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Autore: Fonissa    23/08/2016    1 recensioni
{Questa Fanfiction partecipa all'iniziativa "Artist Meet Artist" a cura di Fanwriter.it}
[OttavianoxRachel] [AU|Highschool] [Accenni: Percabeth, Jasper, Frazel, Solangelo, Tratie, ClarissexChris, Charlena, Thaluke, Caleo]
Tutta la scuola sa che ci sono due gruppi che si disprezzano. Il primo è formato dai classici amici che amano ridere e scherzare, il secondo da quelli che per un motivo o per un altro non sono simpatici agli altri.
Nel primo c'è Rachel, nel secondo c'è Ottaviano.
Ma per uno strano scherzo del destino, si ritroveranno a dover passare del tempo insieme.
Dal testo:
Il professore iniziò ad annunciare le coppie che avrebbero collaborato.
“Ottaviano e Rachel” disse all’improvviso.
Il ragazzo per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. Poteva andargli bene chiunque, ma non proprio una di loro.
Del canto suo, di certo Rachel non stava gioendo. Tra tutti i ragazzi di quel gruppo, lui era quello che sopportava di meno.
Non sapevano che quello era solo l’inizio.
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Octavian, Quasi tutti, Rachel Elizabeth Dare
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Avete presente l'inverno? Le dolci nevicate alternate a forti tempeste, il terreno di solito rigoglioso coperto da un mantello bianco, il freddo sprezzante. Ti guardi intorno e vedi solo bianco mentre tutto sembra essersi congelato. Questo era lo stato d'animo di Rachel Elisabeth Dare.
La mattina si alzava e non sentiva niente, nemmeno il fastidio per lo squillo della sveglia, in una serie di gesti meccanici si vestiva, poi si guardava allo specchio e scoppiava a piangere. Alla fine si calmava e a sguardo basso andava verso scuola. Arrivata lì metteva su un finto sorriso, rideva con gli amici mentre avrebbe voluto solo urlare. Evitava lo sguardo di Ottaviano così come il ragazzo evitava il suo. Da quella volta sotto le stelle non si erano scambiati una parola. Era tutto troppo confuso, troppo strano, semplicemente troppo.
Erano passate due settimane dall'accaduto quando, nel bel mezzo della notte, Rachel si svegliò col fiatone. Aveva sognato quella sera con Ottaviano, anche le parti che non ricordava le erano saltate in testa. Morse le coperte in modo da non svegliare suo padre mentre urlava, nel frattempo il cuscino si bagnava di lacrime. Era la tempesta che prendeva vita, che si mostrava. Tremava, non riusciva più a dormire, piangeva in silenzio.

"Lui mi ama." continuava a ripetere sussurrando.

Non poteva sfogarsi con nessuno, era sola con se stessa. Si rese conto di sentire la mancanza di Ottaviano, delle sue risate, dei suoi scherzi e perfino delle sue lamentele. Riportò alla mente quando il professore li mise in coppia per il progetto di storia, del primo pomeriggio che passarono insieme, di quando dormì da lei, della cena con i genitori, dello scherzo di Leo, di quel pomeriggio in cui si nascose nell'armadio, della battaglia di dolci e infine di quella notte. Per lei Ottaviano era diventato un'ancora a cui aggrapparsi per sfuggire dalla monotonia, qualcuno che la capiva, con cui sfogarsi, con cui si sentiva bene.

"Io lo amo."

Fu troppo. Si mise addosso le prime cose che trovò e, in silenzio, scappò via, direzione ignota. Correva accompagnata solo dai pianti e dai singhiozzi. Il suo corpo aveva bisogno di manifestare quel casino che era diventata la sua mente. Arrivò in un vico isolato e si fermò a prendere fiato. Quella calma durò poco poichè due minuti dopo si ritrovò a prendere a pugni la parete di mattoni.

"Stupida! Stupida che non sono altro! Ho mandato tutto a puttane, come sempre! Come ho fatto a innamorarmi di lui? Come mi è venuto in mente di ubriacarmi? E come cazzo ho fatto a scoparci così? Ho perfino rovinato la mia prima volta!"

Continuò a insultarsi, a rimarcare i suoi errori, fino a quando le sue mani non furono piene di sangue. Le guardò per bene senza nessuna emozione sul viso, poi sospirò guardando l'orologio. Erano le cinque del mattino, tra due ore una delle cameriere sarebbe venuta a svegliarla portandole un pezzo di dolce. Era così da quando avevano iniziato a notare dei cambiamenti i lei.
A sguardo basso cercò di uscire da quel vicolo, ma andò a sbattere contro qualcosa. Anzi, contro qualcuno.

"Scusami." mormorò, facendo per andarsene, ma si sentì afferrare per un polso. A quel punto alzò gli occhi notando con orrore che era stata presa da Ethan Nakamura, accompagnato da altri due ragazzi che non conosceva.

"Oh, ma guarda un pò chi abbiamo qui... Cosa ci fa una come te in un posto del genere?"

"Fatti i cazzi tuoi."

Rachel era disgustata. Ethan era stato espulso dalla sua stessa scuola solo due mesi prima per aver picchiato alcuni studenti del primo anno e in giro si diceva che fosse anche in mezzo a giri di droga. La ragazza sbiancò quando ricordò chi lo aveva fatto espellere. A Ethan questo non passò inosservato.

"Ti sei ricordata eh? Se tu e i tuoi stupidi amichetti non vi fosse messi in mezzo e non avessero fatto quello stupido video..."

Rachel non lo stava ascoltando mentre con la mente era impegnata a ripercorrere il tutto. Ethan che picchiava dei ragazzini, Percy, Jason, Leo e Frank che si mettevano in mezzo per difenderli, Nico e Will che correvano dal preside e lei, Bianca e Hazel che riprendevano il tutto per avere delle prove. Gli altri erano a lezione e non erano stati messi in mezzo, eppure la scuola elogiò tutto il gruppo come eroi.

"Te lo sei meritato." sputò fuori Rachel. Il ragazzo assottigliò gli occhi, poi la colpì in pieno viso.

"E tu ti sei meritata questo."

Rachel poggiò una mano sulla guancia dolorante, con le lacrime agli occhi. Avrebbe voluto e scappare, ma la stradina era stretta e i tre ragazzi le sbarravano la strada. Le gambe le tremavano talmente tanto che cedettero, facendola accasciare a terra provocando le risate di quel trio.

"Che debole... vediamo quanto tempo ci metti a urlare di dolore."

Ethan portò indietro il pugno. Rachel si preparò al dolore che sarebbe arrivato, ma quando mancavano pochi centimetri una borsa colpì Ethan in pieno viso facendolo barcollare. Gli altri due ragazzi, ancora stupiti ricevettero entrambi un calcio dietro la schiena che li fece cadere in avanti. Rachel si alzò con non poca fatica e sbarrò gli occhi alla vista dei suoi salvatori. Chris era in piedi, ancora con il fiatone e la borsa, da cui traboccavano dei vestiti, tra le mani. Travis e Connor erano addosso ai due sconosciuti per evitare che si rialzassero e Luke stava legando le mani di Ethan.

"Tutto okay? -le chiese Chris avvicinandosi.- aspetta, ma tu sei Rachel Dare!" esclamò poi, notandolo solo in quel momento, complice la scarsa illuminazione.

"Fantastico, per una volta facciamo gli eroi..." iniziò Travis.

"... e ci ritroviamo a salvare una di loro." concluse Connor.

"Travis! Connor! Non è il momento di pensare a queste cose. -li rimproverò Luke, poi strinse per bene i polsi e le caviglie di Ethan con una corda e  si pulì le mani- ecco qui, almeno non fuggirà mentre arriva la polizia."

Rachel non sapeva bene cosa dire. Davanti non aveva semplicemente dei componenti dell'altro gruppo, ma colui che aveva iniziato tutta la guerra, Luke Castellan. Avrebbe dovuto trattarli freddamente, ringraziarli certo, ma poi andarsene. Ma quelli non erano solo i suoi nemici, erano gli amici di Ottaviano. Non poteva fermarsi all'apparenza.

"Ehm, grazie." sussurrò incerta.

"Figurati, l'abbiamo fatto volentieri." rispose Chris sorridendo.

"Quello peró sembra fare male." disse Connor indicando la guancia di Rachel. Lei non poteva vederla, ma era sicura che fosse completamente viola e gonfia. Sentiva il dolore pulsare e arrivarle alla testa.

"Si, abbastanza."

"E le mani?" chiese Travis.

"Queste... questa me le sono fatta da sola." ammise.

I ragazzi sembrarono sorpresi, ma non fecero domande. Era già troppo surreale come situazione. Rachel non chiese perchè fossero lì, anche se aveva potuto intuirlo dalla borsa piena di vestiti e dal fatto che li vicino ci fosse un centro di beneficenza. Rabbrividì. Sapeva che i Castellan non se la passavano bene, ma non pensava fino a quel punto. Aspettarono in silenzio la polizia, raccontarono quel che era accaduto, poi finalmente Rachel fu libera di tornare a casa. Erano ormai le sei e un'ora dopo avrebbe dovuto svegliarsi. Fece una doccia veloce, si fasciò le mani e si rimise a letto.

Quando la vennero a svegliare coprì la guancia con il cuscino e fece finta di tossire dicendo di non sentirsi molto bene. Ebbe il permesso di restare a casa quella mattina. Quando fu sola, iniziò a riflettere su quel che era accaduto e decise di non uscire mai più senza permesso di notte da sola. Si sentiva distrutta e ogni parte del suo corpo gridava pietà. Fuori sembrava ancora notte visto che nuvole scure coprivano il cielo è la pioggia scendeva copiosamente. Non ci volle molto perchè si riaddormentasse di nuovo.
Si svegliò quando sentì il suo cellulare squillare. Ancora intontita dal sonno lo afferrò da sopra il comodino.

"Pronto?"

"Rachel."

Il suo nome, pronunciato da quella voce, la fece svegliare del tutto. Balzò in piedi sopra al letto in preda all'eccitazione.

"Ottaviano!"

"Già. Senti, devo parlarti."

"Lo sai che non mi piace parlare per telefono."

"Si, lo so. Affacciati."

Rachel si affacciò dalla finestra e quasi urlò quando vide Ottaviano, senza ombrello e completamente bagnato, che la guardava. Non le importò di essere in pigiama, di avere i capelli in disordine e nemmeno del grosso livido sulla fronte. Uscì di casa senza prendere nemmeno qualcosa per ripararsi dalla pioggia. Forse fu meglio così, poichè Ottaviano non potè notare le lacrime di gioia che si confondevano con le gocce.

"Rachel! Per la miseria, allora è vero, Chris mi ha raccontato tutto..." disse sfiorando lievemente con le dita la guancia di Rachel.

"È passato. -la riccia si fiondò tra le braccia del ragazzo, abbandonando le testa contro il suo petto.- odio ammetterlo, ma mi sei mancato."

Ottaviano la strinse a sè.

"Forse non avrei dovuto portare quelle bottiglie, credevo che mi odiassi di nuovo."
Rachel si staccò lievemente, guardandolo negli occhi.

"Oh, ma io non ho mai smesso di odiarti."

Lo baciò e questa volta non c'era l'alcol a stordirli. Era un gioco di lingue che loro bramavano da molto tempo. Tutta la mancanza che avevano sentito, il dolore, le parole non dette. Quando si staccarono, Rachel sorrideva.

"Ti odio -gli diedi un altro bacio, questa volte più delicato- non lasciarmi."

"Non ti lascierò mai più, lo giuro."
  
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