò una canzone. Quando senti la mia mancanza, senti queste canzoni. D’accordo? :)

Rimasi per un attimo stranita dalla sua idea, poi pensai che era una cosa carina, e che mi faceva molto piacere. 

Certo! :D

Perfetto allora ti mando la prima! Ora vado a dormire! Buonanotte Bea! <3

Notte Ale! Un bacio <3

Un minuto dopo mi arrivò la canzone, e mentre caricava recuperai le cuffiette per non disturbare Cecilia.

Feci partire la canzone, e dopo pochi secondi la riconobbi: “Better man” di Paolo Nutini.

She makes me smile 
she thinks the way i think 
that girl makes me wanna be better

Sorrisi nell’oscurità., il pensiero di Ale era la cosa più dolce che qualcuno avesse fatto per me.

She’s fearless, she’s free 
she is a real life wire 
and that girl 
she’s got me feeling so much better 
oh you trade all the money in the world 
just to see this girl’s smile 
all the while, she’ll make you feel so much better

oh that girl, makes me wanna be a better 
sure she sees, gonna treat her like a real man can

Alla fine della canzone avevo le lacrime agli occhi. Avevo capito perché avesse detto di ascoltarle quando mi mancava, perché così avrei immaginato che fosse lui a parlarmi attraverso quelle canzoni, e in quel momento mi sentii felice come non mi succedeva da giorni. 

 

 

 

 

Angolo autrice

Salve a tuttiiii!!! Perdonate il mio colossale ritardo ma ho girato parecchio in questi giorni, e non ho potuto proprio pubblicare! In compenso ho scritto un capitolo più lungo del solito, anche se questo è più che altro un capitolo introduttivo del nuovo ambiente e dei nuovi personaggi! Fatemi sapere cosa ne pensate di queste nuove “aggiunte”! Ringrazio infinitamente GreenWind che recensisce sempre la mia storia e smile_tears per il suo sostegno! :)

Credo di aver detto tutto! Spero di riuscire a pubblicare prima la prossima volta ma non vi prometto nulla per non rischiare! ^^”

Spero che la storia vi stia piaciuta e se vi va fatemelo sapere! A presto e un abbraccio a tutti!

 

 
   
 
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