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Autore: Rohhh    23/08/2016    2 recensioni
A chi non è mai capitato di sentirsi troppo diverso da qualcuno e non provare ad andare oltre quelle apparenze? Ashley ha 21 anni, è una studentessa universitaria seria e posata, ha due sorellastre e una madre che sente troppo diversa da lei. In vacanza dal padre conosce Matt, il figlio della sua nuova compagna, ribelle e criptico, lui con la propria madre ci parla appena. Quell'incontro cambierà il modo di vedere le cose di entrambi e farà capire loro che non è mai troppo tardi per recuperare un rapporto o per stringerne di nuovi con chi non ci aspettavamo.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo 15

 

Sophia parcheggiò lo scooter in un angolino di strada all'ombra e smontò dalla sella. Controllò che il suo mezzo non desse fastidio alla circolazione delle auto, poi si slacciò il casco, liberando la sua cascata di riccioli castano chiaro e scosse la testa per sistemarli dopo il tragitto in moto, che li aveva spettinati e ingarbugliati in alcuni punti.

Si abbassò vicino allo specchietto per controllare che fosse tutto a posto o almeno quasi, e diede una ripulita ai suoi occhiali neri, prima di rimetterseli sul naso.

Era già passata la metà di Agosto e la città si stava lentamente ripopolando, i bar e le strade erano di nuovo abbastanza frequentati e i negozi riaprivano.

Le piaceva quel periodo, vedere come tutto si rimetteva in moto e ritornava alla normalità, odiava l'estate, sia per il caldo, sia soprattutto perchè al momento non disponeva di sufficienti risorse economiche per poter organizzare un viaggio come si deve all'estero. Studiava lingue e il suo sogno era poter vivere un'esperienza fuori dalla solita routine a cui era fin troppo abituata e che prevedeva come massimo spostamento quello dalla piccola cittadina in cui viveva alla città in cui aveva sede l'università in cui studiava, che poi era anche quella frequentata da Ashley.

Purtroppo la sua non era una famiglia ricca, anche se nemmeno disagiata, suo padre faceva l'operaio e sua madre la casalinga, e aveva altri due fratelli più piccoli che frequentavano ancora la scuola. Di certo non poteva permettersi di chiedere ai genitori i soldi per una vacanza lontano, quindi preferiva raccogliere quello che poteva e ripiegare su qualcosa di più abbordabile.

Quell'estate era riuscita a passare una settimana con delle colleghe del suo corso in una zona di montagna in riva a un lago, non troppo distante dalla città, anche se avrebbe di gran lunga preferito il mare. Ma nel suo caso era meglio accontentarsi, per adesso, in vista di un futuro più roseo. Era ambiziosa e sperava di poter conquistare una borsa di studio per trascorrere un periodo all'estero con l'università, per questo si impegnava al massimo con lo studio.

Si incamminò verso un fast food a pochi metri dallo scooter e vi entrò, guardandosi attorno tra i tavoli. La sua attenzione venne catturata dalla voce di un ragazzo che la chiamava. Si voltò nella direzione da cui proveniva quel richiamo e riuscì finalmente a individuare Tyler, che le faceva cenno, sventolando una mano.

Si erano dati appuntamento per pranzare insieme, dato che, tra gli impegni di Tyler con la sua squadra e la breve vacanza di Sophia, da quando Ashley era partita a fine Luglio, non avevano avuto tante occasioni per vedersi.

Si incamminò verso di lui, facendosi spazio tra gli angusti passaggi in mezzo a tavoli e sedie e giunta dinanzi all'amico, gettò la sua borsa su una sedia e gli si avvicinò per dargli un abbraccio.

«Ehilà! - la salutò Tyler, sciogliendo la stretta e mettendosi a sedere al tavolo, così come Sophia – come va?» le chiese.

«Non c'è male, sono tornata due giorni fa dal campeggio e ti dirò, pensavo fosse peggio, invece sono riuscita anche a divertirmi!» rispose Sophia, raccogliendo i capelli e portandoseli su una spalla, mentre si godeva l'aria condizionata del locale.

Tyler rise. «La verità è che ti lamenti sempre e sei disfattista, e invece magari poi scopri che non è tutto così grigio e schifoso come pensi, sei sempre la solita!» la prese in giro, ottenendo un' occhiata poco amichevole. Sophia era un tipo perfezionista e pignola e spesso giudicava un libro solo dalla copertina, per poi scoprire che, in fondo, si sbagliava.

«Non ho detto che è stata la supervacanza della mia vita, solo che non era nemmeno una tragedia, ecco!» si corresse, cercando di cadere in piedi, odiava non avere ragione nelle cose.

Tyler decise di dargliela vinta, era inutile mettersi contro miss perfezione.

«E tu invece, com'è andata la trasferta?» gli chiese, dando un'occhiata distratta al menù.

«Diciamo che poteva andare meglio, siamo arrivati secondi nel torneo, ma è stato comunque un bel piazzamento, ora da Settembre si riprende con gli allenamenti» rispose Tyler, scompigliandosi i capelli castani.

Non frequentava l'università, lo studio non faceva tanto per lui e a fine liceo aveva deciso di dare una mano nell'officina del padre, che faceva il meccanico e, nello stesso tempo, portava avanti la sua passione per il calcio, giocando in una squadra locale, impegno che, periodicamente, lo portava a doveva affrontare gare, tornei e partite anche fuori città.

«Dai, allora non è andata male, vi rifarete sù!» lo esortò Sophia con una pacca amichevole sul braccio.

Ordinarono i loro panini e continuarono a parlare del più e del meno.

«Ed Ashley – inizò poi Tyler, abbassando lo sguardo, Sophia mise giù il panino che stava per addentare – l'hai sentita?» chiese, con non poco imbarazzo.

Sophia era la migliore amica di Ashley fin dai tempi del liceo. Tyler l'aveva conosciuta proprio tramite Ashley, nel periodo in cui si erano messi insieme, poi era andata com'era andata e da coppia di fidanzati erano diventati un trio di amici. Lui però era consapevole del fatto che Ashley si confidava con lei e non gli era difficile immaginare che Sophia dovesse essere al corrente di molti particolari, sia sulla loro vecchia relazione, sia su tutto ciò che era successo dopo. Ne era sicuro perchè spesso l'amica faceva dei discorsi strani, parlando sul generico, ma Tyler ci leggeva fra le righe dei riferimenti a lui e al fatto che dopo un amore è impossibile rimanere amici, per chi è ancora sentimentalmente coinvolto. E Tyler si ci rivedeva sempre perfettamente in quei racconti, solo che non riusciva davvero a uscire da quelle sabbie mobili che lo risucchiavano sempre più in fondo. Sognava Ashley quasi ogni notte e riviveva continuamente flashback dei loro momenti passati. Per questo provava sempre un po' di disagio nel parlare con lei della sua ex e ogni volta che succedeva le pareva di intravedere una certa agitazione anche nell'amica.

Infatti non si sbagliava.

Sophia si sentì tremendamente in difficoltà. Quando l'argomento tra lei e Tyler sfociava in Ashley, era come sentirsi in trappola. Erano entrambi suoi amici e non poteva tradire l'uno per l'altra o viceversa, doveva sempre stare attenta a cosa dire e a come dirlo per non essere troppo dura e non rischiare di rovinare l'amicizia con i due. In pratica stava in mezzo a due fuochi e rischiava di bruciarsi, se non faceva attenzione, per questo cercava sempre di mantenersi sul vago o di dire mezze verità, lasciando al suo interlocutore il compito di decifrare le sue affermazioni.

Sophia sapeva che Ashley non provava nulla per Tyler , ma di certo non poteva dirglielo, non era giusto nei confronti di entrambi, perchè doveva essere Ashley a farlo e Tyler meritava di ricevere il chiarimento che gli avrebbe spezzato il cuore da lei e da nessun altro.

Si schiarì la voce, e continuò a rosicchiare le patatine fritte sul suo piatto.

«L'ho sentita per telefono prima di partire per la montagna, e poi ieri ho incontrato sua sorella Phoebe» rispose con calma, riportando i suoi occhi castani sul ragazzo.

«Capisco – annuì serio – e che ti ha detto?» continuò Tyler, sperando di ricavare qualche informazione in più. Ogni estate era una tortura per lui stare lontano da Ashley e immaginarla da sola a divertirsi chissà con chi, soprattutto da quando, due anni prima, era tornata fidanzata con un damerino di alta classe, gettandolo nello sconforto. Aveva provato a dimenticarla andando con altre, ma con scarsi risultati.

«Beh, insomma, niente di che, aveva sentito Ashley proprio da poco e le sembrava rilassata e allegra, pare che si stia divertendo!» esclamò Sophia, sorseggiando la sua aranciata. Non potè fare a meno di notare che l'espressione di Tyler si era incupita. Invece di essere felice che Ashley si stesse divertendo, come avrebbe fatto qualunque amico, era preoccupato. Non doveva essere un granchè quando la propria felicità dipendeva dalle azioni di un'altra persona, pur se involontariamente.

Sperò tanto che l'amica gli avrebbe finalmente parlato al suo ritorno, come le aveva promesso al telefono, e forse, con un po' di tempo, la situazione si sarebbe normalizzata. Prevedeva comunque un autunno travagliato, di sicuro.

«Capisco, chissà se si sta trovando bene con la compagna di suo padre, era un po' preoccupata, e poi non deve essere facile vivere con loro due assieme, abituata a stare sola con lui» aggiunse, come se volesse necessariamente trovare un qualche aspetto negativo di quella vacanza.

«In realtà so che sono in quattro in quella casa, ho saputo da Phoebe che la compagna di suo padre ha un figlio» precisò Sophia, che aveva detto la verità, era stata davvero la sorella di Ashley a dirle quel particolare che, chissà perchè, la sua amica aveva omesso con lei. Davvero molto strano.

«Un bambino?» domandò Tyler.

«Veramente ha quasi 23 anni, a quanto ho potuto capire, direi che bambino non è la definizione giusta» gli fece notare Sophia, con molta tranquillità, mentre di soppiatto osservava la faccia di Tyler riempirsi di sconcerto.

«Che? - sbottò quasi schifato – e suo padre permette a un ragazzo di condividere lo stesso tetto con Ashley!». Il solo pensiero che un ragazzo di circa la loro età vivesse nella stessa casa con Ashley per tutto quel tempo lo mandò in bestia, ne fu invidioso senza nemmeno conoscerne l'aspetto o l'identità.

«Beh oddio Tyler, Ashley è adulta, non ha mica 10 anni, penso sia capace di gestire la situazione e, a meno che non si tratti di un maniaco o di un serial killer, cosa di cui comunque dubito fortemente, non vedo che problemi le possa dare – affermò Sophia, contrastando la gelosia dell'amico – e comunque lei al telefono mi è sembrata serena, quindi penso che puoi stare tranquillo»

«Quando torna – iniziò Tyler, con determinazione nello sguardo – dovrò parlare con lei»

Sophia sussultò, Tyler non poteva sapere che anche Ashley avesse la stessa intenzione, seppur per il motivo esattamente opposto al suo. Ma non poteva dirglielo, non poteva tradire la confessione della sua migliore amica, quindi restò in silenzio e pregò che, quando sarebbe arrivato il momento, non sarebbe stato tutto troppo doloroso.

 

Monica salì le scale di legno che portavano alle stanze da letto un passo dopo l'altro, e mano mano che si avvicinava alla cima, sentiva come se la forza di gravità diventasse più pesante e le rendesse quella salita sempre più faticosa.

In realtà era quello che la aspettava oltre quella scalinata a renderla nervosa e a farla esitare scalino dopo scalino.

Aveva deciso di parlare con Matt, o quanto meno di provarci, spinta anche dalle parole di Ashley.

Un improvviso slancio di ottimismo le aveva pervaso l'anima e adesso era lì, ad un passo dal riallacciare i rapporti con Matt o perderli per sempre.

Sì, perchè quella era l'ultima occasione che si stava volendo concedere, il suo cuore non avrebbe retto un altro rifiuto. Fallito questo tentativo avrebbe definitivamente chiuso la questione con suo figlio e si sarebbe rassegnata a continuare quella vita di indifferenza reciproca.

Percorse il corridoio col cuore in gola, la sua sicurezza e austerità si erano andate a fare benedire.

Bussò alla porta e attese il suo permesso per aprire, a quel punto afferrò la maniglia e la abbassò, dischiudendo una fessura sufficiente per mostrarsi davanti agli occhi di Matt, che si spalancarono appena per la sorpresa, per poi assottigliarsi nuovamente in quell'espressione di astio che era solito rivolgerle.

«Posso entrare?» chiese.

Matt non le rispose, si tolse la tracolla del basso dalle spalle e poggiò lo strumento sul letto, poi ruotò la testa dal lato opposto e lasciò che i capelli gli coprissero lo sguardo, in modo che non le potesse essere visibile la sua espressione.

Perchè adesso non era solo incazzata, c'era uno spiraglio di curiosità.

«Se sei qui per rinfacciarmi qualcos'altro direi che puoi anche andare» le sparò, glaciale.

Monica capì che le sue parole a tavola erano ancora una ferita aperta, e in effetti riconobbe di meritarsi quel trattamento, almeno stavolta.

Si avvicinò a lui tenendo lo sguardo basso, mentre notava i suoi pugni stretti e la sua postura rigida. Suo figlio era testardo, non avrebbe mollato così facilmente, era proprio come lei, circondato da uno scudo impenetrabile e permetteva solo a chi gli andava a genio di oltrepassarlo.

Lei, purtroppo, non faceva parte di quella categoria.

«Senti Matt, so che mi odi e so che ho sbagliato l'altro giorno a trattarti in quel modo – iniziò, con la voce leggermente rotta, Matt ascoltava in silenzio quell'ammissione di colpa, con stupore negli occhi – ma volevo solo dirti che mi dispiace e che, in tutti questi anni, da quando io e tuo padre ci siamo lasciati, io sono stata accecata dalla rabbia e dal dolore e forse non sono riuscita a essere la madre che avrei dovuto»

Matt era immobile con la testa ancora girata, non la stava guardando in viso e non ne aveva intenzione. Ingoiò a fatica perchè un groppo in gola glielo impediva. Sua madre si stava scusando e gli pareva così impossibile. Chissà quanto le stava costando professarsi colpevole, e rivelare i suoi sentimenti. Solo che, Matt non riusciva a capacitarsi.

Perchè dopo tutti questi anni? Cosa era cambiato? Ma soprattutto, sarebbero bastate un pugno di parole di rammarico per sanare anni e anni di silenzi e indifferenza?

Il buco che aveva nel cuore gli sembrò troppo grande per essere riempito adesso e gli suggeriva una risposta negativa.

Anche se quel gesto l'aveva colto di sorpresa, non era sufficiente, non poteva essere sufficiente.

«Avevo solo 9 anni – le rinfacciò di getto, le parole gli uscirono come mosse da una parte irrazionale di lui – e mi hai cancellato dalla tua vita. Che colpa avevo io?» Quella frase carica di disprezzo raggiunse il cuore di Monica come un proiettile, confermandole quello che, in fondo, immaginava già.

Che certi errori a volte si pagano per tutta la vita, anche se provocati da mancanza di coraggio o dalle troppe sofferenze, o da un carattere troppo orgoglioso e poco incline a sopportare i fallimenti. Lo aveva perso, per sempre.

Si avvicinò a quel ragazzo seduto, che ormai non credeva più di poter considerare suo figlio e poggiò una mano sulla sua spalla.

Matt serrò gli occhi, perchè sua madre non lo sfiorava con un gesto dolce da anni e voleva ignorare la sensazione piacevole che gli dava sentire quel tocco materno, la voleva cancellare con tutte le sue forze.

«Hai ragione, ma – provò a farsi comprendere, aveva solo quella chance e doveva andare fino in fondo, anche se questo significava uscirne completamente sconfitta e in pezzi – ero distrutta, sai che significa vedere tutto quello che hai costruito, tutti i sogni, il futuro che hai progettato, crollare di colpo, trovarsi sola all'improvviso. Io non volevo accettarlo, non ci riuscivo, capisci, ho incolpato tuo padre e non sopportavo di vederti lì, bisognoso di una famiglia che non c'era più. Ho preferito ignorare i tuoi problemi, ignorare i tuoi occhi che mi ricordavano troppo quelli di tuo padre, scappare per sopravvivere!» gli disse disperata, con gli occhi lucidi e la voce tremante.

La stretta sulla sua spalla si fece più forte, quasi volesse trattenerlo lì.

Il respiro di Matt diventò sempre più pesante, si voltò di scatto verso sua madre, e provò un tuffo al cuore a vederla così indifesa ora che aveva buttato giù quei muri, era umana e non più il robot freddo che era stata per tutti quegli anni, era solo una donna triste che cercava di recuperare un figlio.

Ma una domanda, sempre la stessa, continuava a ronzargli in testa.

Bastava tutto quello?

Puntò i suoi occhi chiari in quelli stanchi e affranti di Monica, che parvero calmarsi adesso che lui la guardava.

«L'orgoglio è stata la mia rovina Matt – trovò il coraggio di dirgli – non potevo accettare di aver perso tutto, ma ci sto provando, forse è tardi o forse no, ma dipende anche da te. Potrai anche non somigliarmi, potrai aver preso il talento per la musica e il carattere libero e anticonformista di tuo padre, ma anche tu sei orgoglioso come me, lo sai benissimo, non fare sì che questo ti blocchi, l'ho capito solo ora. Non ti sto chiedendo di andare d'amore e d'accordo subito o di spalancarmi le porte della tua vita, voglio solo che tu mi permetta di ricominciare, un passo dopo l'altro, anche se ci vorranno anni.» concluse sua madre, attendendo il verdetto da suo figlio, come una condannata a morte.

Matt si sentì come perso in mare aperto, sentimenti contrastanti gli impedivano di capire cosa fosse giusto fare o cosa volesse il suo cuore. Era successo tutto troppo all'improvviso e ci aveva perso ormai le speranze che sua madre potesse ancora ammettere i suoi sbagli e preoccuparsi per lui.

Non sapeva se fidarsi, se crederle, perchè faceva ancora male e una seconda volta non l'avrebbe tollerata.

Fu per autodifesa che, alla fine, preferì chiudersi nuovamente in sè stesso.

«Io penso che sia troppo tardi, mamma – quella parola così tenera, in una frase crudele – io non posso farcela» rispose, distogliendo lo sguardo, definitivamente.

Monica arretrò e si arrese.

Era finita, adesso.

Ashley si era sbagliata, suo figlio non l'avrebbe mai perdonata, doveva convivere con quella dura realtà, ma almeno adesso l'avrebbe potuto fare consapevole di aver tentato. Non era una consolazione, ma sempre meglio di come aveva fatto in passato, andando avanti a ignorare i problemi.

Non voleva piangere, sarebbe stato inutile e anche un po' fuori luogo farlo adesso, dopo ben 14 anni.

Silenziosamente indietreggiò, fino a uscire dalla camera di Matt e lasciarlo solo.

Lui rimase per un po' fermo, con l'amaro in bocca, consapevole di aver deciso con quella breve frase il destino del suo futuro rapporto con sua madre.

Non ce l'aveva fatta a dimenticare tutto, non ci era riuscito.

In fondo era vissuto fino ad ora così, senza il calore di una madre e avrebbe potuto farlo anche per sempre. Si passò una mano sulla spalla, dove poco prima c'era stata quella di sua madre. Cancellò quella sensazione a fatica e con ancora più fatica cancellò quell'incontro dalla sua mente.

 

Ashley in camera, era ignara di tutto quello che era successo tra Monica e Matt. Stava pensando a prepararsi per la sera, e c'era qualcosa che la inquietava, o meglio qualcuno: Jenny.

Da quando lei e Matt avevano cominciato quella strana relazione che ancora non aveva ricevuto un nome, non si erano più incontrate, ma immaginava che stasera dovesse essere presente anche lei.

Sospirò e si buttò sul letto: per quanto si sforzasse a ripetersi che lei e Matt non erano una coppia e che lui era libero di fare quello che voleva, il solo pensiero che qualcun altra potesse avvicinarsi a lui, toccarlo, baciarlo o peggio ancora, la mandava in bestia.

Era gelosa, ecco. Bisognava chiamare le cose col proprio nome e quella era vera e propria gelosia.

Guardò svogliatamente l'orologio al muro e si accorse di avere poco tempo.

Mise da parte quei pensieri negativi e si vestì, indossando dei jeans e un top semplice rosso. La festa era molto informale e non aveva certo bisogno nè voglia di agghindarsi.

Matt venne nella sua stanza poco dopo, la accolse tirandosela per i fianchi e baciandole il collo dolcemente.

Ashley la notò quell'espressione pensierosa che aveva in volto. «Va tutto bene?» gli chiese, dubbiosa, non appena Matt si era staccato da lei e aveva potuto guardarlo bene in viso.

«Si – mentì lui, non voleva rovinarle la serata con le sue paranoie – sù andiamo!» la esortò, prendendole la mano e conducendola giù. Non voleva pensare, quella sera.

Matt le tenne la mano fino a quando arrivarono in spiaggia, dove li aspettavano i suoi amici e a quel punto mollò la presa ed Ashley non riuscì a nascondere un'espressione delusa.

Sapeva che era giusto così, che non c'era niente tra di loro e che se li avessero visti mano nella mano sarebbe stato difficile e arduo da spiegare, ma adesso che concretamente lo stava vivendo, fu un duro colpo. La riportò alla realtà, una realtà in cui loro due non esistevano.

Si portò la mano rimasta libera a sistemarsi delle ciocche di capelli dietro l'orecchio, un gesto come un altro per riempire quel vuoto che Matt aveva provocato.

Lui notò la sua espressione triste e si fece schifo da solo.

Avrebbe voluto poterla stringere davanti a tutti, baciarla e tenerla per mano senza nascondersi, ma era stato un codardo e non gli andava di dare spiegazioni e di sopportare gli sguardi indagatori dei suoi amici, le loro domande e le loro battutine. Preferiva tenere segreto quel legame, proteggerlo dal mondo e fare sì che restasse dominio solo di entrambi.

Si avvicinarono per salutare tutti, e infine si mostrò anche Jenny. Stranamente aveva un sorriso smagliante e le strinse la mano calorosamente per salutarla, mentre a Matt riservò un trattamento decisamente più caloroso, gettandosi al suo collo e stampandogli un bacio sulla guancia. Ashley si girò da un' altra parte, Matt se ne accorse e si liberò subito della vicinanza della mora, soprattutto perchè sapeva che Ashley era al corrente di quello che c'era stato tra loro e non voleva per nessun motivo che pensasse che ci fosse ancora dell'interesse. Voleva solo stare il più lontano possibile da Jenny, quella sera.

La spiaggia era molto affollata e si alternarono diversi gruppi a suonare. Si poteva ballare o starsene semplicemente seduti a godersi la musica e il mare o a bere qualcosa in compagnia.

Ashley non rimase incollata a Matt, ma passò del tempo anche con Mandy, Ilary e altre ragazze. Jenny non la guardava torva come al solito, sembrava tranquilla e la cosa insospettiva Ashley.

Era provocante oltre ogni limite, con una minigonna nera cortissima e un top viola che a stento riusciva a contenere il suo seno. Le amiche la guardavano con compassione, è vero, Jenny aveva sempre amato essere appariscente e mettere in mostra il suo bel fisico, ma l'aveva fatto sempre in maniera decente, adesso sembrava solo ridicola e penosa.

Mandy riuscì a intercettare Matt in un momento in cui era solo.

Voleva parlare un po' col suo amico: si conoscevano da anni, avevano condiviso tutte le scuole, fino a quando Matt si era trasferito da suo padre al liceo, ma da allora si erano sempre tenuti in contatto e con gli altri ragazzi trascorrevano l'estate insieme, quando lui ritornava. Per lei era come un fratello.

Gli si avvicinò e gli mise un braccio intorno alle spalle.

«Allora Matt, come va?» gli domandò, urlando un po' per sovrastare la musica.

«Tutto bene – rispose lui, poi cercò Ashley con lo sguardo, non riusciva a vederla – dov'è Ashley?» chiese all'amica.

Mandy sorrise, era bello vederlo così premuroso nei confronti di quella ragazza che, con semplicità, stava facendo uscire il meglio di lui.

«Tranquillo, l'ho lasciata con Ilary e le altre – lo rassicurò – sono contenta che tu l'abbia portata oggi!» aggiunse.

Giurò di aver visto Matt arrossire leggermente, mentre beveva un sorso della sua birra.

«Siete carini insieme» gli confessò all'orecchio.

Matt abbassò lo sguardo «Lei è stupenda» rivelò all'amica, di Mandy si fidava ciecamente.

«E allora? - insistette Mandy – che stai aspettando?» gli chiese.

Matt scosse la testa, pensieroso.

C'era qualcosa che lo bloccava, o meglio, una serie di cose che gli suggerivano che, anche ammettendo i suoi sentimenti, la loro storia non avrebbe mai funzionato, e avrebbe solo fatto soffrire quella ragazza e non se lo sarebbe mai perdonato.

«Non lo so, io... non so davvero cosa fare – ammise confuso – Ashley è arrivata all'improvviso e non avevo messo in conto che tra di noi potesse nascere qualcosa, lei è così perfetta, è così diversa da quello che ho sempre conosciuto e per qualche strano motivo si è attaccata a me, che sono un coglione, ti rendi conto? – Mandy rise, a Matt piaceva sempre buttarsi giù e giudicarsi negativamente, quando invece tutti sapevano quanto fosse pieno di buone qualità – da un lato non riesco a starle lontano, ma dall'altro mi trovo impreparato, non riesco a gestire tutto questo e so che arriverà il momento in cui questa cosa non andrà avanti, fidati, so che arriverà e ho tanta paura del dopo, di come ne uscirò io e ancora di più di come ne uscirà lei.»

Matt si fece estremamente triste. Mandy non capiva bene a cosa si stesse riferendo quando parlava di un momento che sarebbe arrivato, ma anche i suoi occhi si rattristarono.

«Ne soffrirà comunque, mi sembrate entrambi abbastanza presi ormai, forse conviene provarci, arrivati a questo punto, invece di avere un rimpianto?» provò a consigliargli, anche se capiva benissimo che, in questi casi, era meglio lasciare che ognuno prendesse le proprie scelte liberamente.

Gli altri ragazzi li raggiunsero, impedendo a Matt di rispondere, o meglio, salvandolo, visto che non aveva idea di cosa dire.

«Stai attenta a Jenny – riuscì ad avvertirlo Mandy prima di allontanarsi – è cambiata e non mi piace per niente» lo mise in guardia.

Matt annuì, poi raggiunse Ashley, le afferrò un polso e la trascinò via con lui, un po' lontano dal gruppo.

Tutto quel parlare di lei, di una loro eventuale storia che avrebbe fallito, non aveva fatto altro che fargli desiderare ancora di più la sua vicinanza, finchè poteva.

Ashley lo seguì senza fare resistenza, si fermarono più in là, in una zona meno affollata, seduti sulla sabbia, col mare davanti che si infrangeva nel bagnasciuga.

«Ti senti bene?» chiese Ashley, perplessa per quel suo comportamento.

«Ora si» rispose Matt, adesso che era con lei era tornato a respirare e a sentirsi sereno. Lei era la sua cura, la sua medicina e non poteva farne a meno, esisteva solo il presente e i brutti pensieri lo abbandonarono, anche se sarebbero tornati poi e con gli interessi.

Tornavano sempre quei bastardi.

Le prese il mento con le dita e la baciò. Ashley si tirò indietro, allarmata.

«I tuoi amici – disse preoccupata – sono in giro qui intorno, potrebbero vederci» precisò un po' imbarazzata.

«Sai che c'è, che non mi interessa» sentenziò, riprendendo a baciarla, per la prima volta in pubblico. Ashley sorrise sulle sue labbra. Era felice come una bambina messa davanti alla bambola che desidera da tanto. Lo strinse forte, ricambiando i suoi baci.

E infatti Jenny li vide, da lontano.

Li aveva notati allontanarsi insieme e voleva vedere coi suoi occhi quello che aveva ancora solo immaginato. Non provò rabbia, però, perchè sapeva che tra poco li avrebbe separati e Matt sarebbe caduto nella sua rete, perchè per quanto potesse sembrarle innamorato, era un maschio anche lui e nessuno rifiutava per sempre le sue attenzioni.

 

 

 

  
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