tanti auguri dani :) se avrò tempo la continuerò!
piccole precisazioni:- pur essendo andata a budapest, non ho partecipato allo sziget, uno dei festival più importanti di europa! ecco perchè l'ambientazione
- la palinka è una bibita alcolica ungherese famosa
- la moneta usata è il fiorino ungherese (300 fiorini = 1 euro circa)
- il canada dry è una bibita del KFC (kentucky fried chicken). schifosa a mio parere ahah
- tara watkins è un mio OC, presente in Hooked on a feeling
- il titolo della OS è tratto da una canzone di frank ocean, del nuovo album BLOND che non ho ancora sentito. potrebbero essere le ultime canzoni che frank rilasci prima di morire, so...
Quando supera l'isola Margherita,
spostando con una scrollata di spalle i lunghi capelli rossi, Lily
intravede
l'isola della vecchia Buda, il peso che sottolinea la sua presenza
sulla
schiena e gli occhi assottigliati per il sole.
Emmeline e Mary sono a Budapest da già due lunghi giorni,
mentre lei e Dorcas
sono arrivate da poco più di quarantacinque minuti: sarebbe
stata una
condizione ideale - per preservare lunghi anni di imprescindibile
amicizia -
mettere piede nella capitale ungherese tutte e cinque assieme ma, in
difesa del
terribile tempismo, Alice si è tirata indietro per via
dell'inaspettato
fidanzamento con Frank (il che comporta feste di ufficializzazione e
pianificazioni del matrimonio, volutamente imminente a sentire i due),
mentre
lei e Dorcas hanno tardato data la fine posticipata del corso di
Politica
Comparata.
Motivo per cui il morale della rossa è attualmente inferiore
all'aspettativa,
Alice ha venduto i propri biglietti online con successo e tutte e
cinque,
comunque, hanno pianificato ed in serbo una buona settimana
nonché un ritorno,
a metà settembre, a Glasgow, per il loro senior year.
“Andiamo, Sulli” esclama Dorcas, un sorriso
divertito sulle labbra dopo averla
chiamata con quel tanto detestato soprannome, “conosco quello
sguardo: la vacanza
non è rovinata”
Odia dare ragione a Dorcas, ma quando lo Sziget è a pochi
passi da loro e la
musica, inconfondibile e a dir poco confortante, inizia a rilassarla,
non può
che annuire, ripetendo quelle parole nella testa, un mantra piacevole
che le fa
combaciare, anche se per poco, le aspettative con la realtà.
E allora: “Scommetto seicento fiorini che Emma e Mary sono al
Luminarium”
replica la rossa, sfoderando la migliore delle sue poker face.
Dorcas, palesemente divertita e rincuorata dallo stato d'animo
dell'amica,
seppure sia restia nell'ammetterlo a parole e a chiunque, a dire il
vero, stira
le labbra in una striscia sottile, fingendo di rifletterci su.
“Per me sono al
Before I Die wall”
“Andata”
—
Quando sono
all'università di Strathclyde, Glasgow, ed entrambe perdono
una scommessa -
evento che accade più volte di quanto entrambe vogliano
ammettere - Lily e
Dorcas lasciano che siano Mary ed Emma a scegliere una degna punizione.
Il che
si risolve tutto con Emma che declina il compito, dovuto principalmente
allo
sguardo che Mary le dedica ogni volta che pensa ad obblighi
imbarazzanti e
piani divertenti, e Mary stessa che si autoconvince di avere
costantemente le
migliori idee, nonostante Dork e Lily siano quelle dotate di fantasia e
baciate
dall'ispirazione, essendo il loro major Scrittura Creativa e Politica.
È per questo che la loro esperienza al college risulta
essere piena di
situazioni di dubbia serietà, lontane dall'ortodossia che
caratterizza invece
le loro compagne di stanza, Tara ed Alice, le quali assistono a questi
eventi
con una perenne risata strozzata.
Dorcas ha attraversato il campus mezza nuda più volte di
quante ricordi, mentre
Lily ha parlato ed abbordato e imbarazzato studenti più che
nella norma, più di
quanto solitamente lei non faccia già, il carattere spesso
introverso che fa
capolino quando si tratta di estranei.
Adesso si pentono di questa regola che hanno inventato quando erano
particolarmente giovani, sicuramente orgogliose e immancabilmente
ingannate
dall'innocente e falsa facciata di Mary ed Emma. Perché le
due, ovviamente,
erano già in tenda.
“Non
chiederò ai
vicini di tenda informazioni che già ho sui concerti di
oggi. In bikini, per
giunta. I tuoi bikini, Mary”
“Lo prendo come
un complimento–”
“Non dovresti.
Sono quasi praticamente nuda”
“–e ti
ricordo il
patto di sangue che abbiamo stretto a diciotto anni. Quasi tre anni fa.
Se non
scegli questa punizione, me ne verrà in mente una
peggiore” Mary sorride,
raggiante. “Cosa scegli?”
Lily esce del
tutto dalla ampia tenda verde che lei e Dorcas condividono, il corpo
stretto
nel bikini minuscolo e nero della nemica che sorride come se fosse il
proprio
ventiduesimo compleanno.
“Non posso avere la punizione di Dorcas?”
“E divertirsi partecipando a tutte le discussioni dello
Sziget? Non penso
proprio”
“Maledizione”
Il sorriso di
Mary si fa ancora più ampio, se possibile. “Me lo
dici sempre. Adesso vai, devo
registrare tutto prima che il mio iPhone si scarichi”
Lily vorrebbe
fosse possibile maledirla veramente: sì, è una
delle sue migliori amiche, sì,
la conosce dai tempi del liceo ed hanno volutamente scelto lo stesso
college e
sì, l'adora più di quanto sia umanamente
possibile, ma è in momenti come questi
che vorrebbe essere Emma e capire come gestire Mary. Dal momento che la
magia è
irraggiungibile.
“Sappi che me la
pagherai”
“Come no,
Sullivan”
Il Campeggio Base
dispone, oltre che immenso spazio occupato da tende colorate, alcune
dello
stesso Sziget, di bagni e docce comuni. Se le ragazze hanno soltanto
due tende
ed un’amaca – bordeaux, gentile donazione di
Christopher Evans – gli altri
giovani hanno sistemazioni più ampie e disordinate, tende
anche da cinque posti
e barbecue in uso. Le loro pance non stanno protestando, comunque.
Dorcas ha
mangiato due panini della Subway – un’azione
contestata dall’indignata Lily
Evans – mentre quest’ultima, presa una decisione
lunga quindici minuti, ha
optato per un menù da KFC ed un trancio di pizza. Giusto per
vincere un’altra
scommessa, secondo cui Lily non avrebbe potuto infilare la punta dello
spigolo
nel bicchiere di Canada Dry.
(Ha vinto un
frappuccino triplo cioccolato dallo Starbucks in fondo alla strada)
I loro unici
vicini – non che ci sia solo una tenda attorno a loro,
piuttosto gli unici
sciocchi abbastanza da perdere tempo nel Campeggio Base quando ci sono
già
artisti ad esibirsi su tutti i palchi – sono due ragazzi alti
in modo
disgustosamente imbarazzante, quasi del tutto esteticamente opposti.
Per
esempio: capelli neri come il suo stupido bikini e castano chiaro, un
colore
che le ricorda molto stupidamente l’autunno di Glasgow. Occhi
rispettivamente
nocciola e verdi, carnagione abbronzata e pallida, occhiali da vista e
montatura da sole, t-shirt verde con pantaloncini di jeans chiari
contro una
camicia bianca e pantaloncini dell’Adidas male abbinati.
Davvero. Non
potrebbero essere più diversi.
Quando si
avvicina, la giacca di jeans che ha rubato furtivamente dalla tenda
prima che
Mary se ne accorgesse avvolta alla vita stretta, i capelli stretti in
uno
chignon deludente che regge pochi lunghi ciuffi rossi, è il
ragazzo mal vestito
dai lineamenti più dolci a notarla. Corruga le sopracciglia
per poche manciate
di secondi, si concentra subito su di lei e fa, la voce in linea con la
sua
prima impressione, “Ciao”
Quattro lettere
bastano ad attirare l’attenzione dell’altro
ragazzo, mascella squadrata,
intento a mordersi l’interno guancia.
“Ciao”
– ripete,
prima di incrociare le braccia sotto il seno – “Non
voglio disturbarvi e per
questo vi ruberò soltanto un minuto: ho perso lo Sziget
Passport e non ho più
la tabella dei concerti” Misura ogni parola e la pronuncia
con il tono di voce
che Emma e Dorcas definiscono il Sullivan Evans: lo stesso che usa
quando deve fare
una buona impressione sui professori, sui TA, sui baristi e sui
genitori delle
sue amiche. Lanciando un’occhiate ai due, sembra avere
successo. Per ora.
“Sapreste dirmi
quali sono in programma, oggi?” Il suo sorriso ha il marchio
Sullivan Evans. E’
tutta una splendida collezione.
Il ragazzo dai
capelli e occhi chiari, il mal vestito, annuisce cordialmente.
“Certo” –
risponde – “James, prendi i tuoi
documenti”
“Sì,
capo” –
replica l’altro, la voce più profonda di
un’ottava e lo sguardo divertito. Si
tasta le tasche dei pantaloni, per poi continuare –
“Un secondo. In realtà hai
tu i miei documenti”
L’altro aggrotta
la fronte, tastandosi i terribili pantaloncini dell’Adidas
neri. L’espressione
si rilassa visibilmente quando trova un ammasso disordinato di fogli
dove
sperato. “Giusto,” quasi ridacchia. Lily ha la vaga
impressione che i due
nascondano qualcosa. Nel senso positivo e divertente del termine. Una
battuta
che solo i due capiscono. “Beh,” – tira
fuori il foglio con i Special Parties,
lo ripiega e ne apre un altro, quello dell’OTP BANK A38 STAGE
– “Questo è uno”
Evans assottiglia
lo sguardo, fingendo di muovere lo sguardo per la prima volta tra i
nomi che ha
esaminato una settimana e mezza fa, prima di buttar giù su
un ampio foglio
bianco l’intero piano della settimana, tutti i concerti a cui
le quattro –
cinque, considerata Alice – avrebbero voluto prender parte.
“Perfetto, le mie
amiche vogliono evitare i concerti mainstream”
Metà bugia, metà verità. Quella
stessa sera erano scese ad un patto inviolabile, non suggellato dal
sangue, ma.
Ugualmente inviolabile. Un patto che prevedeva di bilanciare la
quantità di
concerti di band indie e sconosciute con quelli di band poco
alternative e
disgustosamente popolari.
“Quindi quello
dell’OAN PANAITESCU no?” Il palco principale.
Riesce
praticamente a sentire Mary urlare in silenzio per altri minuti di
imbarazzante
– non per MacDonald, apparentemente – conversazione
in bikini con gli
sconosciuti. Mary. E’. Così. Tanto. In. Debito.
Con. Lei. “Sì, in verità. Emma
non me lo perdonerebbe mai”
Completa verità.
“Perché non
fai
una foto?” – esordisce il ragazzo dai capelli
scuri, indicando con il mento la
giacca di jeans che Lily tiene stretta in vita –
“Molto più efficace”
Deve aver
intravisto qualcosa nella tasca, qualcosa inconfondibilmente simile ad
un
cellulare… Giusto. Il suo iPhone. Che è di fianco
al suo Sziget Passport.
Quello con mappe e concerti. Oh, maledizione. Spera invano
e mentalmente che i due non lo abbiano intravisto.
Un sorriso finto
è sulle sue labbra stese. “Ottima idea”
Lo tira fuori
rapidamente e con disinvoltura, continuando a tifare mentalmente per il
“spero
che non lo abbiano visto. Non lo hanno visto. So che non lo hanno
visto”, il
nuovo mantra del pomeriggio. Continua a sorridere in modo snervante
– addio,
sorriso targato Sullivan Evans – e a scattare foto con il suo
iPhone, pochi
centimetri che distanziano lei ed il mal vestito, sicuramente
più gentile
dell’altro ragazzo.
Il tutto procede
per una manciata di secondi, il sorriso di Lily che, inconsciamente,
assume le
sembianze di quello targato Sullivan Evans. Emma sarebbe davvero
orgogliosa di
lei. “Grazie, non avete idea di cosa significhi”
Entrambi
sfoggiano i loro sorrisi in maniera diversa: il gentile e mal vestito
con
dolcezza, seppure Lily sia convinta che sotto quello strato di finto
perbenismo
ci sia nascosto un altro più scuro e temerario,
l’altro più sfacciato e
visibilmente più divertito, il che la fa infuriare.
Perché è come se sapesse
che Lily sta mentendo. E lei non sta mentendo perché vuole
abbordarli in un
disgustoso bikini nero – il suo è blu scuro e
molto più dignitoso – molto
minuscolo, affatto. E’ dovuto al fatto che lei e la sua
migliore amica – quella
che conosce dalle materne, con cui ha riallacciato i contatti al
college – non
sappiano vincere scommesse.
Solo questo.
“Di nulla, tutto
per aiutare una damigella in visibile pericolo” Quello è sarcasmo. Ha davvero
le
sembianze di sarcasmo.
Prima che possa
spifferare la verità e cancellare il sorriso maledetto dalla
faccia del più
alto, seppure di pochissimi centimetri, Mary me-la-paga MacDonald
giunge in suo
soccorso. Più o meno.
“Sullivan, mi dai
una mano?”
Più meno che
più
più.
Il sorriso
Sullivan Evans – odia le materne e Dorcas per il soprannome
– fa capolino
un’altra volta e lei sembra voler andar via più
rapidamente di Ulisse dopo aver
vinto la guerra di Troia. Peccato che lui impieghi dieci anni per
tornare ad
Itaca. “Il dovere chiama” – dice
– “Grazie ancora”
“Copertura
saltata”, è il commento ultra divertito di Mary,
sussurrato nell’orecchio
sinistro della rossa.
Oh, eccome se
gliela paga.
—
“French
fries?”
Dorcas sorride ad
Emma, accogliendo a mani aperte la sua proposta. Le unghie smaltate
nere
afferrano il piccolo pacchetto di patatine, la voce dura e
apparentemente
ostile commenta poi l’episodio V, Mary colpisce ancora.
“Per me
l’avevano
capito”
Emmeline sembra
distrarsi un attimo, prima di voltare il lungo collo verso la mora e
sussurrare: “Mhm?”
Dork arriccia il
naso, spiegando con la sua voce puntigliosa, in realtà tutto
fuorché arrabbiata
e insopportabile. “I due ragazzi con cui ha parlato
Lily,” gesticola appena,
“Li stava abbordando barra prendendo in giro”
“Per essere
Scrittura Creativa il tuo forte, non lasci che gli altri ti
capiscano”
Rotea gli occhi
al cielo. “Hanno capito quale fosse l’intenzione di
Mary ma non hanno creduto a
Lily”
“E quindi? Sai
quante possono essere le possibilità di incrociarli fino
alla fine del
festival? Pochissime” – fa, ovvia –
“Episodio V: Mary colpisce ancora… con le
sue idee da sitcom”
“Non mi stai
seguendo” – si incamminano entrambe verso il bar,
dei fiorini ungheresi già fra
le lunga dita e la poca folla che si accalca di fronte al bancone
– “Io sarei
incuriosita”
Lily e Mary sono
andate al Luminarium, con il disappunto dell’ultima che
sperava in un giretto
verso il Before I Die wall. Probabilmente l’occhiata
estremamente distante dal
Sullivan Evans di Lily deve averla convinta senza troppi giri di
parole.
Rabbrividendo mentalmente, anche Dorcas pensa che si sarebbe convinta
subito.
Lily arrabbiata sul furioso non piace a nessuno. E’ il genere
di Lily con cui
non puoi discutere: è il genere di Lily che vince ogni
discussione, ogni
battaglia, ogni gioco. È senza dubbio la Lily più
terrificante con cui abbiano
mai avuto a che fare.
“Mi stai dicendo
che non finisce qui? Che Luke converte Anakin anche nello
Sziget?”
“Sei una dannata
nerd, Vance” – agita le mani come per enfatizzare
il concetto – “Ma sì, cinque
punti a te per la perspicacia”
“Beh,
probabilmente è perché mi stanno dannatamente
bene. E perché è il mio corpo, la
mia scelta. Non credo che il tuo parere conti qualcosa, mm?”
Una voce
femminile e profondamente arrabbiata – incredibilmente simile
a quella di Lily,
aggiungerebbe Dorcas su due piedi – interrompe la loro
conversazione, entrambe
che fanno saettare lo sguardo nella direzione della ragazza. Una
giovane bionda
– non più grande di loro e anzi, molto
probabilmente anche più piccola di loro.
Il che inquieta Dorcas: in fin dei conti, loro hanno solo ventun anni
– poco
più in avanti di loro nella coda al bar sta discutendo con
un uomo
infinitamente più grande di lei, non soltanto
anagraficamente, ma anche e
soprattutto fisicamente. La guarda in un modo insopportabile, come se
così
facendo rendesse la giovane e chi per lei duttile e malleabile, puro
das nelle
sue mani. Dorcas nutre l’irreprimibile voglia di dargli un
pugno in faccia.
La discussione
sembra essere sorta nel momento in cui tale signore ha fatto
apprezzamento
sulle gambe della ragazza, indossante una t-shirt bianca senza stampe e
degli
short in jeans chiari che non chiedono nulla. La ragazza sta soltanto e
dannatamente facendo la fila per sé.
“Andiamo,
ragazzina. Vuoi forse dirmi che non è in qualche modo
volontario, mhm?” ed il
suo sguardo si posa senza indiscrezione sulla pelle scoperta ed
abbronzata
della giovane.
“Dorcas” si
ritrova Emma ad ammonire, le sue nocche comunque più nivee
della carnagione già
chiara di Emmeline. “Posso intervenire con le
parole” non con la violenza, sembra
voler continuare, ma non pronuncia il
seguito della frase.
Annuisce
impercettibilmente, al che Emma muove qualche passo in avanti in
direzione
della ragazza, la quale nel frattempo è già
intervenuta prontamente: “Vuoi
forse dirmi che soffri di qualche malattia secondo cui sei il centro
del mondo
della vita di tutti? Che pena”
“Ragazzina”
“Non mi dai della
ragazzina. Esteticamente potrei sembrare più giovane di te,
ma Dio solo sa
quanto agli occhi di tutti tu sei il pazzo ed io l’adulta
matura e ragionevole.
Va’ via, per piacere”
Emma è
letteralmente dietro la ragazza, lo sguardo azzurro di
quest’ultima fiero e
fisso in quello dell’uomo. “Non hai sentito cosa ha
detto?” – rimbecca Emmeline
Vance, il tono fermo e duro, la postura rigida e pronta a intervenire
con la
violenza, se dovuto. L’istinto di Dorcas vorrebbe che lei lo
colpisse, che i
suoi anni di boxe risultino essere incredibilmente produttivi e capaci
di
annientare l’ego smisurato del bastardo, ma. Emma
è razionale. Emma è astuta, è
furba. Gioca con le parole così bene da far andare Dorcas su
tutte le furie
anche senza volerlo. “Vuoi che ripeta una seconda volta,
magari?”
L’uomo, data
un’ultima occhiata alla bionda, borbotta fra sé e
sé qualcosa di
incomprensibile, afferra poi la sua ordinazione e va via a passo lento.
La bionda
digrigna i denti e Dorcas vorrebbe mettersi al suo fianco e battere
delicatamente la mano sulla sua spalla, incitandola. È
questa la peggiore
conseguenza di spendere quasi ventiquattrore su ventiquattro con una
ragazza
dai capelli rossi fortemente irascibile. Per una volta, dà
ragione agli
stereotipi.
“Tutto okay?”
ma
l’Emma razionale che ha imparato ad adorare agisce prima di
lei, parlando con
la ragazza.
“Sì,
grazie” –
replica distante, lo sguardo puntato sul pallino gradualmente
più minuscolo che
è l’uomo – “Odio questa
società”
Emma ride,
seppure sia una risata del tutto priva di umorismo. “Credimi,
non hai idea di
quanto io la detesti” – esala un sospiro stanco,
focalizzandosi daccapo su di
lei – “Sei sicura? Vuoi qualcosa da bere? Vuoi
stare sola? Sei con qualcuno?
Perché posso chiamarli anche ora, se
desideri—”
Sembra sorridere
genuinamente, quando dice: “No, davvero. Sono a
posto” Ispira profondamente,
prima di parlare rapidamente, una parlantina che a Dorcas ricorda Alice
quando
deve togliersi un peso dallo stomaco. “Anzi,” appunto. “Non ho nessun
diritto a chiedertelo, lo so, ma
potresti rimanere con me? Solo per cinque minuti,
giuro. Se non creo problemi”
Dorcas ha alzato
il passo prima ancora che possa processare nella propria mente cosa
abbia
fatto. “Non chiederlo nemmeno” dice allora, facendo
alzare lo sguardo della
ragazza su di lei. “Nel caso torni, istigherò Emma
a sfruttare tutti i decenni
spesi nella boxe. Non ricorderà neanche il suo
nome”
“Dorcas”
Dorcas sorride
amabilmente alla bionda. “Vuoi delle patatine?”
Conoscono così
Marlene.
—
Emma
fa salire la zip della gonna in jeans, un tocco vintage che la fa
sembrare
molto più giovane delle sue amiche. Infila il bordo del top
nero in essa, le
adidas SUPERSTAR nere e bianche che completano l'outfit acquistato dal
city
mall un paio di giorni prima. Senza rendersene conto, afferra il
proprio
cellulare e sblocca lo schermo, focalizzandosi sull'ultimo messaggio
dell'ultima conversazione che ha avuto su iMessage: di Tara. Tara
Watkins non è
soltanto una delle più brillanti menti con cui si
è scontrata durante il suo
soggiorno all'Università di Strathclyde, Glasgow, ma anche
una delle amiche più
strane con cui abbia mai stretto amicizia. Il loro accento scozzese
è stato
probabilmente il primo motivo per cui sono andate sempre d'accordo, ma
Emma
l'ha perennemente trovata in qualche modo supplementare rispetto al
loro
gruppo. Se Lily non l'ha sempre compresa, Emma l'ha fatto, Emma ha
notato come
combaciasse perfettamente con i silenzi di Alice, l'umorismo di Mary,
l'assurdità di Dorcas e l'idealismo della rossa. Le avevano
chiesto di unirsi a
questo viaggio da maturande, ma lei aveva declinato l'invito con un
dolce
sorriso, dicendo che avrebbe avuto la possibilità, per la
prima volta, di
conoscere i familiari del suo fidanzato di sei mesi, uno slanciato
biondo dal
suo stesso carattere introverso e spontaneo: Xenophilius.
Mentre
risponde all'amica, afferra con l'altra
mano uno zainetto nero ed esce dalla tenda, assicurandosi che sia
chiusa per
bene. Nel far questo, la sua attenzione non può non
focalizzarsi su quanto sta
accadendo nella tenda accanto, vale a dire quella condivisa da Lily e
Dorcas.
Corruga la fronte, insospettita.
“Ehi,
tu” c'è davvero un intruso? La risposta pare
essere positiva. Tale intruso si
blocca e gira il capo, inclinandolo appena. Emmeline lo riconosce
seduta
stante: è uno di quei ragazzi con cui Lily ha avuto a che
fare.
Cerca
di assumere l'espressione più insospettita
possibile, tant'è che sembra sortire l'effetto desiderato
quando lui spiega la
situazione prima ancora che lei possa porre qualche domanda.
“Non
è come sembra” – pronuncia le parole
così velocemente che sembra dica uno
scioglilingua – “Una ragazza di questa tenda
è…” inclina improvvisamente gli
angoli delle labbra verso l’alto. “…la
mia ragazza. Capelli rossi, bassa,
splendida?”
Cristo.
Sta parlando di Lily?
“E’
un gioco. Voglio dire, lei ha praticamente dichiarato guerra a noi
– a me,
quindi – qualche ora fa, di fronte alla mia tenda.
E’ qualcosa che facciamo di
solito. E’ un nostro… kink”
Oh,
cristo. Sta davvero parlando di Lily.
“Oh”
fingiti sorpresa, fingiti sorpresa,
“capisco. Forse so di chi stai parlando. Come si chiama, se
posso chiedere?”
inclina il capo con un sorriso gentile stampato in viso, desiderando
sapere
fino a dove lo sconosciuto possa spingersi. È una guerra,
mhm? Che guerra sia.
Lei e Lily, in coppia, hanno sempre vinto. Sbaragliato. Loro, Dorcas e
Mary?
Non ci sarà mai competizione. Hanno la medaglia
d’oro in tasca.
Pausa
di qualche frazione di secondo. “Sullivan”
Dorcas,
nei suoi panni, avrebbe fatto saltare la copertura. Ma lei non
è Dorcas, che
adesso è al campfire con Marlene, la stessa che le ha
versato due bicchieri di
Palinka addosso, costringendola a cambiarsi. Lei è Emma,
ragionevole, astuta,
miss poker face. Per questo le sue successive parole, cariche di finta
sorpresa
e soppresso divertimento sono: “Oh. Sullivan
Evans? Non posso credere che anche lei sia qui! Dove
l’hai conosciuta?”
Il
ragazzo, alto, abbronzato, una montatura vintage sul naso ed i capelli
più
disordinati di tutto il Regno Unito impiega qualche attimo a
rispondere. Lei
finge di non darci peso.
“Nel
suo paese natale”
“Anche
tu sei di Edimburgo? Merda, quante erano le possibilità di
incontrarci? L’ho
intravista qualche volta in campus” – lui
impallidisce all’improvviso. Vittoria,
vittoria, vittoria – “Conosco
Sulli di vista. E’ una splendida ragazza”
“Lo
è” rimbecca lui, annuendo con un mezzo sorriso.
“Beh,
io ti lascio fare. Non vorrei interrompere il
vostro…”
“Gioco”
“…Esattamente”
Quando
si allontana di qualche decina di passi, Emmeline Vance scoppia a
ridere e
sibila “Che la guerra abbia inizio”
—
La
guerra inizia così. Il sole che scompare passo dopo passo
dietro la foresta del
campfire, le quattro ragazze e Marlene su una panchina in legno e le
Palinka
nei bicchieri ancora pieni.
“Ripetiamo
i passaggi del piano. Sulli a rapporto”
Lily
Evans rotea per l’ennesima volta gli occhi. E’
quello che fa da una buona
mezz’ora, da quando, cioè, Emmeline ha raccontato
loro ciò che ha visto.
Persino Marlene – una ventenne originaria di Manchester,
hanno scoperto dopo
una lunga conversazione – è scoppiata a ridere
così forte da avere le lacrime
agli occhi. Oltre Mary, s’intende.
“Dorcas
si avvicina alla tenda dei ragazzi, capendo dove sono diretti. Ce lo fa
sapere,
io li raggiungo e inizio un’amabile discussione”
“Analisi
della discussione. Mac a rapporto”
“Sissignora”
– Mary ha gli occhi lucidi, letteralmente –
“Lo umili di fronte all’amico. Amici
se consideriamo l’eventualità che
sia qui con altre persone. Poi,” e qui arriva la sua parte
preferita, “Gli
butti i palloncini di tempera contro. Io registro il tutto. Il video
diventa
virale. La miglior medaglia d’oro di sempre”
“Amo
i tuoi piani, Emma, te l’ho mai detto?”
“Mai
quanto oggi, Dork” – a Lily torna in mente un
ricordo del freshman year, quando
lei e Dorcas hanno deciso di far scegliere a Mary ed Emma le punizioni
per le
loro sconfitte. È esattamente per questa ragione che lei e
MacDonald hanno
questo compito: crudeli, spietate, intelligenti. Le sue migliori amiche.
Marlene
scoppia in una fragorosa risata. “Che il piano abbia
inizio”
—
In
retrospettiva, il piano escogitato non è il miglior lavoro
che Emmeline Vance,
futuro architetto, e Mary MacDonald, un major in veterinaria, abbiano
mai
escogitato. In retrospettiva, c’è stata la perdita
sistematica di vestiti di
giocatori della squadra di soccer del secondo anno, la festa di
halloween del
terzo e nascondino nel campus durante la vigilia di Natale
dell’anno prima che
battono, di gran lunga, il piano delle due.
Marlene
McKinnon è uno dei motivi per cui il piano va in frantumi. I
due ragazzi – mal vestito
e maleducato – assieme ad
un altro ragazzo, capelli scuri, occhi
grigi, pelle diafana e altezza relativamente più bassa
rispetto agli amici ed
una fiera diciannovenne, una tale Hestia, sono i suoi migliori amici
nonché
compagni di viaggio.
Li
ha riconosciuti dopo che Mary li ha seguiti e Lily raggiunti. Prima
falla nella
sicurezza.
“Scusate”
ha fatto Lily, la voce divertita e lo sguardo malizioso, “Sto
cercando il mio
ragazzo. Molto alto, occhiali scuri, cespuglio in testa, eccentrico?
Sono
sicura di averlo visto qui da qualche parte”
Qui
Marlene aveva spalancato la bocca. Anche il ragazzo stretto in una
giacca di
pelle nera, che aveva mormorato “Amico, l’hai fatta
grossa”
“E’
bello rivedersi”, aveva detto il malvestito,
Remus, un sorriso sardonico sulle labbra. “E’ per
pura casualità lui” – l’aveva
indicato, le guance di quest’ultimo ormai rosse per
l’imbarazzo – “incapace, un
po’ bastardo?”
Lily
aveva finto stupore. Aveva poi annuito con veemenza, le braccia sotto
il petto.
“Grazie per avermelo riconsegnato. Sono Sullivan,
apparentemente” e gli aveva
teso la mano come se nulla fosse.
“Ragazza,
tu sarai sempre Sullivan per me” erano state le parole di
Dorcas Meadows.
“Tanto
piacere”
Prima
che potesse afferrargliela, tuttavia, Lily si era tirata indietro. In
avanti,
d’altra parte, era diretto il primo di tanti palloncini
riempiti appositamente
di tempera. La destinazione?
Il
volto del suo fidanzato. Se possibile, a questo punto, il basso amico e
Marlene
avevano spalancato ulteriormente le labbra. Esattamente in questo
preciso
istante, gli altri ragazzi all’uscita del Luminarium avevano
colto l’occasione
per creare subbuglio. Motivo per cui, sette minuti dopo, i loro
palloncini di
tempera erano stati scagliati, tre irrigatori erano stati aperti e
l’alcool,
che prima scorreva fra le gole dei più grandi e nei
bicchieri colorati, aveva
fatto compagnia all’acqua.
Emma
la considera comunque una vittoria.
—
Quattro:
il numero di brilli nel gruppo. Sette: le docce che Lily e James hanno
fatto
per togliersi di dosso l’alcool e la tempera. Quattromila e
diciassette: le
visualizzazioni del video postato da Mary su Youtube. Otto: i tentativi
di
Marlene di chiedere scusa ad Emmeline, dicendo che avrebbe dovuto
capire al
volo, dalla stupidità di James, che si trattava di lui. Emma
l’aveva perdonata
prima ancora che potesse aprir bocca. Due: le persone che si stanno
asciugando
di fronte ad un patetico falò, vale a dire Sirius e Remus.
Zero,
comunque, i tentativi non fallimentari di James.
“Sulli” – ripete
ancora, la voce meno
nauseante di quanto Lily si aspetti, il corpo stretto in un asciugamano
verde
acqua – “Pensavo avessi dichiarato guerra. Il
bikini e lo Sziget Passport
urlavano: che guerra sia”
“Sei
un dannato orgoglioso, lo sai?”
Sfodera
un sorriso sarcastico. “Mamma Euphemia lo ripete
continuamente. Sono un ragazzo
prodigio, cosa possiamo farci?”
“Metterti
a tacere”
Adesso
sfodera un sorriso malandrino. “Vuoi
provarci tu? Voglio dire, non
è il
genere di cose che i fidanzati fanno?”
“Quelli
veri, forse. Chiedi alla tua ragazza”
Aggrotta
la fronte. “Ma io lo sto già
facendo”
“Ma questa non
è la scuola elementare. La tua ragazza dovrebbe
essere al
corrente di esserlo. Anche consenziente”
“Un
punto per te, Sulli”
Lily
sbuffa. “I fidanzati sanno il vero nome delle proprie
ragazze, non credi?”
Questo
lo blocca. Uno a zero per lui. Lily in vantaggio. Palla al centro,
James.
“Sullivan non è il tuo vero nome?”
“E’
un soprannome,” – spiega, scrollando le spalle
– “Alle materne c’era un’altra
Evans. Sullivan Evans. Dorcas pensava che io fossi lei: per le prime
tre
settimane di scuola mia ha chiamato così. Credevo fosse un
soprannome” ride,
puntando lo sguardo su Dorcas, intenta a sorseggiare coca-cola.
“Fino a che non
ho scoperto dell’esistenza di Sullivan Evans. E lei di quella
di Lily
Evans—loro si divertono con poco, motivo per cui sono Sulli
quando le va”
Il
volto di James è appena illuminato dalla luce del fuoco, gli
occhi nocciola che
brillano intensamente. “A me piace più
Lily”
“Immaginavo”
“Rimango
un ragazzo dalle mille sorprese”
“Non
so come gli altri ti sopportino. Povera Euphemia”
“Tutti
mi adorano, sotto sotto”
“Molto
sotto”
“Non
troppo”
James
ha una strana espressione in viso, gli occhi vispi, le labbra piene, il
profilo
di una statua greca. Mentalmente è un ammasso di aggiungila su snapchat. Almeno lì. Se
non hai il coraggio per far
altro.
“Dovrai
attendere la fine dello Sziget per un’opinione più
completa”
Lui
sorride, denti dritti e bianchi e anch’essi illuminati.
“Accetto la scommessa”