= Amandoti =
«il motto della tua Casa
avrebbe dovuto essere “qui si muore
di freddo”, altro che».
Lord Taurus alzò gli occhi al soffitto, anche se non provava
reale fastidio: era una vita che si sentiva rivolgere frasi di quel
genere
almeno una volta ad ogni visita.
Di solito la prendeva leggermente in giro per questo, ma in
verità poteva capirla: la temperatura nei territori della
sua famiglia era
oggettivamente fredda sino all’estremo, tanto che nei secoli
-anzi, millenni-
era stata tra le loro principali armi di difesa contro invasori i
quali, non
abituati a un simile gelo, avevano sempre finito per morire come
mosche.
«invece quello della tua Casa avrebbe dovuto essere
“arrostiti fino alla
morte”. Comunque sia è sempre meglio il freddo del
caldo, ci sono più soluzioni
per ovviare al problema…prima tra tutte evitare di stare in terrazza lasciando il padrone di
casa a letto da solo come
un deficiente».
Avrebbe preferito evitare di dire qualcosa che avrebbe
potuto dare inizio a un’altra
possibile
discussione, ma non era proprio riuscito a farne a meno.
Parte dell’Armata Dorata era temporaneamente a riposo, e
Nahema dunque aveva lasciato il fronte dopo aver trascorso
più di un anno
-escluso un altro momento di congedo- a far finta di essere
un’altra persona,
tale “Silk”.
L’aveva fatto per entrare nell’armata
dell’High General of
the Galaxies senza essere riconosciuta, e tutto perché
suddetto High General avrebbe
dovuto essere coinvolto -come vittima, immaginava lui- in piani degli
Aldebaran
di cui lui non sapeva ancora proprio tutti-tutti i dettagli.
Ma sembrava che le cose non stessero andando come dovevano,
o comunque non alla velocità cui Nahema avrebbe gradito
andassero.
Lei aveva accettato il suo invito di trascorrere quel
periodo di riposo con lui nel suo palazzo, e Kitah ne era stato felice,
ma le
cose non stavano andando esattamente come aveva sperato: il corpo di
Nahema era
lì con lui, ad Atlantia, ma la sua mente era da
tutt’altra parte…persino più di
quanto lo fosse di solito.
«abbiamo già passato due giorni a letto, quasi,
quindi non
vedo il problema. Soprattutto…»
«non dirlo».
«visto che sono
“ un
po’distante”».
Era accaduto circa un quarto d’ora prima, quando alla fine
dei giochi -e per tale motivo
ancora non
del tutto lucido- si era lasciato sfuggire che la trovava un
po’distante.
Si era sentito rispondere che “le sembrava che fossero
piuttosto vicini, anzi lui le era ancora letteralmente dentro, quindi
dove
cazzo di altro voleva andare”.
Bonjour finesse.
«magari l’ho detto nel momento sbagliato, ma
vorresti negare
di avere la testa altrove?» forse avrebbe fatto meglio a
stare zitto, ma in
effetti non vedeva perché mai avrebbe, o avrebbero, dovuto
chiudere gli occhi
di fronte a un problema. «ho capito che hai delle cose da
fare, tanto per
cambiare, ma non per questo devono diventare
un’ossessione».
«se il fatto che io abbia degli obiettivi da raggiungere e
pensi a come farlo ti disturba così tanto potevi fare a meno
di dirmi di venire
ad Atlantia».
Se amare qualcuno era una maledizione, Kitah Taurus era il
più dannato tra tutti i dannati. Amava
Nahema, aveva quasi ventiquattro anni e non ricordava di aver trascorso
un
periodo della propria vita senza farlo.
L’amava anche se a volte era veramente dura,
perché Nahema
non era una persona semplice: Kitah aveva l’incrollabile
convinzione che lei
ricambiasse i suoi sentimenti, ma lo faceva molto a modo suo, e solo
una volta
l’aveva sentita confessarglielo, ormai undici
anni prima.
«se non ti rendessi conto che ho ragione non te la
prenderesti. Lo dico per il tuo bene, non per il mio»
insistette «pensare ora a
cosa fare al nostro High General
non può aiutarti in alcun modo, perché tu sei qui
e lui è dove è! Cerca di
rilassarti, o ne andrà della tua
salute….mentale» resosi conto della pessima
scelta di termini cercò di far sfumare la frase in un
borbottio confuso, ma era
troppo tardi.
«e io a parer tuo farò la fine di mia madre?
È questo che
volevi dire?»
Nihil Iyra Aldebaran era da poco caduta in uno stadio che
Aladohar aveva definito “una specie di precoce e gravissima
demenza senile”,
motivo per il quale quest’ultimo, con un certo rammarico,
aveva dovuto
rinunciare alla carriera militare e prenderne il posto.
«ovviamente no, e mi spiace per l’infelice scelta
di
termini, ma ciò non toglie che potresti darti tregua, o
almeno provarci».
Teoricamente tale onore ed onere sarebbe toccato a Nahema,
in quanto primogenita e dunque capofamiglia, ma lei “aveva la
sua missione” -verissimo,
per carità- e comunque, da quel che lui sapeva, non era
tornata a casa propria nemmeno
per sbaglio, onde evitare seccature.
La cosa non era piaciuta molto ad Aladohar, come Kitah aveva
potuto intuire dalle sue parole, ma lui aveva tentato di difendere
Nahema,
ricordando ad Aladohar che era via su ordine di Iyra stessa.
La risposta di Aladohar? “È vero, ma trattandosi
di mia
sorella tu non fai testo”.
Ed era vero anche
quello.
«ci ho provato» ammise lei dopo un po’
«ma tra le mie
faccende che vanno a rilento e quel che sta succedendo a casa non ci
sono
riuscita».
Capita l’antifona Kitah spinse via le coperte,
sistemò alla
meglio i lunghi capelli neri in una coda bassa, infilò una
vestaglia che era lì
vicino e andò anch’egli in terrazza a congelarsi.
La cosa buffa era che quello
era il periodo “caldo”
dell’anno ad
Atlantia, durante il quale c’era un po’meno gelo
del solito, e lui era abituato
a ben altro. «avremmo potuto parlarne fin da
subito».
«mi sembrava che avessi in mente altro».
«ossia quel che, all’inizio, mi sembrava che avessi
in mente
anche tu. Ci conosciamo da molto tempo, ma da questo a leggerti nel
pensiero ce
ne corre» pose una mano sopra quella della sua coetanea, che
non l’allontanò.
«vuoi parlare?»
Seguì un momento di silenzio piuttosto lungo, ma il giovane
duca non intendeva metterle fretta: proprio perché la
conosceva da una vita
sapeva quanto per lei fosse difficile “sciogliersi”
su determinati argomenti. “Vincit
qui se vincit” era il motto della
famiglia Taurus, ma Nahema sapeva metterlo in pratica meglio di lui.
«non pensavo che una cosa del genere potesse succedere a
lei»
disse Nahema «non per davvero. Iyra Aldebaran ridotta a una
sorta di vegetale!…ci pensi? A te che l’hai
conosciuta non sembra impossibile?
Sai che il mio rapporto con lei non era dei migliori, questione di
caratteri
incompatibili, ma il modo in cui riusciva a mandare avanti tutto quanto
era
degno di rispetto».
«assolutamente» confermò lui, in totale
onestà «credo che quel
che le è accaduto sembri impossibile a tutti coloro che
hanno avuto modo di
conoscerla, Nahema. Il nome di Nihil Iyra Aldebaran non lasciava
indifferente
nessuno».
«è vero».
«e così il tuo. Non perderà di valore
per nessuno, indipendentemente
dalla durata della tua missione».
Nahema fece un leggero sorriso. «buono a sapersi».
«e soprattutto non lo perderà per me».
Il sorriso scomparve. «sarebbe disdicevole se succedesse con
uno dei miei maggiori alleati».
A volte amarla non era soltanto dura, era peggio.
Eppure lui persisteva, anche se sapeva che per lei non
sarebbe mai stato al primo posto,
perché prima venivano lei stessa, la sua famiglia e i suoi
obiettivi, come
sempre.
Persisteva anche se i bei momenti trascorsi sia tra quelle
mura che tra altre non avevano mai portato a qualcosa di concreto,
perché tra loro due non c’era alcunché
di ufficiale
neppure ora che erano liberi da vincoli.
«“alleato”, dici»
ripeté Kitah, con un leggero accenno di
amarezza.
“Liberi da vincoli”…e nel suo caso tale
libertà aveva
richiesto un prezzo alto, molto alto.
Fin da piccolo era stato promesso a Lady Asyin della Casa
Eagle, di quattro anni più grande di lui.
Asyin era una bellissima ragazza, ma non era quella di cui
lui voleva diventare il marito.
Nahema stessa, insieme ad Aladohar, il giorno delle nozze
aveva dovuto convincerlo ad andare all’altare, ignorando la
sua rinnovata
proposta -quasi una supplica- di fuggire insieme.
Per tale motivo a quindici anni era diventato Lord Kitah
Taurus, Governatore di Atlantia, residente in quella che era la dimora
principale della sua famiglia, che per tradizione veniva lasciata ai
figli
primogeniti quando questi convolavano a nozze….e sempre per
tale motivo, dopo
essersi premurato di mettere incinta Asyin, a quindici anni aveva
iniziato a
progettare lo sterminio di quel che rimaneva di una famiglia un tempo
numerosa.
Una figlia e un padre.
Una moglie e un
suocero.
Al settimo mese di gravidanza di Asyin, suo padre era
precipitato dalla montagna sulla quale sorgeva il palazzo principale
degli
Eagle. Un tragico incidente. Una fatalità.
Un ghoul del ghiaccio
pronto a spingerlo giù al momento giusto.
Due mesi dopo, Asyin era morta a causa di un’emorragia
inarrestabile durante il parto dei suoi due figli gemelli; era accaduto
durante
una passeggiata ai confini del territorio attorno al loro palazzo, e
non c’era
stato nessuno che avesse potuto soccorrerla. Una disgrazia. Una
tragedia.
Una somministrazione continuativa -stando ben attento al
dosaggio- di un anticoagulante per
tutti i nove mesi della gravidanza.
La vita della madre dei suoi figli, quello era stato il
prezzo da pagare per tornare libero sperando, un giorno, di poter
sposare chi
desiderava.
Non lo aveva fatto a cuor leggero. La differenza
d’età non
aveva impedito ad Asyin di provare affetto per lui e forse anche
qualcosa di
più, perché Kitah si era comportato da marito
esemplare -pianificazione della sua morte a
parte- ma lui aveva altri
progetti.
«non lo sei?»
«sempre. Ma a
volte mi chiedo a cosa serva realmente tutto
questo…»
Nahema si voltò a guardarlo. «tutto questo cosa?»
«la tua famiglia ha il controllo su tutto l’oro, le
pietre e
i metalli più preziosi in circolazione, la mia famiglia
possiede la stragrande
maggioranza dei giacimenti di petroleum e delle materie prime con cui
costruire
ogni tipo di nave» le ricordò «qualche
anno fa ti ho detto che tu sei fatta per
governare, e lo penso tuttora, ma le nostre famiglie insieme hanno già
più potere di quanto ne abbia la famiglia
reale…»
«presumo che la conclusione di questo discorso sia che
dovrei lasciar perdere tutti i miei obiettivi e convolare a nozze con
te» disse
la ragazza, con aria del tutto neutra «speravo che questa non
diventasse una di
quelle conversazioni, e
invece!...»
«non ti chiedo di rinunciare proprio a niente, cercavo solo
di farti riflettere. Sarei orgoglioso di essere il marito della prima
donna a
diventare High General of the Galaxies, ma a cosa serve la corona, se
hai già
il potere? Comunque, se proprio-»
«hai perfettamente ragione» lo interruppe Nahema
«se il
fulcro della questione fosse il potere, quella corona non mi
cambierebbe molto
la vita. Nondimeno, il fulcro della questione non
è il potere. Voglio quella corona
perché sono la più adatta a
portarne il peso. Sono nata per questo, sono stata cresciuta per
questo, e così
sarà. Tutto il resto viene dopo. Matrimoni
inclusi».
«se mi avessi fatto finire di parlare ti avrei ricordato che
se davvero desideri la corona potresti ottenerla anche se le nostre
famiglie si
unissero, col tempo» insistette lui «una cosa non
esclude l’altra, anzi,
potrebbe addirittura facilitare il tutto».
«perché? Le nostre famiglie sono già
unite, alleate praticamente dalle loro origini. Devo forse
pensare che tu non mi stia supportando al massimo delle tue
possibilità, o che
in generale in tutti questi secoli voi Taurus non abbiate messo in
tavola tutte
le vostre carte?»
«la lealtà reciproca delle nostre famiglie
è indiscussa, e
parole del genere potrebbero anche offendermi, se fossi un tipo di
persona più
tendente ad arrabbiarsi! Soprattutto sentendole da te!»
ribatté il ragazzo,
alquanto innervosito «noi due ci conosciamo da sempre. Dai,
ricordami una volta
in cui ti sono stato d’intralcio o non ti ho
“supportato al massimo delle mie
possibilità”! Se me ne ricorderai anche una
soltanto mi inginocchierò e mi cospargerò
il capo di cenere!»
Non c’erano occasioni simili di cui discutere, e Kitah lo
sapeva bene, conscio com’era di aver fatto sempre tutto quel
che era in suo
potere per appoggiarla in qualsiasi cosa…
«messa così allora mi chiedo a cosa servirebbe
sposarci, se
entrambi facciamo già quel che faremmo dopo il matrimonio.
Politicamente
parlando siamo già alleati, con tutto quel che comporta, io
non rinuncerei ai
miei obiettivi, anche qui con tutto quel che comportano, siamo amici,
cosa che
non cambierebbe dopo sposati, e abbiamo iniziato ad andare a letto
insieme già undici
anni fa. Quindi dimmi: nella nostra situazione, quale sarebbe
l’utilità di un
matrimonio?»
…eppure lei aveva trovato ugualmente il modo di fregarlo.
Forse avrebbe dovuto puntare a fare l’avvocatessa, invece
che alla carriera militare o alla corona.
«mi piacerebbe potermi definire tuo marito, e poter definire
te mia moglie. Non sarebbe un matrimonio utile, è
vero» ammise «ma un’unione di
convenienza non è quel che voglio, me ne è
bastata una. Voglio sposarmi con una
persona che mi renderebbe felice di fare questo passo, e da circa
ventiquattro
anni penso che una cosa del genere sarebbe possibile soltanto se quella
persona
fossi tu. Anche se riesci a spuntarla in ogni discussione!»
Concluso il discorso si preparò spiritualmente ad incassare la risposta, sapendo che le
alternative possibili sarebbero state qualcosa di simile a:
“non dire
sciocchezze”, “la prossima volta me ne vado da
[inserire nome di un Lord delle
Costellazioni a caso], che quantomeno è già
sposato”, “lo apprezzo molto ma non
è il momento giusto”, “prima finisco di
fare tutte le mie cose e poi se ne
riparla”.
Ormai le conosceva a memoria, erano le stesse da anni.
«la convenienza è la base di ogni matrimonio
duraturo. Sai
che fine fa un castello costruito su una duna di sabbia come
fondamenta?»
Ah, giusto, c’era anche quella risposta. L’aveva
dimenticata. «mi sembra che il tuo si regga ancora in piedi
dopo svariati
millenni» ribatté.
«e difatti non ha le fondamenta di sabbia, genio!
Andiamo bene! Mi raccomando, che
non ti venga mai l’idea di decidere dove far costruire un
castello, o come
minimo lo troverai in fondo a un lago ghiacciato».
Nahema aveva potuto cambiare argomento, finalmente, ed era
una fortuna: certi discorsi di Kitah a volte le rendevano difficile
avere a che
fare con lui. Parlare del più e del meno, di complotti vari
o di sesso non era
un problema, ma i sentimenti erano un’altra faccenda.
«mi credi veramente così cretino?»
«non so, pensavi che il mio palazzo avesse fondamenta di
sabbia, dimmi tu!» disse, e si voltò per rientrare
nella stanza.
Parlava così, ma scherzava, ma non lo riteneva affatto un
cretino. Sarebbe
stato un imperdonabile errore di valutazione, visto il modo in cui
aveva ucciso
gli ultimi Eagle e si era preso tutti i loro terreni, che ora gli
appartenevano
di diritto.
Sì, Nahema era a conoscenza di quel che Kitah aveva fatto,
anche se non per bocca di quest’ultimo.
Quando sua madre era stata colpita dalla follia,
Nahema aveva ricevuto una
comunicazione nientemeno che da suo padre Kerasaas, che la invitava a
raggiungerlo nel suo laboratorio appena avesse potuto.
Già solo per il fatto che suo padre avesse fatto qualcosa di
così incredibile -sospendere le sue sperimentazioni per chiamarla!- Nahema aveva deciso di dargli
retta, e aveva
sfruttato il primissimo giorno di
congedo proprio per questo.
Non era la prima volta che entrava di soppiatto nel suo
stesso palazzo, memore delle fughe di quand’era bambina, ma
le sensazioni che
aveva provato in quell’occasione erano state molto diverse:
nessuno eccetto suo
padre, cui aveva chiesto di mantenere il silenzio su quel suo breve
ritorno,
doveva sapere che era stata lì.
Arrivata nel laboratorio, Kerasaas l’aveva accompagnata di
fronte a una porta blindata che lei aveva sempre visto chiusa, e una
volta
entrata si era trovata davanti un autentico tesoro: se un qualsiasi
nobile o
persona di potere in genere aveva uno scheletro nell’armadio,
le informazioni e
le prove -soprattutto quelle- su di
esso erano lì.
Kerasaas le aveva detto che nei meandri del palazzo c’erano
più e più archivi simili, anche se lui non sapeva
dove, ma che tutto il
materiale che vedeva era stato messo lì dentro proprio da
Iyra, e la suddetta
aveva voluto che passasse a Nahema nel caso a lei fosse successo
qualcosa di
brutto.
“ora è tutto tuo. Ah,
una cosa: so che era suo desiderio
che tu prestassi attenzione al fascicolo che ha lasciato lì,
sopra quella
scrivania, prima che a tutti gli altri” aveva
aggiunto suo padre “no, Nahema, non
ho idea del perché, come
non ho idea di cosa contenga: non mi permetterei di fare altro se non
custodirlo, anche adesso”.
Il fascicolo era su Kitah, ed era stato così che Nahema
aveva trovato la conferma a sospetti che aveva sempre avuto. Non era
una
stupida, e aveva immaginato che la morte degli Eagle non fosse stata
propriamente dovuta a tragici scherzi del destino, anche se lei avrebbe
preferito che fosse andata così.
All’interno c’era anche una nota che Iyra aveva
scritto di
proprio pugno: “ricordalo sempre,
ora che
non posso farlo io per te”.
Lapidaria, ma Nahema aveva capito quel che doveva capire, ed
era sufficiente.
Aveva dato un’occhiata veloce a diversi altri fascicoli, poi
era uscita, e quando aveva detto a suo padre di mostrare quella miniera
d’informazioni ad Aladohar questi non si era opposto; del
resto, come le aveva
detto, ora quel materiale le apparteneva, e poteva disporne come voleva.
In seguito si era comunque recata da Kitah come aveva deciso
di fare in precedenza, ma era diventata ancor più restia a
sposarsi.
Era vero che aveva delle cose da fare ed erano più
importanti di un matrimonio, quello sempre, ma c’era anche
quest’altro motivo:
come riuscire a fidarsi completamente di un ragazzo che aveva ucciso la
sua
prima moglie, per giunta in maniera così subdola? Un conto
era sospettarlo, un
altro saperlo per certo.
«il mio castello
in ogni caso non ha fondamenta di sabbia» ribatté
Taurus, da fuori «e la grande
sala sotto il livello del mare, quella con le pareti di cristallo,
sarebbe
perfetta per un matrimonio».
«tralasciando il fatto che una eventuale cerimonia si
svolgerebbe
a Thanoushiradryas e non ad Atlantia, perché non avrei
voglia di congelarmi
anche durante le nozze, direi di chiudere qui un discorso che si
è protratto
anche troppo e che adesso è inutile, perché al
momento non voglio sposarmi con
nessuno».
Probabilmente era vero che Kitah l’avrebbe amata anche se
anni prima fossero fuggiti via insieme sul serio e avessero vissuto
lontani da
lì, come plebei e con pochi soldi…ed era quel
“probabilmente” che la fregava.
Anche Nahema a modo suo amava quel ragazzo, ma era troppo
prudente, o troppo diffidente. Non era in grado di fidarsi al punto di
sposarlo, e come darle torto? Eppure non riusciva a dire quel
“no” assoluto.
«eh già…al momento!»
ripeté Kitah, decidendosi a rientrare
«ma un domani chissà!»
Un “no” che comunque non sarebbe servito,
conoscendo il
soggetto: Kitah non si sarebbe arreso lo stesso, e allora a che pro
andare a
infastidire un alleato? Se l’idea di rimanere lì a
sperare in una loro unione
ufficiale gli piaceva tanto, che continuasse pure. «Lord
Kitah della Casa
Taurus, tu sei la persona più testarda e ostinata che abbia
mai conosciuto».
«sì, e pensa un po’: non sono testardo
neppure la metà di
quanto lo sei tu» si avvicinò e le
baciò la fronte «pensi di aver preso
abbastanza freddo, per oggi? Perché se così non
fosse avrei un’idea».
«ossia?»
Lui sorrise. «quant’è che non torniamo
nelle Terrae Albae?»
Le Terrae Albae si trovavano ai confini di Atlantia, erano
piene di boschi ed erano chiamate così per le
peculiarità della flora che vi
cresceva: non soltanto l’erba e i fiori erano bianchi, ma
anche le chiome degli
alberi avevano di natura lo stesso colore della neve.
Era un paesaggio di una bellezza quasi surreale ma,
soprattutto, in quel luogo c’era la grande casa in cui si
erano appartati per
un’intera settimana nei mesi di vacanza
dall’Accademia Militare, quando avevano
appena tredici anni e si curavano un po’meno dei loro doveri.
Sette giorni
decisamente speciali per entrambi, che Nahema ricordava di aver vissuto
quasi
come se si fosse trovata in una dimensione di sogno, complice anche la
particolarità del luogo. «non ci torniamo dalla
prima e ultima volta che ci
siamo stati, undici anni fa».
«allora dovremmo rimediare».
«sì, forse dovremmo».
C’erano già delle cose complicate nella sua
esistenza, e non
voleva mettersi a pensare troppo anche al suo contraddittorio rapporto
con quel
ragazzo.
Magari poteva davvero permettersi di essere soltanto una
qualsiasi ragazza di quasi ventiquattro anni, anche se solo per qualche
momento: lasciarsi ossessionare da certe cose non avrebbe giovato a
nessuno,
lei stessa per prima, e Kitah non aveva torto nel dire che i suoi
complotti, la
sua missione e tutto il resto tra qualche giorno sarebbero stati ancora
lì.
Purtroppo per le future vittime.
Buonasera!
Lo so che è stato un capitolo più pieno di
chiacchiere che
di altro, ma volevo farvi conoscere qualche altro lato di un
personaggio
(Nahema) che nei capitoli successivi…diciamo che
tirerà fuori il suo peggio,
ecco. Ho pensato che potesse servire per farvi capire che anche lei ha
delle “mancanze”,chiamiamole così -vedi
quel che è successo col fratello Aladohar, o meglio, che non è successo- e insicurezze
varie, e
quindi non è solo “cattiva” come nei
prossimi capitoli potrebbe sembrare, e
tantomeno è immune a pippe mentali piuttosto umane
:’D e nel prossimo capitolo
-o quello dopo ancora- un personaggio che chi ha letto LLD già conosce entrerà
di colpo nella sua vita (e se mai qualcuno
volesse qualche informazione in più sul suo background,
c’è sempre questa one shot).
Già che ci sono vi lascio le immagini del palazzo dei Taurus ad Atlantia e delle Terrae Albae, trovate entrambe su google :) Alla prossima!