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Autore: OnnanokoKawaii    24/08/2016    4 recensioni
Un mondo in cui il suicidio diventa una malattia contagiosa che colpisce gli adolescenti. Un futuro prossimo in cui viene trovata una Cura: Il Programma.
Ma davvero il Programma è la risposta? Come può essere una cura valida se gli individui poi perdono il loro passato?
Riusciranno Oikawa e Iwaizumi a raggiungere la maggiore età senza ammalarsi nonostante la morte e la tristezza che li circondano? Ma soprattutto... riusciranno a sfuggire al Programma e a conservare i ricordi della loro infanzia e del loro amore?
Genere: Angst, Avventura, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Issei Matsukawa, Takehiro Hanamaki, Tooru Oikawa
Note: Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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In un momento sparì alla vista e Tooru impiegò qualche secondo di troppo a capire cosa stesse succedendo.
Prese a correre nella stessa direzione presa dall’amico. Si guardò attorno nella speranza di scorgerlo ma di lui non pareva esserci traccia.
Si fermò in mezzo alla strada incerto su dove andare, prese un bel respiro e decise di riflettere: dove poteva essere scappato Hajime? Non aveva mai avuto una reazione simile, non aveva mai dato alcun segno di cedimento, nonostante lo stress e la preoccupazione fossero cresciuti molto negli ultimi mesi.
In quella direzione, pensò, c’era casa sua. Magari era tornato lì.

Camminò di buon passo e nel giro di pochi minuti si trovò davanti la porta aperta della villetta a due piani che tanto gli era familiare.
Col cuore che batteva a mille entrò e volò su per le scale fino alla porta della stanza di Hajime. Con cautela aprì e la scena che gli si parò di fronte lo raggelò.

Iwaizumi era in piedi, al centro della stanza ordinata e brandiva un coltellino insanguinato.
Il liquido denso e rosso vivo gli gocciolava sulla mano e, notò in un secondo momento, colava copioso anche dall’altro braccio.
Senza alcuna espressione l’amico, sollevò l’arto disarmato e gli mostrò l’avambraccio.

Con orrore Tooru capì.

Sotto i nomi tatuati dei loro amici compariva, inciso con tagli slabbrati, il nome di Issei Matsukawa.

-Iwa-chan... cos'hai fatto...-

Non aveva nemmeno la prontezza di spirito di arrabbiarsi per un tale colpo di testa. Era sotto shock per la morte dell’amico e l’insensibilità aveva iniziato a farsi spazio tra i suoi sentimenti come per proteggerlo.

- Non volevo... aspettare il tatuatore. Non volevo aspettare nemmeno un secondo.-

Riscuotendosi Oikawa  prese in mano la situazione, cercando di ignorare il tono fragile e flebile del compagno; corse in bagno, prese disinfettante e compresse di garza fino a svuotare per metà l’armadietto dei medicinali.
Fece sedere Hajime che come un automa eseguiva le sue indicazioni con sguardo vacuo.

Mentre gli medicava i tagli irregolari e profondi la certezza che la sua metà non fosse più in sè gli si radicò nelle ossa.
E quello poteva voler dire solo una cosa: si era ammalato.

Nonostante la stanchezza e la mancanza di sonno si prodigò fino a tardi per prendersi cura dell’amore della sua breve e travagliata vita. Se non era lui a parlare il tempo trascorreva nel più completo silenzio. Le uniche frasi che erano uscite in un soffio dalle labbra sottili di Iwaizumi erano semplici constatazioni su come la loro vita stesse andando a rotoli.
All’arrivo del padre di Hajime, Tooru si era sforzato di fare casino per due in modo che dal suo studio non si insospettisse per il silenzio.
Aveva ordinato due pizze d'asporto per non dover scendere a cena, si era prodigato a costringere l’altro a mangiarne almeno metà e alla fine, stremato, Oikawa aveva messo a letto l’involucro vuoto che era diventato il suo amore, prima di fiondarsi a casa.

Mentre camminava  a passo svelto nell’ombra cercò di razionalizzare il tumulto che sentiva agitarsi nel petto.
Come poteva Iwaizumi essere andato in pezzi così di colpo? Era davvero successo tutto così in fretta oppure non aveva notato i segni? Era davvero morto Issei?
Una folgorazione lo congelò a metà di un passo.

Tutto quello che lui stesso era stato fino a quel momento stava scomparendo. Stava morendo insieme alla mente di Hajime.
Hanamaki... Matsukawa... ora Lui... Cosa sarebbe di rimasto dell'infanza di Oikawa se nessuno avesse ricordato di averla vissuta con lui?
Che fine avrebbe fatto lui se tutto il suo mondo fosse andato avanti senza ricordarlo? Senza sapere dell’affetto che li legava a lui?

Un brivido di freddo lo scosse. Il motivo non era l’aria notturna ancora fredda, quanto il gelo dentro al petto che sembrava volergli inghiottire le viscere in un doloroso abbraccio senza fine.

Prese un bel respiro e con le gambe tremanti proseguì fino a casa sgattaiolando in camera senza svegliare i suoi genitori.
Sfinito si infilò a letto vestito, riflettendo sul da farsi e deciso a tentare di salvare il suo unico amore: l’unica ancora di salvezza che avesse mai avuto, ora aveva bisogno di lui.
E lui non si sarebbe tirato indietro.
Già... quelle erano le intenzioni, ma si rendeva conto che sarebbe stato difficile riuscire nel suo intento prima che qualcuno segnalasse Hajime.
Si addormentò promettendo a se stesso che avrebbe tentato ogni cosa per riaverlo con sé.
I suoi piani erano chiari e sarebbe andato fino in fondo, questo di ripeteva mentre a passo svelto Tooru si recava a casa del suo ragazzo il mattino seguente per scortarlo a scuola.

Quello che proprio non aveva calcolato era di non avere nemmeno una notte di tempo per salvarlo.

Nel cortile ben curato di casa Iwaizumi le auto bianche degli istruttori erano allineate con cura come se avessero avuto il tempo di parcheggiarle bene invece di balzare  giù per catturare il malcapitato che era stato segnalato.
Il suo cuore perse un battito mentre si fermava dall’altro lato della strada. Gli girava la testa e un conato lo costrinse a piegarsi di avanti non appena vide un istruttore sulla porta spostare quasi di peso il padre del suo amico che cercava spiegazioni ancora con la vestaglia sopra al pigiama azzurro.

Lo sapeva. Hajime si era segnalato da solo.
Come in trance, con la pelle formicolante e gli occhi stranamente sabbiosi guardò una scena molto diversa da quella del giorno prima. Il suo amore uscì dalla porta camminando con calma, l’espressione svuotata di ogni emozione, le occhiaie profonde di chi non ha dormito. Si lasciò accompagnare ad una delle vetture e si accomodò all’interno senza protestare, anzi... era gratitudine quella che Tooru aveva affiorare sul suo viso?

Voleva andare là e fermarlo. Voleva riavvolgere il nastro e tornare alla sera prima, salvarlo quando ancora si illudeva di poter fare qualcosa, di avere più tempo.
Le auto fecero retromarcia e silenziosamente si immisero sulla strada principale portando via quel che restava della sua vita.

Come uno zombie arrivò a scuola giusto in tempo per completare il solito questionario.
Mise le “X” in automatico, senza nemmeno pensare all’ironia delle sue risposte e in poco meno di un minuto lo consegnò all’insegnante  che lo guardò stupito. Fece per tornare al suo posto quando uno degli Istruttori fece capolino dalla porta e chiese di lui.
Col cuore stranamente calmo  e una certa calda rassegnazione seguì l’uomo alto e smilzo fino alla sua scrivania in corridoio, postazione da cui scrutava ogni studente con occhio critico da avvoltoio.

-Tooru, come ti senti?-

Che domanda stupida.

-Bene, ho una salute di ferro.-

Lo vede irrigidirsi appena.

-Parlavo emotivamente. Visti gli eventi degli ultimi giorni non sarebbe strano se ti sentissi... depresso o triste. In fondo Matsukawa era uno dei tuoi migliori amici no? Da quanto vi conoscevate? Dieci anni? Dodici? Che stupido a uccidersi così quando ormai anche i muri ormai sanno che c’è una cura...-

Man mano che parlava la sua voce assumeva un tono di sufficienza che fece andare il sangue alla testa di Oikawa. Cercando di mantenere il controllo di sé si mise le mani in grembo per non far vedere quanto tremavano.

-Non ci eravamo nemmeno accorti che stesse male, è stata una sorpresa. Poi.... sappiamo cosa è successo.-

Sotto il suo sguardo calmo l’Istruttore sembrava a disagio.

-Non sembri così dispiaciuto per la sua morte. Ma in fondo è in questi casi che si vede la profondità di un legame.-

Ancora una volta Oikawa rimase passivo di fronte a quelle insinuazioni offensive. Sapeva  di essere sotto esame.

-E di Hajime Iwaizumi? Della sua decisione di auto segnalarsi che mi dici? Tu ne sapevi nulla?-

Gli occhi indagatori dell’uomo non lasciavano i suoi, alla ricerca di un guizzo che non trovarono. Nonostante dentro stesse ardendo di una rabbia così esplosiva da lasciargli in bocca il sapore del sangue, dalla sua espressione non trapelò nulla.

-Credo sia successo a causa del gesto di Matsukawa. Siamo arrivati mentre lo prelevavano e senza dire nulla Hajime è corso via. Sono andato a casa sua ma non mi sembrava strano, a parte una naturale tristezza per la morte di un carissimo amico. Abbiamo mangiato una pizza, giocato ai videogame e poi sono tornato a casa a dormire.-

Ancora una volta lo vide digrignare i denti davanti a una reazione tanto tiepida da parte sua.

-Capisco. Bene, Per ora puoi andare Tooru, ma stai tranquillo, in questo momento difficile avrò un occhio di riguardo per te.-

Senza fidarsi a parlare Oikawa annuì, e con un profondo inchino si congedò e tornò in classe dove tutti lo osservarono sorpresi del suo ritorno.
Si sedette al proprio posto e guardò fuori dalla finestra.
Il fuoco dentro di lui non accennava a spegnersi.
E come poteva?
Quell’uomo aveva gettato benzina  su un rogo già acceso. Era ovvio che le fiamme divampassero con quella violenza. 

Nonostante tutto si stupì della freddezza con cui aveva mantenuto il controllo, della disciplina ferrea con cui aveva gestito le proprie espressioni, le proprie parole e  gesti. Forse poteva farcela. Doveva resistere fino all’intervallo.

Quando finalmente suonò la campanella si alzò con calma e con passo languido si avviò verso  la palestra, il suo luogo segreto. Il luogo dove lui e Iwaizumi amavano incontrarsi per rilassarsi, per scambiarsi qualche bacio e ricordarsi vicendevolmente che il mondo non era tutto buio e paura. Era anche calore e amore.

Mancavano pochi mesi alla maggiore età. Ce l’avevano quasi fatta... Poi tutto era andato in pezzi sgretolandosi come una lastra di ghiaccio troppo sottile.
Attraverso quella lastra avevano visto la libertà senza il rischio della malattia e quel miraggio li aveva illusi.

Rimase per tutti i dieci minuti della pausa appoggiato al muro, nella penombra immerso nei ricordi per calmarsi.
Quando tornò in classe era quasi tranquillo. Aveva chiuso a chiave nel suo cuore la pena per i suoi amici e quella porta sarebbe rimasta serrata fino al momento opportuno.

Ogni suo spostamento era osservato da vicino, sentiva lo sguardo rapace dell’istruttore addosso come una viscida carezza. Lo stava sfidando in attesa di un passo falso, ma non ne avrebbe fatti.
Quel giorno tornò a casa a piedi, si cambiò e andò al campetto.

Gli fu incredibilmente difficile percorrere quella strada in solitudine.
Non era mai successo.

Erano sempre stati quattro, sempre loro quattro. Poi le loro vite erano precipitate in quell’inferno e Hana era stato il primo a cedere. Fare il percorso abituale senza di lui aveva scalfito un graffio nel loro cuore ma si erano fatti forza a vicenda. Non avevano fatto in tempo a riprendersi che nel giro di dodici ore anche Mattsun e Hajime...
Non ce la fece.  Si sedette si una pietra tra le sterpaglie e si rannicchiò abbracciandosi stretto per paura di finire in pezzi da un momento all’altro. Non pianse. Per quanto fosse una zona poco frequentata non era sicuro lasciarsi andare lì. Con un altro grande sforzo si rimise in piedi e raggiunse correndo il campetto.
L’ora che trascorse lì fu intensa. Cercò di sfinire il proprio corpo per anestetizzarlo quel tanto che gli serviva a non sentire il dolore sordo al petto.

Fu un figlio modello quella sera. Conversò coi suoi genitori mescolando alla perfezione malinconia per la morte dei suoi amici e falsa irritazione per lo stupido suicidio di Issei. Non poteva certo dire che lo considerava un eroe.  Sparecchiò e lavò i piatti, poi si ritirò con la scusa dei compiti.

Rimase seduto sul letto per ore e ore guardando le foto che lo ritraevano sorridente coi suoi amici più cari.
La tristezza che gli attanagliava il cuore era così gelida e violenta da fargli credere di essere sul punto di ammalarsi, così per la prima volta si trovò a riflettere su se stesso e su cosa avrebbe fatto se si fosse ammalato.

“Non  me ne fregherà nulla di nulla quando mi ammalerò ma... vorrei davvero perdere ogni cosa? Quello che fa male? Quello che è stato bello? Tutto ciò che era prezioso? Vorrei davvero dimenticarmi di Hajime?”
Il solo pensiero lo scombussolò al punto da costringerlo a prendersi a schiaffi per rinsavire e dirsi che non stava succedendo.
Ma doveva correre ai ripari. Potevano prenderlo se si fosse ammalato. Ma lui avrebbe lottato. Avrebbe lottato fino alla morte. Ma in caso qualcosa fosse andato storto doveva assicurarsi che qualcosa della sua vecchia vita sopravvivesse.

Raccolse quelle foto e dietro ognuna scrisse i nomi dei suoi amici, qualche considerazione e parecchie ovvietà ma che, immaginava, per uno senza ricordi sarebbero state importanti informazioni. Scrisse su una pagina di quaderno tutto quello che gli passava per la testa di bello su di loro sulla loro infanzia, sulla loro amicizia. Descrisse per sommi capi qualche episodio particolarmente felice. Infine, staccato da  tutto il resto scrisse tre parole che riassumevano tutto ciò che erano e avrebbero voluto essere.
Quel piccolo tesoro andava nascosto per bene. Sapeva che i Rientranti una volta  tornati a casa non trovavano foto nè alcuna testimonianza del passato. Quindi doveva nascondere tutto in un posto che nessuno avrebbe mai pensato esistere.

Saltò giù dal letto e rivoltò il materasso e con una forbice aprì un piccolo spazio nell’imbottitura dentro cui ripose, arrotolandolo, il suo più grande tesoro.
Rimise tutto a posto, ma il suo cuore non voleva smettere di martellare e straziarsi per la solitudine. Ormai era notte fonda e la camera buia gli dava la sensazione di serrarglisi addosso, così afferrò la giacca e sgattaiolò fuori, come faceva da tempo immemore per vedere i suoi amici... per vedere Iwaizumi.

Aveva intenzione di fare una passeggiata ma i suoi piedi lo portarono fino ai giardini, i loro giardini. Sgattaiolò oltre il cancello trovandosi immerso nella magia del parco di notte e lì... vedendo il loro prato, i sentieri che avevano percorso a piedi tenendosi teneramente per mano senza vergogna... il suo pianto esplose.

Singhiozzò senza freni col petto dolente mentre calde lacrime gli inondavano il viso. Chiamò il suo nome, i loro nomi mille e mille volte correndo, poi fermandosi e abbracciandosi, rintanandosi ai piedi della quercia antica che era stata il loro nido. Pianse così tanto che non gli restarono più lacrime e continuò a singhiozzare in respiri raschianti e dolorosi che sembravano volerlo dilaniare dall’interno.
Chiamava il suo nome ancora e ancora, instancabile; alla fine non era più che un sussurro e quando la voce gli venne meno continuò a chiamarlo muto finchè non perse i sensi.

ANGOLO DI ONNANOKOKAWAII

Ora siamo arrivati al vero punto di inizio. tooru è solo, abbandonato in un mondo che sembre non avere più un posto per lui. Cosa farà? Cederà alla malattia? Resisterà in attesa di Iwaizumi?

Ai posteri l'ardia sentenza... no scherzo XD Continuate a seguire questa triste discesa all'inferno e scopriremo insieme se dopo questa prova così difficile ci sarà tempo per un sorriso!
A presto!


 
   
 
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